TAR Venezia, sez. II, sentenza 2022-05-30, n. 202200819
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Pubblicato il 30/05/2022
N. 00819/2022 REG.PROV.COLL.
N. 01025/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA IALIANA
IN NOME DEL POPOLO IALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1025 del 2021, proposto da
Valli Spa, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati E S, E C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Regione Veneto, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, L L, G Q, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Azienda Agricola San Pierin S.r.l., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
- della Delibera n. 813 del 22 giugno 2021 con la quale la Giunta Regionale del Veneto ha disposto “l'approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d'Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla Direttiva 2001/42/CE”;
- di ogni atto presupposto, consequenziale o comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2022 la dott.ssa Mariagiovanna Amorizzo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente svolge attività di trattamento e recupero di rifiuti speciali non pericolosi a matrice organica in forza di Autorizzazione Integrata Ambientale n. 2252/2015 e s.m.i., rilasciata dalla Provincia di Brescia, presso il Comune di Lonato del Garda (BS), Loc. Campagnoli;in particolare, essa produce gessi di defecazione, contemplati tra le categorie di fertilizzanti dal D.Lgs. 75/2010.
Con il ricorso all’esame ha impugnato talune prescrizioni della delibera della Giunta Regionale n. 813 del 22.6.2021 denominata: “Direttiva 91/616/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole Approvazione della disciplina regionale per la distribuzione agronomica degli effluenti, dei materiali digestati e della acque reflue comprensiva del Quarto Programma ‘Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto e della documentazione elaborata in esecuzione della procedura di Valutazione Ambientale Strategica di cui alla direttiva 2001/42/CE”, ritenendole illegittime ed ingiustificatamente gravatorie.
Si è costituita la Regione Veneto, eccependo il difetto di interesse delle società ricorrente all’integrale impugnazione del provvedimento e contestando nel merito le avverse censure.
La domanda cautelare proposta dai ricorrenti è stata accolta, ai sensi del comma 10 dell’art. 55 cod. proc. amm., con ordinanza n. 564 del 29/10/2021.
All’udienza del 24 febbraio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITO
1.Con la DGR impugnata, la Regione ha definito la “Disciplina per la distribuzione agronomica degli effluenti dei materiali digestati e delle acque reflue comprensiva del Quarto Programma d’Azione per le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Veneto” cumulando in un unico documento sia la disciplina per l’utilizzo agronomico degli effluenti e dei fertilizzanti, come previsto dall’articolo 1, comma 3, D.M. 25/2/2016 (“il presente decreto si integra con l’applicazione delle disposizioni della Parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 20106, n. 152 ed in particolare del Capo I del Titolo III recante la disciplina delle “Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento” e delle disposizioni della Parte Seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 relative agli impianti di allevamento intensivo di cui al punto 6.6 dell’allegato VIII alla medesima Parte Seconda”) che il Quarto Programma d’Azione previsto dall’articolo 92, comma 7 del D.Lgs. 152/2006 (che, per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola, prevede che le Regioni attuino programmi d’azione, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al DM 19 aprile 1999).
Oggetto di doglianza sono talune disposizioni restrittive concernenti gli ammendanti ed i fertilizzanti prodotti mediante il recupero di taluni rifiuti (meglio specificati all’art. 2, lett. pp) della D.G.R. “fertilizzanti azotati di cui al d.lgs. n. 75/2010 o al regolamento (UE) 2019/1009 ottenuti con l'impiego di una o più delle seguenti matrici (anche se in miscela con altre):
a) fanghi derivanti da processi di depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e/o produttivi (ad eccezione di quelli dell'industria agroalimentare/agroindustriale*);
b) altri reflui/scarti generati da cicli industriali (ad eccezione di quelli dell'industria agroalimentare/agroindustriale);
c) rifiuti urbani (ad eccezione della frazione verde costituita da rifiuti vegetali e della frazione organica alimentare da raccolta differenziata domiciliare);
d) digestato ottenuto da una o più delle matrici di cui ai punti precedenti”) che la Regione ha introdotto nel suddetto programma.
2. Per una migliore intelligenza delle questioni da esaminare, giova ricostruire le linee generali della disciplina in esame.
Essa trae origine dagli atti di recepimento della «Direttiva del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole» del 12/12/1991, n. 91/676/CEE (cd. Direttiva Nitrati) con cui le istituzioni europee hanno individuato il quadro delle misure che gli Stati membri devono adottare al fine di «ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola» e di «prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo» (art.1).
