TAR Roma, sez. II, sentenza 2021-02-01, n. 202101328
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Pubblicato il 01/02/2021
N. 01328/2021 REG.PROV.COLL.
N. 06874/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6874 del 2020, proposto da
Tecninf s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A V e Francesco D'Amelio, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Piemonte, n. 39;
contro
Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati B G C ed E G, con domicilio digitale in atti;
per l'annullamento
- della nota prot. n. 28809 del 7 luglio 2020, comunicata a mezzo p.e.c. in pari data, con la quale Consip s.p.a. ha disposto l’estromissione della ricorrente dalla terna dei subappaltatori indicata dal costituendo R.T.I. “Enterprise Services Italia s.r.l. - Eustema s.p.a. - Capgemini Italia s.p.a. - Net Services s.p.a.”, nell’ambito della “ Gara a procedura aperta per l’affidamento di servizi di sviluppo, manutenzione, gestione e supporto specialistico per il sistema informativo delle sezioni giurisdizionali e delle procure della Corte dei Conti – ID 2089 ”;
- di ogni altro atto precedente, successivo, consequenziale e comunque connesso a quelli impugnati;
nonchè per la condanna di Consip s.p.a., ex art. 30 del c.p.a., al risarcimento dei danni subiti e subendi dalla ricorrente per effetto dell’illegittimo provvedimento di estromissione adottato.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Consip s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto, la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente ricorso, la Tecninf s.p.a. (di seguito anche semplicemente “Tecninf”) impugna il provvedimento in epigrafe con la quale la Consip s.p.a. (di seguito anche semplicemente “Consip”) ha disposto la sua estromissione dalla terna di subappaltatori, indicata dal R.T.I. “Enterprise Services Italia s.r.l. - Eustema s.p.a. - Capgemini Italia s.p.a. - Net Services s.p.a.” (di seguito anche semplicemente “RTI” o “RTI Enterprise”) nell’ambito della “ Gara a procedura aperta per l’affidamento di servizi di sviluppo, manutenzione, gestione e supporto specialistico per il sistema informativo delle sezioni giurisdizionali e delle procure della Corte dei Conti – ID 2089 ”, per aver reso “ una dichiarazione non veritiera, ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lettera f-bis), del D.Lgs. 50/2016 ”, attesa l’omessa indicazione, “ nell’ambito del proprio DGUE e nella domanda di partecipazione ” del 22 febbraio 2019, della risoluzione in data 11 aprile 2017 del contratto da costei stipulato con la RAI s.p.a. (come da relativa annotazione del 7 marzo 2018 sul casellario informatico dei contratti pubblici, istituito presso l’Osservatorio operante nell’ambito dell’A.N.A.C.) “ sebbene astrattamente idonea a configurare la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lettera c), del D.Lgs. 50/2016 (vigente ratione temporis) ”, contestualmente paventando di segnalare l’accaduto all’A.N.A.C. e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma.
La società ricorrente contesta tale determinazione, sostenendone l’illegittimità in relazione all’aver la Consip assunto a suo carico l’esistenza di una falsa dichiarazione in violazione dell’art. 80, comma 5, lett. f bis ), del d.lgs. n. 50/2016, invero “ omettendo di considerare che le circostanze del caso concreto, e le peculiarità della vicenda, deponessero inequivocabilmente per la ricorrenza di una ipotesi di errore materiale, la cui positiva valorizzazione avrebbe dovuto far desistere Consip dall’illegittima estromissione disposta ”, essendo la Tecninf in tesi “ semplicemente incorsa – al momento della compilazione del DGUE – in un mero errore materiale … semplicemente opzionando – per puro errore – la casella con la quale dichiarava di “non essersi resa colpevole di gravi illeciti professionali ””, come sarebbe dimostrato dalla dichiarazione integrativa da costei successivamente resa il 18 novembre 2019, con cui, “ attivandosi immediatamente per la regolarizzazione della propria posizione ”, “ ha espressamente palesato alla Stazione appaltante la precedente annotazione esistente a proprio carico ”, come richiesto al RTI (risultato medio tempore primo classificato in graduatoria e, successivamente, aggiudicatario della gara) dalla Consip, con nota del 7 novembre 2019, a comprova del possesso dei requisiti precedentemente dichiarati nel DGUE.
