TAR Potenza, sez. I, sentenza 2024-01-15, n. 202400012

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2024-01-15, n. 202400012
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202400012
Data del deposito : 15 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/01/2024

N. 00012/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00338/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 338 del 2023, proposto da N D M, A M D M, R D M e A D M, rappresentati e difesi dagli avv.ti M V, PEC veglia0480@cert.avvmatera.it, L A, PEC luisa.acampora@ordineavvocatita.it, e V C, PEC celano365@cert.avvmatera.it, domiciliati ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;

contro

-Comune di Policoro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. R C, PEC roberta.caruso@pec.ordineavvocaticatania.it, domiciliato ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;
-Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Matera (ATER di Matera), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Brunella Massenzio, PEC massenzio0913@cert.avvmatera.it, domiciliata ai sensi dell’art. 82 R.D. n. 37/1934 presso la Segreteria di questo Tribunale;
-Regione Basilicata, in persona del Presidente della Giunta Regionale p.t., non costituita in giudizio;

per la declaratoria

dell’illiceità dell’occupazione e trasformazione di 60 alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà dell’ATER di Matera, su 2.690 mq. del terreno foglio n. 10, particella n. 38, sito nel Comune di Policoro, in quanto, in seguito al provvedimento di occupazione d’urgenza n. 127, emanato dal Presidente della Giunta Regionale il 19.5.1973, avente l’efficacia di 5 anni, cioè fino al 19.5.1978, non era stato emanato entro il predetto termine di efficacia di tale provvedimento il provvedimento di espropriazione definitiva;

nonché per la condanna del Comune di Policoro e dell’ATER di Matera:

alla restituzione, previo ripristino dello status quo ante, del predetto terreno, ed al risarcimento dei danni, derivanti dal suo mancato utilizzo, per l’illegittima occupazione successiva al 19.5.1978 oppure con l’indicazione dei criteri ex art. 34, comma 4, cod. proc. amm., “fatta salva l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001 con le conseguenze di legge e le indennità ivi previste”;

nonché per l’accertamento dell’obbligo di provvedere

a regolarizzare il procedimento espropriativo e sanare l’occupazione illegittima del suddetto terreno;


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Policoro e dell’ATER di Matera;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2024 il Cons. Pasquale Mastrantuono e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con Decreto n. 127 del 19.5.1973 il Presidente della Giunta Regionale ha emano il provvedimento di occupazione d’urgenza di 2.690 mq. del terreno foglio n. 10, particella n. 38, sito nel Comune di Policoro, avente l’efficacia di 5 anni, cioè fino al 19.5.1978, per la costruzione di 60 alloggi di edilizia residenziale pubblica, di proprietà dell’ATER di Matera, in favore dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari di Matera (ora ATER di Matera) “in nome e per conto del Comune di Policoro”, in quanto il predetto Comune, ai sensi dell’art. 60 L. n. 865/1971, aveva delegato lo IACP ad espropriare.

Poiché l’ATER di Matera aveva ultimato nel 1980 la costruzione dei predetti 60 alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma non aveva emanato il provvedimento di espropriazione definitiva, i sigg. N D M, A M D M, R D M e A D M prima con diffida del 20.6.2023 e poi con il presente ricorso, notificato il 28.6.2023 e depositato il 5.7.2023, hanno chiesto: 1) la declaratoria dell’illiceità dell’occupazione e trasformazione del suddetto terreno;
2) la condanna del Comune di Policoro e dell’ATER di Matera alla restituzione, previo ripristino dello status quo ante, del citato terreno, ed al risarcimento dei danni, derivanti dal suo mancato utilizzo, per l’illegittima occupazione successiva al 19.5.1978 oppure con l’indicazione dei criteri ex art. 34, comma 4, cod. proc. amm., “fatta salva l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001 con le conseguenze di legge e le indennità ivi previste”;
3) nonché l’accertamento dell’obbligo di provvedere a regolarizzare il procedimento espropriativo e sanare l’occupazione illegittima del suddetto terreno (al ricorso è stata allegata una perizia del 19.6.2023, secondo la quale, applicando il cd. metodo sintetico operativo, che si basa sui prezzi indicati nei contratti di vendita dei terreni, aventi le stesse caratteristiche, il valore dei citati 2.690 mq. del terreno foglio n. 10, particella n. 38, è di € 1.500.000,00).