A tale scopo, la direttiva prevede che gli Stati membri individuino le “zone vulnerabili”, ovvero, tutte le zone note che scaricano le loro acque in acque soggette ad inquinamento provocato da composti azotati (cfr. l’art. 3 della Direttiva), nelle quali, per il conseguimento degli obiettivi previsti dall’articolo 1, dovranno essere predisposti i «programmi di azione», ossia dei piani contenenti le misure necessarie a ridurre e prevenire l’inquinamento da nitrati.
Ai sensi dell’art. 5, par. 3 della direttiva, i programmi d'azione “tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine;b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi”.
La direttiva, inoltre, prevede un contenuto minimo dei suddetti programmi, stabilendo che essi “comprendono” «le misure vincolanti» contemplate dall'allegato III alla direttiva e le misure che gli Stati membri hanno prescritto nei codici di buona pratica agricola.
L’Allegato III, contempla tra le misure vincolanti anche “3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata e, in particolare: a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo;b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;c) dell'uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture”. Tale limitazione deve, inoltre, essere “basata sull'equilibrio tra: I) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e II) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente:
- alle quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alla fine dell'inverno);
- all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno;
- all'aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento;
- all'aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.”.
Le misure, inoltre, devono essere predisposte in modo tale che esse possano garantire che “2. (…) per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro.
Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto.”
In attuazione della Direttiva 91/676/CEE, è stato emanato il D.Lgs.11/05/1999, n. 152, che, all’art. 19 e all’Allegato 7/A-III ha definito i tempi ed i contenuti dei «programmi d’azione».
Lo stesso Decreto all’art. 38 definisce le linee generali dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonché dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 28,comma 7, lettere a) b) e c), e da altre piccole aziende agroalimentari ad esse assimilate (cfr. comma 1 dell’art. 38) ed attribuisce alle Regioni la disciplina di dettaglio delle attività di utilizzazione agronomica, da definire «sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali (…) garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui al presente decreto» (così, il comma 2 dell’art. 38).
La suddetta disciplina è stata abrogata e sostituita dall’art. 92 del D.Lgs. 152/2006 che, per le zone vulnerabili, ha stabilito: “6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi 2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonché le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999”.
Al di fuori delle zone vulnerabili, l’art. 112 D.Lgs. 152/2006 ha confermato la competenza delle Regioni a dettare norme di dettaglio per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi oleari e delle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101, comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari e ha stabilito che tale disciplina debba essere definita “sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, (…), garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.”.
Il decreto emanato in attuazione dell’art. 112 è il decreto del Ministro delle Politiche Agricole e Forestali del 25/2/2016, recante “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento e delle acque reflue, nonché per la produzione e l'utilizzazione agronomica del digestato”. L’articolo 1 “Finalità e principi generali” enuncia gli obiettivi del decreto, ossia, prevedere: “i criteri e le norme tecniche generali per l'utilizzazione agronomica dei materiali e delle sostanze di cui all'art. 2, commi 1 e 2, al fine di consentire alle sostanze nutritive ed ammendanti in essi contenute di svolgere un ruolo utile al suolo agricolo” (comma 1), orientare l’attività normativa delle regioni nella disciplina dell’utilizzazione agronomica dei materiali di cui al comma 1, che deve svolgersi “garantendo la tutela dei corpi idrici e del suolo, ai sensi della normativa vigente” (comma 2);integrare la disciplina agronomica dei suddetti materiali con “le disposizioni della Parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed in particolare del Capo I del Titolo III recante la disciplina delle «Aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento»”.
Il comma 6 dell’art. 1 del D.M. 25/2/2016 prevede, inoltre, che “6. Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, anche in ragione di particolari situazioni locali e sulla base delle indicazioni delle Autorità di bacino competenti, possono prevedere discipline più restrittive rispetto a quelle del presente decreto.”.
Lo strumento che il suddetto D.M. destina alla corretta utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque reflue e del digestato, al fine di pervenire ad “un accurato bilanciamento degli elementi fertilizzanti”, in funzione delle caratteristiche del suolo e delle asportazioni prevedibili, sia in zone non vulnerabili che in zone vulnerabili da nitrati, è il “Piano di Utilizzazione Agronomica” da redigersi a cura delle singole imprese, disciplinato dall’art. 5 e dall’allegato V parte A, da cui si evince che esso “è volto a definire e giustificare, per un periodo di durata non superiore a cinque anni, le pratiche di fertilizzazione adottate, rispettando i limiti di apporto degli effluenti zootecnici e dei fertilizzanti organici”.