Parte ricorrente chiede, dunque, che venga dichiarata l’illegittimità dell’estromissione, con condanna della Consip alla rifusione di tutti i danni patrimoniali conseguentemente patiti, consistenti nel rimborso delle spese sostenute per la partecipazione alla gara e nel ristoro del danno curriculare subito.
Si costituiva in giudizio la Consip, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ad almeno uno dei controinteressati, identificati sia nel RTI Enterprise che negli altri subappaltatori originariamente indicati nella terna, da cui la ricorrente è stata estromessa, atteso “ il loro interesse alla conservazione dell’atto impugnato da Tecninf ”, “ comporta (ndo) per esse (la contestata esclusione di quest’ultima) la possibilità di eseguire una maggiore percentuale delle attività oggetto di subappalto ”.
La resistente argomenta, altresì, diffusamente sull’infondatezza nel merito delle pretese avanzate dalla Tecninf, in particolare, evidenziando come non risponda al vero l’assunto che la ricorrente si sia avveduta autonomamente della pretesa “ svista ” compiuta in sede di compilazione del DGUE solo in data 7 novembre 2019 - allorquando Consip chiedeva al concorrente aggiudicatario (il RTI Enterprise) di produrre la documentazione a comprova del possesso dei requisiti ai sensi dell’artt. 32 e 85, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 – atteso che la falsa dichiarazione rispetto alle risultanze del casellario informatico dei contratti pubblici era stata contestata dalla Consip già con nota del 29 marzo 2019 (in atti), in cui, a seguito della consultazione di tale casellario, si chiedevano chiarimenti in merito all’annotazione ivi rinvenuta, ai quali la ricorrente dava riscontro, significando la pendenza di un relativo giudizio sulla vicenda e la mancanza di una sentenza passata in giudicato (nota dell’8 aprile 2019 in atti).
Seguiva il deposito di ulteriori memorie in cui ciascuna delle parti, ribadiva le proprie opposte argomentazioni difensive.
All’udienza pubblica del 16 dicembre 2020, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.
Il Collegio - in ossequio al principio di sinteticità degli atti e di economia dei mezzi giuridici, di cui all’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. – ritiene, innanzi tutto, di poter prescindere dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata in atti dalla resistente, attesa l’infondatezza del gravame proposto.
Passando, dunque, a valutare il merito della controversia, il ricorso deve essere respinto in ragione della palese infondatezza dell’unico motivo ivi formulato dalla Tecninf, risultando la prospettazione di parte ricorrente del tutto smentita dalla documentazione versata in atti dalla stazione appaltante, con conseguente legittimità, sotto il profilo contestato, dell’impugnata estromissione, in ragione dell’assorbente rilevanza della falsa dichiarazione resa dall’operatore economico, idonea nel caso di specie a deporre in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità professionale dell’operatore economico (in tal senso, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 2976/2020 e T.A.R. Piemonte, Torino, Sezione I, n. 202/2020).
Il Collegio è, infatti, dell’avviso che, alla luce dei chiarimenti fattuali forniti dalla resistente in giudizio, la Consip ragionevolmente abbia ritenuto che la Tecninf avesse consapevolmente taciuto la risoluzione di un precedente contratto, che - invece – quest’ultima aveva l’obbligo di dichiarare ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c ter ) nonché in ossequio anche a quanto, tra l’altro, specificamente previsto dalla lex specialis di gara (in tal senso, il punto 6 del relativo Disciplinare di gara, rubricato “ Requisiti generali ”).
