TAR Trento, sez. I, sentenza 2023-10-02, n. 202300144

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2023-10-02, n. 202300144
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202300144
Data del deposito : 2 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2023

N. 00144/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00020/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 20 del 2023, proposto da G B, rappresentato e difeso dagli avvocati M B e M D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Castello - Molina di Fiemme, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49 come sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 14 aprile 2004, n. 116, domiciliataria in Trento, largo Porta Nuova, n. 9;

nei confronti

Rosaria Vanzetta e Federico Corradini, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

a) del permesso di costruire in sanatoria nr. 15/2022 emesso a favore di C F e V R in data 1/12/2022, conosciuto in esito all’esercizio del diritto di accesso dd. 09.01.2023 con la quale veniva regolarizzata la legnaia pertinenziale sita in via Dosso nr. 8 p.ed. 50 pm 3 in Castello di Fiemme,

b) parere di conformità urbanistica della Commissione Edilizia Comunale espresso nella seduta dd.

4.10.2022 verbale n.6 punto n. 2) - non conosciuto;

c) di ogni ulteriore atto o provvedimento presupposto, endoprocedimentale, conseguente ed esecutivo o comunque connesso, anche se non richiamato in quanto non conosciuto.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castello - Molina di Fiemme;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto n. 9 del 29 marzo 2023 del Presidente del T.R.G.A. di Trento;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2023 il consigliere C A e uditi l’avvocato Francesca Simonini, in sostituzione dell’avvocato M B, per il ricorrente nonché l’avvocato dello Stato Dario Bellisario per il Comune intimato, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.


FATTO

1. Nel marzo del 2021 i signori Corradini Eliana, Brugnone Franco e B G, proprietari delle pp.mm. 1, 2 e 5 della p.ed. 50 C.C. Castello di Fiemme, e la signora Divan Marisa, inviavano al Comune di Castello - Molina di Fiemme nonché alla polizia municipale di Cavalese una richiesta di intervento con la quale, tra l’altro, veniva nuovamente evidenziata la presenza di un manufatto avente la funzione di legnaia asseritamente posto in essere in maniera abusiva da parte dei signori C F e V R, proprietari della p.m. 3 della p.ed. 50. La segnalazione, sul punto, formava seguito ad altre precedenti che avevano dato luogo ad un ordine di demolizione del manufatto emesso dal Comune (ordinanza n. 28/2019), e poi alla sua archiviazione con atto comunale del 31 luglio 2020.

2. A fronte di tale nuova segnalazione, il Comune di Castello - Molina di Fiemme rinnovava l’istruttoria, circostanziata nella relazione di servizio del 15.04.2021 degli agenti di polizia locale, nella quale, per quanto qui in rilievo, si dava atto che il responsabile dell’ufficio tecnico precisava “ di non poter risalire ad atti precedenti che giustificassero o meno la regolarità del manufatto ”, consistente in particolare nella pensilina di copertura della legnaia, e ciò in difformità dagli esiti posti alla base del precedente atto di archiviazione. La parte ricorrente presentava, così, tramite il proprio difensore, specifica documentazione atta a fornire la “ prova fotografica che nel 1983 sulla p. ed. 50 non esisteva alcuna pensilina/legnaia” , rappresentando altresì che, per tale ragione, il manufatto non poteva essere considerato né sanabile né sanato.

3. Pertanto, in data 8 marzo 2022 il Comune intimato avviava nuovamente il procedimento per l’accertamento della presunta violazione urbanista a carico dei signori C F e V R - controinteressati nel ricorso in esame - con riferimento al manufatto in argomento, che sortiva, in ultimo, con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 15/2022 del 1° dicembre 2022 emesso con la clausola “ fatti salvi i diritti dei terzi ”, atto impugnato.

