TAR Perugia, sez. I, sentenza 2019-01-08, n. 201900015

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Perugia, sez. I, sentenza 2019-01-08, n. 201900015
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Perugia
Numero : 201900015
Data del deposito : 8 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2019

N. 00015/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00345/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 345 del 2016, proposto dalla Società Agricola Le Grotte S.n.c. di S B &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato F B, con domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, via XX settembre, 76;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliata ex lege in Perugia, via degli Offici, 14;

nei confronti

Comune di Baschi, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

in parte qua del parere reso dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria in data 19 settembre 2013 prot. n. 19676.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2018 la dott.ssa Daniela Carrarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe l’Azienda agricola Le Grotte s.n.c. di S B &
c. ha chiesto l’annullamento del parere del 19 settembre 2013, prot. 0019676 - comunicato alla ricorrente in allegato alla pec del Responsabile del competente Servizio del Comune di Baschi del 10 giugno 2016 - reso, ai sensi degli 593D1C9A2" data-article-version-id="e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LR3A6A12B22E7593D1C9A2::2008-04-09" href="/norms/codes/itatextc2jzvpf9k63v16/articles/itaart3fnohdf2zwsf1cd?version=e1904a9f-74d9-577c-ab51-695f88164f31::LR3A6A12B22E7593D1C9A2::2008-04-09">art. 167, commi 4 e 5, e 181, comma 1 quater, del d.lgs. n. 42 del 2004, dall’allora Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria (oggi Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria), nella parte in cui si esprime negativamente in riferimento ad alcune opere per le quali la ricorrente aveva presentato al Comune di Baschi, il 15 marzo 2013, prot. 2247, domanda di compatibilità paesaggistica;
parte ricorrente ha chiesto, altresì, l'annullamento di ogni altro atto e provvedimento presupposto, consequenziale e comunque connesso, compresa, per quanto occorra, la citata nota di trasmissione del Comune di Baschi del 10 giugno 2016.

1.1. Riferisce la parte ricorrente di aver presentato in data 15 marzo 2013, unitamente alla domanda di accertamento di conformità urbanistica, istanza di conformità paesaggistica relativa ad una pluralità di opere realizzate in una struttura ricettiva situata nel Comune di Braschi, opere descritte nell’istanza e poi puntualizzate nelle tavole progettuali. Con parere del 19 novembre 2013 prot. 0019676, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria ha espresso un diniego parziale, affermando la compatibilità con l’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004 della piscina esterna, del locale tecnico interrato, dell’ampliamento della centrale termica interrata, dei parapetti esterni posti in sostituzione della staccionata, del muro di contenimento e dei condotti di aereazione e negando, invece, la compatibilità della piscina coperta, della zona massaggi e trattamenti e della zona adiacente la sala riunione. Il gravato parere è stato comunicato dal Comune solo in data 10 giugno 2016 a mezzo pec.

1.2. Le censure mosse nel ricorso sono articolate in sette motivi in diritto, riassumibili come segue:

i. violazione e/o falsa e/o errata applicazione degli artt. 167, commi 4 e 5, e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004 in relazione all'art. 24 della l.r. n. 11 del 2005, in quanto non sarebbe stata necessaria un’ulteriore valutazione paesaggistica successiva, anche postuma, in relazione alle opere in concreto eseguite, poiché la conformità paesaggistica era già stata espressa dalla Provincia di Terni, con delibera consiliare 68/2009, nell’ambito del procedimento di approvazione del piano attuativo;

ii. violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell'art. 10 bis della l. n. 241 del 1990 per mancata comunicazione del preavviso di diniego da parte della Soprintendenza;

iii. violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell'art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004: viene eccepito che non vi sarebbe stato alcun aumento di superficie utile o volume, ovvero un aumento di quelli legittimamente assentiti, poiché i volumi e le superfici effettivamente realizzate sarebbero identici a quelli assentiti dal piano attuativo approvato con deliberazione consiliare 10/2010;
a sua volta, l’ultimo piano attuativo in variante del 2010 non presenterebbe aumento di volumi o superfici utili rispetto al piano attuativo approvato con deliberazione consiliare del 20.6.2003 n. 34 ed in relazione al quale sono state poi rilasciate le autorizzazioni paesaggistiche nn. 85 ed 84;

iv. violazione e/o falsa e/o errata applicazione della circolare ministeriale n. 33 del 26.6.2009;
eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione violazione e/o falsa e/o errata applicazione dell'art. 167, comma 4, del d.lgs. n. 42 del 2004;

v. contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta della valutazione sotto il profilo della rilevanza dei volumi realizzati e non ammessi, in quanto questi sarebbero “inscindibilmente connessi all’intera struttura realizzata”, comprese le parti oggetto di positiva sanatoria;

vi. in via subordinata, eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 167, comma 4, lett. a, del d.lgs. n. 42 del 2004, che esclude la compatibilità paesaggistica postuma degli interventi edilizi che abbiano comportato aumento di volumi o superfici utili, per contrasto con gli artt. 3, 9 e 97 Cost.;

vii. illegittimità derivata della nota di trasmissione del Comune di Baschi del 10 giugno 2016, inviata via pec alla ricorrente, alla luce dei vizi da cui sarebbe affetto il parere negativo della Soprintendenza.

2. Si sono costituiti il giudizio il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e la Soprintendenza Archeologica, Belle arti e Paesaggio dell’Umbria, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, chiedendo il rigetto delle avverse pretese con mera memoria di stile.

3. Non si è costituito in giudizio il Comune di Baschi.

4. Le parti hanno depositato copiosa documentazione e la ricorrente ha depositato memorie in vista della trattazione in udienza pubblica.

5. All’udienza pubblica del 4 dicembre 2018, uditi per le parti i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. È materia del contendere la legittimità del parere reso, ai sensi degli art. 167, commi 4 e 5, e 181, comma 1 quater, del d.lgs. n. 42 del 2004, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici dell'Umbria (ora Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria), nella parte in cui si esprime negativamente in riferimento ad alcune opere per le quali la ricorrente aveva presentato domanda di compatibilità paesaggistica al Comune di Baschi il 15 marzo 2013, prot. 2247.

7. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione in rito sull’ammissibilità del ricorso avverso il parere vincolante in assenza di impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento (cfr. C.d.S., sez. VI, 18 luglio 2017, n. 3523;
Id., 18 settembre 2017, n. 4369), data l’infondatezza del ricorso nel merito, per i motivi di seguito illustrati.

8. Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente lamenta la violazione degli artt. 167, commi 4 e 5, e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004 in relazione all'art. 24 della l.r. n. 11 del 2005, in quanto in relazione alle opere eseguite non sarebbe stata necessaria un’ulteriore valutazione paesaggistica, poiché la conformità paesaggistica era già stata espressa dalla Provincia di Terni, nell’ambito del procedimento di approvazione del piano attuativo. Il motivo è infondato;
il parere favorevole espresso sul piano attuativo dalla Provincia ai sensi dell’art. 24, comma 11, l.r. n. 11 del 2005, all’epoca vigente, non sostituisce, come esplicitato dalla stessa disposizione, l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004 sui singoli interventi edilizi (né avrebbe potuto, dato il disposto dello stesso art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004).

Il comma 11 del citato art. 24. l.r. n. 11 del 2005 (successivamente abrogata dalla l.r. n. 1 del 21 gennaio 2015) recitava, infatti: “[i]l comune trasmette alla Soprintendenza il parere della commissione unitamente agli elaborati del piano attuativo adottato, corredati del progetto definitivo delle opere di urbanizzazione e infrastrutturali previste, nonché della documentazione di cui al comma 3, dell’articolo 146, del d.lgs. 42/2004 relativa a tali opere. La Soprintendenza esprime il parere di cui all’articolo 146, del d.lgs. 42/2004 sulle opere di urbanizzazione e infrastrutturali, ai fini di quanto previsto all’articolo 26, comma 7, fermo restando il parere di cui allo stesso articolo 146, del d.lgs. 42/2004 da esprimere successivamente sul progetto definitivo dei singoli interventi edilizi”.

9. Allo stesso modo, è infondato il secondo motivo di ricorso, nel quale si lamenta la mancata comunicazione da parte della Soprintendenza del preavviso di diniego, in disparte ogni considerazione circa l’ammissibilità della censura stessa, nella formulazione della quale parte ricorrente omette di indicare gli elementi a sostegno della propria posizione che avrebbe potuto fornire in caso di comunicazione.

A differenza dell’art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42 del 2004, che espressamente prevede – con una formulazione rimasta sostanzialmente analoga nelle varie versioni della disposizione citata – che sia il Soprintendente, in caso di parere negativo, a comunicare agli interessati il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell'articolo 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’art. 167 dello stesso Codice nulla dispone al riguardo. La citata previsione dell’art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42 del 2004 appare evidentemente derogatoria dell’ordinario schema procedimentale dettato dalla l. n. 241 del 1990, nel quale è l’Amministrazione procedente, e non l’eventuale Amministrazione coinvolta in sede consultiva, a dover comunicare il preavviso di diniego all’istante. Pertanto, in assenza di esplicita previsione derogatoria riferita alla procedura di cui all’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, onerata del preavviso di diniego non era la Soprintendenza bensì l’Amministrazione comunale prima dell’emanazione del provvedimento definitivo, di cui non, tuttavia, si fa menzione negli atti di causa.