La giurisprudenza amministrativa ha, infatti, ripetutamente riconosciuto – in ragione dell’equiparabilità, ai fini dell’esclusione automatica prevista dal citato art. 80, comma 5, lett. f bis ), della dichiarazione omessa (o reticente) rispetto a quella non veritiera – come la mancata menzione di una precedente risoluzione contrattuale, invero esistente, rientri tra quelle dichiarazioni obiettivamente “ false ” idonee a giustificare l’esclusione automatica del concorrente, senza che residuino poteri di apprezzamento in capo alla stazione appaltante, trattandosi di fattispecie “ di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità ” (da ultimo, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 2332/2020).
Ne discende, pertanto, la legittimità dell’esclusione dalla gara pubblica dell’impresa che abbia omesso di dichiarare di essere stata destinataria, in passato, di provvedimenti di risoluzione contrattuale, afferendo il relativo obbligo dichiarativo ai principi di lealtà, diligenza e buona fede che presiedono ai reciproci rapporti delle parti nella disciplina degli appalti pubblici, giustificando la dichiarazione non veritiera - “ per ciò soltanto ” e a prescindere da ogni considerazione sulla fondatezza e gravità dei relativi episodi - l’estromissione dalla gara, non consentendosi, per l’effetto, alla stazione appaltante di svolgere le dovute verifiche circa il possesso dei relativi requisiti di integrità ed affidabilità professionale del concorrente possibile futuro contraente (in tal senso, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione V, n. 3925/2018).
L’operatore economico non può, infatti, sottrarsi all’obbligo informativo - posto a suo carico dall’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 nonché, nel caso di specie, dalla lex specialis di gara - di dichiarare tutte le situazioni suscettibili di integrare una delle cause di esclusione tipizzate, autonomamente valutando la rilevanza dell’episodio di inadempimento o negligenza, essendo il relativo accertamento di esclusiva pertinenza della stazione appaltante (in tal senso, ex multis , Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5171/2019 e Sezione III, n. 6433/2019).
Né il Disciplinare di gara lasciava margini di incertezza in ordine alla portata di siffatto obbligo dichiarativo, ivi espressamente ribadendosi al punto 6 come “ Nel DGUE devono essere dichiarate altresì tutte le fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, del D. Lgs. n. 50/2016 e s.m.i. … (e) in particolare … precisa (ndosi) che … le fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016 sono quelle indicate nelle Linee Guida n. 6/2016 e s.m.i. dell’A.N.A.C., salve le modifiche apportate dal Decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 ”.
Ne discende come alcun rilievo assuma in senso contrario la circostanza che la risoluzione contrattuale di cui si discorre sarebbe stata impugnata innanzi al Tribunale civile di Roma, in ragione della modifica apportata all’art. 80, comma 5, dal d.l. n. 135/2018 (come visto espressamente richiamato nel Capitolato di gara), convertito con modificazioni dalla l. n. 12/2019, che nel sostituire l’originaria lettera “ c) ”, ha, tra l’altro, introdotto la lettera “c ter)” ( ratione temporis applicabile), in forza della quale la stazione appaltante procede all’esclusione de “ l’operatore economico (che) abbia dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili ”, eliminando l’inciso relativo alla risoluzione anticipata “ non contestata in giudizio ”, prima presente all’interno della norma, con la conseguenza che la ricorrente avrebbe dovuto dichiarare la risoluzione ancorché impugnata.
Ugualmente ininfluenti appaiono le argomentazioni svolte dalla Tecninf nell’intento di sostenere la riconducibilità dell’omissione ad un mero errore materiale “ inconsapevole ” e, dunque, “ scusabile ” nonché “ immediatamente rilevabile dalla Stazione appaltante attraverso la predetta “dichiarazione integrativa”, presentata in data 18.11.2019 ”.