4. Il signor B G, parte ricorrente, con il ricorso in esame impugna tale ultimo provvedimento e gli atti presupposti specificati in epigrafe, chiedendone l’annullamento in forza dei seguenti motivi di censura:

I. “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 81 l.p. 4 agosto 2015 n. 15, dell’art. 135 l.p. 04/03/2008 n.1, dell’art. 20 del regolamento edilizio comunale del Comune di Castello – Molina di Fiemme approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n.37 dd. 10.06.2008 e s.m. ed eccesso di potere per carente/errata istruttoria e sviamento ”, trattandosi di titolo edilizio richiesto da soggetto non avente titolo. Al riguardo, il ricorrente deduce che il manufatto insisterebbe su un piazzale comune alle p.m. 1, 2, 5 e 3 (di cui solo quest’ultima è di proprietà esclusiva dei controinteressati);
il manufatto è altresì agganciato al muro perimetrale comune ed anche alla soletta del balcone di proprietà esclusiva del ricorrente, circostanze tutte ben note all’Amministrazione intimata. In difetto di un pactum fiduciae , stante le comunicazioni nel tempo inoltrate al Comune, tale situazione integra la violazione dell’art. 81 della l.p. n. 15 del 2015 e dell’articolo 135 della l.p. 1 del 2008, nonché dell’art. 20 del Regolamento edilizio comunale.

II. “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 907 c.c. in relazione all’art. 39 delle NTA del Piano regolatore generale del Comune di Castello – Molina di Fiemme – Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 l.p. 4 agosto 2015 n. 15 ed eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento ”, poiché “ il manufatto è stato costruito in violazione delle distanze previste dalla veduta del ricorrente e quindi della normativa edilizia vigenti, essendo la copertura della legnaia affissa alla soletta del balcone dello stesso e sporgente rispetto al balcone medesimo impedendo con ciò l’esercizio della prospectio dal balcone del ricorrente ”, trattandosi di manufatto eseguito posteriormente alla realizzazione dell’edificio.

III. “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 65 del DPP dd. 19 maggio 2017 n. 8-61/Leg nonché dell’art. 21 del Regolamento edilizio comunale del Comune di Castello Molina di Fiemme approvato con deliberazione del Consiglio comunale n. 37 dd. 19.06.2008 per mancata rappresentazione dello stato di fatto dell’edificio p.ed. 50”, poiché dall’esame delle planimetrie depositate a corredo dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria si evincerebbe la sola presentazione dello “stato autorizzato”, con omissione della planimetria sullo “stato di fatto ”. Tale omissione sarebbe rilevante in quanto la situazione reale, in tesi del ricorrente, non coincide con lo stato autorizzato, stante l’esistenza nel prospetto sud dell’edificio di un balcone di cui non risulta presentato lo stato autorizzato: “circostanza da cui si deve presumere che l’avvenuta realizzazione del balcone medesimo non sia mai stata autorizzata ”, con violazione di quanto previsto dall’art. 65 del Regolamento edilizio-urbanistico provinciale di Trento (d.P.P. 8-61/Leg. del 2017) nonché dell’art. 21 del Regolamento edilizio comunale.

5. Si è costituito il Comune intimato a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49 come sostituito dall’art. 1 del decreto legislativo 14 aprile 2004, n. 116, instando per il rigetto del ricorso in quanto infondato. Deduce il Comune che il provvedimento impugnato si giustifica in relazione della previsione delle norme di attuazione del PRG comunale (art. 39) che consentono la costruzione della legnaia quale manufatto accessorio posto anche in aderenza degli edifici, quale quello considerato, che si annovera nella legnaia di tipo A “ addossata all’edificio ”. Sotto il profilo urbanistico si tratta di manufatto che può essere realizzato mediante la presentazione del modello di “comunicazione opere libere ex art. 78, comma 3, lett. d), della l.p. 15 del 2015. Inoltre, al contrario di quanto dedotto nel ricorso, il manufatto è stato realizzato sulla p.ed. 50 p.m. 3 che risulta di proprietà esclusiva dei controinteressati e non sulla parte comune del piazzale. La censura che valorizza la asserita comproprietà del muro perimetrale, così come la violazione delle norme sulle distanze, poi, attiene a questione meramente civilistica, tra l’altro infondata stante la possibilità di costruire in aderenza ex art. 873 c.c., ed in ogni caso la sanatoria è stata rilasciata a mente dell’art. 135 l.p. 15 del 2015 “ fatti salvi i diritti dei terzi” . Da ultimo ricorda il Comune che tutti i comproprietari avevano accettato la divisione materiale della p.ed. 50, avvenuta in anni recenti, quando la legnaia già era stata realizzata. Infine, il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto lo stato di fatto corrisponde a quello depositato ove si consideri che l’oggetto della sanatoria è il manufatto accessorio in questione e non gli ulteriori aspetti rilevati da controparte.

