TAR Roma, sez. III, sentenza 2018-05-04, n. 201805001
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Testo completo
Pubblicato il 04/05/2018
N. 05001/2018 REG.PROV.COLL.
N. 04586/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4586 del 2017, proposto da: TIM spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati F L, F C, A C, C E C, con domicilio eletto presso lo studio di F L in Roma, via G. P. da Palestrina, 47;
contro
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCom), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa secondo legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Altroconsumo, Federconsumatori, non costituite in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Movimento Consumatori, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Viriglio, Paolo Fiorio, Corrado Pinna, con domicilio eletto presso lo studio di Riccardo Viriglio in Torino, via Ettore De Sonnaz, 3;
per l'annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
della delibera dell’AGCom n.121 del 15 marzo 2017, di modifica della pregressa delibera n.252 del 2016, recante “misure a tutela degli utenti per favorire la trasparenza e la comparazione delle condizioni economiche dell'offerta dei servizi di comunicazione elettronica”, limitatamente agli artt.1 e 2, comma 3 e all'allegato A, della delibera n.122 del 15 marzo 2017, recante diffida al rispetto degli artt.70, 71 del D.Lgs. n.259 del 2003, di ogni altro atto presupposto, consequenziale, collegato e connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’AGCom;
Visto l’intervento ad opponendum del Movimento Consumatori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2018 il dott. Silvio Lomazzi e uditi per la parte ricorrente gli Avv.ti F. Lattanzi e C.E. Cazzato, per il Movimento Consumatori l'Avv. C. Pinna e per l'AGCom l'Avvocato dello Stato Paola Palmieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
TIM spa impugnava gli artt.1 e 2, comma 3 della delibera n.121 del 15 marzo 2017 dell’AGCom nonché la delibera n.122 del 15 marzo 2017 della predetta Autorità.
Nell’articolato della prima delibera erano previste misure per assicurare, in modo gratuito, il diritto all’informazione dell’utente di servizi prepagati di telefonia al proprio credito residuo, una cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la telefonia fissa su base mensile o suoi multipli, un cadenza per la telefonia mobile non inferiore a quattro settimane, una cadenza rapportata a quella di telefonia fissa in caso di offerte convergenti fissa/mobile, una pronta informazione all’utente in caso di cadenza di rinnovo su base diversa da quella mensile (art.3);era inoltre fissato in giorni 90 il termine per l’adeguamento alle prescrizioni sulla cadenza di rinnovo delle offerte e della fatturazione per la telefonia fissa e mobile (art.2, comma 3).
La seconda delibera recava la diffida al rispetto degli artt.70, comma 4, 71 del D.Lgs. n.259 del 2003, con riferimento all’assenza di costi e alle informazioni dovute agli utenti in caso di recesso.
La ricorrente deduceva la violazione degli artt.20, commi 2, 4, 21 della Direttiva 2002/22/CE, degli artt.70, comma 4, 71, commi 1, 2 del D. Lgs. n.259 del 2003, dell’art.1, comma 3 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007), dei principi di proporzionalità e di legittimo affidamento nonché l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento di fatto, sviamento, contraddittorietà, irragionevolezza.
L’interessata in particolare, con riferimento alla prima delibera, ha fatto presente quanto segue.
Imponendo una correlazione tra periodo tariffario e ciclo delle fatture (1), si incideva sullo ius variandi ovvero sull’autonomia negoziale degli operatori, in assenza di una disposizione di legge che ciò consentiva;risultava violato il divieto di “gold plating” e quindi di introdurre livelli di regolazione ulteriori rispetto a quanto richiesto dalla normativa comunitaria, potendo intervenire sul punto solo la legge;l’intervento dell’Autorità era sviante, dovendo la stessa limitarsi a correggere unicamente eventuali asimmetrie informative tra operatori e utenti;non era motivato, in presenza già di un motore di calcolo, l’assunto secondo cui le offerte su basi temporali diverse erano difficilmente comparabili;in subordine occorreva proporre questione interpretativa dinanzi alla Corte di Giustizia UE, ex art.267 del TFUE, degli artt.5, 49, 56 del TFUE, degli artt.20, 21 della Direttiva 2002/22/CE, dell’art.8 della Direttiva 2002/21/CE.
Inoltre vi era un contrasto (2) con la precedente delibera n.252 del 16 giugno 2016 dell’AGCom;le misure assunte erano comunque censurabili nei contenuti oltre che sproporzionate.