Si è costituito in giudizio il Comune di Policoro, il quale ha eccepito: 1) il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti, in quanto, oltre a non aver provato di essere proprietari del suddetto terreno, potrebbero essere solo comproprietari dell’attuale particella n. 533;
2) la propria carenza di legittimazione passiva, richiamando la Sentenza TAR Basilicata n. 141 del 3.3.2023;
3) la prescrizione quinquennale, con riferimento agli anni di illecita occupazione, relativi al periodo anteriore al quinquennio antecedente alla notifica del ricorso in epigrafe, avvenuta il 28.6.2023.

Si è pure costituita in giudizio l’ATER di Matera, deducendo: 1) il difetto di legittimazione passiva, essendo stata delegata alla procedura espropriativa dal Comune di Policoro;
2) la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, per non aver accettato l’eredità entro il termine di prescrizione di 10 anni ex art. 480 C.C.;
3) l’intervenuta usucapione, in quanto il periodo di illegittima occupazione era iniziato il 19.5.1978;
4) la prescrizione quinquennale, con riferimento agli anni di illecita occupazione, relativi al periodo anteriore al quinquennio antecedente alla notifica del ricorso in epigrafe, avvenuta il 28.6.2023;
5) che, comunque, ai ricorrenti avrebbero dovuto essere corrisposti € 249.200,75, in applicazione del diverso metodo analitico ricostruttivo, ai sensi del quale il valore di un terreno, sul quale sono stati costruiti dei fabbricati, deve essere calcolato, sottraendo il costo di costruzione degli immobili realizzati all’intero valore del terreno e dei fabbricati costruiti.

All’Udienza Pubblica del 10.1.2024 il ricorso è passato in decisione, dopo che il difensore dell’ATER di Matera e chiesto lo stralcio dei documenti, depositati dai ricorrenti il 18.12.2023, oltre il termine di 40 giorni liberi prima dell’Udienza Pubblica ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm..

In via preliminare, va affermata nella controversia in esame la giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo ex art. 133, lett. g), Cod. Proc. Amm., che comprende “i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere delle Pubbliche Amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità”.

Al riguardo, va rilevato che la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 191 dell’11.5.2006 ha sancito che spettano alla cognizione del Giudice Amministrativo le domande di risarcimento del danno in forma specifica o in forma equivalente nel caso in cui l’opera pubblica sia stata realizzata in seguito al provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità, che ha perso efficacia per la mancata emanazione del decreto di espropriazione definitiva entro il termine prescritto di validità della dichiarazione di pubblica utilità (cd. occupazione acquisitiva e/o appropriativa), mentre spettano alla cognizione del Giudice Ordinario soltanto gli interventi sine titulo non riconducibili nemmeno mediatamente e/o indirettamente all’esercizio di una funzione amministrativa, cioè i comportamenti materiali non sorretti da una dichiarazione di pubblica utilità, come le occupazioni in via di fatto.

Nella specie, ricorre la fattispecie della cd. occupazione acquisitiva e/o appropriativa, in quanto è stato emanato il provvedimento di occupazione d’urgenza.

Sempre in via preliminare:

-va disattesa l’eccezione di carenza di legittimazione attiva, sollevata dal Comune di Policoro e dall’ATER di Matera, in quanto: 1) i ricorrenti hanno provato mediante il deposito delle dichiarazioni di successione dei loro genitori, morti il 18.10.2006 (il loro padre) ed il 25.5.2015 (la loro madre) di essere chiamati all’eredità per i 2.690 mq. del terreno foglio n. 10, particella n. 38, di cui è causa, indicati nel suddetto provvedimento di occupazione d’urgenza DPGR n. 127 del 19.5.1973, come di proprietà del loro padre, morto il 18.10.2006;
2) pur non tenendo conto dell’atto notarile del 15.12.2023, con il quale hanno formalmente accettato l’eredità ai sensi dell’art. 475 C.C., depositato dai ricorrenti il 18.12.2023 oltre il termine perentorio di 40 giorni liberi prima dell’Udienza Pubblica ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., e prescindendo dalla circostanza che la loro madre è morta il 25.5.2015, va rilevato che l’accettazione espressa dell’eredità può essere effettuata anche dopo 10 anni, in quanto il termine di prescrizione di 10 anni ex art. 480 C.C. può essere eccepito esclusivamente dai soggetti interessati all’eredità, cioè dagli eredi e legatari chiamati all’eredità, e non dai soggetti, come l’ATER di Matera, che occupano illecitamente l’immobile in questione;
3) con la perizia, allegata al ricorso, del 19.6.2023 hanno dimostrato che la predetta particella n. 38 è stata fusa con la particella n. 39, appartenente ad un altro proprietario, e l’unione delle particelle nn. 38 e 39 risulta ora identificata in Catasto con il n. 533, avente la superficie complessiva di 2907 mq.;
4) la comproprietà della predetta particella n. 533 è stata ereditata dai ricorrenti per successione legittima dopo la morte del loro padre, avvenuta il 18.10.2006, e della loro madre, avvenuta il 25.5.2015;
4) dalle predette dichiarazioni di successione risulta che è stato chiamato all’eredità anche un altro fratello dei ricorrenti, che non ha proposto il ricorso in esame;