6. I controinteressati non si sono costituiti in giudizio benché ritualmente resi notificatari del ricorso.

7. Con memoria di replica, da ultimo depositata in data 5 settembre 2023, la parte ricorrente insiste per le proprie conclusioni, rappresentando in particolare come l’invocata disposizione dell’art. 39 delle norme di attuazione del PRG ammette quale opera libera la legnaia in argomento solo se addossata ad un edificio di proprietà esclusiva e non di proprietà di terzi, rispetto alla quale devono invece essere rispettate le distanze dai confini, violate nel caso di specie.

8. Alla odierna pubblica udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

I. Il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito indicati.

II. Sono fondati il primo e secondo motivo di gravame con i quali la parte ricorrente deduce la violazione dell’articolo 81 della legge provinciale di Trento 4 agosto 2015, n. 15 e dell’articolo 135 della legge provinciale di Trento 4 marzo 2008, n. 1, quanto al difetto di istruttoria in cui è incorso il Comune intimato in merito alla sussistenza di un titolo idoneo a richiedere il permesso di costruire in sanatoria da parte dei controinteressati.

III. Invero, la questione centrale posta con le doglianze surriportate attiene proprio all’estensione dei controlli che il Comune è tenuto ad esercitare in sede di rilascio del titolo edilizio, ai sensi dell’art. 81, comma 1, della l.p. 4 agosto 2015, n. 15, che dispone espressamente “ Possono chiedere il permesso di costruire i proprietari dell’immobile e i soggetti in possesso di un altro titolo idoneo ”. Al riguardo, viene in considerazione, relativamente alla fattispecie oggetto di scrutinio, anche l’articolo 135 della l.p. 4 marzo 2008, n. 1, rubricato “ Concessione in sanatoria ”, il cui comma 1 qualifica il titolo di legittimazione alla richiesta, disponendo nel modo seguente: “ Fino alla scadenza dei termini per l’esecuzione dell’ingiunzione prevista dall’articolo 129, comma 1, il responsabile dell’abuso o altro soggetto avente titolo possono chiedere la concessione in sanatoria se l’opera è conforme agli strumenti urbanistici in vigore e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda ” (disposizione che per quanto qui rileva è omologa a quella statale recata dall’articolo art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380: “ In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articolo 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda ”).

IV. Ebbene, questo Tribunale ( ex multis sentenze T.R.G.A. Trento 19.02.2020, n. 29 e 13.08.2020, n. 138) ha già avuto modo di esprimere la propria convinta adesione, da confermarsi in questa sede, all’orientamento giurisprudenziale del tutto consolidato ( ex multis , per tutte, Cons. Stato, sez. IV 28.05.2019, n. 3522) secondo cui “.. la questione della titolarità del bene in ordine al quale viene chiesto un titolo abilitativo al Comune, è questione incidentale che non può farsi coincidere con l’accertamento della titolarità reale, la quale non compete funditus , né alla amministrazione competente in materia edilizia, né al giudice amministrativo in sede di controllo di legittimità, ma al giudice ordinario. Come evidenziato dalla giurisprudenza consolidata (ex multis Cons. Stato, sez. IV, n. 2397 del 2018 e n. 2116 del 2016;
sez. V, n. 1990 del 2012), ai fini del rilascio del titolo, l’amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo alla disponibilità dell’area oggetto dell’intervento edilizio, desunta dagli atti pubblici prodotti ed, in via residuale, dalle risultanze catastali. L’attività istruttoria che l’amministrazione deve svolgere, essendo finalizzata alla verifica dell’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, non è diretta a risolvere i conflitti di interesse tra le parti in ordine all’assetto proprietario degli immobili interessati e, pertanto, non deve effettuare complesse indagini e ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà. In definitiva, se il Comune, e poi il giudice in sede di controllo di legittimità, non può esimersi dal verificare il rispetto dei limiti privatistici sull’intervento proposto, condizione è che questi siano realmente conosciuti o immediatamente conoscibili e non contestati, così che il controllo da parte del Comune (e del giudice amministrativo) si traduce in una mera presa d’atto, senza necessità di procedere a un’accurata e approfondita disamina dei rapporti tra privati. D’altra parte, gli effetti dei titoli edilizi sono confinati sul solo versante pubblicistico, non interferendo sui rapporti di natura privata connessi o implicati nelle vicende immobiliari che riguardano l’attività urbanistico – edilizia, come è stabilito in modo chiaro, dall’art. 11, comma 3, del testo un. edil., in riferimento al permesso di costruire
”. Ha altresì precisato che “...la disposizione dell’art. 81, comma 1, della legge provinciale n. 15/2015 vada interpretata (al pari dell’analoga disposizione dell’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001) alla luce dei generali principi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e, soprattutto, di funzionalizzazione dell’esercizio del potere pubblicistico al perseguimento dello specifico interesse pubblico predeterminato dalla legge. In particolare la disposizione dell’art. 81, comma 1, della legge provinciale n. 15/2015 (come quella dell’art. 11, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001) impone al Comune soltanto di accertare che il richiedente sia in possesso di un titolo civilistico astrattamente idoneo in relazione alla tipologia dell’intervento proposto. Invece, diversamente opinando, si finirebbe per ammettere che il potere pubblicistico sia stato attribuito anche al fine di dirimere questioni di natura esclusivamente privatistica ”. Ne consegue che, in applicazione dei limiti di indagine posti all’Amministrazione medesima in sede di rilascio del titolo edilizio, come sopra evidenziati, ed anche a fronte delle contestazioni dei controinteressati, il Comune deve limitarsi a “ compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili ” ( ex multis Cons. Stato, sez. IV - 20/4/2018 n. 2397).

