TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-04-19, n. 202302395

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2023-04-19, n. 202302395
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302395
Data del deposito : 19 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/04/2023

N. 02395/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00422/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 422 del 2019, proposto da:
Società Consortile Opus Lab S.r.l., Studio di Cardiologia Danicard Sas di D'Aniello Sicilia Maria, Emilab Scarl, Gestione Servizi Laboratorio di Orsi Antonio &
C S.a.s., L.D.C. di G. Cimminiello Snc, Centro Flegreo S.r.l. Medicina Nucleare, Laboratorio di Analisi Cliniche di Anna Landi S.r.l., Med Lab S.r.l., Laboratorio di Analisi Cliniche Dott.ssa De Siano Maria Michela, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati A U M e L R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Meo in Napoli, via Melisurgo n. 4;

contro

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Luigia Schiano Di Colella Lavina, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Commissario ad Acta per l'attuazione del Piano di Rientro Sanitario della Regione Campania (di seguito: Commissario ad acta), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Armando Diaz, 11;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, non costituito in giudizio;
Azienda sanitaria locale (ASL) 107 - Napoli 2 Nord, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Istituti Diagnostici Riuniti s.c.a r.l., Biomedical S.n.c. di Barone Francesco &
C., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio,

per l'annullamento:

a) del decreto (di seguito “DCA”) del Commissario ad acta n. 84 del 31 ottobre 2018, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 80 del 5 novembre 2018, avente ad oggetto “Limiti di spesa agli erogatori privati di prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per l'esercizio 2018 e altre disposizioni relative all'assistenza ospedaliera erogata dalle strutture private”, e di tutti i suoi allegati;

b) della nota prot. 2648/C del 16 novembre 2018 del Commissario ad acta;

c) di ogni atto ai predetti connesso, sia esso presupposto che conseguenziale, ancorché non conosciuto e comunque lesivo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e del Commissario ad acta;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, c.p.a.;

Relatore il dott. G P all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 23 marzo 2023 – svoltasi con modalità telematica in videoconferenza tramite Microsoft Teams, ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;
nessuno comparso per le parti;

Viste la richiesta di passaggio in decisione senza discussione da remoto, depositata dalla parte ricorrente il 17 marzo 2023;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Premettono le ricorrenti di essere strutture sanitarie accreditate col Servizio Sanitario Regionale campano - ai sensi degli artt.

8-quater e ss. del d. lgs. 502/1992 - per erogare prestazioni relative alla Macro-area della specialistica ambulatoriale, nell’ambito dell’ASL Napoli 2 Nord.

Le strutture ricorrenti affermano che, nel corso dell’anno finanziario 2018, hanno erogato prestazioni in regime di accreditamento, pur in assenza di atti di programmazione, facendo affidamento sui volumi di prestazioni e sui correlati limiti di spesa applicati nel 2017, secondo uno schema di rapporti che si è ripetuto negli anni.

Non tutte le ASL, tuttavia, si sono attenute al criterio di cui sopra (non lo ha fatto, in particolare, l’ASL Salerno), il che ha determinato un elevato grado d’incertezza tra gli operatori ed un’anomala trasmigrazione di utenti da una ASL all’altra ma, più in generale, ha falsato i dati del monitoraggio

Ad avviso delle ricorrenti, con l’impugnato DCA n. 84/2018, il commissario ad acta avrebbe leso il loro affidamento circa l’applicazione dei criteri di fissazione dei tetti di spesa di cui al DCA n. 50/2018, evitando di adeguarsi ai parametri di determinazione del fabbisogno ai quali lo stesso commissario si era auto-vincolato e dando luogo all’applicazione retroattiva di un meccanismo dal quale scaturirebbero ingenti richieste dell’amministrazione di recupero, da contabilizzare integralmente sulla prima liquidazione possibile.

2.- Con ricorso notificato il 3 ed il 4 gennaio 2019 e depositato il successivo 31, le strutture ricorrenti hanno quindi impugnato il menzionato DCA 84/2018, oltre agli atti ad esso collegati in epigrafe nel dettaglio specificati, deducendo le seguenti censure:

1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 796, l. 296/2007;
violazione e falsa applicazione del piano di rientro dal disavanzo (

DGRC

460/2007violazione e falsa applicazione del DCA 50/2018. Eccesso di potere per contraddittorietà e manifesti difetto d’istruttoria e di motivazione.

A seguito della riorganizzazione dell’offerta di prestazioni di laboratorio intorno al modello di rete, il DCA 50/2018 aveva previsto che i tetti di spesa per la specialistica ambulatoriale sarebbero stati fissati in base al criterio del numero di cittadini residenti. Tuttavia, il criterio stabilito dal DCA 50/2018 sarebbe stato smentito dall’impugnato DCA n. 84/2018, imperniato sul diverso parametro della produzione rilevata a consuntivo. Questa prima contraddizione si unirebbe alla mancata considerazione delle spese per le attività aggregative realizzate per la prescritta riorganizzazione di rete.