-come già statuito da questo Tribunale con la Sentenza n. 141 del 3.3.2023, la legittimazione passiva nella controversia in esame ricade esclusivamente nei confronti dell’ATER di Matera e non anche nei confronti della Regione Basilicata per l’emanazione del provvedimento di occupazione d’urgenza del 19.5.1973 e/o del Comune di Policoro, anche se prima dell’adozione del predetto provvedimento di occupazione d’urgenza del 19.5.1973 tale Comune, in base alla normativa all’epoca vigente (art. 60 L. n. 865/1971), aveva delegato l’ex IACP ad emanare tutti gli atti e/o provvedimenti del procedimento espropriativo, attesochè il comma 1 dell’art. 42 bis D.Lg.vo n. 327/2001 statuisce che il provvedimento di acquisizione sanante deve essere emanato “dall’Autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico”, tenuto pure conto di quanto precisato dalla Giurisprudenza (cfr. C.d.S. Sez. IV Sent. n. 4696 del 15.9.2014 e TAR Lazio Sez. I quater n. 11550 del 28.11.2018), condivisa anche da questo Tribunale (cfr. la Sentenza n. 217 del 16.4.2020, confermata sul punto dalla IV^ Sezione del Consiglio di Stato con la Sentenza n. 5138 del 6.7.2021, che richiama anche l’altra Sentenza C.d.S. Sez. IV n. 5262 del 28.8.2020), cioè che la predetta norma va interpretata nel senso che “il soggetto pubblico tenuto a dare luogo al percorso di cui all’art. 42 bis D.Lg.vo n. 327/2001 è l’Amministrazione che detiene ed utilizza il bene al momento della richiesta”.

Nel merito, il ricorso è in parte fondato.

Infatti, va rilevato che secondo quanto statuito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la Sentenza n. 2 del 9.2.2016 la condotta illecita dell’Amministrazione incidente sul diritto di proprietà non può comportare l’acquisizione del fondo e configura un illecito permanente ex art. 2043 C.C., che viene a cessare solo in conseguenza:

1) della restituzione del fondo;

2) di un accordo transattivo;

3) della rinuncia traslativa da parte del proprietario e non nella rinuncia abdicativa, implicita nella richiesta di risarcimento del danno per equivalente monetario a fronte dell’irreversibile trasformazione del fondo (per quanto riguarda la rinuncia abdicativa cfr. C.d.S. Ad Plen. Sentenze nn. 2 e 4 del 20.1.2020, con le quali è stato statuito che la rinuncia abdicativa da parte del proprietario del bene, occupato sine titulo dalla Pubblica Amministrazione, non costituisce causa di cessazione dell’illecito permanente, sia perché l’ordinamento giuridico non prevede il diritto potestativo del proprietario del bene immobile, occupato ed illecitamente trasformato dalla Pubblica Amministrazione, di trasferirne la proprietà con la proposizione dell’azione risarcitoria in forma equivalente e la successiva corresponsione da parte della P.A. del risarcimento dei danni);

