TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-05-03, n. 201700454
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Pubblicato il 03/05/2017
N. 00454/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01106/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1106 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato E M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C C in Bari, via De Rossi 74;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, 97;
per l'ottemperanza
al giudicato formatosi sulla sentenza n. 199/2015, depositata il 4 febbraio 2015, del Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, (indennizzo da emotrasfusione ex legge n. 210/1992), con cui l’Amministrazione intimata è stata condannata “alla corresponsione in favore di parte ricorrente dell’assegno vitalizio con decorrenza dal 1° giugno 2010, oltre interessi di legge, nonché alla rifusione delle spese processuali liquidate in complessivi euro 1200,00, con IVA e CAP, in distrazione”;sentenza notificata con formula esecutiva il 25 settembre 2015;
nonché per la comminatoria della penalità di mora di cui all’art. 114, comma 4, lett e), del c.p.a. nella misura che sarà ritenuta equa, con ogni conseguenza di legge in ordine alle spese della presente procedura di cui si chiede la distrazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visto l'art. 114 del codice del processo amministrativo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 aprile 2017 il consigliere G A e uditi per le parti i difensori, avv. Pietro Fiorella, su delega orale dell'avv. E M, e avv. dello Stato Lucrezia Principio;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza la parte ricorrente ha richiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza in epigrafe, con la conseguente condanna del Ministero della Salute al pagamento delle somme ivi liquidate.
Tale sentenza è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della Salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.
Nella specie, non risulta l’adempimento al giudicato da parte dell’Amministrazione intimata.
In definitiva, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso;va dunque ordinato al Ministero della Salute di dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe e, quindi, di pagare le somme ivi liquidate in favore della ricorrente, oltre ai relativi interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione;mentre tale ordine non si estende al compenso liquidato al difensore distrattario nella medesima pronuncia.
La richiesta riguardante le spese legali del giudizio civile, infatti, dev’essere respinta.
In virtù del provvedimento di distrazione delle spese processuali in favore del difensore con procura della parte vittoriosa (art. 93 cod. proc. civ.), invero, s’instaura, fra costui e la parte soccombente, un rapporto autonomo rispetto a quello fra i contendenti che, nei limiti della somma liquidata dal giudice, si affianca a quello di prestazione d'opera professionale fra il cliente vittorioso ed il suo procuratore. Ne deriva che il difensore distrattario è l'unico legittimato ad intimare il precetto di pagamento dell'importo delle spese e degli onorarie e, analogamente, a chiedere l'esecuzione del giudicato con il rito dell'ottemperanza in sede di giudizio amministrativo (Cass. civ., Sez. III, 12 novembre 2008, n. 27041;T.A.R. Lazio, Sez. II, 24 febbraio 2015, n. 3275).
La domanda diretta alla fissazione di un’ulteriore somma a carico dell’Amministrazione nel caso di ritardo nell’esecuzione del giudicato dev’essere anch’essa accolta.
La Sezione si era orientata in senso opposto in considerazione dell’attuale stato della finanza pubblica.
Si ritiene però di dover adeguare le decisioni in materia di ottemperanza a condanne del giudice civile nei confronti del Ministero della salute, a seguito del riconoscimento dei benefici di cui alla legge 25 febbraio 1992 n. 210, ai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 giugno 2014 n. 15.
Con tale pronuncia si è innanzitutto chiarito che l’istituto opera per tutte le decisioni di condanna adottate dal giudice amministrativo ex art. 112 del codice del processo amministrativo, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni pecuniarie.
Si è sottolineato, poi, in particolare, che, in tale contesto, la penalità di mora, “assumendo una più marcata matrice sanzionatoria che completa la veste di strumento di coazione indiretta, si atteggia a tecnica compulsoria che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria che permea il giudizio d’ottemperanza” (p. 6.3.). Essa in definitiva svolge una “funzione deterrente e general-preventiva” e dunque “assolve ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non, o quanto meno non principalmente, ad una funzione riparatoria” (p. 6.5.);ciò esclude il rischio di duplicazione di risarcimenti, con correlativa locupletazione del creditore e depauperamento del debitore. Invero, “Trattandosi di una pena, e non di un risarcimento, non viene in rilievo un’inammissibile doppia riparazione di un unico danno ma l’aggiunta di una misura sanzionatoria ad una tutela risarcitoria”.
Di conseguenza, l’Adunanza plenaria ha precisato che le peculiari condizioni del debitore pubblico non possono comportare un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma giocano il ruolo di fattori da considerare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo (p. 6.5.1.).
In concreto, il Ministero della sanità rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.
In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente scontato, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.
In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.
Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell'esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.
A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora, la somma di € 50 (cinquanta) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.
Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale dello 0,1% non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.
Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti.
Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della Salute, infine, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta , il Direttore generale della Direzione generale dei dispositivi medici, del servizio farmaceutico e della sicurezza delle cure del Ministero della Salute, con facoltà di delega, il quale (senza maturare alcun diritto al compenso) dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.
Vanno altresì poste a carico della stessa Amministrazione, ex art. 91 del codice del processo civile, le spese del presente giudizio, parzialmente compensate, stante l’esito del giudizio e la serialità dei ricorsi, da distrarsi in favore del procuratore costituito, per sua dichiarazione anticipatario.