V. Tuttavia, ciò non comporta nel caso di specie l’adesione alla prospettazione fatta propria dall’Amministrazione, secondo la quale l’apposizione al provvedimento in sanatoria impugnato della clausola del “ fatti salvi i diritti dei terzi ”, - a sua volta applicativa del principio espressamente previsto dall’art. 11, comma 3, del t.u. approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - assolve il Comune da ogni ulteriore approfondimento circa gli aspetti civilistici del rapporto, che spetta all’Autorità giudiziaria ordinaria dirimere, profili che nella fattispecie in esame involgono la costruzione della legnaia con ancoraggio nel muro perimetrale di proprietà comune anche del ricorrente dissenziente, nonché la violazione dell’articolo 907 c.c. in tema di distanze, quanto alla veduta spettante al medesimo ricorrente dal balcone di proprietà esclusiva, ed in genere delle norme sulla costruzione in aderenza ex art. 873 c.c.

VI. Infatti, se è vero che l’introduzione nel provvedimento della surriferita clausola imposta ex lege esplicitamente salvaguarda la concorrente sussistenza degli eventuali diritti di terzi, e circoscrive l’ambito di efficacia del provvedimento medesimo al rapporto pubblicistico instauratosi tra il richiedente e l’Amministrazione comunale - senza incidere sui distinti rapporti giuridici che contemporaneamente insistono tra privati e che da esso non possono pertanto ricevere pregiudizio -, è anche vero che ciò non esime il Comune dal verificare seppure in via incidentale, la sussistenza di un titolo idoneo a richiedere il provvedimento edilizio.

VII. Al riguardo questo Tribunale presta adesione alla giurisprudenza venutasi consolidando, come espressa da ultimo nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 14 settembre 2023, n. 8330 che esclude, per l’appunto, la necessità per la pubblica Amministrazione della ricerca d’ufficio degli elementi istruttori atti ad evidenziare eventuali limitazioni o preclusioni o estinzioni del titolo di disponibilità del bene, e tuttavia non la esime dall’approfondire caso per caso le acquisizioni procedimentali che evidenziano dubbi in ordine alla sussistenza dell’idoneo titolo di legittimazione

