TAR Bari, sez. I, sentenza 2018-08-01, n. 201801155
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Pubblicato il 01/08/2018
N. 01155/2018 REG.PROV.COLL.
N. 00679/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 679 del 2012, proposto da
Anas S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato T R, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, piazza Luigi di Savoia, 5;
contro
Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati R L e R B, con domicilio eletto presso R L, in Bari, via Principe Amedeo, 26;
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
Azienda Sanitaria Locale Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E T, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Lungomare Starita, 6;
nei confronti
Istituto Scolastico Scuola dell'Infanzia “B L G”, Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità - Opera Don Guanella, non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Giuseppe Bruno, rappresentato e difeso dall'avvocato Luigi Paccione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, via Quintino Sella, 120;
per l'annullamento
del provvedimento Prot. nr. 35703/9/1 O.S. nr. 5 del 14 febbraio 2012 a firma del Sindaco del Comune di Bari con il quale si è ordinato al Legale Rappresentante dell’A.N.A.S. S.p.A.: a) di adottare tutti gli accorgimenti necessari a limitare l’inquinamento acustico rilevato, a tutela della salute pubblica;b) di apporre, entro 90 gg. (novanta) dalla data di notifica della presente ordinanza, barriere antirumore adeguate alle ultime più recenti tecnologie ovvero ogni altro presidio indispensabile a contenere le emissioni nei limiti previsti dalla legge;c) di richiedere all’ARPA Puglia, dopo la bonifica, un’ulteriore valutazione fonometrica;
di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, connesso, e/o conseguente, ancorché ignoto se ed in quanto lesivo, nei limiti dell’interesse della ricorrente ivi compresa, ove occorrente, la non conosciuta proposta del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della ASL BA.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, del Ministero dell'Interno e dell’Azienda Sanitaria Locale Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 luglio 2018 il dott. A G A e uditi per le parti i difensori come specificato nel medesimo verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso principale notificato in data 28.04.2012 e depositato in Segreteria il 12.05.2012, l’Anas S.p.A. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.
Esponeva in fatto la società ricorrente che, con nota del 27.01.2009, l’ARPA Puglia, a seguito dell’esposto di un cittadino, richiedeva la produzione del “Piano degli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore”, di cui al D.M. del 29.1.2000.
Con successiva nota del 16.03.2009, l’Anas S.p.A. rappresentava all’ARPA tutta l’attività svolta in loco nell’ambito del piano generale di contenimento del rumore, a partire dall’anno 2000.
In particolare, si evidenziava che il Compartimento ANAS aveva inserito sin dall’anno 2000 l’area segnalata (sita in prossimità della scuola dell’infanzia “B L G”) nella banca dati della fase preliminare del Piano Generale di contenimento del rumore (PCAR).
In data 11.03.2009, la società ricorrente effettuava, unitamente all’ARPA, un sopralluogo sul sito oggetto dell’ordinanza sindacale gravata, al fine di completare la valutazione del clima acustico nella zona di cui trattasi.
Successivamente, e segnatamente in data 03.09.2009, veniva effettuato ulteriore sopralluogo da parte dell’Anas e dell’ARPA sempre presso la zona interessata, al fine di programmare l’avvio delle attività di rilievo fonometrico.
Con nota compartimentale n. 41818 del 01.12.2009, l’Anas trasmetteva l’esito del rilievo fonometrico, allegando la rispettiva relazione ai vari enti competenti (tra cui l’odierna Amministrazione resistente).
Negli atti de quibus si evidenziavano i valori acustici rilevati, i quali superavano per la fase diurna il limite di cui al D.P.R. n. 142/2004.
Pertanto, la società istante comunicava che il sito in esame veniva inserito nella banca dati del PCAR in corso di elaborazione da parte della Direzione Generale ANAS.
Con successiva nota 121359 del 17.05.2011, il Comune di Bari indiceva - per il 26.05.2011 - una riunione, avente ad oggetto l’inquinamento acustico in prossimità della scuola dell’infanzia “B L G”.
