TAR Palermo, sez. II, sentenza 2024-06-11, n. 202401944

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2024-06-11, n. 202401944
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202401944
Data del deposito : 11 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/06/2024

N. 01944/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00087/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 87 del 2022, proposto dal Comune di Sciacca, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato N B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana - Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, in persona dell’Assessore pro tempore , rappresentato e difeso ope legis dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento:

- per la parte di interesse del decreto assessoriale n. 64 GAB del 30 settembre 2021, pubblicato sulla G.U.R.S. n. 48 del 29.10.2021, con cui l'Assessorato dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana ha provveduto all’approvazione del Piano paesaggistico degli ambiti 2, 3, 5, 6, 10, 11, e 15 della provincia di Agrigento;

- nonché di ogni altro atto, presupposto, connesso e/o consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni Regionali intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 il dott. A Scianna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Espone il Comune ricorrente che con il decreto assessoriale n. 64 GAB del 30 settembre 2021 l’Amministrazione Regionale intimata ha provveduto all’approvazione del Piano paesaggistico degli ambiti 2, 3, 5, 6, 10, 11, e 15 della provincia di Agrigento al fine di consentire (secondo la prospettazione del Piano) una adeguata conservazione e tutela delle aree di maggior pregio ambientale e paesaggistico, ed una concreta opportunità per avviare una coerente e qualificata politica delle edificabilità ancora possibili nel territorio, attraverso interventi di recupero e di riordino ambientale finalizzati alla riqualificazione e alla valorizzazione degli ambiti di più elevato pregio ambientale, culturale, storico-architettonico e paesaggistico caratterizzanti l’intero contesto territoriale di riferimento.

Lamenta il Comune che la disciplina prevista dal piano in questione non consentirebbe la realizzazione delle necessarie opere di recupero e riqualificazione delle aree compromesse, e non fornirebbe elementi utili per il recupero e la riqualificazione di quelli che di fatto sono veri e propri “insediamenti costieri” che da anni fanno parte del territorio, e sono sorti tramite piani di lottizzazione o singole autorizzazioni.

2. Tanto premesso, con il ricorso in epigrafe il Comune di Sciacca ha agito per l’annullamento del piano paesaggistico in parola e di ogni altro atto, presupposto, connesso e/o conseguenziale.

Il mezzo di tutela, notificato il 27 dicembre 2021 e depositato il 17 gennaio 2022, è affidato alle seguenti censure:

- Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 del D.lgs. 42/2004;
Violazione dell’iter procedurale esperito dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 139, 2° comma, del D.lgs. n. 42/2004;
Eccesso di potere per difetto e carenza di motivazione;

- Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 del D.lgs. 42/2004;
Violazione dell’iter procedurale esperito dall’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 139, 2° comma, del D.lgs. n. 42/2004;
Eccesso di potere per difetto e carenza di motivazione;

- Violazione e falsa applicazione della Direttiva Europea n. 42/2000 ed eccesso di potere;

- Violazione dell’art. 39 del D.lgs. n. 33 del 14.3.2013;

- Violazione art. 143 D.lgs. 42/2004 in relazione alle modalità di ricognizione del territorio: la cartografia adottata, 1/25000, non consente una chiara demarcazione dei confini di tutela;

- Violazione e falsa applicazione dell'art. 143 D.lgs. 42/2004 in relazione alle modalità di ricognizione del territorio e alla definizione degli interventi;
eccesso di potere;

- Violazione delle medesime disposizioni cit. sotto il profilo della genericità e non sufficiente definizione delle aree sottoposte a tutela 1;

- Violazione dell’art. 4 della L.R. 6 aprile del 1996, n. 16. Violazione e falsa applicazione dell’art. 142 del D.lgs. 42/2004. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4, del Decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34. Eccesso di potere.

- Violazione, sotto altro profilo, dell'art. 133 co. 2 e 143 co. 4 D.lgs. 42/2004 in relazione ai principi costituzionali di sviluppo, libertà ed iniziativa economica;

- Violazione e falsa applicazione delle stesse norme sotto altro profilo per difetto di istruttoria e di motivazione;

- Violazione delle medesime norme, in combinato anche con la L.R. 15/2005, per difetto di istruttoria e motivazione ed eccesso di potere;

- Violazione dell'art. 2 D.lgs. 227/2001, come modificato dall'art. 26 D.L. 5/2012, e del

DPRS

28/6/2000, eccesso di potere con riferimento alla apposizione di vincolo di inedificabilità assoluta negli ambiti di macchia mediterranea, vincolo che in specie sarebbe stato apposto - nella prospettazione del Comune ricorrente - anche a territori privi della caratteristica.

