TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2017-11-14, n. 201705385

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. IV, sentenza 2017-11-14, n. 201705385
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201705385
Data del deposito : 14 novembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2017

N. 05385/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02800/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2800 del 2008, proposto da:
B G, rappresentato e difeso dall'avvocato E D, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R.;

contro

Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Municipale, con domicilio eletto presso la sede in Napoli, piazza Municipio palazzo San Giacomo;

per l'annullamento

- dell’ordinanza dirigenziale emessa dal Comune di Napoli n. 60 del 4 febbraio 2008 di rigetto dell'istanza di sanatoria ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 – pratica n.177/07 in relazione alle opere abusive realizzate alla via Fratelli Lumiere (ex via Bartolo Longo) n. 20 (sopraelevazione di 40 mq con verandatura sul terrazzo a livello);

- di ogni altro atto connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2017 il dott. M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il ricorrente Giovanni Bevilacqua, in qualità di proprietario dell’appartamento al terzo ed ultimo piano dell’immobile sito in Napoli, via Fratelli Lumiere (ex via Bartolo Longo) n. 20, dopo aver impugnato l’ordine ripristinatorio emanato dal dirigente del Comune di Napoli, con il quale si ingiunge di eliminare le opere abusive ivi realizzate (sopraelevazione di 40 mq con verandatura sul terrazzo a livello), è insorto avvero il rigetto della istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 per la sanatoria delle opere oggetto dell’ordinanza originariamente impugnata. Articola censure di violazione delle norme edilizie ed urbanistiche, violazione del giusto procedimento.

L’amministrazione comunale si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

All'udienza pubblica dell’8 novembre 2017 il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

1.1. L’amministrazione comunale ha correttamente evidenziato il contrasto delle opere (in quanto nuovo volume) con le prescrizioni di zona, che vieta la tipologia di opere in contestazione.

2. L’area interessata è classificata come zona B, sottozona Bb (espansione recente), disciplinata dagli artt. 31 e 33 che impongono il divieto di edificare nuovi volumi.

2.1. Giova a questo punto evidenziare che l’intervento costituisce una vera e propria nuova edificazione. In tal senso, sul piano qualificatorio, precipuo rilievo assumono la creazione di un nuovo volume, incidente anche sotto il profilo della alterazione dei prospetti e della sagoma dell’edificio.

La realizzazione di una veranda rappresenta un intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio con incremento delle superfici e dei volumi, come tale, subordinato a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, co., D.P.R. n. 380 del 2001, non essendosi, al riguardo, in giurisprudenza mai dubitato che: <<
Gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumentrica e architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzati, quali le verande edificate sulla balconata di un appartamento, sono soggetti al preventivo rilascio del permesso di costruire. Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico - giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata a non sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile >>
(T.A.R. Napoli sez. IV, 15/01/2015, n. 259). In particolare la chiusura di una veranda, a prescindere dalla natura dei materiali all’uopo utilizzati, costituisce comunque un aumento volumetrico, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, atteso che, in materia urbanistico - edilizia, il presupposto per l'esistenza di un volume edilizio è costituito dalla costruzione di almeno un piano di base e due superfici verticali contigue, così da ottenere una superficie chiusa su un minimo di tre lati (Cfr. T.A.R. Napoli sez. IV, 15/01/2015, n. 259).

2.1. Pertanto è corretta la determinazione dell’amministrazione, secondo cui, venendo qui in rilievo nuove opere, le stesse si pongono in insanabile contrasto con gli art. 31 e 33 della variante generale al PRG, in quanto l’immobile ricade in zona Bb, in cui è consentito esclusivamente la conservazione dei volumi preesistenti, con divieto di realizzazione di nuovi volumi.

3. L’amministrazione comunale ha chiarito in modo esaustivo il contrasto del manufatto con le prescrizioni di zona. Sul punto il ricorrente si è limitato a dichiarare la pre-esistenza della superfetazione in esame, senza però dare alcuna seria prova della esistenza di un titolo edilizio legittimante o della pre-esistenza rispetto alla necessità di munirsene.

3.1. Muovendo dalle suddette risultanze istruttorie (e cioè dall’esistenza di un nuovo volume privo di titolo abilitativo) l’opposto provvedimento di diniego di sanatoria si rivela immune dalle residue doglianze attoree.

Esplica una vincolante efficacia ostativa il rilevato contrasto del manufatto qui in rilievo – come sopra qualificato, vale a dire nuova opera – con il regime urbanistico di riferimento che consente, come già sopra anticipato, nelle more della formazione dei piani urbanistici esecutivi, solo interventi di manutenzione straordinaria e non nuove volumetrie.

4. Secondo la tesi attorea la verandatura sarebbe un ampliamento di una struttura già presente e quindi l’intervento sanzionato sarebbe costituito semplicemente dalla sostituzione della precedente finitura, tenuto conto della natura pertinenziale (gazebo) dell’opera.

Questa impostazione non appare persuasiva per due ordini, concorrenti, di ragioni.

In primo luogo la pre-esistenza di un’opera, ove non sorretta da adeguato titolo edilizio abusiva, non vale a legittimare le successive opere di sostituzione o manutenzione, poché l’opus mantiene inalterato il carattere abusivo.

In secondo luogo, quand’anche fosse provata la pre-esistenza della struttura, per le costruzioni da realizzare nel territorio del Comune di Napoli, infatti, l’obbligo per gli interessati di richiedere la licenza edilizia è stato introdotto dall’art. 1 del Regolamento Edilizio del Comune di Napoli del 1935, con la conseguenza che, ai fini della legittimità, sotto il profilo urbanistico-edilizio di un’opera, non è sufficiente dimostrarne la realizzazione in data antecedente al 1967, ma è necessario provare che la stessa sia stata eseguita in epoca anteriore al 1935 (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. IV, 13 maggio 2008, n. 4255;
C.d.S., Sez. IV, 21 ottobre 2008, n. 5141, in motivazione).

5. Su tali premesse anche le altre censure prospettate non meritano positivo apprezzamento.

5.1. A fronte di quanto fin qui rilevato, vanno infine disattese le residue censure che impingono in violazioni ordine procedimentale (violazione delle garanzie di partecipazione al procedimento, omessa comunicazione del nominativo del responsabile del procedimento, violazione dei termini del procedimento autorizzatorio) che dequotano a mera irregolarità non invalidanti secondo lo schema di cui all’articolo 21 octies della legge n. 241/1990.

Peraltro l’assunto è smentito in fatto, poiché l’amministrazione comunale ha inviato la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza con nota prot. n. 2383 del 10 agosto 2007, notificata per compiuta giacenza.

6. Vale, poi, soggiungere che in presenza di un intervento edilizio realizzato in contrasto con le norme urbanistiche, il diniego di sanatoria ed il conseguente ordine di demolizione costituisce atti dovuti mentre la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive quando ciò sia di pregiudizio alle parti legittime costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 15 luglio 2010 , n. 16807;
sez. VII n. 1624 del 28.3.2008).

7. Infine quanto alla contestazione della falsa applicazione dell’art. 21 del regolamento edilizio del Comune di Napoli (che impedisce la realizzazione di nuove opere su immobili abusivi), la sussistenza di un autonomo motivo di rigetto dell’istanza, priva di interesse la coltivazione della presente censura.

7.1. Ed invero nel caso, come quello all’esame, di provvedimento plurimotivato, la giurisprudenza è costante nell’affermare che “allorché sia controversa la legittimità di un provvedimento fondato su una pluralità di ragioni di diritto tra loro indipendenti, l’accertamento dell’inattaccabilità anche di una sola di esse vale a sorreggere il provvedimento stesso, sì che diventano, in sede processuale, inammissibili per carenza di interesse le doglianze fatte valere avverso le restanti ragioni” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 30.5.2005, n. 2767;
in termini anche T.A.R. Liguria, Sez. I, 17.3.2006, n. 252;
T.A.R Basilicata, Sez. I, 28.6.2010, n. 456) soccorrendo, infatti, “al riguardo il consolidato principio secondo il quale, laddove una determinazione amministrativa di segno negativo tragga forza da una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali sia di per sé idonea a supportarla in modo autonomo, è sufficiente che anche una sola di esse passi indenne alle censure mosse in sede giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti esente dall’annullamento”(Consiglio di Stato, Sez. VI, 5.7.2010, n. 4243).

8. In forza delle considerazioni svolte, il presente ricorso devono essere respinto perché infondato, mentre le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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