TAR Catania, sez. III, sentenza 2019-08-26, n. 201902064

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. III, sentenza 2019-08-26, n. 201902064
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201902064
Data del deposito : 26 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2019

N. 02064/2019 REG.PROV.COLL.

N. 04515/1999 REG.RIC.

REPUBBLICA IIANA

IN NOME DEL POPOLO IIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4515 del 1999, proposto da
P G ed eredi L P, V P, P P, rappresentati e difesi dall'avvocato F M, domiciliato presso la Segreteria del Tribunale;

contro

Provincia Regionale di Messina, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Marchese in Catania, via Guzzardi, 21;

per il riconoscimento

del diritto alla corresponsione dell’indennità di fine rapporto anche per il periodo di servizio non di ruolo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia Regionale di Messina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 27 maggio 2019 il dott. Salvatore Gatto Costantino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il ricorrente premette di essere stato alle dipendenze dell'amministrazione provinciale di Messina dal 15 giugno 1956 al 31 gennaio 1996, compreso un periodo di servizio prestato “a fattura” dal 15 giugno 1956 al 31 dicembre 1956;
prestava servizio in posto, non di ruolo, dalla data di assunzione fino al 30 giugno 1960 , di ruolo, per tutto il periodo successivo fino all'atto del pensionamento. Otteneva da parte dell' INPDAP - ente erogatore preposto al fine, l'indennità premio di fine servizio dovutagli per effetto delle disposizioni di cui alla legge 152/1968, limitatamente al periodo di servizio di ruolo, ovvero su una anzianità di anni 36 dal 1 luglio 1960 al 31 gennaio 1996, ciò conformemente al previsto dall'articolo 4 della menzionata legge 152/68, non avendo esercitato la facoltà di riscatto, anch'essa prevista disciplinata dalla medesima normativa.

Deduce che, a norma dell'articolo 9 del decreto legislativo CPS 4 aprile 1947 nr.207, esteso al personale non di ruolo degli enti locali dall'articolo 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1948 nr. 61, come emendato dalla Corte Costituzionale che ne dichiarava la parziale illegittimità - nella parte in cui veniva previsto che l'indennità non dovesse essere corrisposta nel caso di passaggio in ruolo dell'interessato in caso di cessazione del rapporto di impiego non di ruolo - è dovuta al dipendente, da parte dell'ente locale, un'indennità commisurata a una mensilità della retribuzione in godimento all'atto di licenziamento per ciascun anno di servizio o frazione di anno superiore a sei mesi.

Tale beneficio in virtù del secondo comma dell'articolo 16 della legge 152/68, come emendato dalle sentenze della Corte Costituzionale nn° 208/86 e 401/93, compete a tutto il personale degli enti locali che avesse prestato servizio non di ruolo in epoca antecedente alla sua entrata in vigore (ovvero prima del 2 aprile 1968), limitatamente alla durata del servizio stesso, non valutabile ai fini del conseguimento dell'indennità premio di servizio, quindi anche nel caso in cui non fosse stata esercitata la facoltà di riscatto dei periodi di servizio pre-ruolo prestati in epoca antecedente al 2 aprile 1968, data a decorrere dalla quale l’iscrizione all’INADEL divenne obbligatoria per tutti i dipendenti.

A prescindere dall'inserimento o meno nei ruoli dell'amministrazione di appartenenza, sempre a norma del secondo comma dell'articolo 16 citato, la misura di tale indennità andrebbe computata secondo le disposizioni all'epoca vigenti - ovvero articolo 9 D.Lgs CPS 4 aprile 1947 numero 207 - sull'ultimo stipendio salario in godimento alla data del 2 aprile 1968, data di entrata in vigore della legge 152/68, da rivalutarsi alla data di cessazione definitiva del rapporto (ovvero gennaio 1996).

Afferma pertanto il ricorrente di trovarsi nelle condizioni previste dalla legge per ottenere il riconoscimento del diritto alla percezione dell'indennità per cessazione dal servizio in questione e che, a tal fine, la domanda è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Chiede altresì rivalutazione monetaria secondo indici Istat e interessi legali su importo rivalutato ai sensi dell'articolo 429 c.p.c., avendo riguardo alla natura retributiva del credito fino al saldo effettivo con decorrenza dal centoventesimo giorno successivo al collocamento a riposo ai sensi dell'articolo 7 della legge 533/73 e quindi dal 30 maggio 1996.