A ciò va aggiunto che la riclassificazione dei tetti tra le varie ASL non tiene in alcun conto la circostanza che i dati del monitoraggio complessivi sarebbero stati totalmente falsati dal diverso contegno assunto dalle aziende sanitarie locali in ordine all’applicazione dei tetti su base trimestrale, vigente il DCA 89/2016 (mai applicato, ad esempio, dall’ASL Salerno, nemmeno per il 2017).

2) Violazione dei Programmi operativi regionali (POR) 2016-2018 approvati con DCA 14/2017. Difetto di motivazione e di istruttoria.

Il decreto impugnato sarebbe altresì viziato per l’immotivato mancato rispetto del termine stabilito nei POR che fissavano al 30 ottobre 2017 la data limite per determinare i tetti di spesa, fissati, invece, molto più tardi.

Anche ad attribuire natura meramente programmatica ai predetti POR - il che non potrebbe essere, atteso che l’art. 2, comma 88, della legge 191/2009 li qualifica quale supporto documentale sul quale è modellato l’intero assetto della gestione commissariale - non sembra revocabile in dubbio che l’inosservanza così evidente del predetto termine esigeva, quantomeno, che il Commissario ad acta rendesse sul punto una motivazione particolarmente penetrante, tenuto conto dell’affidamento riposto sulla tempistica da parte degli operatori privati.

3) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e per violazione del principio di irretroattività degli atti di programmazione. Falsità dei presupposti, sviamento. Violazione e falsa applicazione dell’art.

8-sexies, comma 8, d.lgs. n. 502/1992, inserito dall’art. 8, comma 4, d.lgs. 229/1999. Violazione della disciplina sulla mobilità attiva extraregionale. Violazione dell’art. 1372 cod. civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 14, d.l. 95/2012. Violazione della direttiva 2011/24/UE del Parlamento e del Consiglio europei del 9 marzo 2011 e degli artt. 114, par. 1, e 168, par. 3, TFUE. Violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, comma 3, e 119 Cost.

La spesa per il 2018 è stata definita solo a novembre, dunque ad esercizio finanziario sostanzialmente terminato, con sensibili modifiche di alcune modalità di monitoraggio, malgrado per l’intero 2018 si sia fatto affidamento su quelle vigenti nel 2017, sulla base, peraltro, di indicazioni provenienti anche dall’ASL, e su cui è modellata da anni l’attività dei Tavoli Tecnici.

La fissazione a fine anno del tetto di spesa rende ancora più incongrua la previsione che preclude in modo inderogabile l’incremento eccedente il 10% del medesimo tetto, come invece consentito dal DCA 89/2016, modificando così retroattivamente una prassi pluriennale su cui le strutture accreditate facevano affidamento, con lesione del legittimo affidamento sulle prestazioni già rese (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 12 aprile 2012, n. 3 e n. 4).

4) Sull’insufficienza delle risorse assegnate rispetto al fabbisogno. Difetto d’istruttoria, macroscopica irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 14, del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito in legge n.135 del 7 agosto 2012, modificato dall’art.

9-quater, comma 7, e dall’art.

9-septies, commi 1 e 2, D.L. 19 giugno 2015 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n.125, e dall’art. 1, comma 574, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

L’impianto complessivo del provvedimento impugnato parte dal presupposto che, in applicazione dell’art. 15, comma 14, del d.l. 95/2012 in tema di revisione della spesa (“Spending review”), “a decorrere dal 2014”, il livello di spesa non dovesse (e non debba) superare quella del 2011 ridotta del 2%.

Le risorse assegnate alla macro-area appaiono, tuttavia, largamente insufficienti a soddisfare il fabbisogno del territorio: la relativa quantificazione è, dunque, frutto di un’istruttoria chiaramente erronea.

Di fronte all’obiezione che il livello di spesa non possa essere modificato in aumento a causa dei limiti imposti dal citato art. 15, comma 14, del d.l. 95/2012, la ricorrente rimarca come quest’ultima disposizione presenti rilevanti profili di contrasto con gli artt. 117, comma 3, e 119 Cost., stabilendo infatti che assumono carattere permanente, sì da trasmodare i limiti entro cui sono consentiti interventi statali sull’autonomia di spesa delle Regioni, come principi di coordinamento della finanza pubblica (Corte Cost., 3 marzo 2016, n. 43).

5) Violazione della disciplina sulla mobilità attiva extraregionale. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 14, d.l. 95/2012. Violazione della direttiva 2011/24/UE del Parlamento e del Consiglio europei del 9 marzo 2011 e degli artt. 114, par. 1, e 168, par. 3, TFUE. Violazione degli artt. 3, 32, 97, 117, comma 3 e 119 Cost.