2.1. Con il primo motivo di ricorso il Comune lamenta la mancata osservanza delle previste forme di pubblicazione del decreto assessoriale n. 7 del 29 luglio 2013, di adozione del Piano Paesaggistico impugnato.

Con il secondo motivo ci si duole della mancata concertazione nella redazione del Piano Paesaggistico tra l'Amministrazione Regionale ed il Comune di Sciacca, le cui proposte, analisi ed indicazioni non sarebbero state considerate, valutate o accolte. Sotto diverso profilo si contesta altresì che alle fasi di concertazione non sarebbero stati formalmente invitati i delegati ed i rappresentanti degli ordini professionali, delle associazioni e delle organizzazioni paesaggistiche, e che il piano non terrebbe conto della reale consistenza e del reale regime giuridico del territorio comunale discendente dalle previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica, generale e attuativa.

Con il terzo ordine di censure si denunzia la mancata sottoposizione del Piano alle procedure di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Incidenza Ambientale, in asserita violazione delle norme statali e comunitarie dettate in materia.

Con il quarto motivo si contesta la mancata pubblicazione del decreto di adozione del Piano (come detto il D.A. n. 7 del 29.07.2013) nelle forme previste dall’art. 39 del D.lgs. n. 33/2013.

Con il quinto, il sesto ed il settimo ordine di censure ci si duole, in sostanza, del difetto di istruttoria del Piano Paesaggistico impugnato stante, anzitutto, la mancata puntuale ricognizione del territorio per l’utilizzo di cartografie non aggiornate e rese in una scala non idonea, che avrebbero determinato la rimozione di oltre 50.000 ettari di territorio. Sotto diverso profilo la ricorrente Amministrazione lamenta che sarebbe stata indebitamente estesa la tutela paesaggistica ad aree ricadenti nel centro urbano abitato, con particolare riferimento ad un’ampia fascia che si sviluppa lungo tutta la linea costiera del territorio comunale e per un’ampiezza non inferiore 200 metri lineari, nella quale nel tempo si sono sedimentati consistenti aggregati urbani, e che si assume ingiustamente inserita fra le aree con livello di tutela 3, integralmente inibite all’edificazione.

Con l’ottavo motivo di ricorso il Comune denunzia sotto diverso profilo il vizio di istruttoria che affliggerebbe il piano paesaggistico impugnato, evidenziando che la maggior parte delle aree boschive e delle fasce forestali individuate e sottoposte a vincoli di tutela non possiederebbero le caratteristiche dimensionali indicate all’art. 4 della L.R. 6 aprile 1996, n. 16, e regolamentate a mente del successivo art. 10, asserendosi perciò l’insufficienza del riferimento operato dall’Autorità paesaggistica alle vigenti cartografie forestali e l’assenza, nelle aree a tale titolo vincolate, dei presupposti per la individuazione di boschi o di aree ad essi assimilate.

Con gli ultimi quattro ordini di censura, infine, il Comune di Sciacca lamenta l’incompatibilità del Piano Paesaggistico con le caratteristiche urbanistiche delle aree considerate evidenziando che, nonostante con il provvedimento impugnato non sarebbe possibile dettare norme di carattere urbanistico, né determinare immediate varianti urbanistiche, esso nella fattispecie avrebbe avuto un tale effetto. Il Piano, in particolare, non avrebbe tenuto conto della sedimentazione di insediamenti “anche parzialmente abusivi”, che di fatto determinerebbero l’inapplicabilità delle norme tecniche del Piano nella fascia costiera di suo interesse.

3. Per resistere al ricorso si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che ha depositato documentazione e, in vista della discussione, con memoria del 25 marzo 2024 ha chiesto il rigetto dell’impugnazione, eccependo preliminarmente la tardività della domanda di annullamento del D.A. n. 7 del 29.07.2013, e di tutte le censure afferenti alla predetta fase procedimentale.