Costituitasi, resiste al ricorso la Provincia regionale di Messina la quale eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'articolo 45 comma 17 del dlgs 80/98, essendo stato proposto il ricorso per questioni attinenti il periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998.

Il ricorso è stato notificato il 25.10.1999 e pertanto la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario in particolare al Tribunale di Messina.

Nel merito sostiene l'infondatezza della pretesa in quanto la Provincia regionale di Messina avrebbe già provveduto ad inviare al ricorrente il trattamento supplementare di fine servizio anche con riferimento al periodo non di ruolo.

Per quel che riguarda l'indennità di fine servizio corrisposto dal INPDAP, il periodo non di ruolo non è stato riconosciuto in quanto, come si assume anche nel ricorso introduttivo, l’interessato non ha provveduto al riscatto a suo tempo.

Dovrebbe poi negarsi che il ricorrente abbia il diritto di ottenere l'indennità di fine rapporto per il periodo in cui non sia stato iscritto alla INADEL.

Infatti la legge 152/68, con il rendere obbligatoria a partire dal 2 aprile 1968 tale iscrizione, ha introdotto a favore di tale categoria di dipendenti, l'indennità di fine servizio in aggiunta al trattamento di quiescenza, ponendo così sullo stesso piano il personale di ruolo e quello non di ruolo. Dal momento che prima delle entrate in vigore della legge 152/68 al personale non di ruolo era dovuta un'indennità per cessazione dal servizio, sostitutiva della mancata contribuzione previdenziale, successivamente è intervenuta l’equiparazione tra le due categorie di lavoratori e detta indennità non aveva più ragion d'essere. Infatti l'articolo 16 della citata legge dispone che i dipendenti non iscritti non è dovuta l'indennità per cessazione dal servizio previsto dalle disposizioni di legge a favore del personale non avente diritto alla pensione;
il diritto alla predetta indennità spettante in base alle vigenti disposizioni è conservato relativamente ai periodi di servizio non valutabile ai fini del conseguimento di benefici previdenziali. L'articolo 16, rubricato continuità di licenziamento, si riferisce proprio all'indennità di cui all’articolo citato e ne deriva che detta indennità non spetta per tutto il periodo di servizio non di ruolo ma solo per quello non valutabile ai fini pensionistici.

Conclude, pertanto, per il rigetto del ricorso.

Con decreto nr. 2062/2017 è stata dichiarata la perenzione del ricorso, poi revocata, su rituale opposizione di parte ricorrente, con decreto nr.362 del 25 gennaio 2018.

Con propria memoria, parte ricorrente insiste nell’accoglimento del gravame, richiamandosi anche a giurisprudenza conforme (richiama le sentenze di questo TAR nr. 1993/18 del 24/9 e 23/10/2018, nr. 313/18 del 29/10 e 5/12/2018, ed altre).

Nella pubblica udienza del 27 maggio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per ottenere la corresponsione della speciale indennità per cessazione dal servizio (non di ruolo).

In punto di giurisdizione, va respinta la corrispondente eccezione di parte resistente, dovendosi condividere quanto affermato dalla difesa del ricorrente nella memoria conclusiva, laddove evidenzia che l'art. 45, comma 17, del D. Lgs. n° 80/1998 attribuisce al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro le controversie afferenti "...questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998...", residuando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo per quelle "...attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data...”, così che vengono conservate alla giurisdizione amministrativa le controversie insorte dopo il 30 giugno 1998, concernenti un rapporto di lavoro svoltosi anteriormente, come accade nel caso di specie in cui il rapporto di lavoro del ricorrente con l'Amministrazione Provinciale di Messina si concluse il 31/1/1996 (per fattispecie similari, si veda da ultimo T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 19/10/2018, n.619 e Consiglio di Stato, sez. V , 08/06/2018 , n. 3489).

