Trib. Bologna, sentenza 13/06/2024, n. 1740
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Testo completo
R.G. 2448/2024
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA
REPUBBLICA ITALIANA
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa E R, ha emesso la seguente
SENTENZA EX ART. 281 SEXIES C.P.C.
Tra
(C.F. , con il patrocinio dell'avv. LAGHI Parte_1 C.F._1
RICORRENTE e
(C.F. ), - Controparte_1 P.IVA_1 Controparte_2
RESISTENTE/I
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente ha proposto ricorso avverso il provvedimento di rigetto della sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari - emesso dalla di in data 19.09.2023 - per CP_2 CP_2 convivenza con la sorella, cittadina italiana.
La parte resistente, ritualmente convocata in giudizio non si è costituita ed è stata dichiarata la sua contumacia.
L'istruttoria si è svolta con l'acquisizione di documenti e con l'ascolto del ricorrente e della sorella di costui.
All'udienza odierna il giudice ha udito la discussione orale della parte ricorrente ed ha così deciso.
***
Il ricorso merita accoglimento.
L'unico motivo su cui si fonda il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno è costituto dalla pericolosità sociale del ricorrente che si evincerebbe da una sentenza di applicazione pena su richiesta parti per i reati di violenza sessuale e violenza privata a danno di minorenni. Il fatto risulta commesso nel giugno del 2021 e vi è stato il riconoscimento delle circostanze attenuanti per la tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti generiche per l'incensuratezza del ricorrente e per il suo
Pagina 1
comportamento processuale. La pena concordata è di anni 1 e mesi 6 di reclusione, con sospensione condizionale della pena. Non risultano altri precedenti penali né di polizia a carico del ricorrente.
Orbene, preliminarmente, deve, rilevarsi che oggetto del sindacato giurisdizionale sono le ragioni del diniego, non potendo essere accertate cause e condizioni diverse da quelle poste a base del provvedimento amministrativo. Il principio, del tutto consolidato in tema di sanzioni amministrative (Cass. 232 del 2016) e di provvedimenti espulsivi di cittadini stranieri (Cass. 9499 del 2002, 9088 del 2003, 24271 del 2008), deve ritenersi applicabile anche al decreto dedotto in giudizio, non rilevando, ai fini della fondatezza del rilievo di extrapetizione, il fatto che oggetto del giudizio sia il rapporto instaurato con la p.a. e non l'atto in sé. Tale ultima corretta indicazione, infatti, incide soltanto sull'ambito della cognizione del giudice del merito, incontestatamente non limitata alla legittimità formale dell'atto, ma non può condurre ad un accertamento di condizioni di diniego del permesso di soggiorno, trattandosi, in tale ipotesi, dell'esercizio di un potere di accertamento, sostanzialmente sostitutivo di quello proprio della funzione amministrativa. (Così Cass. Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 10/02/2017, dep.07/06/2017), n. 14159).
Ne segue che l'unico rilievo in questa sede lo assume la dedotta pericolosità del ricorrente a nulla rilevando
, tra le altre, la questione della convivenza con la sorella cittadina italiana, sulla quale sono emersi dei dubbi nel corso del processo, rilevati anche dal giudice, ma non messa in discussione dalla P.A..
Ebbene, le circostanza ostative al riconoscimento del permesso di soggiorno ex art. 19 comma 2 TUI sono costituite esclusivamente dai motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato ex art. 13, comma 1 TUI, cui l'art. 19 espressamente rinvia.
Quanto al concetto di sicurezza dello Stato, può farsi riferimento alla definizione contenuta al co. 2 dell'art. 20 d.lgs. 30/2007 precisano che “(2) I motivi di sicurezza dello Stato sussistono quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. Ai fini dell'adozione del provvedimento di cui al comma 1, si tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano per uno o più delitti riconducibili a quelli indicati nel libro secondo, titolo primo del codice penale. (3).
E nel caso di specie va esclusa tale ipotesi.
Quanto alla nozione di “Ordine pubblico” essa non va confusa con quella di “pubblica sicurezza o sicurezza nazionale”, prevista dall'art. 20 d.lgs nr. 30 del 2007, il quale al comma 2 prevede: “I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto, quando ricorrono i comportamenti di cui al primo periodo del presente comma, anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, ovvero di eventuali condanne per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, o di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti o dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere”. Concetto questo, di sicurezza pubblica ripreso anche nell'art. 4 TUI valorizzato dalla questura.
Pagina 2
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, avuto occasione di chiarire che le cause ostative nelle due ipotesi sono diverse.