10. Il terzo, quarto e quinto motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi e tutti miranti a contestare il rilievo, ai fini delle preclusioni di cui al comma 4 dell’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, dei volumi interrati o seminterrati (quali quelli per i quali la Soprintendenza, in sede di valutazione di compatibilità paesaggistica, ha espresso parere negativo). I motivi non sono meritevoli di accoglimento.

L’art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, dopo aver sancito la regola della non sanabilità ex post degli abusi paesaggistici – prevedendo che il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese – introduce, al comma 4, l’accertamento di compatibilità paesaggistica per alcune limitate ipotesi: “a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell' articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”.

Pertanto la c.d. sanatoria paesaggistica è contenuta, per volontà del Legislatore, entro limiti molto stringenti, con esplicita esclusione degli interventi che abbiano comportato la creazione di volumi o superfici utili. “L’intenzione legislativa è chiara nel senso di precludere qualsiasi forma di legittimazione del “fatto compiuto”, in quanto l’esame di compatibilità paesaggistica deve sempre precedere la realizzazione dell’intervento. Il rigore del precetto è ridimensionato soltanto da poche eccezioni tassative, tutte relative ad interventi privi di impatto sull’assetto del bene vincolato” (C.d.S., sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1907). Come più volte ribadito dalla giurisprudenza, ai sensi dell’art. 167, comma 4, lett. a), d.lgs. n. 42 del 2004 l’esclusione della sanabilità postuma dell'opera sotto l'aspetto paesaggistico in presenza di nuove superfici o volumi, per l'evidente finalità di preservazione posta alla base della tutela paesaggistica riguarda qualsiasi incremento volumetrico, finanche interrato, esulando dal concetto solo le opere aventi funzione servente e prive di funzionalità autonoma (cfr. da ultimo, Tar Campania, Napoli, sez. III, 20 febbraio 2018, n. 1098).

La giurisprudenza ha chiarito che la realizzazione di un volume interrato determina inevitabilmente una rilevante alterazione dello stato dei luoghi rilevante sia sotto il profilo paesaggistico ( ex multis C.d.S., sez. VI, 2 settembre 2013, n. 4348;
id. sez. VI, 6 agosto 2013, n. 4114;
id. sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4079;
id. sez. VI, 11 settembre 2013, n. 4503;
TAR Umbria, 30 aprile 2014, n. 356;
TAR Campania, Napoli, sez. IV, 29 maggio 2012, n. 2529;
TAR Campania, Salerno, sez. I, 11 ottobre 2011, n. 1642) che sul piano urbanistico-edilizio, salvo che, per le sue caratteristiche - non ricorrenti nel caso di specie - non possa essere qualificato come un mero volume tecnico ( ex multis TAR Campania, Napoli, sez. III, 8 luglio 2013, n. 3540;
TAR Lazio, Roma, sez. I, 30 agosto 2012 n. 7396;
TAR Emilia Romagna, sez. I, 29 giugno 2012 n. 463;
TAR Umbria, 6 settembre 2018, n. 490).

Non appare condivisibile la prospettazione di parte ricorrente, già confutata al § 8, per la quale non vi sarebbe stato un aumento di volumi o superfici utili essendo quanto realizzato conforme al piano attuativo approvato con deliberazione di consiglio comunale n. 10 del 2010, perché, come sopra affermato, tale approvazione non esimeva l’interessato dal richiedere l’autorizzazione paesaggistica prima della realizzazione dell’intervento. Né assume rilievo la circostanza che gli interventi previsti dal precedente piano attuativo approvato con deliberazione di consiglio comunale n. 34 del 2003 fossero stati assistiti da autorizzazione paesaggistica, in quanto il secondo piano attuativo si è reso necessario proprio per consentire nuovi interventi, per la realizzazione dei quali l’odierna ricorrente avrebbe dovuto preventivamente munirsi dei necessari titoli. Dagli atti di causa e dalla discussione in udienza pubblica è emerso, inoltre, che l’Azienda ricorrente ha presentato istanza di autorizzazione paesaggistica nel 2012;
in sede di rilascio del previsto parere, la Soprintendenza (con nota prot. 0004030 22/02/2013 CI. 34.34.01/42.1, non gravata) esaminata la documentazione fotografica e lo stato progettuale ante operam , ha rilevato delle difformità, giungendo alla conclusione che le opere di completamento e potenziamento della struttura ricettiva fossero già state realizzate, ed evidenziando, di conseguenza, l’impossibilità di rilasciare a posteriori l’autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004. Solo a seguito di tali rilievi l’odierna ricorrente ha richiesto l’accertamento di compatibilità paesaggistica, poi in parte negato.