5. Sulla scorta delle coordinate normative sopra evidenziate si può passare alla disamina delle singole censure.
6. Con il primo motivo la ricorrente impugna la previsione di cui al terzo comma dell’art. 8 dell’Allegato A alla DGR n. 813/2021 nella parte in cui attribuisce valore costante pari ad 1 al tenore di efficienza dell’azoto anche per i fertilizzanti organici.
Il tenore di efficienza dell’azoto è un coefficiente che indica la quantità di azoto assorbita dalla pianta (e correlativamente quella che si disperde nel campo) mediante l’applicazione di un’unità di fertilizzante (Articolo 2 – Definizioni: “j) “efficienza fertilizzante degli effluenti d’allevamento”: il rapporto tra la quantità di azoto potenzialmente utilizzabile dalla coltura e la quantità apportata al campo;”.
Nel caso di efficienza pari a 1 s’intende che tutto l’azoto apportato con la concimazione (100%) viene utilizzato dalla coltura.
Tale valore rileva ai fini del rispetto della quantità massima di azoto efficiente ammessa per singola coltura (MAS: Maximum Application Standard). La ricorrente afferma che un valore pari a 1 per gli ammendanti sarebbe del tutto privo di fondamento tecnico-scientifico. Gli allegati X e V del D.M. 25 febbraio 2016 lo attribuiscono soltanto ai concimi chimici e minerali, ma non ai fertilizzanti organici, per i quali stabiliscono che gli apporti “possono mutare in funzione della coltura, dell’epoca e della modalità di distribuzione e delle strutture del suolo”.
La Regione, nell’attestarsi su un valore convenzionale, avrebbe violato l’art. 5, comma 3 della c.d. “direttiva nitrati” (91/676/CEE) nella parte in cui, prevede che “i programmi d’azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine”.
La Regione ha contestato le avverse deduzioni, affermando che:
- Il vincolo al tenore di azoto pari a 1 è stato introdotto per contenere l’apporto complessivo di azoto alle colture nel Veneto, a fini di maggior tutela ambientale e trova fondamento nell’art. 40, comma 5, del D.M. 25 febbraio 2016 il quale stabilisce di dare priorità, nell’utilizzo dei fertilizzanti, all’allocazione degli effluenti zootecnici prodotti nelle aziende agricole;
- si è inteso privilegiare altri ammendanti in ragione delle cautele suggerite dall’assenza di monitoraggi e di specifiche prove degli effetti dell’utilizzo di tali prodotti in agricoltura.
- il vincolo è stato introdotto in adempimento agli obblighi derivanti dalla direttiva nitrati e, in particolare, dall’art. 5, par. 5, che impone l’attivazione di misure aggiuntive per la riduzione dell’inquinamento e fa parte delle misure di riduzione adottate al fine di far fronte ai rilievi sollevati dalla Commissione europea nella lettera di messa in mora complementare del 3 dicembre 2020 nell’ambito della procedura d’infrazione n. 2249/2018.
Il motivo non è fondato. La direttiva “Nitrati” e le disposizioni del d.lgs. n. 152/2006 che ne costituiscono il recepimento prevedono un contenuto minimo dei programmi d’azione che può essere implementato attraverso disposizioni volte a garantire la tutela dei corpi idrici e del suolo, ai sensi della normativa vigente.
Tra le finalità che la direttiva si propone di perseguire, vi è quella di limitare e ottimizzare l’utilizzo dei fertilizzanti allo scopo di ridurre la dispersione nell’ambiente delle componenti azotate (cfr. allegato 7, parte AIV, alla Parte III del D.Lgs. 152/06 che, tra le misure da includere nei programmi d'azione, contempla anche “1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata”).
L’individuazione del coefficiente di efficienza dei fertilizzanti azotati pari ad 1 risponde alla suddetta finalità.
La previsione dell’art. 5 della direttiva, nella parte in cui stabilisce che “i programmi d’azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine”, non impedisce agli Stati membri di individuare il tenore di efficienza dell’azoto anche in modo convenzionale in relazione a ciascuna delle diverse fonti azotate, nel perseguimento delle finalità di tutela ambientale avute di mira dalla direttiva.