Innanzi tutto, non risponde al vero che la ricorrente avrebbe “semplicemente opzionato … (in sede di compilazione del DGUE) la casella con la quale dichiarava di non essersi resa colpevole di gravi illeciti professionali” , avendo la stessa, nella coeva “ dichiarazione integrativa ” del 22 febbraio 2019 (versata in atti dalla Consip e nemmeno mai menzionata dalla Tecninf nelle proprie difese), confermato “di non trovarsi in alcuna delle cause di esclusione dalla partecipazione alle Gare di cui all’Art.80 del D.Lgs. 50/2016 del comma 5 lettere a), b), c), c-bis), c-ter), d), e), f), f-bis), f-ter), g), h), i) l) m)” , in particolare, ivi precisando al relativo punto 4 che - ai sensi della lett. c ter ) - “La Tecninf S.p.A non ha dimostrato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili”.
Ne consegue come, nel caso di specie, la ricorrente, in sede di relativa domanda di partecipazione alla gara, non abbia soltanto contrassegnato, per una mera svita, una piuttosto che un’altra casella del DGUE, bensì reso anche un’esplicita dichiarazione volta a negare la sussistenza di pregresse risoluzioni contrattuali, del tutto conforme alla scelta contestualmente eseguita in sede di compilazione del DGUE, così da rendere inverosimile l’errore materiale immediatamente riconoscibile, invece invocato dalla Tecninf.
Risulta ugualmente smentita anche la circostanza che quest’ultima si sarebbe autonomamente avveduta della svista compiuta nella redazione del DGUE solo in data 7 novembre2019 - allorquando la Consip avrebbe chiesto al concorrente aggiudicatario (RTI Enterprise) di produrre la documentazione a comprova del possesso dei requisiti ai sensi degli artt. 32 e 85, comma 5, del d.lgs. n.50/2016 - e “ immediatamente (attivata) per la regolarizzazione della propria posizione” .
Emerge, infatti, dalla documentazione versata in giudizio dalla resistente, come la falsa dichiarazione rispetto alle risultanze del casellario sia stata contestata dalla Consip già con la richiesta di chiarimenti del 29 marzo 2019 (nota prot. 12531/2019 in atti), che la Tecninf riscontrava con propria missiva dell’8 aprile 2019 (anch’essa in atti), confermando la pregressa risoluzione contrattuale.
La dichiarazione integrativa del 18 novembre 2019 alla quale si riferisce la ricorrente, con cui costei – piuttosto che “ regolarizzare la propria posizione ” come sostenuto dalla difesa della Tecninf – confermava l’esistenza, a suo carico, di un’annotazione risultante dal casellario informatico (già nota alla Consip in ragione, come visto, delle verifiche da costei eseguite) e dalla medesima Consip comunicata alla ricorrente (e non già il contrario) già nel marzo precedente, appare, dunque, irrimediabilmente tardiva e non già resa “ nel pieno rispetto delle tempistiche indicate dalla Stazione appaltante ” (come sostenuto in ricorso), non essendole – a ben vedere – una tale dichiarazione nemmeno mai stata richiesta, essendosi la Consip, con la nota del 7 novembre 2019 (prot. n.40953/2019, in atti), limitata a domandare all’RTI aggiudicatario di segnalare eventuali variazioni dei soggetti che rivestono le cariche di cui all’art.80, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, al fine di acquisire le relative dichiarazioni circa il possesso dei requisiti di moralità professionale, e/o eventuali sopravvenienze rispetto alle dichiarazioni già rese, sicchè deve escludersi che la stazione appaltante, mediante l’invio di tale missiva, abbia voluto consentire la modifica postuma delle dichiarazioni rese dall’aggiudicatario in fase di gara, violando così la par condicio dei concorrenti ed inficiando, per l’effetto, il corretto svolgimento della procedura.
Ne discende, pertanto, come alcuna efficacia esimente o scusante possa assumere la circostanza che un fatto pacificamente ricadente (com’è la pregressa risoluzione di un contratto) all’interno delle cause espulsive di cui all’art. 80, comma 5, lett. c ter ) del d.lgs. n. 50/2016 (nella versione, applicabile alla fattispecie, successiva alle modifiche apportate dal citato d.l. n. 135/2018) sia stata dichiarata alla stazione appaltante dopo che la stessa, di sua iniziativa, aveva già chiesto all’interessato – e da costui ottenuto – chiarimenti in merito.
