TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-01-14, n. 201600038

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. I, sentenza 2016-01-14, n. 201600038
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 201600038
Data del deposito : 14 gennaio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01088/2014 REG.RIC.

N. 00038/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01088/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1088 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla Porto Livorno 2000 srl con sede a Livorno in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati P B e G G, con domicilio eletto presso quest’ultimo a Genova in via Roma 11.1.;

contro

Ministero della difesa in persona del ministro in carica rappresentato e difeso dall’avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, con domicilio presso l’ufficio
Autorità portuale di La Spezia in persona del presidente in carica rappresentata e difesa dall’avvocato L C presso il quale ha eletto domicilio a Genova in via Macaggi 21/8
Autorità portuale di Livorno in persona del presidente in carica ;

per l'annullamento

CON IL RICORSO INTRODUTTIVO

del provvedimento del ministero della difesa che ha abilitato l’ufficio commissariato di La Spezia alla stipulazione dei contratti di permuta 27.5.2013, n. 76 e 9.4.2014, n. 95

CON IL RICORSO NOTIFICATO CONTENENTE MOTIVI AGGIUNTI

dei provvedimenti di approvazione degli schemi dei negozi di accollo e di delegazione di pagamento con cui autorità portuale di La Spezia ha adempiuto ad obbligazioni contratte dall’amministrazione militare

PER LA CONDANNA

al risarcimento del danno

CON L’ATTO NOTIFICATO CONTENENTE RICORSO INCIDENTALE

degli atti con cui l’autorità portuale di Livorno costituì Livorno 2000 srl;

degli atti con cui ha affidato a detta società le attività portuali e ricettive conseguenti;

degli atti con cui ha assentito e rinnovato la concessione demaniale marittima per quindici anni a decorrere dal 2004 relativamente alla stazione marittima ed alle aree demaniali contermini.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio del ministero della difesa e dell’autorità portuale di La Spezia

visto l’atto notificato contenente ricorso incidentale

visto l’atto notificato contenente motivi aggiunti di impugnazione

visti gli atti e le memorie depositate;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Porto Livorno 2000 srl si ritenne lesa dagli atti con cui l’autorità portuale di La Spezia ed il ministero della difesa avevano predisposto il molo Varicella per l’attracco delle navi da crociera, un bene demaniale destinato all’operatività della marina militare, con ciò distogliendo in modo indebito il traffico passeggeri dal vicino porto livornese. I motivi:

violazione degli artt. 6 comma 1 lett. a), b) e c) e 8 comma 3 lett. h) della legge 28.1.1994, n. 84.

Violazione dell’art. 5 della legge 28.1.1994, n. 84.

Violazione dell’art. 545 del d.lvo 15.3.2010, n. 66 e degli artt 569, 570 e 573 del dpr 15.3.2010, n. 90, violazione degli artt. 822 e 823 cod. civ.

Era proposta la domanda risarcitoria.

L’autorità portuale di La Spezia si costituì in causa con memoria depositata il 14.11.2014, chiedendo respingersi la domanda.

Con atto notificato il 22.12.2014 anche all’autorità portuale di Livorno e depositato il 5.1.2015, l’autorità portuale di La Spezia ha proposto il ricorso incidentale volto all’annullamento degli atti sopra indicati, deducendo:

violazione dei principi dei trattati comunitari sulla libera prestazione dei servizi e sulla concorrenza, conseguente incostituzionalità degli artt. 20 e 23 della legge 28.1.1994, n. 84, violazione delle norme della legge 28.1.1994, n. 84 e del principio di proporzionalità.

Con successivo atto notificato il 14.1.2015, depositato il 22.1.2015, Porto Livorno 2000 srl ha dedotto i seguenti motivi aggiunti:

eccesso di potere per inosservanza delle istruzioni ministeriali 31.7.2007, n. 143/91/4100 diffuse con circolare 13.11.2007, n. 103175/I/I e delle direttiva del capo di stato maggiore della difesa smd L027 del 12.3.2013 e della istruzioni applicative 30.4.2013, eccesso di potere per carenza di motivazione.