L’art. 15, comma 14, del d.l. n. 95/2012 - come modificato dall’art. 1, comma 574, l. n. 208/2016 - sarebbe stato erroneamente interpretato dall’impugnato DCA n. 84/2018, in quanto l’interpretazione costituzionalmente compatibile della disposizione porterebbe ad includere nell’ambito applicativo della Spending Review le prestazioni da acquistare in mobilità passiva.

In altri termini, stabilire limiti alla mobilità attiva significa incidere sui LEA di cittadini residenti in altre Regioni e sulla mobilità passiva di esse, con ciò proponendo un altro profilo di contrasto con gli artt. 117, comma 3, e 119 Cost. La Regione acquista dagli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCSS) e, più in generale, dal comparto privato accreditato prestazioni per i propri residenti, sia sul proprio territorio sia su quello di altre regioni, anche perché la quota di riparto del FSN è calcolata su base capitaria.

Del resto, una Regione non potrebbe porre validamente limiti alla capacità di spesa di altre regioni che potrebbero, viceversa, avere la necessità di acquistare in mobilità passiva determinate prestazioni in relazione alle quali la propria offerta per i residenti risulti insufficiente, tanto più che il controllo sulla spesa si muove più efficacemente e correttamente sul versante della mobilità passiva, ovvero sulla spesa che una Regione riserva ai propri residenti.

6) Violazione e falsa applicazione degli articoli 24 e 113 Costituzione.

La cd. “clausola di salvaguardia” inserita all’art. 11 del contratto, che impone ai sottoscrittori, tra l’altro, di non contestare in giudizio il DCA impugnato in questa sede sarebbe illegittima per lesione del diritto di difesa, ai sensi degli artt. 24 e 113 Cost..

3.- Parte ricorrente ha quindi chiesto l’annullamento degli atti impugnati, con vittoria delle spese.

Delle parti intimate, si sono costituiti in giudizio il Commissario ad Acta e la Regione Campania.

Quest’ultima, in data 7 marzo 2019, ha depositato documentazione tra cui la Relazione prot. n. 120697 del 22 febbraio 2019 con la quale la Direzione per la tutela della salute ed il coordinamento del sistema sanitario regionale ha illustrato alla propria avvocatura le ragioni complessive sottostanti l’impugnato DCA 84/2018.

Il ricorso è stato inserito nel ruolo dell’udienza pubblica del 23 marzo 2023, calendarizzata in attuazione delle Linee guida per lo smaltimento dell’arretrato negli uffici della giustizia amministrativa, di cui al Decreto del Presidente del Consiglio di Stato dell’8 febbraio 2022, ai sensi del D.L. 80 del 2021, convertito dalla L. n. 113 del 2021.

DIRITTO

4.- Il ricorso è infondato.

Infondato è il primo motivo.

Giova premettere che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza, la determinazione dei tetti di spesa è espressione di un potere di programmazione regionale caratterizzato da ampia discrezionalità nella previsione del dimensionamento e dei meccanismi di attribuzione delle risorse disponibili, con l’obiettivo di bilanciare molteplici e spesso contrapposti interessi di rilevanza anche costituzionale, come il contenimento della spesa in base alle risorse concretamente disponibili, l’esigenza di assicurare prestazioni sanitarie quantitativamente e qualitativamente adeguate agli assistiti, quelli delle strutture private operanti secondo logiche imprenditoriali, quelli delle strutture pubbliche vincolate all’erogazione del servizio nell’osservanza dei principi di efficienza e buon andamento (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 7 dicembre 2021, n. 8161;
anche TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 8 maggio 2018, n. 1018).

Ed infatti, per un verso, non si può spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni, quale ne sia la gravità e l'urgenza. Viceversa, è la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto ovviamente conto delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute (cfr., Corte Cost. n. 203/2008;
Corte Cost. sentenza n. 203/2016). Per altro verso, gli interessi imprenditoriali propri delle strutture private che decidono di operare in regime di accreditamento non possono prevalere sul primario bene pubblico della salute allorché le scelte dell’Amministrazione, nei limiti della proporzionalità e della ragionevolezza, siano funzionali alla programmazione di un’offerta sanitaria uniforme e adeguata sul territorio regionale.

In ogni caso, quanto al “peso” nella fissazione del budget della popolazione residente, le prescrizioni contenute nel DCA n. 50/2018 ben potevano essere modificate da un DCA successivo avente la medesima collocazione gerarchica, nella specie il DCA impugnato. Per altro profilo, se è vero che il DCA n. 84/2018 richiama ai fini della fissazione del budget il parametro relativo alla spesa dell’anno precedente è altresì vero che la stessa fissazione del fabbisogno dipende largamente dall’ammontare della popolazione residente che, dunque, ha costituito un fattore nei criteri di cui al DCA impugnato.