La resistente Amministrazione ha inoltre rappresentato che, nelle more della definizione del presente giudizio, con riferimento alla doglianza concernente le aree boscate si è proceduto a verifiche congiunte con la competente Autorità forestale per le singole contestazioni insorte per le aree sottoposte al vincolo di cui si discute.

Con memoria depositata nel fascicolo processuale il 17 aprile 2024 parte ricorrente ha replicato alle difese dell’Amministrazione regionale ed ha chiesto l’accoglimento del ricorso, che è stato trattenuto in decisione in esito all’udienza pubblica del 9 maggio 2024.

4.  In via preliminare, va dichiarata la parziale irricevibilità del ricorso, con specifico riguardo alle censure (sollevate con il primo e con il quarto motivo di ricorso) che afferiscono al decreto di adozione del piano per cui è causa.

Sebbene il mezzo di tutela all’esame non rechi un’espressa impugnazione del citato decreto assessoriale n. 7 del 29.07.2013, ma si limiti a chiedere l’annullamento degli atti presupposti al piano paesaggistico per cui è causa, il Collegio reputa opportuno evidenziare che il piano adottato, come correttamente osservato dalla difesa erariale, ha valore provvedimentale tenuto conto del disposto di cui all’art. 143, co. 9, d.lgs. n. 42/2004, secondo il quale « A far data dall'adozione del piano paesaggistico non sono consentiti, sugli immobili e nelle aree di cui all'articolo 134, interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A far data dalla approvazione del piano le relative previsioni e prescrizioni sono immediatamente cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani territoriali ed urbanistici » (cfr., con riguardo all’immediata lesività delle prescrizioni rese in sede di adozione del piano paesaggistico, C.G.A.R.S., sez. riun., parere 20 giugno 2022, n. 341;
T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 29 novembre 2021, n. 3273, inerente al piano piano paesaggistico di Agrigento), pertanto avrebbe dovuto essere impugnato nel termine di decadenza di cui all’art. 29 del codice del processo amministrativo, nel caso di specie palesemente violato essendo stato il ricorso in epigrafe come detto notificato soltanto il 27 dicembre 2021.

5. Tanto premesso, come già evidenziato in precedenti analoghe controversie (cfr. TAR Palermo, Sez. II, 11 marzo 2024, n. 941), il Collegio reputa infondata la contestata violazione dell’art. 144 del decreto legislativo 22.01.2004 n. 42 (v. secondo motivo di ricorso), a mente del quale “ nei procedimenti di approvazione dei piani paesaggistici sono assicurate la concertazione istituzionale, la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni portatrici di interessi diffusi, individuate ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di ambiente e danno ambientale, e ampie forme di pubblicità. A tale fine le regioni disciplinano mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, anche in riferimento ad ulteriori forme di partecipazione, informazione e comunicazione ”. Osserva il Collegio che, secondo condivisa giurisprudenza, “ …la partecipazione dei Comuni in sede di adozione del piano paesaggistico risulta di natura istruttoria e si giustifica in ragione dei possibili apporti conoscitivi che tali enti possono recare ai fini di una più compiuta ricognizione dei valori paesaggistici. La giurisprudenza amministrativa è concorde nel ritenere che la previsione della partecipazione dei Comuni nella fase tecnica di redazione del piano paesaggistico costituisce un equilibrato e ragionevole punto di convergenza tra la necessità di garantire il coinvolgimento dei Comuni in un procedimento che ne condiziona l'autonomia in campo urbanistico e l'esigenza di evitare che tale partecipazione possa creare situazione di stallo decisionale. Nella fase di pianificazione paesaggistica, infatti, assume un ruolo di maggior rilievo il “sapere tecnico” di cui sono portatori gli enti locali quali soggetti pubblici maggiormente vicini al territorio di interesse, sapere tecnico che trova adeguata valorizzazione nella fase istruttoria. Del resto, che solo questo possa essere il ruolo degli enti locali si deduce dall’esame dell’intero comparto normativo dedicato al tema della tutela e salvaguardia del paesaggio. La tutela del paesaggio e delle bellezze naturali è affidata, secondo la nostra Costituzione, a un sistema di intervento pubblico basato su un concorso di competenze statali e regionali. Il livello statale e quello regionale sono stati ritenuti i soli idonei a soddisfare l’esigenza di tutela primaria del paesaggio. È pacifico infatti come i piani paesaggistici adottati dalle Regioni prevalgono su ogni scelta urbanistica adottata dal Comune qualora la stessa risulti in contrasto con i primi.

