TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2014-10-27, n. 201400863

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Cagliari, sez. I, sentenza 2014-10-27, n. 201400863
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Cagliari
Numero : 201400863
Data del deposito : 27 ottobre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00570/2014 REG.RIC.

N. 00863/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00570/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 570 del 2014, proposto da:
R P C, rappresentato e difeso dagli avv. S C e C M, con domicilio eletto presso S C in Cagliari, via P. Palestrina, N. 72;

contro

MINISTERO DELL'ISTRUZIONE dell'Universita' e della Ricerca, Direzione Gen Ufficio Scolastico Sardegna
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAGLIARI,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata in Cagliari, via Dante N.23;

COMMISSARIO AD ACTA;

per l'ottemperanza

della sentenza Consiglio di stato n° 2454/2013 sezione VI - esecuzione giudicato e istanza risarcitoria

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca e dell’ Universita' degli Studi di Cagliari;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 la dott.ssa Grazia Flaim e uditi per le parti i difensori avv. Curto e avv. dello Stato Salis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Oggetto del contendere è il conferimento dell’insegnamento universitario di “Matematica Generale II”, per l’anno accademico 1977/78, da parte dell’Università di Cagliari (Facoltà di Economia e commercio) rispetto al quale si sono succedute svariate sentenze.

L’insegnamento è stato svolto “di fatto” dal ricorrente, senza alcun riconoscimento economico.

In particolare si impugna, con il ricorso/reclamo, il provvedimento del “Commissario ad acta” assunto il 10.4.2014 e notificato il 21.4.2014.

Con l’odierno ricorso, notificato il 20.6.2014 e depositato il 4.7, si chiede in sostanza l’esecuzione del giudicato della sentenza del Consiglio di Stato del 2013 n. 2454 (che ha riformato la sentenza del Tar Sardegna n. 1346/2006), la quale è stata pronunziata in sede di analisi del primo provvedimento (precedentemente) assunto dal Commissario ad acta il 7.12.2005.

Nello specifico, ed in estrema sintesi, si ripercorre la vicenda giudiziaria per come si è sviluppata:

*Con una prima sentenza del TAR Sardegna, n. 440 del 21.4.1999, veniva accolto il ricorso (n. 165/1989) per SILENZIO RIFIUTO, imponendo di provvedere sia all’Università che al Ministero.

Le Amministrazioni non adottavano alcun provvedimento.

*Con ricorso 1270/2004 veniva richiesto al TAR l’ottemperanza alla sentenza Tar 440/1999.

*Con una seconda sentenza del TAR Sardegna n. 198 del 16.2.2005, sempre per SILENZIO RIFIUTO, è stato “ribadito” l’obbligo a provvedere entro 60 gg., con nomina di Commissario ad acta, per il caso di ulteriore inadempimento.

*A seguito dell’accoglimento del ricorso il Commissario ad acta ha provveduto (una prima volta) negativamente con proprio provvedimento del 7.12.2005 n. 17976.

Il provvedimento commissariale è stato poi oggetto di (una precedente) impugnativa da parte dell’interessato (ricorso al TAR n. 206/2006).

* Con una terza sentenza del TAR Sardegna n. 1346 del 29.6.2006, ritenendo legittimo l’operato del Commissario, il giudice di primo grado rigettava il ricorso, in quanto la pronunzia a monte (n. 440 del 21.4.1999 TAR Sardegna) implicava solo “l’obbligo a provvedere” e a definire il procedimento –ma senza indicarne il modo-, né trattavasi di atto vincolato.

Tale sentenza di primo grado, la n. 1346/2006, è stata però impugnata dal privato in Consiglio di Stato;
il giudice d’appello con sentenza n. 2454 del 7.5.2013 sez VI ha accolto l’ impugnazione/reclamo, riformando la pronuncia di primo grado, ritenendo essenzialmente non ostativo al conferimento “ora per allora” dell’insegnamento una norma in realtà sopravvenuta (cioè l’art. 3 della L. 21.2.1980 n. 28, ritenuto inapplicabile al caso de quo).

In definitiva risulta che l’ultima sentenza del Tar (n. 1346/2006) è stata riformata dal Consiglio di Stato, nel 2013, con annullamento del (primo) provvedimento assunto dal Commissario ad acta il 7.12.2005 (oggetto dell’ impugnazione/reclamo) e con obbligo a “ riprovvedere”.

**

A seguito della sentenza assunta dal Consiglio di Stato n. 2454/2013 il Commissario ad acta, sostituendosi ai poteri sia del Ministero che dell’Università (cfr. doc. n. 13), ha rianalizzato, per la seconda volta, il caso, decidendolo nuovamente negativamente il 10.4.2014, con richiamo ai pareri resi dagli organi consultivi centrali (in particolare ai pareri negativi del 10.3.1978 del Consiglio Superiore della Pubblica Amministrazione e del 16.6.1980 del Consiglio Universitario Nazionale).