Nella pronuncia Cass., ord., sez. VI, 07.10.2011, n. 20719 si evidenzia come il «rinvio che l'art. 19, co. 2, del cit. T.U. fa, quale clausola di esonero del divieto di espulsione e del connesso obbligo di rilascio del permesso per coesione familiare D.P.R. n. 394 del 1999, ex art. 28 non modificato dal D.P.R. N. 334 del 2004, all'art. 13, co. 1 del cit. T.U. [...], importa che anche in sede di rinnovo […] del titolo per coesione familiare la ipotesi eccezionale escludente sia quella descritta. […] La situazione ostativa de qua non è equivalente a quelle che, con varie ma ricorrenti formule, adottano le disposizioni dei D.lgs. 30/2007 e D.lgs. n. 32 del 2008 facendo richiamo quali clausole ostative al ricongiungimento, al rinnovo od al rilascio di permessi per ragioni di famiglia al familiare di cittadino comunitario o quali ragioni poste a fondamento dell'allontanamento del cittadino comunitario o del suo familiare (motivi imperativi di pubblica sicurezza o motivi di pubblica sicurezza), essendo ben chiara la differenza, quanto a gravità ed a presupposti della situazione, tra le ragioni di pubblica sicurezza ed i motivi di sicurezza dello Stato o di ordine pubblico », dovendosi tali ultimi motivi intendersi come quelli « afferenti alla pericolosità per la generale convivenza o la sicurezza dello Stato italiano, rappresentate, esemplificando, da un terrorista, un criminale seriale, un criminale inserito nella criminalità organizzata » […], che « soltanto possono giustificare, alla base delle norme richiamate, la espulsione ed il diniego di rinnovo del p.d.s. per straniero convivente » con cittadino italiano. Anche Cass., sez. I, 7.6.2017, n. 14159 afferma chiaramente la non sovrapponibilità della pericolosità richiamata dall'art 19 TU Immigrazione con la pericolosità descritta all'art. 20 d.lgs. 30/07. E nello stesso solco si collocano Cass. ord., sez. VI, 28.6.2018, n. 17070 e Cass. sez. I, ord. 8.10.2018, n. 24739. Quest'ultima pronuncia afferma l'inderogabilità del divieto di espulsione dello straniero convivente con parente entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, stabilito all'art. 19, co. 2, lett. c), TU Immigrazione, anche in sede di rinnovo, salva la sussistenza delle condizioni ostative contenute nell'art. 13, co. 1, del d.lgs. cit., «non essendo sufficiente, a tal fine, invocare i precedenti penali e la frequentazione di pregiudicati, atteso che tali elementi di fatto possono essere idonei ad integrare le ragioni di sicurezza poste a base dei provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario ex art. 20 del d.lgs. 30/2007, ma non le più restrittive condizioni previste nel citato art. 13 (Cass., ord. n.701/18)». E, in effetti, la pronuncia richiamata (Cass. civ., sez. VI, 12-01-2018, n. 701) si esprime proprio in questi termini: “il divieto di espulsione dello straniero convivente con parente entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, stabilito all'art. 19, 2° comma, lettera c), d.leg. n. 286 del 1998, e il conseguente obbligo di rilascio del permesso di soggiorno per coesione familiare, possono essere derogati, anche in sede di rinnovo, esclusivamente se ricorrono le condizioni ostative contenute nell'art. 13, 1° comma, d.leg. cit., consistenti in «motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello stato», oggetto di specifica valutazione del questore in sede di diniego di rilascio e, successivamente, del giudice eventualmente adito, non essendo sufficiente, a tal fine, invocare i precedenti penali e la frequentazione di pregiudicati, atteso che tali elementi di fatto possono essere idonei ad integrare le «ragioni di sicurezza» poste a base dei provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario ex art. 20 d.lgs. n. 30 del 2007, ma non le più restrittive condizioni previste nel cit. art. 13”.
In altre parole, secondo le sopra indicate pronunce, i motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato ex art. 13 TUI e i motivi imperativi di pubblica sicurezza e gli altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza di cui all'art. 20 d.lgs. 30/2007 sono da ricondurre a nozioni di pericolosità di portata differente. La pericolosità sociale ai sensi dell'art. 20 d.lgs. 30/2007 assume tratti di maggior rigore – nel senso che è sufficiente una pericolosità di minore intensità per vedersi respinto il rilascio o il rinnovo o per procedere alla revoca della carta di soggiorno – di quella di cui all'art. 13 TUI. E ciò si spiega, da un lato, con i più ampi benefici ricavabili dal d.lgs 30/2007 e, dall'altro, con il favor riconosciuto al cittadino italiano che, finché non vi siano i più preganti “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato”, può avere accanto a sé il parente entro il secondo grado o il coniuge con lui convivente.