Nella frizione tra interessi urbanistici valorizzati dal Comune e difesa del paesaggio garantita dalla Regione prevale la seconda. Ecco perché i piani paesaggistici non possono essere frutto di provvedimenti co-decisi dalla Regione e dai Comuni, ma sono provvedimenti ascrivibili per intero alle Regioni che devono trovare il concerto con lo Stato che rimane tutore primario del bene pubblico paesaggio” (C.G.A.R.S., 26 ottobre 2022, n. 1105).

Nella fase di pianificazione paesaggistica, le eventuali richieste prodotte dagli enti territoriali vengono sottoposte all’esame e alla valutazione della Speciale Commissione “Osservatorio Regionale per la Qualità del Paesaggio”, che si esprime nel merito delle questioni prospettate per assicurare una univoca interpretazione delle normative di tutela paesaggistica contenute nei Piani su base regionale e garantire, al contempo, l’uniformità di comportamenti da parte degli organi di tutela.

Al termine di questa prima fase, si procede con Decreto Assessoriale all’adozione del Piano Paesaggistico, ai sensi degli artt. 139 e ss. del D.lgs. n.42/2004 e degli artt. 24, secondo comma, e 10, terzo comma, del regolamento di esecuzione della legge n. 1497/1939, approvato con R.D. n.1357/1940. Copia dell’avviso di adozione della proposta di Piano, unitamente ai verbali delle sedute dell'Osservatorio Regionale per la qualità del paesaggio, rimangono affissi per 90 giorni consecutivi all’Albo Pretorio della Provincia regionale e dei Comuni. Cura dell’Amministrazione è dunque quella di assicurare le necessarie forme di pubblicità dell'avvenuta affissione agli albi pretori comunali, sui quotidiani a tiratura regionale e nazionale, pubblicazione nella G.U.R.S., pubblicazione sui siti internet ufficiali dell’Amministrazione Regionale.

Soltanto successivamente all’adozione del Piano viene invece posta in essere la fase di partecipazione, in cui tutti i soggetti interessati (comuni, associazioni, enti portatori di interessi diffusi, privati) possono prendere visione degli elaborati di Piano presso gli uffici tecnici degli stessi Comuni, presso la Provincia regionale e presso la Soprintendenza per i Beni Culturali ed Ambientali competente per territorio, ed entro i 30 giorni successivi al periodo di pubblicazione possono produrre osservazioni e documenti.

Detta fase viene posta in essere solo successivamente all’adozione del Piano, donde l’insussistenza della dedotta violazione dell’art. 144 del Codice in relazione al presunto mancato coinvolgimento del Comune e delle associazioni portatrici degli interessi diffusi atteso, in sostanza, che la fase autenticamente partecipata si colloca dopo l’adozione del Piano, restando finalizzata la preliminare “ concertazione istituzionale ” svolta nella antecedente fase procedimentale a consentire al pianificatore regionale, mediante l’interlocuzione con gli Enti territoriali interessati, una più approfondita conoscenza delle caratteristiche e delle peculiarità delle aree oggetto di inclusione nel piano in elaborazione.

6. Non coglie nel segno neanche la censura, articolata con il terzo motivo di ricorso, con la quale si denunzia la mancata sottoposizione del Piano in discorso alle procedure di Valutazione Ambientale Strategica e di Valutazione di Incidenza Ambientale. In senso sfavorevole al Comune ricorrente è sufficiente richiamare i precedenti di cui alle sentenze del C.G.A.R.S. 27 settembre 2012, n. 811, 21 gennaio 2015, n. 36 e 15 marzo 2019, n. 246 dalle cui conclusioni questo Collegio non vede ragioni per discostarsi. In ordine alla assoggettabilità del provvedimento impugnato alla V.A.S. ed alla valutazione di incidenza, il Giudice d’Appello ha, infatti, condivisibilmente valorizzato le finalità del Piano paesaggistico ed il tenore letterale delle disposizioni dettate in merito dal D.lgs. n. 152/2006, che ne escludono la sottoponibilità a V.A.S., giacché “ i Piani Paesaggistici … comportano modificazioni sì, ma positive, innalzando il livello, singolo e/o complessivo, della protezione ambientale ” e, dunque, non sono strutturalmente idonei (a differenza dei Piani urbanistico-territoriali, connotati da un “ maggiore impatto sul futuro sfruttamento edilizio del territorio ”) ad arrecare potenziali “ alterazioni … dell’ambiente complessivamente considerato ” (cfr. C.G.A.R.S. n. 36/2015).