In relazione alla seconda delibera la ricorrente sosteneva che i costi addebitati all’utente (3) in caso di suo recesso erano pienamente giustificati e che le informazioni fornite al medesimo sulle conseguenze di tale evento erano chiare.
L’AGCom si costituiva in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successiva memoria l’infondatezza nel merito.
Con ordinanza n.2886 del 2017 il Tribunale fissava l’udienza, ex art.55, comma 10 c.p.a., per la definizione nel merito del giudizio.
Con altra memoria la parte ricorrente ribadiva i propri assunti, segnalando a sostegno novità normative intervenute in aggiunta all’art.1 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007).
L’Associazione Movimento Consumatori si costituiva in giudizio, spiegando intervento ad opponendum.
Seguivano le repliche dell’AGCom e di TIM spa.
Nell’udienza del 7 febbraio 2018 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso è destituito di fondamento e va pertanto respinto nei termini di seguito esposti.
Invero l’AGCom risulta istituita (1) con indubbi poteri di regolazione, ex art.1 della Legge n.249 del 1997;tale potere è posto anche al fine di garantire in concreto una tutela effettiva alla parte debole del rapporto contrattuale dei servizi di telefonia, ovvero all’utente del servizio;la regolazione inoltre è stata preceduta dalle dovute garanzie procedimentali, assicurandosi in fase istruttoria l’intervento sia degli operatori che delle associazioni rappresentative degli utenti (cfr. delibera impugnata, all.2 al ricorso;sul rapporto col principio di legalità, Cons. Stato, VI, n.2182 del 2016 e in ultimo anche TAR Lazio, III, n.3261 del 2018);la suddetta disciplina è stata quindi introdotta al fine di consentire all’utente, in un regime di asimmetria informativa cui porre rimedio, la trasparenza e in particolare la confrontabilità delle varie offerte, ex art.71 del D.Lgs. n.259 del 2003 (cfr. ancora TAR Lazio, III, n.3261 del 2018);la regolazione poi, nell’ambito di valutazioni tecnico discrezionali all’evidenza non irragionevoli, si attesta su livelli minimi di intervento, lasciando pressochè intatta l’autonomia negoziale degli operatori sui contenuti rilevanti del rapporto contrattuale, quali modalità di erogazione del servizio e prezzo (cfr., in ultimo, TAR Lazio, III, n.3258 del 2018);perde di rilievo dunque anche la richiesta di rivolgersi, ex art.267 del TFUE alla Corte di Giustizia UE, risultando sul punto la normativa nazionale allineata a quella comunitaria (cfr. in particolare art.21 Direttiva 2002/22/CE).
Giova ancora precisare sul tema che la nuova legislazione, di introduzione dei commi 1 bis e ss. all’art.1 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007), si salda con la disciplina dettata dall’Autorità, rafforzandone le previsioni e disponendo per l’avvenire.
Non si rinvengono inoltre ragioni di contrasto (2) tra la delibera impugnata e la precedente determina n.252 del 16 giugno 2016 dell’AGCom, ben potendo detta Autorità, nel corso del tempo, acquisendo ulteriori elementi di valutazione, nell’ambito di sopravvenienze fattuali e/o normative, assestare le misure adottate (cfr. all.5, 2 al ricorso);dette disposizioni poi, come già sopraevidenziato, risultano assunte nell’esercizio di un potere legittimo, esercitato per fini previsti dalla legge, con previsioni all’evidenza né irragionevoli, né sproporzionate.
In relazione alle censure dedotte sulla seconda delibera (3), va evidenziato che la stessa si occupa del recesso dell’utente per modifiche contrattuali unilaterali dell’operatore non condivise dal primo, ex art.70, comma 4 del D.Lgs. n.259 del 2003;risultano pertanto inconferenti i richiami della parte ricorrente all’art.8, comma 1, all.A della delibera n.519 del 2015 dell’AGCom, relativo alla disdetta alla scadenza naturale del contratto, e all’art.1, comma 3 del D.L. n.7 del 2007 (conv. in Legge n.40 del 2007), riferito al recesso ad nutum prima di tale scadenza (cfr. già TAR Lazio, III, n.947 del 2017);in ultimo le informazioni fornite sulle conseguenze del recesso in esame non potevano essere chiare, ex art.71 del D.Lgs. n.259 del 2003, in presenza di dati non omogenei e dunque difficilmente comparabili (cfr. all.3 al ricorso).
In considerazione della novità e particolarità delle questioni affrontate, sussistono nondimeno giuste ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.