Eccesso di potere per inosservanza delle istruzioni applicative 30.4.2013 sotto distinto profilo, eccesso di potere per carenza di motivazione sulla ricorrenza del presupposto istituzionale perseguito dal contraente pubblico addotto per la deroga alla procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente.

Violazione degli artt. 569 e 573 del dpr 15.3.2010, n. 90 sotto distinto profilo, eccesso di potere per inosservanza e travisamento del paragrafo 6 delle istruzioni applicative 30.4.2013 e carenza di motivazione, eccesso di potere per sviamento.

E’ ribadita la domanda risarcitoria.

Le parti hanno depositato memorie e documenti.

Sono proposte delle domande di annullamento ed un’istanza risarcitoria.

Con le prime la ricorrente mira a conseguire la dichiarazione di illegittimità degli atti con cui l’autorità portuale spezzina ed i locali comandi militari posero il molo Varicella a disposizione del naviglio da crociera, benché la struttura fosse stata da sempre adibita al solo utilizzo delle forze armate;
la domanda risarcitoria tende a far conseguire il ristoro per il pregiudizio che tale mutamento della logistica portuale ha comportato con l’allegato sviamento di numerosi accosti da Livorno a La Spezia.

Il ricorso incidentale deduce invece i vizi che sarebbero intervenuti nella costituzione del rapporto che intercorre tra l’autorità portuale livornese e la ricorrente principale.

Va posta innanzitutto la questione relativa all’ordine in cui devono essere prese in esame le domande formulate.

E’ noto che la giurisprudenza ha palesato oscillazioni sulla controversa natura paralizzante del ricorso incidentale, ma tale situazione non sembra dover orientare il tribunale alla pregiudiziale verifica di tale profilo, apparendo più proficuo procedere dalla considerazione delle domande della ricorrente, e giungere così all’apprezzamento dell’oggetto della lite quale si presenta nel suo complesso.

La tesi originariamente adottata appunto dalla giurisprudenza relativamente alla natura comunque pregiudiziale dell’esame del ricorso incidentale si attagliava piuttosto alla conformazione del processo amministrativo come rivolto alla sola impugnazione di un provvedimento: la prospettiva è nel frattempo mutata almeno in parte, ed ha orientato l’interprete verso una considerazione del giudizio come orientato alla risoluzione di una lite che coinvolge interessi non limitati alla mera dichiarazione di illegittimità di una determinazione amministrativa (cons. Stato, 27.7.2015, n. 3660).

Il caso in trattazione è emblematico al riguardo, posto che la contestazione dei provvedimenti gravati è dichiaratamente strumentale al conseguimento del ristoro del danno che si assume subito in conseguenza dell’esecuzione degli atti amministrativi che si vogliono illegittimi.

Ne deriva la preferibilità del previo esame dei motivi di ricorso principale.

La cognizione delle istanze descritte va tuttavia preceduta da quella delle eccezioni di inammissibilità sollevate dall’autorità portuale e dall’amministrazione militare relativamente alle domande formulate dalla ricorrente con i due ricorsi proposti.

Un primo aspetto dedotto dall’autorità portuale spezzina riguarda lo statuto dell’interessata che delinea l’operatività della società come legata al porto di Livorno, derivando da ciò l’impossibilità per la ricorrente di svolgere attività d’impresa al di fuori del territorio indicato: tuttavia in assenza di ulteriori specificazioni (ad esempio di quanto richiesto dall’art. 13 comma 2 del d.l. 4.7.2006, n. 226), la società è pur sempre un soggetto di diritto di privato, sì che la sua capacità giuridica non può ritenersi vincolata localisticamente per il solo profilo statutario, per cui l’eventuale violazione della normativa interna potrà al più essere opposta dai soci agli amministratori ove l’intrapresa non apporti incrementi patrimoniali.

Ulteriormente l’autorità controinteressata argomenta l’impossibilità per la ricorrente di operare nel porto spezzino, così come in qualsiasi altro scalo diverso da Livorno, in quanto essa risulta affidataria dei servizi in detto porto senza che sia stata esperita una gara.

