Trib. Napoli, sentenza 17/09/2024, n. 5798
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Testo completo
TRIBUNALE DI NAPOLI
SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice Unico di Napoli in funzione di giudice del lavoro dr. Sergio
Palmieri ha pronunciato all'esito di trattazione ex art. 127 ter c.p.c. la seguente
SENTENZA
Nella causa iscritta al n. R.G. 8013/2024 cui è riunito il procedimento n.
14928/2021
TRA
VE AGOSTINO, difeso dagli avv.ti ANNUNZIATA GAETANO e COZZOLINO
RITA;
RICORRENTE
E
INPS difeso dall'avv. MOSCARIELLO CARMEN;
CONVENUTO
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 03/04/24 la parte ricorrente in epigrafe ha esposto che in data 10/11/20 veniva presentata istanza per l'accertamento sanitario dell'invalidità civile ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni assistenziali spettanti in relazione allo stato di invalidità e alla minorazione riconosciuta, ma che la domanda non ha avuto esito positivo non essendo stata riconosciuta la sussistenza del requisito sanitario alla visita del 11/02/21, all'esito della quale all'istante è stata riconosciuta un'invalidità pari all'80% con riconoscimento della condizione di portatore di handicap ai sensi dell'art. 3 comma 1 l. 104/92.
Esperito il procedimento ex art. 445 bis c.p.c., il c.t.u. concludeva confermando il giudizio espresso in sede amministrativa. Avverso le conclusioni del consulente, veniva depositato atto di dissenso.
Tanto premesso, parte ricorrente ha impugnato l'esito della perizia chiedendo l'accertamento del diritto all'indennità di accompagnamento e della condizione di cui all'art. 3 comma 3 l. 104/92 e la condanna dell'INPS al pagamento dei relativi importi, oltre accessori.
Il procedimento per ATP veniva pertanto riunito al presente, in applicazione analogica dell'art. 274 c.p.c.
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La parte convenuta si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorso in opposizione è infondato.
Va premesso che l'art. 445 bis c.p.c. è stato inserito dall'art. 38, comma
1, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modif., in l. 15 luglio
2011, n. 111. Ai sensi dell'art. 38, comma 2, del d.l. 98 del 2011, cit., la disposizione è entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2012. Il settimo comma, inserito dall'art. 27 della l. 12 novembre 2011, n. 183, ai sensi dell'art. 36 della legge n. 183, cit., ha invece vigore a decorrere dai trenta giorni successivi al 1° gennaio 2012.
Sempre in premessa, va sottolineato che la dichiarata finalità della modifica legislativa è stata quella di «realizzare una maggiore economicità dell'azione amministrativa e favorire la piena operatività e trasparenza dei pagamenti, nonché deflazionare il contenzioso in materia previdenziale, di contenere la durata dei processi in materia previdenziale, nei termini di durata ragionevole dei processi, previsti ai sensi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848» (art.
38 comma 1 d.l. 98/2011 cit.).
Tale, o meglio, tali plurime finalità devono pertanto costituire, ad avviso del giudice adito, i necessari parametri cui deve essere informata
l'interpretazione del testo normativo.
Tanto premesso, la disposizione richiamata stabilisce quanto segue:
«[I]. Nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità, disciplinati dalla legge 12 giugno 1984, n. 222, chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente ai sensi dell'articolo
442 codice di procedura civile., presso il Tribunale nel cui circondario risiede l'attore, istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere.
Il giudice procede a norma dell'articolo 696-bis codice di procedura civile, in quanto compatibile nonché secondo le previsioni inerenti all'accertamento peritale di cui all'articolo 10, comma 6-bis, del decreto- legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge
2 dicembre 2005, n. 248, e all'articolo 195.
[II]. L'espletamento dell'accertamento tecnico preventivo costituisce condizione di procedibilità della domanda di cui al primo comma.
L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che l'accertamento tecnico preventivo non è stato espletato ovvero
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che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dell'istanza di accertamento tecnico ovvero di completamento dello stesso.
[III]. La richiesta di espletamento dell'accertamento tecnico interrompe la prescrizione.
[IV]. Il giudice, terminate le operazioni di consulenza, con decreto comunicato alle parti, fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni, entro il quale le medesime devono dichiarare, con atto scritto depositato in cancelleria, se intendono contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio.
[V]. In assenza di contestazione, il giudice, se non procede ai sensi dell'articolo 196, con decreto pronunciato fuori udienza entro trenta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma precedente omologa
l'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico dell'ufficio provvedendo sulle spese. Il decreto, non impugnabile né modificabile, è notificato agli enti competenti, che provvedono, subordinatamente alla verifica di tutti gli ulteriori requisiti previsti dalla normativa vigente, al pagamento delle relative prestazioni, entro 120 giorni.
[VI]. Nei casi di mancato accordo la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell'ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione.
[VII]. La sentenza che definisce il giudizio previsto dal comma precedente
è inappellabile».
Tenuto conto che il diritto (finale) ad una delle prestazioni previdenziali
o assistenziali elencate al primo comma dell'art. 445 bis c.p.c., ha, di regola, due distinti presupposti, l'uno sanitario, l'altro di carattere reddituale o c.d. socio-economico, il legislatore ha inteso scindere la tutela giurisdizionale, prevedendo, per l'accertamento giudiziale di questi due distinti presupposti, altrettanti giudizi: un primo procedimento, pregiudiziale ed a carattere necessario, previsto ai commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell'art. 445 bis, finalizzato esclusivamente (per le ragioni che si specificheranno di seguito) alla verifica (ovviamente previo scrutinio dell'esistenza di un concreto interesse ad agire per il conseguimento di un diritto: Cass. Sez L Sentenza n. 8932 del 05/05/2015;
Sez L Sentenza n.
8533 del 27/04/2015) delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa che si intende far valere, ed a sua volta suddiviso in due fasi innanzi al medesimo Tribunale (prima fase e fase, eventuale, di opposizione);
un
3 distinto ed autonomo procedimento, previsto ai commi 1 e 2 dell'art. 445 bis, avente ad oggetto il riconoscimento del diritto (finale) alla prestazione cui l'accertamento sanitario era preordinato, da ritenersi esperibile solo una volta che l'accertamento sanitario oggetto del primo procedimento sia divenuto definitivo. Tale secondo giudizio, infatti, secondo quanto prescritto dal legislatore, deve essere necessariamente (a pena di improcedibilità) preceduto da un accertamento tecnico preventivo sul requisito sanitario che costituisce il presupposto clinico (fattuale) del diritto invocato.
E, considerato che nella casistica giurisprudenziale il fattore di maggior conflitto è costituito dalla contestazione in ordine al requisito sanitario, la scissione nei due distinti giudizi deve ritenersi aderente alla ratio deflattiva, nella misura in cui, una volta risolto, con un procedimento snello e di più rapida definizione, il contrasto sul requisito sanitario, nell'ottica legislativa tale definizione è idonea ad impedire
l'ulteriore ricorso alla tutela giurisdizionale, e segnatamente ad impedire
l'attivazione del giudizio ordinario, destinato all'accertamento del diritto “finale”;
fermo restando
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