7. Sono parimenti infondati il quinto, il sesto ed il settimo motivo di ricorso.

In particolare, è infondata la censura con la quale il Comune deduce la violazione dell’art. 143 del D.lgs. n. 42/2004 e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, in relazione alla, presunta, omessa puntuale ricognizione del territorio ed all’utilizzo di cartografie non aggiornate e rese in una scala (1:25.000) non idonea alla completa rappresentazione grafica del territorio medesimo.

Non solo parte ricorrente non ha documentalmente dimostrato l’asserito utilizzo, da parte dell’Assessorato, di una scala 1:25.000, ma non ha neppure specificamente contestato, ai sensi dell’art. 115 c.p.c. richiamato dall’art. 39 c.p.a., l’affermazione delle Amministrazioni resistenti secondo la quale “… la cartografia digitale che costituisce la base cartografica della proposta di Piano paesaggistico adottata è stata elaborata a partire dalla Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000. La scala di piano dunque non è quella 1:25.000, che è invece la scala di restituzione sui documenti cartacei allegati in formato PDF al Piano, notificato ai Comuni ” (cfr. memoria della resistente Amministrazione del 25 marzo 2024, pag. 15).

8. Sono altresì destituite di fondamento le ulteriori doglianze di cui ai superiori motivi quinto, sesto, settimo e ai successivi motivi dal nono al dodicesimo, con cui il Comune di Sciacca ha denunziato che l’Amministrazione regionale non avrebbe adeguatamente valutato le reali caratteristiche delle aree considerate ingiustamente sottoponendole ad un livello di tutela asseritamente incompatibile con le loro caratteristiche, le quali determinerebbero inoltre l’inapplicabilità delle norme tecniche del piano. Osserva il Collegio che tali censure cozzano con consolidati insegnamenti della giurisprudenza amministrativa, che è pacifica nel ritenere che:

- le scelte in materia paesaggistica compiute dalla competente amministrazione sono ampiamente discrezionali, con la conseguenza che il sindacato del Giudice Amministrativo è ipotizzabile solo nei ristretti limiti relativi all’evidenza di errori di fatto o di abnormi illogicità (cfr. fra le tante Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1151 del 2019 e n. 4071 del 2018);

- « conformemente alla giurisprudenza consolidata […] le valutazioni in materia di tutela del paesaggio sono "espressione dell'ampia discrezionalità tecnico-amministrativa attribuita all'Amministrazione in materia pianifìcatoria, che involge, primariamente, un apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che gli atti di esercizio del potere pianificatorio siano inficiati da errori di fatto, abnormi illogicità o profili di eccesso di potere per palese travisamento dei fatti o manifesta irrazionalità" (C. Stato, sez. VI, 3.07.2014, n. 3367) »;

- « la tutela del paesaggio gode di copertura costituzionale (art. 9), con la conseguenza di un sindacato ancora più limitato sulle scelte operate dalla P.A.: "Atteso il valore "primario e assoluto" che la Costituzione riconosce al paesaggio, l'esercizio dei poteri, ampiamente discrezionali, di pianificazione paesaggistica può essere sindacabile, da parte del g. a., limitatamente ai profili di legittimità estrinseca, vale a dire per abnormità e assoluta carenza di motivazione, e non certo per ragioni attinenti al merito delle scelte compiute" (CGARS, sez. riun., n. 00380/2021 e data di spedizione del 15 novembre 2021) » (C.G.A.R.S., 26 ottobre 2022, n. 1105);

- l’avvenuta edificazione di un'area o le sue condizioni di degrado non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall'intento di proteggere i valori estetici o paesaggistici ad essa legati, poiché l'imposizione del vincolo costituisce il presupposto per l'imposizione delle cautele e delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi incompatibili con la conservazione dell'integrità dello stesso (cfr. per tutte Consiglio di Stato, sez. VI, 12 luglio 2011, n. 4196);