Pagina 3
Così come non sono sovrapponibili le cause di esclusione dell'art. 4 TUI con quelle dell'art. 13. Comma 1, come detto maggiormente stringenti. A ritenere diversamente verrebbe vanificato tutto il ragionamento appena esposto. Ed in effetti l'art. 4, al comma 3, tiene distinte le diverse ipotesi utilizzando la disgiuntiva “o” per cui
“Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale, nonchè dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e dall'articolo 24 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.”
Tornando al caso di specie il ricorrente ha patteggiato una pena ad anni 1 e mesi 6 di reclusione per i reati di violenza sessuale (di tenue gravità) e violenza privata, con sospensione condizionale della pena, e dunque con una prognosi del tutto favorevole sul percorso di risocializzazione. Il ricorrente non ha commesso altri reati, ha seguito un percorso di riabilitazione presso il centro antiviolenza ed è seguito dal
per abuso di alcol. Risulta anche sottoposto ad Amministrazione di sostegno dall'agosto del 2023. CP_3
Il reato dunque non può considerarsi ostativo al rilascio del titolo richiesto.
Il ricorrente poi ha seguito un buon percorso lavorativo, infatti ha frequentato un tirocinio di due anni come falegname presso che ha fatto anche pervenire a questo Tribunale una missiva Controparte_4 in cui si è detto disponibile ad assumere il ricorrente a tempo indeterminato presso il suo laboratorio. La sorella del ricorrente, cittadina italiana, lo segue costantemente e se ne prende cura, come da dichiarazioni dalla stessa rese in udienza. In Marocco il ricorrente non ha legami affettivi, né la possibilità di inserimento lavorativo e di essere seguito nel suo percorso di sostegno. In definitiva la domanda deve essere accolta. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
REPUBBLICA ITALIANA
TRIBUNALE ORDINARIO DI BOLOGNA
REPUBBLICA ITALIANA
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione cittadini UE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa E R, ha emesso la seguente
SENTENZA EX ART. 281 SEXIES C.P.C.
Tra
(C.F. , con il patrocinio dell'avv. LAGHI Parte_1 C.F._1
RICORRENTE e
(C.F. ), - Controparte_1 P.IVA_1 Controparte_2
RESISTENTE/I
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorrente ha proposto ricorso avverso il provvedimento di rigetto della sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari - emesso dalla di in data 19.09.2023 - per CP_2 CP_2 convivenza con la sorella, cittadina italiana.
La parte resistente, ritualmente convocata in giudizio non si è costituita ed è stata dichiarata la sua contumacia.
L'istruttoria si è svolta con l'acquisizione di documenti e con l'ascolto del ricorrente e della sorella di costui.
All'udienza odierna il giudice ha udito la discussione orale della parte ricorrente ed ha così deciso.
***
Il ricorso merita accoglimento.
L'unico motivo su cui si fonda il rigetto della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno è costituto dalla pericolosità sociale del ricorrente che si evincerebbe da una sentenza di applicazione pena su richiesta parti per i reati di violenza sessuale e violenza privata a danno di minorenni. Il fatto risulta commesso nel giugno del 2021 e vi è stato il riconoscimento delle circostanze attenuanti per la tenuità del fatto e delle circostanze attenuanti generiche per l'incensuratezza del ricorrente e per il suo
Pagina 1
comportamento processuale. La pena concordata è di anni 1 e mesi 6 di reclusione, con sospensione condizionale della pena. Non risultano altri precedenti penali né di polizia a carico del ricorrente.
Orbene, preliminarmente, deve, rilevarsi che oggetto del sindacato giurisdizionale sono le ragioni del diniego, non potendo essere accertate cause e condizioni diverse da quelle poste a base del provvedimento amministrativo. Il principio, del tutto consolidato in tema di sanzioni amministrative (Cass. 232 del 2016) e di provvedimenti espulsivi di cittadini stranieri (Cass. 9499 del 2002, 9088 del 2003, 24271 del 2008), deve ritenersi applicabile anche al decreto dedotto in giudizio, non rilevando, ai fini della fondatezza del rilievo di extrapetizione, il fatto che oggetto del giudizio sia il rapporto instaurato con la p.a. e non l'atto in sé. Tale ultima corretta indicazione, infatti, incide soltanto sull'ambito della cognizione del giudice del merito, incontestatamente non limitata alla legittimità formale dell'atto, ma non può condurre ad un accertamento di condizioni di diniego del permesso di soggiorno, trattandosi, in tale ipotesi, dell'esercizio di un potere di accertamento, sostanzialmente sostitutivo di quello proprio della funzione amministrativa. (Così Cass. Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, (ud. 10/02/2017, dep.07/06/2017), n. 14159).
