TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-05-13, n. 202000312

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Potenza, sez. I, sentenza 2020-05-13, n. 202000312
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Potenza
Numero : 202000312
Data del deposito : 13 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/05/2020

N. 00312/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01051/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1051 del 2015, proposto da
Ariete Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati V A e Roberto D'Addabbo, con domicilio eletto presso lo studio Daniela Brienza in Potenza, via San Remo, 67;

contro

Comune di Potenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Brigida Pignatari D'Errico, con domicilio eletto presso lo studio Brigida Pignatari Avv. in Potenza, Uff. Legale del Comune di Potenza;
Organo Straordinario di Liquidazione presso il Comune di Potenza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E N, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Potenza, via Rosica, 89;

per l’accertamento

del diritto alla revisione prezzi per i servizi di pulizia svolti in favore del Comune di Potenza, per il periodo dal luglio 2012 al giugno 2014, in ragione del contratto d'appalto del 4/9/2007, previo annullamento della nota prot. n. 222 del 5/11/2015, con cui l'Organo Straordinario di Liquidazione del Comune di Potenza non ha ammesso alla massa passiva dell'Ente l'istanza della ditta ricorrente volta al riconoscimento del compenso revisionale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Potenza e dell’Organo Straordinario di Liquidazione presso il Comune di Potenza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2020 il dott. Paolo Mariano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso, depositato in data 28/12/2015, Ariete Soc. Coop. ha chiesto l'accertamento del diritto alla revisione prezzi per i servizi di pulizia svolti in favore del Comune di Potenza, per il periodo dal luglio 2012 al giugno 2014, in ragione del contratto d'appalto del 4/9/2007, previo annullamento della nota prot. n. 222 del 5/11/2015, con cui l'Organo Straordinario di Liquidazione del Comune di Potenza non ha ammesso alla massa passiva dell'Ente l'istanza della ditta ricorrente volta al riconoscimento del compenso revisionale.

E’ chiesta, altresì, la condanna al pagamento del relativo importo, quantificato in euro 396.030,12, oltre IVA e accessori di legge.

Emerge in fatto quanto segue:

- con contratto del 4/9/2007, il Comune di Potenza ha affidato alla società ricorrente l'appalto per il servizio di pulizia giornaliera e periodica delle strutture e dei locali comunali, nonché di pulizia e sorveglianza degli impianti sportivi e dei bagni pubblici, per la durata di cinque anni a decorrere dall’1/7/2007, prorogabili per ulteriori due anni, per l'importo complessivo di euro 7.457.433,60 oltre IVA (pari ad un canone mensile di euro 124.290,56, oltre IVA, ed annuale di euro 1.491.486,72 oltre IVA);

- con determinazione dirigenziale n. 181 del 15/7/2011, il Comune di Potenza ha disposto un'estensione del servizio a decorrere dall’1/1/2011, con rideterminazione del canone annuale in euro 1.678.094,04, oltre IVA;

- in virtù di numerose proroghe successive alla scadenza quinquennale, l’appalto ha avuto svolgimento sino al 30/6/2014. Tuttavia, il Comune di Potenza ha provveduto a corrispondere la revisione del canone contrattuale sino al 30/6/2012 applicando l'indice Istat-Foi, nulla riconoscendo a tale titolo per il successivo periodo di espletamento del servizio dall’1/7/2012 al 30/6/2014;

- con note in data 26/8/2013 e 17/9/2014, la società ricorrente ha chiesto, senza esito, il pagamento di detti compensi revisionali;

- a seguito della deliberazione dello stato di dissesto del Comune di Potenza, la società ricorrente ha chiesto all'Organo Straordinario di Liquidazione, nominato con decreto del Presidente della Repubblica del 29/1/2015, ai sensi dell’art. 252 del D.lgs. n. 267/2000, il riconoscimento del credito revisionale, per una somma di euro 396.030,12 oltre IVA e l’ammissione alla massa passiva;

- con nota del 5/11/2015, l'Organo Straordinario di Liquidazione ha respinto la richiesta, contestando il calcolo del compenso revisionale (il canone iniziale sarebbe stato ricapitalizzato con ogni adeguamento annuale creando un improprio anatocismo) e, dunque, non ha ammesso il relativo credito alla massa passiva.