A tale riunione vi partecipava l’Anas, l’ARPA, l’A.S.L. di Bari e la Ripartizione Ambiente del Comune di Bari.
In tale sede, il rappresentante dell’ARPA evidenziava la coerenza dell’attività posta in essere da Anas rispetto alla vigente normativa in materia di inquinamento acustico nelle varie fasi svolte: 1) monitoraggio acustico con supervisione di ARPA;2) inserimento dell’area in questione nella banca dati del PCAR di Anas;3) avvio e sviluppo di detto PCAR.
Nel medesimo verbale, inoltre, la stessa ARPA specificava quale fosse l’ iter procedurale per l’applicazione del PCAR stesso: sottoposizione del PCAR alla conferenza unificata Stato - Regioni con successiva approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente.
Sempre nella medesima sede, il rappresentante dell’A.S.L. richiedeva alla società ricorrente di ripetere il monitoraggio acustico, con il coordinamento di ARPA Puglia.
Nel mese di settembre 2011, in riscontro a tale richiesta, unitamente ad ARPA, veniva effettuato il rilievo fonometrico settimanale presso la scuola materna “B L G”.
I risultati di siffatto esame venivano validati da ARPA Puglia con relativo rapporto tecnico n. 61342 del 14.12.2011 che, in sostanza, confermava pienamente i rilievi svolti da Anas.
Questi evidenziavano il superamento dei limiti di cui al D.P.R. n. 142/2004 soltanto in corrispondenza del punto più esposto verso la tangenziale e, in particolare, del lastrico solare: per la precisione, in tale zona, venivano rilevati 60 dB in luogo dei 50 dB previsti dalla normativa per i recettori sensibili.
Sul punto, la società ricorrente precisava che i rilievi effettuati all’interno della scuola - come previsto dalla normativa di settore - con finestre chiuse evidenziavano in un primo caso (rilievo settimanale) valori inferiori a quelli massimi comunque consentiti e tollerati (e, quindi, considerati normativamente non pericolosi) dal D.P.R. n. 142/2004 e precisamente 42 dB diurni (inferiori ai 45 dB previsti).
In un secondo caso, invece, con un rilievo di tipo spot, con finestre aperte, venivano rilevati 57.5 dB. Tale valore, rilevato al piano rialzato, subiva - come risultava da apposita relazione - anche il contributo del traffico locale proveniente dalla strada comunale via Matteo Calvario.
Successivamente, il Sindaco di Bari, su proposta del Servizio Igiene e Sanità Pubblica della A.S.L. BA, emanava l’ordinanza gravata.
Avverso tali esiti procedimentali insorgeva l’odierna ricorrente.
Con un primo motivo di gravame, l’Anas S.p.A. si doleva della illegittimità dei provvedimenti meglio indicati in epigrafe per «Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del D.lgs. n. 267/2000 anche in relazione al disposto del D.M. 29 novembre 2000, del D.P.R. 142/2004 e della normativa di settore in materia di inquinamento acustico e di misurazione dello stesso. Violazione dei principi generali in materia di adozione dei provvedimenti con tingibili ed urgenti. Eccesso di potere nelle sintomatiche figure del difetto di motivazione, della carente istruttoria, del travisamento, della contraddittorietà e dello sviamento. Incompetenza assoluta».
In tesi di parte ricorrente, l’atto gravato sarebbe stato illegittimo, dovendosi escludere che in materia fosse configurabile, in capo al Sindaco, un potere di intervento mediante ordinanza.
Difatti, proseguiva Anas S.p.A., con il D.M. 29/11/2000 e il D.P.R. n. 142/2004, il legislatore, valutando con insindacabile scelta la potenzialità dei pericoli connessi all’inquinamento acustico, aveva concesso agli enti proprietari delle strade un lasso di tempo (15 anni) per svolgere le attività di programmazione e pianificazione.