Il valore del suddetto coefficiente è già individuato in modo convenzionale sia per i concimi minerali (cfr. allegato X al D.M. 25/2/2016 laddove nel descrivere i fattori dell’equazione indicata per la verifica del rispetto del M.A.S. individua il coefficiente di efficienza dell’azoto per i concimi chimici (KC) afferma che il coefficiente di efficienza relativo agli apporti di concime chimico “In genere si considera il 100 % del titolo commerciale del concime azotato), che, ai sensi dell’art. 14 del D.M. 26/2/2016 e nel III Programma d’Azione, per gli effluenti di allevamento (si prevede un valore minimo di efficienza dell’azoto pari al 60% per il liquame suino e avicolo, pari al 50% per il liquame bovino, pari al 40% per il letame), derivando la resa effettiva dello stesso da molteplici fattori (cfr. allegato X del D.M. 21/2/2016, nella parte in cui descrive l’indice di efficienza dell’azoto per i fertilizzanti organici “KO è il coefficiente di efficienza relativo agli apporti di fertilizzante organico (FO). Esso varia in funzione della coltura, dell’epoca e della modalità di distribuzione e delle strutture del suolo. L'obiettivo di ottimizzare gli apporti, al fine di conseguire la massima efficienza d'impiego dei diversi tipi di fertilizzanti, comporta l'individuazione di coefficienti di efficienza specifici a scala aziendale o territoriale. In assenza di determinazioni specifiche, i valori di riferimento di Ko si ottengono secondo le indicazioni contenute nelle tabelle 1 e 2, nel caso di liquami. Al fine di contenere le perdite, il PUA deve prevedere epoche e modalità di distribuzione dei liquami atte a garantire, per i liquami delle specie zootecniche più comuni e per le diverse tessiture dei suoli, valori di Ko non inferiori a 60% per liquami suini e avicoli e al 50 % per liquami bovini. Per i letami, il coefficiente di efficienza va assunto pari almeno al 40%. Le regioni possono aggiornare i valori minimi di Ko in rapporto allo sviluppo delle conoscenze locali” e art. 40, comma 5, “sui terreni utilizzati per gli spandimenti, devono essere impiegati come fertilizzanti prioritariamente, ove disponibili, gli effluenti di allevamento e i digestati le cui quantità di applicazione devono tenere conto, ai fini del rispetto del bilancio dell’azoto, del reale fabbisogno delle colture, della mineralizzazione netta dei suoli e degli apporti degli organismi azoto-fissatori”).
Alla luce della natura necessariamente estrinseca del sindacato da esercitarsi sulle valutazioni aventi natura discrezionale c.d. mista, la previsione impugnata risulta esente da vizi di manifesta illogicità e incongruità, o travisamento dei fatti o macroscopici difetti di istruttoria ovvero la mancanza di idonea motivazione (cfr. ad es., Cons. Stato, sez. II, n. 5380 del 2020;sez. V, n. 1783 del 2013;sez. VI, 458 del 2004), atteso che il suddetto coefficiente di efficienza è coerente con il quadro normativo di riferimento.
D’altra parte la ricorrente non ha individuato alcun valore diverso da quello indicato nel provvedimento impugnato al quale ancorare il suddetto indicatore, impedendo così anche di apprezzare l’effettiva lesione delle rispettive prerogative, anche a fronte della circostanza – non specificatamente contestata – che sia pure in via di fatto il suddetto valore era applicato nella vigenza del precedente Programma d’Azione.
7. Con il secondo e terzo motivo sono impugnate le previsioni della delibera con le quali la Regione ha introdotto limiti all’utilizzo dei fertilizzanti di cui all’articolo 2, lett. pp), ossia di quelli ottenuti mediante il recupero di particolari tipologie di rifiuti.
Si tratta, in particolare, del divieto di utilizzo dei fertilizzanti azotati di cui all’art. 2 lett. pp) sui terreni interessati dalla distribuzione di letami e dei materiali ad essi assimilati (articoli 4, comma 4 e 5 comma 4 dell’allegato A della DGR), delle condizioni di utilizzo (limiti quantitativi in funzione del livello di acidità del terreno) di ammendanti e correttivi previsti dall’art.