Per fattispecie relativa a rapporti di lavoro cessati anteriormente al 30 giugno 1998, va ancora rammentato (Cassazione civile, sez. un., 05/09/2013, n. 20358) che le controversie fra enti locali e loro dipendenti relative a trattamenti supplementari di fine servizio, dovuti da tali enti in virtù di un'obbligazione autonomamente assunta (nell'ambito di una previdenza interna di carattere aziendale) e fatti salvi - per il personale in servizio alla data del 1 marzo 1966 - dall'art. 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attenendo a prestazioni, di contenuto genericamente previdenziale, che ineriscono strettamente al rapporto di pubblico impiego e che non hanno la medesima natura del trattamento di fine servizio corrisposto dall'I.N.A.D.E.L., tenuto anche conto che la riduzione dei predetti trattamenti supplementari prevista dallo stesso art. 17 della citata legge (in misura pari all'ammontare dell'aumento da questa apportato al trattamento corrisposto dall'I.N.A.D.E.L.) deriva dal carattere integrativo proprio di tali trattamenti.

Nel merito, il ricorso è fondato e spetta al ricorrente la corresponsione dell'indennità per cessazione dal servizio di pertinenza del proprio dante causa quale ex dipendente dell'Amministrazione Provinciale di Messina fino al 31/1/1996, in forza dell'art. 9 del D. Lgs. C.p.S. 4/4/1947 n° 207 (esteso al personale non di ruolo degli enti locali dall'art. 7 del D. Lgs. 5/2/1948 n° 61) e dall'art. 16 della L. 8/3/1968 n° 152, come rispettivamente emendati dalle sentenza della Corte Costituzionale nn° 208/86 e 401/93, in riferimento al periodo di servizio non di ruolo prestato dalla data di assunzione (15/6/1956) al 30/6/1960 (per un totale utile di anni 4), e non oggetto di domanda di riscatto ai fini dell'indennità premio di fine servizio erogata dall'I.N.A.D.E.L.

Ai sensi dell’art. 16 della l. 152/1968 “Dalla data di entrata in vigore della presente legge ai dipendenti non di ruolo iscritti all'INADEL ai fini del trattamento di previdenza, ai sensi del precedente articolo 1, non è dovuta la indennità per cessazione dal servizio prevista dalle vigenti disposizioni di legge a favore del personale non avente diritto a pensione. Il diritto alla predetta indennità se spettante in base alle vigenti disposizioni è conservato relativamente ai periodi di servizio non valutabili ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui alla presente legge. In tal caso l'indennità è computata, secondo le disposizioni vigenti, sull'ultimo stipendio o salario in godimento alla data di entrata in vigore della presente legge”.

La Corte costituzionale, con sentenza 12 novembre 1993, n. 401, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell’ultimo comma, nella parte in cui non prevede la rivalutazione, con riguardo alla data di cessazione definitiva del rapporto, della retribuzione sulla quale si computa l'indennità per cessazione dal servizio non di ruolo prestato anteriormente all'entrata in vigore della legge medesima.

Secondo la giurisprudenza più risalente (vedasi T.A.R. , Lazio , sez. II , 15/05/1996 , n. 945;
Cons. Stato Sez. V 20/4/2000 n° 2432;
Cons. Stato Sez. V 15/9/1997 n° 964), nel caso non intendano avvalersi della facoltà di riscatto, i dipendenti degli Enti locali iscritti all'Inadel, alla stregua del combinato disposto degli artt. 16 e 17, l. 8 marzo 1968, n. 152, ai fini del trattamento di previdenza, per i periodi di servizio prestati in posizione di fuori ruolo anteriormente all'entrata in vigore della detta legge, hanno titolo ad ottenerne la valutazione in sede di liquidazione dell'indennità per cessazione dal servizio a carico dell'Ente di appartenenza, da computarsi secondo le norme previgenti.

Giova rammentare che in giurisprudenza (vedasi Cassazione civile , sez. trib. , 28/08/2013, n. 19698), si è anche ritenuto che il trattamento previdenziale supplementare di fine servizio erogato da talune amministrazioni locali ad integrazione di quello goduto dai dipendenti di tutti gli enti locali, corrisposto da INADEL e CPDEL, è stato abrogato dall'art. 17 l. 8 marzo 1968 n. 152, salvo che per coloro già in servizio alla data dell'1 marzo 1966 e deliberati dagli organi competenti;
esso pertanto costituisce una voce previdenziale ad esaurimento e la natura integrativa, rispetto a quello legale goduto da ogni altro dipendente, lo rende equipollente al t.f.r., previsto dall'art. 2120 c.c., come tale sottoposto al regime impositivo dei redditi separati di cui all'art. 17 comma 1 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917.