La Società ricorrente, peraltro, dopo aver precisato l’osservanza di quanto disposto dalle summenzionate fonti normative, evidenziava che ai sensi dell’art. 5 del D.M. 29.11.2000, spettava al Ministero dell’Ambiente, d’intesa con la Conferenza Unificata, approvare i piani relativi alle strutture di interesse nazionale.
Proprio quest’ultimi organi avrebbero, poi, sulla base dei piani approvati, provveduto alla ripartizione degli accantonamenti, fornendo la provvista per la realizzazione degli interventi;tenuto conto delle priorità valutate ai sensi dell’art. 3, comma 1, dei costi dei risanamenti previsti per ogni regione e del costo complessivo al livello nazionale.
Per quanto esposto, dunque, l’ordinanza sarebbe stata adottata da un soggetto non solo privo della competenza di legge, ma anche della visione d’insieme necessaria per consentire decisioni adeguate in subiecta materia .
Con un secondo motivo di gravame, parte deducente eccepiva la illegittimità degli atti impugnati per «violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 54 del D.lgs. n. 267/2000. Violazione dei principi generali in materia di adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti. Eccesso di potere nelle sintomatiche figure del difetto di motivazione, della carente istruttoria, del travisamento, della contraddittorietà e dello sviamento».
In tesi, difettavano le ragioni di contingibilità ed urgenza che, ai sensi 54 del D.lgs. n. 267/2000, costituivano presupposti legittimanti i provvedimenti del tipo di quello gravato;né, tantomeno, questi erano indicati nell’ordinanza epigrafata.
Sul punto, la ricorrente precisava che, in relazione al recettore sensibile costituito dalla scuola dell’infanzia “B L G”, le misurazioni effettuate avevano fatto emergere il superamento dei limiti di rumore consentiti solo in relazione al lastrico solare dell’edificio scolastico oggetto della indagine fonometrica;zona inverosimilmente deputata all’uso da parte dei bambini ivi iscritti.
Nelle aule, invece, i rumori rilevati nei modi previsti si attestavano ben al di sotto dei limiti consentiti e tollerati dalla legge.
In data 15.05.2012, si costituiva in giudizio il Ministero degli Interni, instando per il rigetto del ricorso.
In data 8.06.2012, perveniva in Segreteria memoria difensiva del Comune di Bari, con cui l’Ente si costituiva in giudizio, instando, inoltre, per la declaratoria di inammissibilità e per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 381/2012, questo Tribunale accoglieva l’istanza cautelare, sulla base della carente motivazione del provvedimento gravato, soprattutto in relazione all’asserito pregiudizio per la salute pubblica, poiché il superamento dei valori di rumorosità veniva rilevato solo sul lastrico solare dell’edificio scolastico.
Seguiva, ad opera delle parti costituite, il deposito di ulteriori memorie difensive e di replica.
In data 23.4.2018 perveniva in Segreteria atto di intervento ad opponendum del sig. Bruno Giuseppe, con cui si instava per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo per violazione dell’art. 41, comma 2, c.p.a., oltre che per il rigetto dello stesso in quanto, in tesi, infondato.
Alla udienza pubblica del 4.7.2018, il ricorso veniva definitivamente trattenuto per la decisione.
Tutto ciò premesso in fatto, il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento.
Con il primo motivo di gravame, la società ricorrente si doleva della illegittimità dell’atto censurato, in quanto viziato per incompetenza assoluta.
Ebbene, sul punto, il Collegio ritiene opportuno compiere una ricostruzione esegetica della complessità delle norme che regolamentano la materia, prendendo le mosse dall’art. 9 della legge n. 447/95 (“Legge quadro sull’inquinamento acustico”), il quale testualmente recita: «Qualora sia richiesta da eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell'ambiente il sindaco, il presidente della provincia, il presidente della giunta regionale, il prefetto, il Ministro dell'ambiente, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della legge 3 marzo 1987, n. 59, e il Presidente del Consiglio dei ministri, nell'ambito delle rispettive competenze, con provvedimento motivato, possono ordinare il ricorso temporaneo a speciali forme di contenimento o di abbattimento delle emissioni sonore, inclusa l'inibitoria parziale o totale di determinate attività. Nel caso di servizi pubblici essenziali, tale facoltà è riservata esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri».