VIII. Non osta a tale conclusione il rilievo che, a mente delle richiamate disposizioni della l.p. 1 del 2008, la legittimazione è più ampia in caso di sanatoria, contemplando accanto all’avente titolo anche il responsabile dell’abuso. Invero, in accordo con la più recente e qualificata giurisprudenza, tale circostanza tutt’altro che legittimare l’omissione di ulteriori approfondimenti, onera l’Amministrazione di un dovere di un ancor più attento esame, proprio perché si verte in tema di abuso edilizio. Vale rammentare quanto statuito di recente dal Giudice di appello della Giustizia amministrativa, sezione II, sentenza 21 luglio 2023, n. 7158 (conforme anche TAR Sicilia – Catania, sez. II – sentenza 28 agosto 2023 n. 2754), che riconosce la giustificazione dell’ampliamento della legittimazione in simili casi nella “ possibilità da accordare al predetto responsabile, coincidente con l’esecutore materiale delle opere abusive, della fruizione di uno strumento giudiziario utile ad evitare le conseguenze penali dell’illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi ”. In tal senso, la clausola di salvaguardia dei diritti dei terzi, ricorda il Consiglio di Stato, con riferimento alla situazione del comproprietario dissenziente, “ se per regola esime l’Amministrazione procedente da qualsivoglia approfondimento circa l’effettiva titolarità della pienezza del proprio diritto proprietario, sicché l’emergenza di future problematiche in tal senso non incidono sulla legittimità dell’atto adottato, non consente di prescinderne laddove la carenza di legittimazione piena emerga per tabulas e non richieda né indagini suppletive, né, men che meno, prese di posizione a favore dell’una o dell’altra tesi di parte. Il comproprietario, infatti, diviene <terzo>
solo nel momento in cui se ne è ignorata la presenza, laddove configura una sorta di litisconsorte necessario in caso di oggettiva conoscenza della contitolarità di un bene e del contrasto tra aventi diritto, a maggior ragione ove espresso, come nel caso di specie, sotto forma di denuncio dell’abuso dell’uno a carico dell’altro. In tali ipotesi, cioè, si ritiene che l’Ente abbia il dovere di compiere quel minimo di indagini necessarie per verificare se le contestazioni sono fondate sul piano quanto meno della legittimità formale e denegare il rilascio del titolo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi seri a fondamento dell’esclusività, in fatto o in diritto, della sua posizione (in termini, Cons. Stato, sez. IV, 23 dicembre 2019, n. 6394;
id., 14 gennaio 2019, n. 310;
sez. V, 8 novembre 2011, n. 5894;
sez. VI, 24 luglio 2020, n. 4745
)”, aggiungendo che “ specularmente con la maggior ampiezza della possibilità di richiesta, quanto detto debba valere a maggior ragione nel caso essa si riferisca ad un titolo di legittimazione postumo. Il contraltare, cioè, della più ampia possibilità di accedere ad una potenziale causa estintiva di reato, non può che essere la valorizzazione del potere di <sbarramento>
da parte del comproprietario, diversamente costretto a subire non solo un cambiamento dello stato dei luoghi realizzato (illegittimamente) a sua insaputa, ma pure il suo consolidarsi, a tutela (anche) della incensuratezza di controparte. La prevista notifica dell’ingiunzione a demolire anche al proprietario, infatti, ne salvaguarda la scelta di adesione volontaria al precetto, anche in disaccordo con la diversa opzione del responsabile dell’abuso, che casualmente sia anche lui (com)proprietario. 22.1. Al contrario, l’impossibilità di interferire nel rapporto che quest’ultimo instaura autonomamente con la P.a. finirebbe per lederne gravemente le garanzie partecipative a un procedimento di cui è parte necessaria, vanificando tutte le indicazioni a tutela che il legislatore ha viceversa inteso fornire, allo scopo di preservarlo dalla sanzione più grave della perdita del bene (v. ancora sul punto Cons. Stato, sez. II, n. 714/2023, cit. sub § 16.3)
”. In tale prospettiva gli altri soggetti, diversi dai controinteressati richiedenti il provvedimento di sanatoria, sulla cui proprietà sia accertato, seppure incidentalmente, insistere l’abuso edilizio assumono la qualità di veri e propri litisconsorti nel procedimento in questione, con le conseguenti facoltà.

