TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-04-06, n. 202302146

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-04-06, n. 202302146
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302146
Data del deposito : 6 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/04/2023

N. 02146/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04746/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4746 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, non costituito in giudizio ;

per l'annullamento

della determina n. -OMISSIS-del 9 agosto 2019 notificata il 29 agosto 2019, con la quale il Ministero della Difesa – Dir. Gen. per il personale militare – III Divisione, disponeva il rigetto dell'istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’articolo 87, comma 4 bis c.p.a.;

Relatore nell'udienza di smaltimento dell’arretrato del giorno 16 marzo 2023, tenuta da remoto, la dott.ssa Elena Garbari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Oggetto di gravame è il diniego opposto dal Ministero della Difesa all’istanza di rimborso delle spese di patrocinio legale sostenute dal ricorrente, brigadiere in congedo già in servizio presso la Legione Carabinieri “Campania”, in occasione del processo penale conclusosi con sentenza n. 408/2018 del Tribunale di Napoli, che lo ha assolto “perché il fatto non sussiste”.

Al ricorrente era stato contestato il concorso esterno in associazione a delinquere nell’ambito di una vicenda che aveva coinvolto alcuni appartenenti al corpo dei carabinieri di Torre Annunziata, indagati per aver favorito, negli anni 2008-2009, l’attività criminosa di un esponente di un’associazione a delinquere attiva nel commercio di stupefacenti;
in particolare le condotte a lui attribuite consistevano nell’omissione di controlli e di vigilanza presso la piazza di spaccio e, in alcuni casi, l’informazione preventiva ai destinatari dell’imminente esecuzione di provvedimenti coercitivi.

Sostiene il ricorrente che ricorrono, in specie, i requisiti prescritti dall’articolo 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, perché la sentenza di assoluzione è divenuta irrevocabile e le spese legali sono state sostenute per ragioni strettamente connesse al servizio, perché all’epoca dei fatti egli effettuava controlli e verifiche, nell’ambito dell’attività di istituto, presso l’abitazione del soggetto menzionato, sottoposto alla misura dell’affidamento in prova, ed era impegnato in attività di contrasto allo spaccio di stupefacenti proprio nei quartieri ove operava l’associazione a delinquere. Sostiene inoltre che il diniego è illegittimo per mancata acquisizione del parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato e per carenza di motivazione, in quanto giustificato con il mero rinvio ad una massima giurisprudenziale.

L’amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

La causa è stata chiamata all’udienza di smaltimento dell’arretrato del 16 marzo 2023, tenutasi da remoto in conformità alle vigenti disposizioni processuali, ed è passata in decisione.

Il ricorso è infondato.

L’istanza oggetto dell’avversato diniego è stata presentata a termini dell’articolo 18, comma 1 del D.L. 67/1997, a norma del quale “ Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato. Le amministrazioni interessate, sentita l'Avvocatura dello Stato, possono concedere anticipazioni del rimborso, salva la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilità ”.

Si tratta di una disposizione di carattere eccezionale, in quanto incidente sulle finanze pubbliche, e di essa va data pertanto un'interpretazione restrittiva, coerente con la ratio dell’istituto.

Secondo un consolidato orientamento interpretativo il rimborso delle spese legali risponde “all'esigenza di sollevare i funzionari pubblici dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento del servizio e tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell'interesse, dell'Amministrazione, delle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all'espletamento dei loro compiti istituzionali, con la conseguenza che il diritto al rimborso può considerarsi sussistente solo quando risulti possibile imputare gli effetti dell'agire del pubblico dipendente direttamente all'Amministrazione di appartenenza;
per ottenere il rimborso delle spese di patrocinio legale, non basta il favorevole esito del procedimento giudiziario, occorrendo altresì, come secondo e fondamentale presupposto, che il procedimento ai danni dell'interessato sia stato promosso in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali", sicché non è sufficiente che lo svolgimento del servizio costituisca mera "occasione" per il compimento degli atti che danno origine al procedimento di responsabilità
" (cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 13.06.2011 n. 1485;
TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 10.06.2011 n. 291).
” (TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055).

Si tratta di presupposti che non ricorrono nel caso di specie.

Come emerge anzitutto dal capo di imputazione, la condotta contestata al ricorrente consisteva nell’aver favorito con atti omissivi e commissivi l’associazione a delinquere, ponendo in essere quindi condotte che non solo costituiscono violazione dei doveri d’ufficio, ma che non hanno alcuna connessione, se non di mera occasionalità, con lo svolgimento del servizio.

Inoltre con specifico riferimento alla posizione del ricorrente (e di altro coimputato) la sentenza di assoluzione è così motivata: “ Per quanto riguarda, invece, le posizioni di (…) e di (…) – per i quali è stata ritenuta la sussistenza della gravità indiziaria con riferimento alle ipotesi corruttive loro ascritte (oramai prescritte e, come tali, non oggetto di contestazione) – il successivo vaglio in ordine alla possibilità che tali condotte possano integrare gli estremi del concorso esterno nell’associazione ex art. 74 dpr 309/90, ha comunque esito negativo. Si conviene infatti, con la valutazione effettuata nella complessiva fase cautelare, in virtù della quale trattasi di condotte che lungi dall’inserirsi nel contributo dell’attività dell’associazione, sono connotate dal profilo corruttivo proprio della vendita della funzione. Anche nei loro confronti, quindi, deve essere pronunciata l’assoluzione perché il fatto non sussiste ”.

Nell’assolvere gli imputati dal reato contestato quindi il giudice penale, al contempo, ha attestato la sussistenza di gravi indizi in merito a condotte corruttive agli stessi imputabili, ma non contestate perché prescritte.

Va respinta anche la censura di difetto di motivazione, atteso che il provvedimento rinvia alla comunicazione di preavviso di rigetto, che da un lato ricostruisce i presupposti del rimborso e il costante orientamento della giurisprudenza in merito alle fattispecie che integrano il diritto ad ottenerlo, dall’altro ha ritenuto che “ nel caso concreto, i fatti originatori della vicenda penale in argomento non risultano essere connessi con l’espletamento del servizio e con l’assolvimento di obblighi istituzionali, né considerarsi espressione della volontà dell’amministrazione ”.

Deve essere poi disattesa la censura che si appunta sull’omessa richiesta di parere dell’Avvocatura dello Stato sull’istanza di rimborso. L’articolo 18, comma 1 sopra richiamato prevede infatti che la stessa sia interpellata in merito al quantum e non all’ an del rimborso, quest’ultimo demandato alla valutazione dell’amministrazione. “ Tale interpretazione è confermata anche dalla disposizione di interpretazione autentica recata dall’art. 10 bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, nella legge 2 dicembre 2005, n. 248 secondo cui il parere dell’Avvocatura generale riguarda solo la congruità dell’ammontare dell’importo da rifondere e non anche la fondatezza della pretesa fatta valere, diversamente da quanto avviene per le eventuali anticipazioni, per le quali il parere dell’Avvocatura investe anche l’an ” (T.A.R. Campania, Napoli Sez. VI, 21 ottobre 2021, n. 6630;
;
T.A.R. Lombardia, Brescia Sez. I, 2 gennaio 2023, n. 5;
Cons. Stato, Sez. IV, 27 ottobre 2020, n. 6554).

Sulla scorta delle premesse considerazioni l’amministrazione ha fatto quindi corretta applicazione della richiamata normativa. Pertanto il ricorso è infondato e va respinto.

Nulla va disposto in punto spese, stante la mancata costituzione dell’amministrazione intimata.

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