All’evidenza, da una piana lettura del dato normativo, risulta che il legislatore, in materia di inquinamento acustico, abbia riservato esclusivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di adottare provvedimenti di carattere temporaneo, idonei a tutelare la salute pubblica e l’ambiente da eccezionali situazioni di necessità ed urgenza, nell’ambito dei servizi pubblici essenziali.
L’art. 3 della succitata disposizione di legge, poi, ricomprende expressis verbis nella nozione di servizio pubblico essenziale anche le strade statali.
Dunque, per l’operare in combinato disposto delle norme appena richiamate, deve escludersi che, nel caso di specie, fosse configurabile il potere sindacale di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, come invece preteso dalla resistente Amministrazione.
A ben guardare, infatti, le disposizioni contenute nella legge n. 447/1995 presentano un carattere di specialità, sia rispetto a quella di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 - che costituisce il substrato normativo su cui si basa l’impugnata ordinanza - sia rispetto alla disciplina contenuta nel D.M. 29.11.2000 e nel D.P.R. n. 142 del 30.03.2004.
Difatti, l’art. 9 della legge n. 447/1995, tra tutti i tipi di pericoli che possono mettere a repentaglio la salute dei consociati, detta un disciplina di carattere specifico, puntuale e dettagliata da applicare nel caso in cui i beni giuridici salute o ambiente siano messi a repentaglio da emissioni sonore, in situazione di carattere eccezionale ed urgente.
Ciò comporta che in forza del principio di specialità - generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento ed applicabile per risolvere le ipotesi di concorso tra norme - debba essere proprio quest’ultima disposizione a trovare applicazione nel caso di specie.
Infatti, solo apparentemente le norme appena richiamate disciplinano la stessa identica situazione, risultando sovrapponibili.
Ad una scomposizione più attenta e dettagliata della fattispecie, tuttavia, è agevole rendersi conto che la normativa da applicare al caso di specie sia proprio quella “speciale” della l. n. 447/1995 che, rispetto alle altre disposizioni richiamate, presenta un quid pluris , costituito da vari elementi: la situazione di necessità ed urgenza (elemento aggiuntivo rispetto alla normativa di cui D.M. 29.11.2000 e al D.P.R. 142 del 30.03.2004);la tutela della salute e della incolumità pubblica dai rischi derivanti specificamente dall’inquinamento acustico (elemento aggiuntivo rispetto all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000).
Nello specifico, infatti, non ci si può esimere dal rilevare che, mentre la disciplina di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 è pensata per fronteggiare un novero più o meno ampio ed indefinito di situazioni, astrattamente in grado di mettere in pericolo la salute dei consociati, e mentre le disposizioni di cui al D.M. 29.11.2000 e al D.P.R. 142 del 30.03.2004 sono state concepite per fronteggiare situazioni di carattere “ordinario” - in cui difettano i presupposti della necessità e dell’urgenza - in materia di inquinamento acustico, la legge n. 447/1995 detta una disciplina pensata per tutelare, in situazioni di urgenza e necessità, uno specifico bene giuridico da una altrettanto specifica forma di aggressione o di messa in pericolo.
Ciò posto, in virtù del combinato disposto dei summenzionati art. 3 e 9 della legge n. 447/1995, deve ritenersi che la competenza ad adottare ordinanze di carattere contingibile ed urgente in siffatta materia vada riconosciuta al Presidente del Consiglio dei Ministri e che, dunque, il provvedimento gravato sia illegittimo in quanto adottato da un organo incompetente.