Il Commissario ha sostanzialmente confermato l’attività ministeriale, in particolare:

-il “diniego di nulla osta ministeriale” del 6.4.1978, con richiamo al parere negativo reso dal C.S.P.I. il 10.3.1978;

- il “diniego di nulla osta ministeriale” del 29.7.1980, con richiamo al parere negativo reso dal C.U.N. il 16.6.1980.

Il provvedimento assunto dal Commissario ad acta (oggetto della presente controversia) è stato notificato all’interessato –lo si dichiara in ricorso- il 21.4.2012 (cfr. pag. 22 del ricorso/reclamo, punto 13).

Con ricorso/reclamo per l’ ottemperanza alla sentenza del Consiglio di Stato n. 2454 del 7.5.2013, notificato nel giugno 2014 e depositato il 4.7, parte ricorrente sostiene che la decisione del Commissario ad acta del 10.4.2014 sarebbe elusiva del “giudicato” (formatosi sul silenzio, in primo grado).

In sostanza si contesta il (secondo) provvedimento assunto dal Commissario ad acta il 10.4.2014 e notificato, per autonoma ammissione il 21.4.2014 (cfr. pag. 22 ricorso).

Sono state formulate nel reclamo le seguenti censure prospettate AVVERSO LA (SECONDA) DECISIONE NEGATIVA ASSUNTA DAL COMMISSARIO AD ACTA:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del c.p.a. – violazione ed elusione del giudicato – eccesso di potere;

2) eccesso di potere per falso e/o erroneo presupposto, travisamento dei fatti, arbitrarietà e contraddittorietà tra provvedimenti – carenza di istruttoria e motivazione – ingiustizia manifesta e sviamento;

3) violazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – violazione del diritto al giusto processo e all’effettività della tutela giurisdizionale – violazione degli artt. 2 e 4 della Costituzione – istanza di risarcimento del danno ex art. 112 comma 3° e 4° del c.p.a.

Si richiede, in particolare al giudice di primo grado:

-affermare l’inottemperanza del Commissario ad acta al giudicato contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2324 (rectius 2454) del 2013;

-l’accertamento dell’elusione del giudicato;

-la declaratoria di nullità del provvedimento commissariale;

-l’adozione di nuove misure per l’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, con emanazione del provvedimento di incarico 1977/1978 e con determinazione delle retribuzioni e dei conseguenti elementi accessori dovuti per l’attività di insegnamento svolta ininterrottamente dal 1977 al 2000, con rivalutazione ed interessi;

-la condanna delle Amministrazioni al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 112, commi 3 e 4, con interessi e rivalutazione;

-in subordine la condanna per “arricchimento indebito”, corrispondente alle retribuzioni per lo svolgimento dell’incarico in questione.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura formulando diverse eccezioni:

*di inammissibilità per incompetenza funzionale inderogabile del TAR (sussistendo quella del C.S. in applicazione dell’ art. 113 c.p.a.);

*di irricevibilità per deposito oltre il termine di 60 gg. del reclamo avverso gli atti del Commissario ad acta, come stabilito specificamente all’ art. 114 6° comma c.p.a. con fissazione del termine (dies a quo) “per il deposito” decorrente dalla notifica del provvedimento assunto dal Commissario (21.4.1914);

*di inammissibilità e irricevibilità dell’ impugnazione dei pareri del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (del 10.3.1978) e del Consiglio Universitario Nazionale (del 16.6.1980);

* la domanda di “indebito arricchimento” presupporrebbe la conversione in rito ordinario;

*la prescrizione di tutte le pretese economiche.

In ogni caso si chiede il rigetto del ricorso anche nel merito.

Alle eccezioni controparte ha controdedotto con memoria depositata il 27.9.2014

DIRITTO

RITO

Preliminarmente occorre esaminare le eccezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato.

1) COMPETENZA TAR o CONSIGLIO DI STATO.

*IN LINEA GENERALE, trattandosi di esecuzione di una sentenza d’appello (C.S. n. 2454/2013) “non confermativa” di quella in primo grado (TAR 1346/2006) la specifica norma processuale prevede, all’ art. 113 del c.p.a., la competenza del Consiglio di Stato e non del Tar in caso di richiesta di attuazione di giudicato difforme d’appello (cfr. per le modalità di riparto: Cons. Stato Sez. V n. 3958 del 24 luglio 2013;
Sez. IV n. 2183 del 18 aprile 2013;
T.A.R. Lombardia-Milano Sez. III n. 1379 del 30 maggio 2011).