Budget che, invece, diversamente da quanto ravvisato dalla parte ricorrente, il DCA n. 84/2018 espressamente stabilisce che debba tener conto “di eventuali trasferimenti e/o accorpamenti (debitamente autorizzati)” (sez. II, par. 3 DCA n. 84/2018), considerando proprio la precedente riorganizzazione della rete laboratoristica della quale il centro ricorrente lamenta, erroneamente, l’omessa considerazione.

Quanto poi all’introduzione di un nuovo meccanismo di controllo e monitoraggio della spesa, la giurisprudenza ha già evidenziato che l'esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e la stessa determinazione del budget non sono subordinati né condizionati all'esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, né al ritardo o imprecisione nell’adempimento all'obbligo di eseguire i controlli per il tramite del tavolo tecnico - organo di fonte contrattuale al quale partecipano anche i rappresentanti aziendali e delle associazioni di categoria più rappresentative - avendo lo scopo fondamentale di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti di spesa fissati e con l’impiego delle risorse disponibili e programmate. È importante osservare che la determinazione dei tetti di spesa, a sua volta, recepisce il quadro delle risorse e dei vincoli determinati a monte con legge statale (cfr. da ultimo, TAR Campania, Napoli sez. I, 21 gennaio 2022, n. 6531;
Cons. Stato, sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207;
Id. Sez. II, 30 ottobre 2013, n. 4540;
Id., Sez. III, 5 febbraio 2013, n. 679).

5.- Infondato è il secondo motivo.

In senso contrario agli assunti di parte ricorrente, il Collegio rileva che i POR non stabiliscono alcun termine perentorio, sicché la potestà di fissare i tetti di spesa non può considerarsi consumata per effetto del decorso del previsto periodo di tempo, fissato principalmente per assicurare gli aspetti operativi ed organizzativi connessi agli atti di programmazione.

6.- Queste considerazioni riguardano anche la contestata inderogabilità dei tetti di spesa, censurata col terzo e col quarto motivo di ricorso che, per gli elementi di omogeneità dei relativi contenuti, possono ricevere trattazione congiunta.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, ha ritenuto che: “la retroattività dell'atto di determinazione della spesa non priva gli interessati di punti di riferimento regolatori per lo svolgimento della loro attività e, d'altro lato, il ritardo nella sua adozione non è tale da comportare, di per sé, alcuna decadenza nell'esercizio della funzione amministrativa. E’ infatti evidente che, in un sistema nel quale, in ragione della tempistica oggettivamente complessa, è fisiologica la sopravvenienza della determinazione del limite di budget (la quale rappresenta, comunque, l'adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo, che influisce sulla possibilità stessa di attingere le risorse necessarie per remunerare le prestazioni sanitarie) soltanto dopo l'inizio dell'erogazione del servizio;
in questo caso, le strutture accreditate possono fare riferimento - fino a quando non risulti adottato un provvedimento definitivo - all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dell'anno precedente, detratta, ovviamente, la quota di riduzione della spesa sanitaria sancita dalle norme finanziarie dell'anno in corso” (T.A.R. Napoli, Sez. I, 7 gennaio 2019, n. 65;
sulla stessa questione T.A.R. Cagliari, Sez. I, 3 marzo 2017, n. 159).

Ne consegue che le esigenze di bilancio proprie della gestione finanziaria pubblica del servizio sanitario nazionale sono da ritenere prevalenti anche sulla tardività della negoziazione e dell'assegnazione del budget.

Le considerazioni di cui sopra sono peraltro complementari rispetto al principio della censurata inderogabilità dei tetti di spesa fissati dal DCA impugnato.

Va rammentato, infatti, che, in base all'art. 32, comma 8, della L. n. 449/1997, “Le Regioni (...) individuano preventivamente per ciascuna istituzione sanitaria pubblica e privata, ivi compresi i presidi sanitari ospedalieri di cui al comma 7, o per gruppi di istituzioni sanitarie, i limiti massimi annuali di spesa sostenibile con il Fondo sanitario e i preventivi annuali delle prestazioni, nonché gli indirizzi e le modalità per la contrattazione di cui all'art. 1, co. 32, della legge 23/12/1996, n. 662”. È quindi assegnata alla Regione (e, nel caso di sottoposizione al Piano di Rientro, alla struttura commissariale) la potestà di fissare in via autoritativa i limiti massimi di spesa sostenibile per le singole istituzioni sanitarie.

Il valore vincolante delle determinazioni in tema di limiti di spesa esprime, quindi, la necessità che l'attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell'ambito di una pianificazione finanziaria.

Tra le descritte linee di tendenza – che trovano sbocco nel d.lgs. n. 229/1999, recante modifiche al d.lgs. n. 502/1992 - è da segnalare in primo luogo l'art.

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