Non valgono in contrario le tesi difensive della Provincia.

In primo luogo va rilevato, come precisato dal ricorrente, che l'indennità premio di fine servizio già riscossa su tutto il periodo lavorativo prestato alle dipendenze della P.A. convenuta era quella prevista dall'art. 17 della L. 152/68 e da pregresse delibere istitutive del relativo beneficio, da tenersi distinte rispetto all'indennità per cessazione dal servizio di cui all'art. 9 del D. Lgs. C.p.S. 4/4/1947 n° 207 (esteso al personale non di ruolo degli enti locali dall'art. 7 del D. Lgs. 5/2/1948 n° 61), dovuta unicamente in forza di tale espressa ed inequivoca disposizione di legge (e del 2° comma dell'art. 16 della L. 152/68) e subordinata all'unica condizione del mancato riscatto del periodo di servizio preruolo ai fini dell'indennità di fine servizio erogata, sempre in forza della predetta L. 152/68, dall'I.N.A.D.E.L.

In punto di fatto, è comprovato dalla documentazione versata in atti che il ricorrente ha percepito l'indennità premio di fine servizio da parte dell'I.N.A.D.E.L. solo per gli anni di ruolo (cioè i 36 anni intercorsi dall'1/7/1960 al 31/1/1996);
così che residua il riconoscimento dell'indennità per cessazione dal servizio (non di ruolo) per il residuo periodo non riscattato (comprendente anche il periodo di servizio prestato "a fattura" dal 15/6/1956 al 31/12/1956) di anni tre andante dal 15/6/1956 al 30/6/1960.

Conclusivamente, non sussistono motivi per discostarsi dal pacifico orientamento del TAR espresso nelle sentenze cui parte ricorrente si richiama (vedasi in particolare, la sentenza n° 1993/18) con la conseguenza che il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente condanna dell’Amministrazione intimata alla corresponsione di quanto dovuto da computarsi ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della citata legge n. 152 del 1968, sulla base di una mensilità dello stipendio in godimento alla data del 2 aprile 1968 (giorno di entrata in vigore di tale legge) per ciascun anno di servizio, o frazione di anno superiore a sei mesi, svolto nel periodo corrente dal 15/6/1956 al 30/6/1960 e da rivalutare alla data di cessazione dal servizio (Corte costituzionale 12 novembre 1993, n. 401) nei modi descritti a seguire.

Sulla sorte capitale, così determinata, dovranno essere corrisposti la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, calcolati a decorrere dal 120° giorno successivo alla cessazione dal servizio (in applicazione analogica dell'articolo 7 della legge n. 533 del 1973), fino all'effettivo soddisfo (sul punto, TAR Sicilia - Catania, Sez. III, 10 aprile 2003, n. 628).

Infatti, trattandosi di crediti maturati prima del 31 dicembre 1994, è ammissibile il cumulo delle somme dovute a titolo di interessi legali e di rivalutazione monetaria, dal momento che l'art. 22 comma 36, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha introdotto il divieto di cumulo per i crediti di lavoro per i quali non sia maturato il diritto alla percezione entro il 31 dicembre 1994.

Tuttavia, tali oneri accessori vanno computati separatamente secondo i criteri fissati dalle decisioni del Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, n. 18/2011 e n. 3/1998;
in particolare, l’importo dovuto per gli interessi legali maturati alla scadenza dei singoli ratei e calcolati secondo i vari tassi in vigore, va portato in detrazione della somma spettante a ristoro del danno sofferto per svalutazione monetaria;
inoltre, la rivalutazione monetaria va conteggiata separatamente sull’originario importo nominale del credito rispetto agli interessi legali maturati per il ritardo nella soddisfazione del credito retributivo;
sulla somma dovuta a titolo di rivalutazione non vanno computati gli interessi e la rivalutazione ulteriore e sulla somma dovuta a titolo di interessi non vanno computati ancora interessi e rivalutazione.

Infine, il calcolo di rivalutazione monetaria e interessi sulle somme arretrate andrà effettuato sull'ammontare netto del credito e non sulle somme lorde poste a base del prelievo fiscale e previdenziale (T.A.R., Catania, sez. II , 06/12/2013 , n. 2932).

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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