Il Collegio, pertanto, non ravvisa motivi per discostarsi dall’orientamento, attualmente prevalente nel panorama giurisprudenziale, secondo cui “il vigente art. 167, comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio preclude il rilascio di autorizzazioni in sanatoria quando siano stati realizzati volumi di qualsiasi natura (anche interrati): il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, si riferisce infatti a qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, sia esso interrato o meno... Del resto, avvalora questa conclusione la stessa lettera della norma in discorso che, nel consentire l'accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, si riferisce esclusivamente ai « lavori, realizzati in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati »: non è quindi consentito all'interprete ampliare la portata di tale norma, che costituisce eccezione al principio generale della necessità del previo assenso codificato dal precedente art. 146, per ammettere fattispecie, letteralmente e senza distinzione alcuna, escluse” (cfr. C.d.S., sez. VI, 2 luglio 2015 n. 3289;
v. anche TAR Campania, Salerno, sez. I, 6 giugno 2017, n. 1027;
Id., sez. II, 28 maggio 2015 n. 1219;
TAR Liguria, sez. I, 26 marzo 2015 n. 345;
TAR Puglia, Lecce, Sez. I, 23 gennaio 2014, n. 218;
C.d.S., sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4079).

Né assume rilievo il lamentato contrasto la nozione di volume fornita nella circolare ministeriale n. 33 del 26.6.2009, in quanto detto atto è espressione di un potere di mero indirizzo, non certo normativo (si tratta di atto interno, privo di efficacia precettiva autonoma), per cui va applicata nei limiti in cui sia conforme alla legge od al regolamento (TAR Umbria, 29 novembre 2011, n. 388).

11. In via subordinata, la parte ricorrente propone eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 167, comma 4, lett. a, del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui esclude la compatibilità paesaggistica postuma degli interventi edilizi che abbiano comportato aumento di volumi o superfici utili, per contrasto con gli artt. 3, 9 e 97 Cost. Il Collegio ritiene che la questione sia manifestamente infondata.

In primo luogo non può essere comparata, come vorrebbe il ricorrente, la disciplina dell'accertamento di conformità edilizia di cui all’art. 36 del T.U. dell’edilizia, d.P.R. n. 380 del 2001, con quella dell’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui al citato art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004. Le due normative, infatti, pur potendo trovare applicazione sullo stesso intervento concreto, attengono ad ambiti di materia differenti e rispondono a diverse esigenze di governo del territorio e tutela del paesaggio;
proprio tale diverso ambito materiale, edilizio nel primo caso, paesaggistico nel secondo, giustifica la diversa rilevanza attribuita alla realizzazione di volumi sine titulo .

Inoltre, l’affermazione di parte ricorrente – per la quale sarebbe irragionevole la previsione del divieto dell'autorizzazione paesaggistica postuma per l'ipotesi di realizzazione di nuovi volumi o superfici utili riguardante in maniera generalizzata tanto i beni paesaggistici tutelati per legge che i beni paesaggistici individuati in via amministrativa – è espressamente smentita dalla stessa Corte costituzionale, che nella sentenza n. 56 del 2016 che è, invece, intervenuta ad equiparare il differente regime sanzionatorio previsto all’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004.

Infine, proprio il carattere assolutamente prevalente del bene paesaggio, come tutelato dall'art. 9 della Costituzione, si pone alla base delle scelte del Legislatore nella materia de qua, il cui particolare rigore si propone anche di disincentivare l’illegittima realizzazione di interventi potenzialmente pregiudizievoli per i valori paesaggistici.

12. Non meritevole di accoglimento è, infine, la censura di illegittimità derivata della nota di trasmissione del parere negativo della Soprintendenza da parte del Comune di Baschi del 10 giugno 2016, inviata via pec alla ricorrente. In disparte ogni considerazione sull’irritualità di tale trasmissione, la nota si configura come chiaro atto endoprocedimentale, privo di qualsiasi lesività.

13. Per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate secondo il dispositivo.

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