Tale norma attiene la competenza funzionale fra organi e non è derogabile, in quanto rimette al “medesimo giudice” la decisione e l’analisi in ordine alla corretta o meno ottemperanza al decisum contenuto nella sentenza da ottemperare .

Essenzialmente il giudice di primo grado non è competente in riferimento a sentenze del Consiglio di Stato che non siano confermative.

La verifica della corretta esecuzione della pronunzia giurisdizionale (sostanziale) è rimessa al giudice che ha statuito ed affermato il giudicato.

Il legislatore ha voluto assegnare, come giudice competente “esclusivo”, quello che ha emesso la sentenza (di merito) favorevole al ricorrente.

Ha creato dunque un “parallelismo” fra decisione e controllo dell’esecuzione della decisione stessa.

Unica deroga, in favore del giudice di primo grado, vi è quando il giudice d’appello si sia pronunziato in maniera del tutto omogenea al primo grado (confermando il dispositivo del Tar).

Nel caso di specie questo “parallelismo” non si rinviene in quanto:

- il Consiglio di Stato (n. 2454/2013) si è pronunziato in modo nettamente difforme al Tar (n. 1346 del 29.6.2006), in ordine all’ analisi dell’operato del primo atto assunto dal Commissario ad acta, annullandone il provvedimento (contrariamente a quanto aveva statuito il TAR).

-neppure ci si trova di fronte all’eccezione alla regola.

*PER ALTRO VERSO va, però, anche considerata l’assoluta peculiarità della fattispecie oggetto dell’odierno esame.

La controversia infatti sorge in relazione ad un provvedimento assunto dal Commissario ad acta in sede di esecuzione;
organo ausiliario che è stato nominato dal giudice di primo grado, precisamente con sentenza Tar n. 198 del 2005.

Ne consegue che, in questa particolare situazione, l’analisi in ordine alla “corretta esecuzione della sentenza” (l’unica formatasi sul riscontrato illegittimo silenzio) spetti al TAR, organo che ha conferito i poteri di esecuzione al Commissario ad acta.

E ciò a prescindere dalla circostanza che il precedente provvedimento assunto dal Commissario ad acta sia stato oggetto di discordi pronunzie fra Tar e C.S. (rispettivamente n. 1346 del 29.6.2006 e n. 2454 sez VI del 7.5.2013).

La valutazione dell’operato del Commissario spetta cioè al giudice che:

-ha assunto la pronuncia sostanziale oggetto di giudicato (nel nostro caso declarando l’illegittimo silenzio);

- ha compiuto l’investitura dei poteri in favore del soggetto terzo (Commissario ad acta).

E ciò al fine di verificare se vi sia stato o meno adempimento o elusione del giudicato, in riferimento alla sentenza sottostante, di merito, e che nel caso di specie verteva sul silenzio-inadempimento.

Il Collegio ritiene quindi che sia il giudice di primo grado a dover valutare l’operato del Commissario ad acta, da esso stesso nominato, ed in particolare il provvedimento del 10.4.2014, notificato al ricorrente il 21.4.2014, essendo il Tar il giudice dell’ottemperanza (rapportato alla sentenza di merito).

**

2) TEMPESTIVITA’.

Occorre poi esaminare l’altro profilo di rito sollevato.

La peculiare norma dettata dall’art. 114 comma 6° del c.p.a. prevede che “avverso gli atti del Commissario ad acta le parti possono proporre dinanzi al giudice dell’ottemperanza <reclamo>, che è DEPOSITATO nel termine di 60 GIORNI, previa notifica ai controinteressati”.

Questo termine non risulta rispettato, in quanto:

-la notifica del provvedimento del Commissario ad acta, assunto il 10.4.2014, è avvenuta, per espressa ammissione in ricorso, il 21.4.2014;

-il deposito al Tar è intervenuto solo in data 4.7.2014;

quindi oltre il termine di 60 gg. dettato per la particolare impugnazione/reclamo.

Tale profilo di rito non consente di poter procedere all’esame delle censure di elusione del giudicato proposte con il reclamo depositato il 4.7.2014 (oltre il termine di decadenza previsto dall’art. 114 comma 6°) avverso il provvedimento negativo assunto dal Commissario ad acta il 10.4.2014 e notificato al ricorrente il 21.4.2014.

In riferimento alla richiesta conversione del rito (in ordinario) la domanda non può essere accolta in considerazione del peculiare strumento giuridico utilizzato (reclamo avverso il provvedimento del Commissario ad acta) .

In conclusione il ricorso è inammissibile.

Sussistono peraltro giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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