Peraltro, anche a voler prescindere da siffatto assorbente rilievo, il Collegio ritiene che il difetto di competenza del Sindaco possa essere rilevato anche sotto diverso profilo.
Nello specifico, infatti, per valutare in maniera complessiva l’illegittimità dell’ agere della resistente Amministrazione, ci si deve soffermare anche sulla sussistenza dei presupposti di carattere fattuale e giuridico che avrebbero consentito al Sindaco - in via generale e, dunque, al di fuori di questa specifica materia regolamentata dalle norme suindicate - di adottare un’ordinanza contingibile ed urgente.
Deve considerarsi, infatti, che ciò che in linea generale giustifica e legittima l’adozione di una ordinanza contingibile ed urgente è la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000.
Tale norma prevede, infatti, al 4 comma, che «il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili ed urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana».
Dunque, il potere - recte la competenza - del Sindaco ad emanare siffatto tipo di provvedimenti, in materie differenti rispetto a quella che oggi occupa il Collegio, sussiste, per espressa volontà del legislatore, solo nei casi in cui siano presenti gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana.
Nel caso di specie, invece, giova premettere, ma sul punto si tornerà meglio in seguito, che tali presupposti non sussistevano, in quanto un effettivo superamento dei limiti di legge veniva registrato solo sul lastrico solare.
Ciò posto, dunque, risulta evidente che, difettando i più volte menzionati presupposti, la disciplina applicabile al caso di specie non avrebbe dovuto essere quella di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, come preteso dall’Amministrazione resistente, ma quella di cui al D.M. 29.11.2000 e dal D.P.R. 142 del 30.03.2004 che esclude la competenza sindacale ad intervenire in materia.
In base alla normativa da ultimo richiamata, infatti, i gestori delle infrastrutture definiscono e pianificano gli interventi di risanamento in un arco temporale di quindici anni, ai sensi dell’art. 2, lett. b 3, del D.M. 29.01.2000, in funzione di un indice di priorità che combina l’entità del superamento dei limiti definiti dalla disciplina di settore con il numero di soggetti esposti a tale superamento.
Dunque, in relazione all’inquinamento acustico derivante da infrastruttura stradale esistente, il legislatore aveva appositamente disciplinato l’opera di programmazione e pianificazione a carico degli Enti proprietari delle strade, prevedendo, nel D.M. 29.11.2000, un arco temporale di quindici anni per le attività di pianificazione di tali interventi.
Alla luce di ciò, da quanto versato in atti, risulta che l’Anas avesse già avviato, su tutto il territorio nazionale, le attività di acquisizione dei dati occorrenti per individuare e progettare gli interventi di contenimento ed abbattimento delle emissione sonore sulle strade di propria competenza.
Ne consegue la effettiva carenza di un pericolo di danno che minacciasse direttamente l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana, a fronte delle attività pianificative degli interventi già poste in essere e non contestate.
Per tutto quanto suesposto, risulta non potersi configurare, nel caso di specie, la sussistenza del potere di ordinanza sindacale.
E tanto, come si è visto, per un duplice ordine di ragioni.
Da un lato, in quanto sulla disciplina di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000 prevalgono le norme a carattere speciale contenute negli artt. 9 e 3 della l. n. 447/1995.
Dall’altro, perché considerata la mancanza, nel caso di specie, dei presupposti fattuali e giuridici di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, deve comunque escludersi qualsivoglia competenza del Sindaco ad intervenire mediante l’adozione di ordinanze caratterizzate dai connotati della contingibilità ed urgenza.
Per quanto sin qui esposto, il primo motivo di ricorso deve essere accolto in quanto fondato.
Parimenti meritevole di accoglimento, risulta la seconda censura articolata dall’Anas S.p.A. nel ricorso introduttivo.
Con l’ultimo motivo di gravame, infatti, la ricorrente società lamentava la insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto necessari ad adottare l’ordinanza sindacale.