1.2. Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

- “ Violazione di legge (art. 115 del D.Lgs. n. 163/2006). Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;
difetto di istruttoria;
erronea motivazione;
sviamento. Eccesso di potere per violazione dei principi che regolano il procedimento amministrativo. Violazione dei principi costituzionali di correttezza e buon andamento che regolano l'azione amministrativa
”.

Il credito revisionale sarebbe incontestabilmente fondato, quanto all’ an , nell’art. 115 del D.lgs. n. 163/2006 (applicabile ratione temporis ). Del pari incontroverso sarebbe il criterio di rivalutazione, dovendosi fare applicazione, in assenza delle rilevazioni dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, dell'indice Istat dei prezzi al consumo di famiglie di operai ed impiegati su base semestrale - indice “Foi”.

Gli indici “Foi”, fornendo la misura delle variazioni nel tempo dei prezzi (costo della vita), si cumulerebbero tra loro con la conseguenza che, una volta applicato l’indice del periodo di riferimento al canone (adeguato quindi al costo della vita in quel determinato momento), il successivo indice in aumento dovrebbe essere necessariamente applicato all’importo dal canone così adeguato.

Pertanto, sarebbe ingiustificata la ragione ostativa opposta al riconoscimento di detto compenso.

La correttezza di tale metodo di calcolo, peraltro, sarebbe stata confermata dallo stesso Istat che, con note prot. n. 9874 e n. 9875 del 13/11/2015, su specifica istanza della società ricorrente, ha quantificato gli importi dei canoni di appalto adeguati secondo le variazioni percentuali dell'indice Foi, per i periodi in questione, in misura corrispondente a quella pretesa nel presente giudizio.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Potenza e l'Organo Straordinario di Liquidazione.

Quest’ultimo, in particolare, ha sollevato profili di inammissibilità del ricorso sotto il profilo: a) della genericità (non essendo la pretesa creditoria sufficientemente provata e circostanziata);
b) dell’inconfigurabilità dell’azione diretta all’accertamento di un interesse legittimo, qual è quello dell’appaltatore che fa richiesta di adeguamento revisionale;
c) della preclusione per la Commissione straordinaria di liquidazione di ammettere al passivo posizioni creditorie non previamente accertate dai competenti organi del Comune di Potenza.

3. All’udienza pubblica del 22/4/2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è inammissibile, secondo quanto eccepito dall'Organo Straordinario di Liquidazione.

5. Coglie anzitutto nel segno, il rilievo concernente l’inammissibilità nel giudizio amministrativo dell’azione di accertamento di una posizione giuridica avente, come in specie, la consistenza di interesse legittimo.

5.1. Va preliminarmente rilevato quanto segue.

L'intera disciplina della revisione prezzi rientra in ragione del concorso di situazioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, così come disegnata dall'art. 133, co. 1, lett. e), n. 2, cod. proc. amm. (ma già precedentemente attribuita a detta giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 244, co. 3, del D.lgs. n. 163/2006). Tuttavia, l'individuazione del giudice amministrativo quale giudice competente per le questioni relative " alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo " nonché " ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento prezzi ai sensi dell'art. 133, commi 3 e 4 del d.lgs. n. 163 del 2006 ", non può incidere sui mezzi di difesa offerti alla parte che chiede tutela giurisdizionale, atteso che le azioni esperibili restano scriminabili a seconda della natura della posizione soggettiva che si assume lesa.

Dunque, al fine di individuare gli appropriati strumenti di tutela giurisdizionale offerti dal sistema e azionabili dall'appaltatore che invoca il diritto alla revisione prezzi, occorrerà precisare quale sia la consistenza della posizione giuridica di cui lo stesso è titolare.

Sul punto, il Collegio intende richiamare la consolidata giurisprudenza la quale, rimarcando la struttura bifasica del procedimento di revisione prezzi, afferma che in capo all'appaltatore è configurabile una posizione di interesse rispetto all'attività autoritativa dell'amministrazione, in quanto volta all'accertamento dell' an della pretesa e di diritto soggettivo rispetto al quantum , una volta riconosciuta la spettanza di un compenso revisionale (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 22/6/2018, n. 3827;
Tar Campania, Napoli, sez. II, 30/8/2107, n. 4204).