- le avvenute modifiche dello stato dei luoghi non consentono dunque di ritenere compatibile col vincolo paesistico qualsiasi costruzione, dovendo l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo valutare se la presenza dell’immobile in questione sia compatibile con i valori tutelati e, anzi, se essa precluda la riqualificazione dell’area, che costituisce una finalità primaria perseguita dalle leggi, in coerenza con il valore primario dei valori tutelati dall’art. 9 della Costituzione (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 11 giugno 2012, n. 3401);

- la qualificazione di rilevanza paesaggistico-ambientale di un sito non è determinata dal suo grado di inquinamento o alterazione - perché, allora, in tutti i casi di degrado ambientale sarebbe preclusa ogni ulteriore protezione del paesaggio riconosciuto meritevole di tutela -, con la conseguenza per cui l’esistenza del relativo vincolo serve piuttosto anche a prevenire l’aggravamento della situazione ed a perseguirne il possibile recupero (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 27 aprile 2010, n. 2377).

Giova inoltre rammentare che costante giurisprudenza amministrativa (cfr. C.G.A.R.S. 2 ottobre 2020 n. 868) assegna agli strumenti di tutela del paesaggio un ruolo fondamentale, con la sentenza n. 1355 del 24.02.2020 la sez. IV del Consiglio di Stato ha ribadito infatti che “i piani paesaggistici sono in cima alla piramide degli strumenti di pianificazione del territorio e ad essi devono conformarsi in caso di contrasto gli altri strumenti urbanistici” .

Tale principio trova del resto conferma, a livello normativo, nell’art. 143 e nel successivo art. 145 del D.lgs. n. 42/2004, sicché, come ribadito dal C.G.A.R.S. nella sentenza 26 ottobre 2022, n. 1105, “…che solo questo possa essere il ruolo degli enti locali si deduce dall’esame dell’intero comparto normativo dedicato al tema della tutela e salvaguardia del paesaggio” , posto che “La tutela del paesaggio e delle bellezze naturali è affidata, secondo la nostra Costituzione, a un sistema di intervento pubblico basato su un concorso di competenze statali e regionali. Il livello statale e quello regionale sono stati ritenuti i soli idonei a soddisfare l’esigenza di tutela primaria del paesaggio. È pacifico infatti come i piani paesaggistici adottati dalle Regioni prevalgono su ogni scelta urbanistica adottata dal Comune qualora la stessa risulti in contrasto con i primi. Nella frizione tra interessi urbanistici valorizzati dal Comune e difesa del paesaggio garantita dalla Regione prevale la seconda. Ecco perché i piani paesaggistici non possono essere frutto di provvedimenti co-decisi dalla Regione e dai Comuni, ma sono provvedimenti ascrivibili per intero alle Regioni che devono trovare il concerto con lo Stato che rimane tutore primario del “bene pubblico paesaggio” .

9. Alla luce della documentazione versata in atti dalla parte ricorrente, il Collegio reputa invece fondata la doglianza contenuta nell’ottavo motivo di ricorso con la quale si denunzia il difetto di istruttoria del decreto impugnato, che non terrebbe conto della circostanza che parte del territorio comunale non è caratterizzato dalla presenza di aree boscate.

Con la nota prot. 51248 dell’8 novembre 2022, il Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana del resistente Assessorato ha invitato la Soprintendenza di Agrigento “… ad avviare le verifiche previste dal decreto interassessoriale 19 luglio 2017 n. 3401, richiedendo all'ispettorato Provinciale Forestale il sopralluogo congiunto volto a stabilire la sussistenza dei complessi boschivi oggetto di ricorso…Dalle risultanze di quanto sopra chiesto, in assenza di ulteriori elementi di valore paesaggistico certificati dalla competente Soprintendenza, questo Dipartimento…procederà all'eventuale correzione (con decreto) della cartografia tematica del Piano Paesaggistico degli Ambiti ricadenti nella provincia di Agrigento, secondo quanto previsto dall'art. 3 del Decreto interassessoriale n. 3401 del 19.07.2017 sottoscritto dall'Assessore dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana e dall'Assessore del Territorio e dell'Ambiente ”.