Quanto sopra anche in applicazione del noto principio di autoresponsabilità, secondo cui chi immette nel traffico giuridico dichiarazioni negoziali è assoggettato agli effetti di esse, secondo il loro oggettivo significato e secondo le normali conseguenze che ne derivano, che - declinato nella presente fattispecie - è da intendersi nel senso che chi renda dichiarazioni non veritiere all’amministrazione, non possa, poi, dolersi delle relative conseguenze che derivino dalle stesse una volta scoperte in sede di controllo successivo (in tal senso, da ultimo, T.A.R. Lazio, Roma sez. II, n. 5436/2020).
“ Le procedure di affidamento di contratti pubblici rispondono a specifici canoni di “economicità, efficacia, tempestività e correttezza” dell'azione amministrativa e di “parità di trattamento” dei concorrenti ” ai quali è “ intrinseca, nell'interesse generale ”, l’“ esigenza di sicurezza giuridica ” sull’impresa spontaneamente partecipante alla procedura, i cui “ requisiti di moralità debbono apparire, alla stazione appaltante, ab origine certi e inequivoci ”, con la conseguenza che “ in relazione a questi principi si impone ai concorrenti di dichiarare tutti i fatti e i dati che possono rilevare ai fini del giudizio di affidabilità morale spettante alla stazione appaltante ” sicché essi “ sono onerati di verificare in via preventiva, cioè prima di formulare l'offerta in sede di gara, ogni circostanza che possa ostare all’aggiudicazione del contratto ”(in tal senso, T.A.R. Campania, Salerno, Sezione I, n. 409/2017).
Né, infine, rileva il fatto che la circostanza taciuta dalla Tecninf nella gara in questione sia stata da costei dichiarata in altre procedure di gara bandite dalla stessa stazione appaltante e, perciò solo, già nota a quest’ultima.
Infatti - anche a voler prescindere dalla circostanza che lo stato dei fatti possa radicalmente mutare o evolversi nel passaggio da una gara ad un’altra - ogni procedura deve, comunque, beneficiare di un corredo informativo e documentale messo a disposizione dai concorrenti che risulti, oltre che veridico, completo e aggiornato, osservando il Collegio come sarebbe palesemente contrario ad ogni principio di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa pretendere che una stazione appaltante verifichi la veridicità delle dichiarazioni rese da un operatore nell’ambito di una gara, effettuando complessi controlli incrociati con le dichiarazioni rese dal medesimo operatore in altre procedure, che, peraltro, nel caso della Consip potrebbero essere assai numerose.
È, dunque, all’atto della presentazione dell’offerta che si cristallizza, infatti, lo stato dei fatti e delle circostanze che dà prova della sussistenza dei requisiti di partecipazione a quella specifica gara ed è, pertanto, a quel dato momento – e non in epoche successive o nell’ambito di altre procedure – che deve misurarsi il grado di affidabilità del concorrente.
Nel caso di specie è, invece, accaduto che la ricorrente non abbia fatto menzione alcuna, né nel DGUE, né nella contestuale dichiarazione integrativa del 22 febbraio 2019, del provvedimento risolutivo annotato nel casellario informatico, nonostante fosse indubbio sotto il profilo del perimetro degli oneri dichiarativi tracciato in maniera inequivoca dalla lex specialis di gara, il preciso dovere di dichiararne la sussistenza.
In conclusione, il ricorso deve, quindi, essere respinto, risultando provato agli atti di causa che la ricorrente abbia omesso di menzionare il provvedimento risolutivo di cui all’annotazione a suo carico nel casellario informatico, senza che – per quanto sin qui detto – sia rinvenibile alcuna asserita peculiare circostanza del caso concreto (invece, invocata dalla ricorrente) idonea a far ritenere che la Tecninf sia incorsa in un mero errore materiale.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.