Più in dettaglio si è chiarito che:

- l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, al quale è sotteso l'esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale nei confronti del privato contraente, potendo quest'ultimo collocarsi su un piano di equiordinazione con l'amministrazione solo con riguardo a questioni involgenti l'entità della pretesa;

- l'obbligatoria inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'amministrazione, non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22/12/2014, n. 6275 e 24/1/2013, n. 465);

- la posizione dell'appaltatore è di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante (cfr., ex multis Cassazione civ., sez. un., 31/10/2008, n. 26298), che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa ed alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato;

- di conseguenza, la domanda giudiziale deve essere definita secondo un'indagine di tipo bifasico (cfr., TAR Lazio, Roma, sez. II- quater , 13/4/2015, n. 5360;
sez. III, 15/6/2012, n. 5505).

Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, dunque, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell'interesse legittimo, di talché:

- sarà sempre necessaria l'attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l'Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell'adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l'importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27/11/2015, n. 5375;
24/1/2013, n. 465);

- in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell'appaltatore, quest'ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall'Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l'accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24/1/2013, n. 465).

Va da sé, dunque, l'impossibilità per il giudice amministrativo, in forza della richiamata giurisprudenza, condivisa pienamente dal Collegio, di procedere all'accertamento e alla condanna rispetto ad una pretesa che, nella sua fase inziale, presuppone l'esercizio di attività amministrativa e si connota, pertanto, in termini di interesse legittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 6/5/2020, n. 2860;
sez. III, 6/8/2018, n. 4827;
TAR Campania, Napoli, sez. V, 4/2/2019, n. 566).

5.2. Sulla base di tale premesse concettuali, deve ritenersi che il ricorso sia inammissibile con riferimento alla spiegata azione di accertamento del diritto al compenso revisionale e di condanna al relativo pagamento.

Invero, è incontestabile che nel caso di specie sia mancante una qualsivoglia determinazione amministrativa che abbia previamente accertato, in favore della società ricorrente, la spettanza del compenso revisionale oggetto della lite. A tal fine, non può giovare la nota dall'Organo Straordinario di Liquidazione del 5/11/2015, con cui si è respinta l’ammissione della pretesa ricorsuale alla massa passiva della gestione commissariale, in quanto - come pure evidenziato dalla difesa dell’Organo - detta determinazione non reca alcuna statuizione in merito all’ an del credito, né comunque avrebbe potuto, rientrando tale potestà nelle attribuzioni della stazione appaltante (in specie del Comune di Potenza), secondo quanto previsto dall’art. 115 del D.lgs. n. 163/2006 (secondo cui “ La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione di beni e servizi ”).

Pertanto, deve ritenersi che alla posizione giuridica fatta valere dalla società ricorrente vada riconosciuta la consistenza dell’interesse legittimo, stante la mancata estrinsecazione del relativo potere autoritativo relativamente e non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. art. 34, co. 2, cod. proc. amm.).

A ciò consegue, per quanto dianzi esposto, l’inammissibilità dell’azione di accertamento di detta situazione giuridica, nonché della connessa domanda di condanna.

6. Dalla ravvisata inammissibilità discende quella ulteriore, per carenza di interesse, della domanda di annullamento della richiamata nota dell'Organo Straordinario di Liquidazione del 5/11/2015.

Invero, deve ritenersi che l'ambito della competenza di detto Organo, delineato dall’art. 242 del Tuel, non può considerarsi esteso fino ad includere nella massa passiva debiti privi dei requisiti della certezza, della liquidità ed esigibilità, in quanto non ancora accertati dai competenti soggetti amministrativi (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 9/5/2003, n. 2455), secondo quanto previsto, nel caso di specie, dal richiamato dell’art. 115 del D.lgs. n. 163/2006.

A ciò consegue, dunque, che dall’eventuale annullamento di detta nota la società ricorrente non potrebbe ricavare alcuna concreta utilità, in quanto il soddisfacimento della pretesa creditoria per cui è causa deve necessariamente passare attraverso un previo riconoscimento da parte del Comune di Potenza.

7. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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