L’eccezione non declina espressamente la norma allegata, che va tuttavia individuata nell’art. 13 del d.l. 4.7.2006, n. 226 (convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248) che ha introdotto disposizioni per favorire la concorrenza, ed ha per ciò ritenuto in contrasto con tale intendimento l’attività delle società costituite in tutto od in parte con capitale pubblico – spesso con conferimenti in natura ai sensi dell’art. 2343 c.c. - che aspiravano a procurare beni e servizi (e forniture, cons. Stato, 3.6.2013, n. 3022) a favore di terzi.

La disposizione ha una formulazione che ha indotto la giurisprudenza a darne un’applicazione restrittiva, in quanto norma di carattere eccezionale (cons. Stato, 25.7.2014, n. 3963) che limita la capacità giuridica dei soggetti ricompresi nell’ambito di applicazione della disciplina sopravvenuta (in tal senso anche tar Calabria, Reggio Calabria, 1.10.2014, n. 536): ne consegue che il parametro da apprezzare riguarda la natura strumentale della missione della società in relazione all’ente che l’ha costituita.

Più semplicemente può notarsi che molte società a partecipazione pubblica totale o maggioritaria vennero costituite allorché la finanza pubblica non riuscì più a gestire le importanti attività che gli enti pubblici avevano acquisito nei diversi settori economici: a tale situazione si giustapposero le disposizioni comunitarie che miravano alla creazione di un grande mercato europeo al cui interno ogni operatore dell’unione avrebbe potuto competere con gli altri sulla base della parità concorrenziale.

In tale contesto il ricordato legislatore del 2006 prese atto della situazione di vantaggio che derivava a taluni soggetti societari dall’aver ricevuto dei conferimenti che spesso avevano comportato la successione in veri e propri complessi aziendali da tempo organizzati, per cui limitò l’operatività delle società solo formalmente private che erano succedute agli enti pubblici economici. Tali soggetti possono pertanto continuare ad operare nel settore economico nel quale hanno da sempre il vantaggio delineato, ma non sono legittimati all’ingresso in mercati diversi da quello in cui sono insediati.

Un esempio di tale fattispecie è quello relativo alle società di gestione dei porti, la cui separazione societaria degli enti porto (le autorità portuali sono anch’esse di istituzione relativamente recente: legge 28.1.1994, n. 84) ha comportato nel caso di Livorno l’attribuzione alla ricorrente della gestione di tutti gli aspetti dell’attività dello scalo, con il conseguente riconoscimento di un vantaggio concorrenziale evidente per il soggetto societario così creato.

Può notarsi che anche nel settore degli acquedotti si sono verificate situazioni di tal genere, ma la natura più matura e contendibile dei relativi mercati ha consigliato al legislatore di operare con interventi diversificati, posto che l’avvenuta quotazione di alcune della società di gestione dei complessi idrici aveva reso più difficile giustificare le restrizioni all’operatività che sono state introdotte dall’art. 13 del d.l. 4.7.2006, n. 223.

Diversa ancora è stata la vicenda delle società comunali di servizi, a proposito delle quali la giurisprudenza aveva originariamente previsto (ad esempio tar Emilia-Romagna, Parma, 2.4.2002, n. 240) il divieto di operare extra moenia, ma in questo caso sono stati assai rilevanti i contrasti politici, sì che la formulazione dell’art. 13 del d.l. in rassegna sembra ritagliare proprio l’esclusione delle società locali dal divieto così introdotto.

Le considerazioni che precedono permettono di affermare sia seguendo la lettera della legge che argomentando a contrario che Porto Livorno 2000 srl ricade nel novero delle “…società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività…” e per converso non rientra nelle eccezioni stabilite dal successivo capoverso della norma testualmente riportata;
lo statuto comprova l’avvenuta sua costituzione ad opera dell’ente portuale livornese e l’oggetto sociale determinato al momento della creazione e non mutato in tal senso assegna alla ricorrente tutte le attività tipiche del soggetto operante in ambito portuale, con particolare riguardo all’accoglienza delle navi da crociera.