IX. Applicate le suesposte coordinate ermeneutiche al caso di specie vale evidenziare che in più occasioni la parte ricorrente, unitamente agli altri comproprietari delle p.m. 1, 2 e 5 della p.ed. 50, seppure nel contesto di un deprecabile deterioramento dei rapporti parentali di vicinato, ha evidenziato il carattere abusivo del manufatto in questione, non solo sotto il profilo strettamente urbanistico - ben emendabile in astratto con il rilascio di un provvedimento in sanatoria - ma soprattutto negando la sussistenza del presupposto titolo di legittimazione, necessario al conseguimento del provvedimento favorevole richiesto, stante il suo dissenso e quello degli altri comproprietari. Di talché, proprio sulla scorta di tali segnalazioni, il Comune intimato ha reiteratamente in passato avviato il procedimento di contestazione dell’abuso in argomento, in tale contesto approfondendo i precedenti atti emessi ed accertando lo stato di fatto del bene, dopo i reiterati ordini di rimozione, e quindi disponendo dunque di tutti gli elementi indispensabili alla verifica del titolo in parola.

X. Dunque, spettava all’Amministrazione l’approfondimento della situazione in essere, seppure incidentale ed ai limitati effetti sopra argomentati, verifica che il Comune non ha svolto o, se svolto, non ha motivato nel provvedimento di sanatoria, ma accennato solo in giudizio. Detto esame puntuale avrebbe dovuto e potuto evidenziare la situazione di litisconsorti di alcuni o tutti i comproprietari dissenzienti, con le conseguenti prerogative in merito al procedimento di sanatoria, secondo gli approdi della giurisprudenza sopra richiamata. Nel merito, ad avviso di questo Giudice, e senza alcuna pretesa di definire il profilo civilistico in contestazione - non spettantegli per quanto sopra diffusamente illustrato -, consta che il Comune ha correttamente collocato il manufatto in questione nell’ambito della proprietà esclusiva dei controinteressati (“andito ” p.m. 3) e non nel piazzale comune, tuttavia dagli atti emerge la sussistenza quantomeno del dubbio, non meglio approfondito, circa l’ancoraggio della pensilina/tettoia di copertura della legnaia sul balcone di proprietà esclusiva della parte ricorrente, circostanza riconosciuta dalla giurisprudenza del tutto costante quale implicante l’assenso del proprietario (cfr. per tutte Corte di Appello di Napoli n. 2884 del 20 giugno 2023) ovvero (e anche) nel muro perimetrale comune nel dissenso dei rimanenti comproprietari (rif. relazione 27.04.2019 polizia locale, allegato 13 Comune;
sopralluogo 04.03.2020 allegato 19 Comune). Parimenti lo stato del manufatto in questione, alla luce delle prove fotografiche prodotte nel procedimento dalla parte ricorrente, integra una costruzione che appare pregiudicare il diritto di veduta (cd. “ appiombo ”) spettante al proprietario del balcone in ragione dell’anteriorità del suo acquisto, diritto applicabile anche nel condominio (cfr. ex multis Cassazione civile sez. II, 4 novembre 2021, n. 31640). Tali circostanze avrebbero quantomeno necessitato un ulteriore approfondimento, in contraddittorio tra le parti, non eseguito dall’Amministrazione intimata che si è trincerata invece dietro la clausola di salvaguardia dei diritti di terzi. Ne consegue la fondatezza delle doglianze che riposano sul difetto di istruttoria come espresse nei richiamati motivi primo e secondo di gravame.

XI. Invece non merita favorevole apprezzamento il terzo motivo di ricorso che ad avviso del Collegio si prospetta inammissibile, constando il difetto di interesse del ricorrente, stante l’evidente assenza di utilità dell’accoglimento del motivo di ricorso quanto ai profili ed aspetti estranei al provvedimento di sanatoria impugnato. Invero, come correttamente evidenziato dal Comune resistente, la documentazione che il richiedente deve produrre al Comune, anche ai sensi dell’articolo 65 del Regolamento urbanistico-edilizio provinciale, deve essere idonea ad illustrare l’intervento oggetto di richiesta di titolo edilizio, ossia nel caso di specie il manufatto accessorio costituito da una legnaia coperta da pensilina, rispetto alla quale gli elaborati prodotti devono considerarsi sufficienti tenuto conto della circostanza che lo stato di fatto dell’immobile era ben noto all’Amministrazione, anche a seguito dei plurimi sopralluoghi eseguiti nell’ambito della contesa di vicinato.

XII. La particolarità della fattispecie, unita alla solo parziale fondatezza del ricorso, giustificano la compensazione delle spese di lite.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi