TAR Roma, sez. 5S, sentenza 2024-10-23, n. 202418401
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Testo completo
Pubblicato il 23/10/2024
N. 18401/2024 REG.PROV.COLL.
N. 10034/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10034 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Caterina Bozzoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del diniego dell’istanza di concessione della cittadinanza (-OMISSIS-);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 11 ottobre 2024 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- In data 23.10.2015 il ricorrente ha presentato istanza per la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91.
Il Ministero dell’Interno, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10- bis Legge n. 241/1990, con decreto n. -OMISSIS- del -OMISSIS- ha respinto la domanda dell’interessato sulla base, innanzitutto, delle seguenti vicende penali emerse a suo carico:
- notizia di reato segnalata dalla stazione dei carabinieri di -OMISSIS- in data 14.08.2012 per violazione degli artt. 612 c.p. (minaccia) e 635 c.p. (danneggiamento ai sistemi informatici e telematici);
- notizia di reato segnalata dai carabinieri di -OMISSIS- in data -OMISSIS- per violazione dell’art. 621 bis , comma 1, c.p. (inviolabilità dei segreti);
- notizia di reato segnalata da parte del locale U.P.G. e S.P. in data -OMISSIS- per violazione degli artt. 485 c.p. (falso in scrittura privata) e 489 c.p. (uso di atto falso).
Nella motivazione del diniego si rileva inoltre che l’istante, all’atto della presentazione della domanda, ha omesso di autocertificare la propria effettiva posizione giudiziaria, “ condotta che potrebbe andare a configurare una nuova ipotesi di reato”.
Inoltre, il diniego risulta motivato anche sulla base della ritenuta carenza del requisito reddituale.
Con ricorso notificato il 30.10.2020 e ritualmente depositato, l’interessato ha quindi impugnato il predetto decreto di rigetto, deducendone l’illegittimità per un unico articolato motivo di diritto rubricato “ Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della l.91/92, anche in relazione alla Circolare Ministero dell'Interno K.60.1. Travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione ”, a mezzo del quale lamenta essenzialmente che:
- quanto al rilievo ostativo inerente al requisito reddituale, eccepisce che dalla disamina della situazione reddituale degli ultimi cinque anni emerge un reddito, in media, pari ad €12.1411 annui, dunque superiore ai parametri minimi previsti;
- quanto alla situazione penale, eccepisce che gli elementi ostativi posti a fondamento del diniego non sono sufficienti a sostenere, sotto il profilo motivazionale, l’impugnato decreto di rigetto, in quanto si tratta soltanto di notizie di reato tutte successivamente archiviate, come emerge dai casellari giudiziali prodotti in giudizio attestanti l’incensuratezza del ricorrente. Inoltre, assume di non aver fornito una falsa dichiarazione all’atto della presentazione della domanda, in quanto egli non è mai stato effettivamente né condannato né sottoposto a procedimento penale.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
All’udienza straordinaria di smaltimento dell’11 ottobre 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2.- Il ricorso è infondato.
Il Collegio reputa utile, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, come ricostruita da questo Tribunale in recenti pronunce (cfr., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280, 5130 del 2022 e 20023 del 2023).
Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.
L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).
Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913; n. 52 del 10 gennaio 2011; Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).
L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.
In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).
Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale; il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036; nonché, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 su prospettive e limiti dell’applicazione del principio di proporzionalità in tale materia).
Quanto, in particolare, all’onere motivazionale, la giurisprudenza ha più volte precisato che l'ampiezza e la profondità dell'obbligo di motivazione del provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza devono correlarsi allo stadio del procedimento penale, alla natura del reato commesso, nonché alla circostanza che esso sia stato commesso a distanza di tempo dal momento