In merito, il Collegio ritiene anzitutto necessario ritornare sulle condizioni - giuridiche e fattuali - che debbano sussistere affinché tali tipi di provvedimenti possano essere legittimamente adottati.
Sul punto, costituisce jus receptum il principio in forza del quale i provvedimenti di cui all’art. 54, co.2, D.lgs. n. 267/2000 possano essere adottati solo in caso di estrema necessità ed urgenza.
Infatti, secondo un consolidato insegnamento giurisprudenziale, al quale il Collegio ritiene di dover aderire, non essendovi valide ragioni ostative in tal senso, i provvedimenti in oggetto costituiscono manifestazione di un potere atipico, il cui esercizio è consentito solo qualora sussista un pericolo attuale ed imminente per la pubblica incolumità.
L’esercizio del potere de quo è, in sostanza, inderogabilmente e normativamente subordinato alla presenza di una situazione di pericolo talmente eccezionale da non poter essere adeguatamente fronteggiata tramite i mezzi ordinariamente riconosciuti dall’ordinamento;uno stato di cose tale da rendere indispensabili ed improcrastinabili interventi urgenti ed extra ordinem, mediante l’imposizione di obblighi di facere o non facere in capo ai privati (cfr. sull’argomento Consiglio di Stato, Sez. V, sent. n. 5287/2014).
La V Sezione del Consiglio di Stato, riaffermando a più riprese principi del tutto quieti, nella sentenza n. 904 del 2012 ha affermato, a chiare lettere, che «Ai sensi dell’art. 54 co. 2 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, le ordinanze contingibili ed urgenti possono essere adottate dal Sindaco nella veste di ufficiale di governo solamente quando si tratti di affrontare situazioni di carattere eccezionale e impreviste, costituenti concreta minaccia per la pubblica incolumità, per le quali sia impossibile utilizzare i normali mezzi apprestati dall’ordinamento giuridico: tali requisiti non ricorrono di conseguenza, quando le pubbliche amministrazioni possono adottare i rimedi di carattere ordinario.
Infatti le ordinanze in questione presuppongono una situazione di pericolo effettivo in cui si possono configurare anche situazioni non tipizzate dalla legge e ciò giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi, la possibilità di deroga rispetto alla disciplina vigente e la necessità di motivazione congrua e peculiare, la configurazione anche residuale, quasi di chiusura, delle ordinanze contingibili ed urgenti.
I rimedi di carattere ordinario, al contrario, sono i provvedimenti tipizzati atti a fronteggiare le esigenze prevedibili ed ordinarie e costituiscono l’elemento “normale” rimesso dalla legge ai poteri pubblici per gestire usualmente le materie a questi rimesse (Cons. Stato, IV, 24 marzo 2006 n. 1537)» (ma, sempre in tal senso cfr. sull’argomento ex multis T.A.R. Campania, Sez. V, sent. n. 1138/2015;Cons. Stato, Sez. V, parere n. 4061/2014.)
Peraltro, e sotto diverso profilo, l’ordinanza gravata non pare adeguatamente motivata.
Nella stessa non vengono esplicitate in maniera chiara e palese quali siano le ragioni della contingibilità ed urgenza che avrebbero, in tesi di parte resistente, giustificato l’adozione del provvedimento.
Sul punto, invece, considerato il carattere eccezionale ed atipico dei poteri esercitati, l’impianto motivazionale del provvedimento avrebbe dovuto essere meglio articolato, risultando, anche per le ragioni che appresso si illustreranno, del tutto tautologico oltre che scarno, il mero rinvio ai rilievi compiuti dall’ARPA e ai «numerosi esposti pervenuti per inquinamento acustico da traffico veicolare del tratto compreso tra Corso Alcide De Gasperi e Via G. Petroni».