Ne consegue che l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione è fondata sotto questo profilo, posto che allo stato della legislazione l’operatività della ricorrente non poteva estendersi al di là dell’ambito assegnato dallo statuto;
le successive modificazioni soggettive delineate dai documenti da ultimo prodotti (docc. 8 e 9 della ricorrente) a comprova dell’apertura della compagine societaria a dei soci privati potranno rilevare per le future iniziative imprenditoriali che Porto Livorno 2000 srl assumerà, ma non possono integrare il profilo dell’interesse a ricorrere in relazione agli eventi anteriori alle modificazioni soggettive in corso di perfezionamento.

La statuizione formulata in relazione all’interesse a ricorrere non è tuttavia in grado di esaurire la motivazione della sentenza, atteso il noto orientamento assunto in argomento dal consiglio di Stato.

Vanno quindi presi in considerazione i motivi dedotti con il ricorso introduttivo.

Con la prima doglianza la ricorrente censura l’attività amministrativa posta in essere dal presidente dell’autorità portuale di La Spezia nella gestione dei beni del demanio militare – nella specie del molo Varicella -, mentre con il secondo motivo si lamenta la violazione del piano regolatore portuale che non prevede che l’arsenale militare venga adibito alla funzione portuale.

Il tribunale considera inammissibili i motivi così enunciati.

Risulta infatti (doc. n. 1 delle produzioni dell’amministrazione militare) che i bandi che preannunciavano l’apertura dei procedimenti concursuali per l’attribuzione dell’utilizzo del molo vennero pubblicati sul sito informatico della marina militare sin dal gennaio 2013, che nessuna impugnazione è stata rivolta per l’annullamento di tali atti, sì che non è più dato contestare in questa sede un’attività amministrativa ritualmente pubblicizzata e portata a compimento.

Il terzo motivo lamenta l’illegittimità della permuta posta in essere dall’amministrazione militare, che ha concesso all’autorità portuale di porre il molo Varicella a disposizione delle navi da crociera in cambio dell’assunzione da parte dell’ente portuale di alcune obbligazioni a pagare somme di denaro che facevano capo al ministero della difesa.

In ordine alla nozione di permuta si osserva innanzitutto che il vocabolo è utilizzato in senso diverso rispetto a quanto prevedono le note norme del codice civile;
oltre a ciò risulta che anche questa censura riguarda l’attività amministrativa che l’ente militare banditore provvide a pubblicizzare in modo tempestivo ed adeguato, e che non venne mai gravata in modo tempestivo, sì che è irricevibile la doglianza proposta in questa sede.

Conclusivamente deve dichiararsi l’inammissibilità del ricorso principale.

Con le censure proposte con il ricorso notificato per motivi aggiunti la società interessata lamenta l’illegittimità degli atti posti in essere dall’amministrazione militare che mise a disposizione dell’autorità portuale il molo Varicella perché lo destinasse all’accosto delle navi da crociera;
le doglianze si soffermano sulla violazione della normativa interna alle forze armate, posto che questa non prevederebbe le procedure e gli effetti in concreto raggiunti dalle parti pubbliche.

Il tribunale deve dichiarare inammissibili anche questi motivi, aderendo all’orientamento giurisprudenziale che ritiene che il soggetto che aspira ad entrare in contatto con una pubblica amministrazione per prestare ad essa servizi o fornirle beni

ha l’onere dell’immediata impugnazione ogni volta che il bando costituisca di per sé una preclusione per la tutela della situazione pretensiva. (cons. Stato 2015, n. 3104).

In questo caso gli atti di indizione dell’esperimento ed i suoi risultati sono stati debitamente pubblicizzati sul sito informatico della marina militare, e l’ultima determinazione della p.a. rimonta all’aprile 2014, sì che la proposizione dei motivi aggiunti notificati nel gennaio 2015 si appalesa tardiva.

Ne deriva che anche i motivi aggiunti non possono essere esaminati nel merito;
da ciò consegue l’inprocedibilità del ricorso incidentale proposto dalla controinteressata autorità portuale di La Spezia, posto che tale soggetto non ha interesse alla relativa decisione.

Conclusivamente i ricorsi vanno dichiarati in parte inammissibili ed in parte improcedibili, e le spese seguono la soccombenza secondo l’equa liquidazione del dispositivo, tenendo conto del valore dei beni oggetti di causa e dell’attività defensionale resasi necessaria.

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