Come già rilevato in precedenti analoghe controversie afferenti il piano paesaggistico in parola (cfr. TAR Palermo, Sez. II, 13 marzo 2024, n. 979), il Collegio reputa che l’avvio di tale procedimento confermi di per sé le carenze istruttorie denunziate sul punto dalla parte ricorrente, atteso che l’Autorità regionale nel perimetrare le aree boscate si è evidentemente accontentata di operare un accertamento esclusivamente cartolare, facendo proprie informazioni datate, invece di attivarsi a compiere nuove e aggiornate verifiche sullo stato dei luoghi, esattamente come è stato fatto, tardivamente, con l’avvio del procedimento di correzione del Piano impugnato attualmente in corso.

Sul punto la difesa erariale ha sostenuto che la doglianza sarebbe generica, e che non sarebbero imputabili all’Autorità paesaggistica compiti afferenti alla individuazione dei vincoli boschivi da recensire in sede di formazione del Piano.

Le argomentazioni non convincono.

Anche a non considerare che vi è la prova documentale dell’inesistenza dell’area boscata nella consistenza indicata dal Piano Paesaggistico e dunque della fondatezza della censura, l’accoglimento delle argomentazioni difensive della difesa erariale implicherebbe sul punto un’inammissibile intangibilità delle disposizioni del Piano medesimo.

In altri termini, ove anche si ammettesse che l’Autorità paesaggistica, con riguardo ai vincoli boschivi, possa limitarsi a prendere atto delle cartografie esistenti, non potrebbe al contempo escludersi ogni onere di approfondimento istruttorio a fronte di specifiche osservazioni presentate, che altrimenti sarebbero inutiliter data.

Il Collegio reputa tranciante la considerazione che il Comune di Sciacca, con l’osservazione 02SC (punto 9, pag. 9 del decreto di approvazione del piano paesaggistico e pag. 52 della GURS n. 48/2021, allegato 003 del deposito originale), aveva evidenziato “ problematiche relative alle aree boscate che per dimensioni non coincidono con quanto previsto dall'art.4 della L.R. 16/96 né risultano coincidenti con l'inventario Forestale né con quelle indicate e rappresentate nella Carta forestale regionale, non si è tenuto inoltre conto dello SAF fornito alla Soprintendenza, manca la distinzione fra boschi naturali e artificiali ”.

Per altro verso, l’Amministrazione ricorrente (cfr. osservazione 6, pag. 10 del decreto di approvazione del piano paesaggistico e pag. 53 della GURS n. 48/2021, allegato 003 del deposito originale) aveva altresì rilevato che le “… norme dettate per le zone boschive e per la salvaguardia delle essenze e dei paesaggi agro-forestali, così come massivamente indicati in maniera generalizzata, che si pongono in stridente contrasto con le logiche del Codice Urbani, in quanto vincolano di fatto l'intero territorio con esiziali quanto improduttive regole che le impegnano con vincoli passivi, contrari allo sviluppo e finalizzati ad una inutile conservazione vincolata ad una necessaria manutenzione improduttiva. Il Piano Paesaggistico non tiene in alcuna considerazione l’effettiva consistenza e caratterizzazione tipologica e vocazionale delle aree in argomento, omettendo qualunque riferimento alle attività turistico-alberghiere già insediate e realizzate introducendo disposizioni normative di attuazione tipiche della strumentazione urbanistica ”.

In sostanza reputa il Collegio che i rilievi concernenti le aree del Comune di Sciacca considerate boscate dal Piano Paesaggistico impugnato fossero tutt’altro che generici, ma di consistenza tale da imporre, prima dell’approvazione del piano, i necessari approfondimenti istruttori la cui assenza a giusta ragione è denunziata dal Comune ricorrente.

10. Alla luce di quanto esposto, il ricorso va dichiarato irricevibile con specifico riferimento alle doglianze con cui si dubita della legittimità del decreto di adozione del piano per cui è causa e, nei soli limiti indicati in motivazione, va per il resto accolto con il conseguente annullamento in parte qua del provvedimento impugnato.

11. In ragione della complessità della vicenda contenziosa e del parziale accoglimento del mezzo di tutela all’esame le spese di lite possono essere integralmente compensate.

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