La giurisprudenza amministrativa ha, in materia, a più riprese chiarito che «è illegittima l’ordinanza contingibile ed urgente con la quale il sindaco ordina di provvedere alla tempestiva esecuzione di tutti i necessari interventi volti “all’eliminazione dello stato di pericolo”, nel caso in cui l’amministrazione non abbia condotto accertamenti istruttori idonei a comprovare la effettiva sussistenza dei presupposti per l’adottata ordinanza contingibile e urgente, rimanendo non dimostrata la ricorrenza effettiva di pericolo per la pubblica incolumità. Sebbene il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti di cui all’art. 50 comma 5 e 54 comma 2 D.Lgs. n. 267 del 2000 permetta anche l’imposizione di obblighi di fare a carico dei destinatari, l’esercizio di tale potere non può prescindere dalla sussistenza di una situazione di effettivo e concreto pericolo per l’incolumità pubblica, la quale non sia fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria» (ma, sempre in tal senso, cfr. la recentissima sentenza del T.A.R. Sicilia, Sez. I, n. 252/2018).
In sostanza, proprio la natura extra ordinem dei poteri esercitati imponeva un obbligo di motivazione “rafforzata”, non superabile mediante mere formule di stile o mediante un generico rinvio ai rilievi effettuati dall’ARPA.
Ciò, infatti, non consente di cogliere quali fossero le ragioni di necessità ed urgenza che avrebbero, in tesi di parte resistente, legittimato l’adozione della più volte menzionata ordinanza.
Nella stessa, invece, non è dato rinvenire alcun riferimento ad un situazione di effettivo ed imminente pericolo, atteso che le locuzioni adoperate risultano generiche e prive di valido e sufficiente supporto istruttorio.
Inoltre, giova rilevare che il Sindaco abbia adottato il provvedimento censurato a distanza da circa due anni dal momento il cui l’Amministrazione comunale aveva conosciuto i rilevamenti già in precedenza effettuati dall’Anas S.p.A. nel 2009 che, come si legge, risultano sostanzialmente confermati da quelli svolti nel successivo settembre 2011.
Situazione, questa, sintomatica dell’effettiva insussistenza un pericolo imminente ed urgente da fronteggiare.
Ma, anche volendo prescindere da siffatto non trascurabile rilievo, la insussistenza del paventato pericolo grave ed imminente risulta ictu oculi da una lettura delle risultanze dei rilievi svolti da Anas S.p.A. ed Arpa Puglia.
Da questi, infatti, emergeva che il superamento delle soglie consentite nel recettore sensibile della scuola “B L G” avveniva solo in relazione al lastrico solare dell’edificio sottoposto ad indagine fonometrica.
Negli ambienti scolastici, invece, e precisamente nelle aule, i rumori rilevati nei modi previsti dalla disciplina di settore si attestavano al di sotto dei limiti consentiti e tollerati dalla legge.
Sul punto, il disposto dell’art. 6, comma 2, lett c) del D.P.R. n. 142 del 30 marzo 2004 riconosce come tollerate le immissioni rilevanti all’interno di recettori sensibili, qualora, come è accaduto nel caso di specie, non superino il livello dei 45dB(A) Leq diurni.
È del tutto pacifico, poi, che il lastrico solare, sfornito di qualsivoglia misura di sicurezza atto a farlo considerare un ambiente idoneo ad essere frequentato dai bambini iscritti, non costituisca, per definizione, un ambiente scolastico.
Circostanza, questa, che rende ancora più evidente il difetto assoluto di motivazione, il travisamento e lo sviamento da cui risulta affetto il provvedimento avverso quale l’Anas S.p.A. ha attivato la tutela giurisdizionale.
Per le ragioni suesposte, anche il secondo motivo di gravame deve essere accolto.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663;sez. I, 27 dicembre 2013 n. 28663).
Da ultimo, in considerazione della qualità delle parti coinvolte, della particolare complessità procedimentale e processuale della fattispecie in esame, oltre che della evidente peculiarità in fatto della presente controversia, sussistono i presupposti di legge per compensare integralmente le spese di lite.