4) di una compiuta usucapione, a condizione che: a) sia effettivamente configurabile il carattere non violento della condotta;
b) si possa individuare il momento esatto della interversio possessionis;
c) si faccia decorrere la prescrizione acquisitiva dalla data di entrata in vigore del DPR n. 327/2001, cioè dal 30.6.2003, in quanto solo il previgente art. 43 di tale DPR, dichiarato costituzionalmente illegittimo per eccesso di delega dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 293 dell’8.10.2010, aveva sancito il superamento dell’istituto dell’occupazione acquisitiva e perciò solo da quel momento poteva ritenersi individuato, ai sensi dell’art. 2935 C.C., il giorno in cui il diritto poteva essere fatto valere;
d) pertanto, poiché l’usucapione ventennale è iniziata a decorrere l’1.7.2003 e, conseguentemente, giunge a compimento soltanto il 30.6.2023, va respinta l’eccezione dell’ATER di Matera, volta ad ottenere la declaratoria dell’avvenuta usucapione, in quanto il ricorso in esame è stato notificato il 28.6.2023, anche se è stato depositato il 5.7.2023, perché con la notifica del 28.6.2023, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1165 (il quale prevede l’applicazione all’usucapione delle “disposizioni generali sulla prescrizione, quelle relative alle cause di sospensione e di interruzione ed al computo dei termini”) e 2943, comma 1, C.C. (il quale statuisce che “la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia di cognizione ovvero conservativo o esecutivo”), è stato interrotto il termine di 20 anni ex art. 1158 C.C., per far valere il diritto di proprietà nei confronti dell’occupante ATER di Matera (sul punto cfr. multis Cass. Civ. Sez. II Ordinanza n. 21929 del 30.7.2021);
e) al riguardo, va, altresì, evidenziato che sempre in una controversia in materia di occupazione acquisitiva e/o appropriativa questo Tribunale con Sentenza n. 420 del 23.6.2014 aveva accertato l’avvenuto trasferimento della proprietà a favore di un Comune ai sensi dell’art. 1158 C.C. per il decorso dell’usucapione ventennale, in quanto, ai sensi dell’art. 2935 C.C., la parte ricorrente avrebbe potuto sollevare la questione di legittimità costituzionale oppure adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, facendo valere la violazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo da parte dell’orientamento giurisprudenziale dell’epoca, che aveva creato per via giudiziaria la fattispecie dell’occupazione appropriativa;
ma tale Sentenza è stata riformata dalla IV^ Sezione del Consiglio di Stato con Sentenza n. 3415 del 28.7.2016, in quanto il dies a quo dell’usucapione ventennale “non potrebbe che individuarsi a partire” dal 30.6.2003, cioè “dall’entrata in vigore dell’art. 43 DPR n. 327/2001” (dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n. 293 dell’8.10.2010, in quanto l’art. 7 della Legge Delega n. 50/1999 aveva conferito al Legislatore delegato il potere di provvedere soltanto ad un coordinamento formale delle vigenti disposizioni in materia di espropriazione, e poi sostituito dall’art. 42 bis DPR n. 327/2001, introdotto dall’art. 34, comma 1, D.L. n. 98/2011 conv. nella L. n. 111/2011 ed entrato in vigore il 6.7.2011), “che aveva sancito il superamento normativo dell’istituto dell’occupazione acquisitiva”;

5) dell’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001.

Dalla predetta Sentenza n. 2 del 9.2.2016 del massimo organo della giustizia amministrativa si evince che:

A) il fatto illecito dell’occupazione sine titulo di un terreno e la realizzazione su tale bene di un’opera pubblica e/o di pubblica utilità, senza aver emanato un provvedimento di espropriazione oppure senza aver stipulato il contratto di cessione volontaria entro il termine di validità della dichiarazione di pubblica utilità, non costituisce un titolo di trasferimento della proprietà, ma un illecito permanente, che può essere sanato con: la restituzione ai proprietari dei beni illecitamente occupati nel loro stato originario;
o la stipula di un contratto di transazione;
oppure l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001;

B) il proprietario di un immobile illecitamente occupato ed irreversibilmente trasformato non può obbligare l’Amministrazione alla stipula di un contratto di vendita o chiedere la corresponsione del suo valore economico, se continua ad essere formalmente proprietario del bene;
né il Giudice può condannare l’Amministrazione all’emanazione del provvedimento ex art. 42 bis DPR n. 327/2001, in quanto di natura discrezionale, ma può solo imporre l’obbligo di provvedere sulla relativa istanza dei proprietari privati.

Pertanto, nella specie, risulta fondata la domanda, volta ad ottenere la restituzione dei 2.690 mq. del terreno foglio n. 10, particella n. 38, di cui è causa, previa remissione nel loro status quo ante, anche se tale domanda è stata proposta da solo 4 degli attuali 5 comproprietari del predetto terreno, in quanto ai sensi dell’art. 1105, comma 2, C.C. gli atti di ordinaria amministrazione della comunione possono essere deliberati dalla maggioranza dei partecipanti alla comunione.

L’accoglimento della predetta domanda di restituzione dei terreni nel loro stato originario, fatta salva l’adozione del provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001, esime il Collegio dal nominare un CTU, anche perché la contestazione del quantum dell’indennizzo ex art. 42 bis DPR n. 327/2001 spetta alla cognizione del Giudice Ordinario (sul punto cfr. ex multis Cass. Civ. Sez. Unite Ord. n. 22096 del 29.10.2015 e C.d.S. Sez. IV sent. n. 4777 del 19.10.2015).

Mentre, per quanto riguarda la domanda di risarcimento dei danni, derivanti dal mancato utilizzo di tale terreno successivamente al 19.5.1978, va accolta l’eccezione di prescrizione quinquennale dell’ATER di Matera (ed anche del Comune di Policoro): pertanto può essere risarcito esclusivamente il periodo 28.6.2018-28.6.2023, cioè soltanto il quinquennio antecedente alla notifica del ricorso in epigrafe, avvenuta il 22.6.2023 (sul punto cfr. il primo capoverso del punto 5.3 della suddetta Sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 9.2.2016;
C.d.S. Sez. IV Sent. n. 4790 del 22.6.2021;
e da ultimo TAR Lecce Sez. III Sent. n. 16 del 3.1.2023 e TAR Bari Sent. n. 1339 del 10.10.2022).

Più precisamente, l’ATER di Matera deve scegliere, se restituire il terreno di cui è causa, previo ripristino dello status quo ante, e risarcire i danni, derivanti dal loro mancato utilizzo nel periodo 28.6.2018-28.6.2023, oppure emanare il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis DPR n. 327/2001, con la puntualizzazione che nel calcolo dell’indennizzo per il mancato utilizzo dei terreni nel periodo 28.6.2018-28.6.2023, le somme già erogate al proprietario, maggiorate dell’interesse legale, andranno detratte da quelle dovute in base al provvedimento di acquisizione.

In caso di restituzione dei terreni, previa remissione nel loro status quo ante, si ordina all’ATER di Matera di quantificare i suddetti danni, di mancato godimento del terreno, e di proporre ai ricorrenti il pagamento delle corrispondenti somme, tenendo conto di quanto stabilito dal secondo periodo del comma 3 dell’art. 42 bis DPR n. 327/2001, cioè per ogni anno di occupazione illecita, relativo al periodo 22.6.2018-22.6.2023, va corrisposto il 5% del valore venale dei terreni irreversibilmente trasformati, tenendo conto dei valori medi dei terreni della zona, dove si trova il terreno di cui è causa, rilevati anche dalla banca dati dell’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate e dalle altre banche dati disponibili;
trattandosi di un credito di valore, a tali somme va aggiunto il cumulo degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, con applicazione per il primo anno degli interessi legali sulla sorte capitale del danno senza rivalutazione monetaria e per ognuno degli anni successivi degli interessi legali sulla sorte-capitale del credito comprensiva della rivalutazione monetaria (secondo gli indici ISTAT relativi all’aumento dei prezzi per le famiglie di operai ed impiegati) maturata alla fine dell’anno precedente;
mentre dopo il passaggio in giudicato del presente giudizio sulla somma liquidata in modo definitivo (a titolo di risarcimento danni) spettano soltanto gli interessi legali, in quanto da quel momento il credito risarcitorio di valore si trasforma in credito di valuta (cfr. Cass. Civ. Sez. Un. Sent. n. 1712 del 17.2.1995);
l’importo risarcitorio così determinato dovrà essere liquidato dal Comune di Policoro entro il 31.12.2024, a meno che non venga emanato un provvedimento ai sensi dell’art. 42 bis DPR n. 327/2001 entro la medesima data.

Al riguardo, va precisato che, poiché il ricorso in esame è stato proposto solo da solo 4 dei 5 comproprietari pro indiviso del terreno in questione, l’ATER di Matera la liquidazione del predetto risarcimento dei danni va riconosciuta in proporzione della rispettiva quota ereditaria.

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, comma 1, e 29 cod. proc. amm. e artt. 91 e 92, comma 2, c.p.c. il Comune di Bernalda va condannato al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

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