Ne segue che l'unico rilievo in questa sede lo assume la dedotta pericolosità del ricorrente a nulla rilevando
, tra le altre, la questione della convivenza con la sorella cittadina italiana, sulla quale sono emersi dei dubbi nel corso del processo, rilevati anche dal giudice, ma non messa in discussione dalla P.A..
Ebbene, le circostanza ostative al riconoscimento del permesso di soggiorno ex art. 19 comma 2 TUI sono costituite esclusivamente dai motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato ex art. 13, comma 1 TUI, cui l'art. 19 espressamente rinvia.
Quanto al concetto di sicurezza dello Stato, può farsi riferimento alla definizione contenuta al co. 2 dell'art. 20 d.lgs. 30/2007 precisano che “(2) I motivi di sicurezza dello Stato sussistono quando la persona da allontanare appartiene ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, e successive modificazioni, ovvero vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. Ai fini dell'adozione del provvedimento di cui al comma 1, si tiene conto anche di eventuali condanne pronunciate da un giudice italiano per uno o più delitti riconducibili a quelli indicati nel libro secondo, titolo primo del codice penale. (3).
E nel caso di specie va esclusa tale ipotesi.
Quanto alla nozione di “Ordine pubblico” essa non va confusa con quella di “pubblica sicurezza o sicurezza nazionale”, prevista dall'art. 20 d.lgs nr. 30 del 2007, il quale al comma 2 prevede: “I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando la persona da allontanare abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica. Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto, quando ricorrono i comportamenti di cui al primo periodo del presente comma, anche di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona, ovvero di eventuali condanne per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'articolo 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69, o di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i medesimi delitti o dell'appartenenza a taluna delle categorie di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, nonché di misure di prevenzione o di provvedimenti di allontanamento disposti da autorità straniere”. Concetto questo, di sicurezza pubblica ripreso anche nell'art. 4 TUI valorizzato dalla questura.
Pagina 2
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, avuto occasione di chiarire che le cause ostative nelle due ipotesi sono diverse.
Nella pronuncia Cass., ord., sez. VI, 07.10.2011, n. 20719 si evidenzia come il «rinvio che l'art. 19, co. 2, del cit. T.U. fa, quale clausola di esonero del divieto di espulsione e del connesso obbligo di rilascio del permesso per coesione familiare D.P.R. n. 394 del 1999, ex art. 28 non modificato dal D.P.R. N. 334 del 2004, all'art. 13, co. 1 del cit. T.U. [...], importa che anche in sede di rinnovo […] del titolo per coesione familiare la ipotesi eccezionale escludente sia quella descritta. […] La situazione ostativa de qua non è equivalente a quelle che, con varie ma ricorrenti formule, adottano le disposizioni dei D.lgs. 30/2007 e D.lgs. n. 32 del 2008 facendo richiamo quali clausole ostative al ricongiungimento, al rinnovo od al rilascio di permessi per ragioni di famiglia al familiare di cittadino comunitario o quali ragioni poste a fondamento dell'allontanamento del cittadino comunitario o del suo familiare (motivi imperativi di pubblica sicurezza o motivi di pubblica sicurezza), essendo ben chiara la differenza, quanto a gravità ed a presupposti della situazione, tra le ragioni di pubblica sicurezza ed i motivi di sicurezza dello Stato o di ordine pubblico », dovendosi tali ultimi motivi intendersi come quelli « afferenti alla pericolosità per la generale convivenza o la sicurezza dello Stato italiano, rappresentate, esemplificando, da un terrorista, un criminale seriale, un criminale inserito nella criminalità organizzata » […], che « soltanto possono giustificare, alla base delle norme richiamate, la espulsione ed il diniego di rinnovo del p.d.s. per straniero convivente » con cittadino italiano. Anche Cass., sez. I, 7.6.2017, n. 14159 afferma chiaramente la non sovrapponibilità della pericolosità richiamata dall'art 19 TU Immigrazione con la pericolosità descritta all'art. 20 d.lgs. 30/07. E nello stesso solco si collocano Cass. ord., sez. VI, 28.6.2018, n. 17070 e Cass. sez. I, ord. 8.10.2018, n. 24739. Quest'ultima pronuncia afferma l'inderogabilità del divieto di espulsione dello straniero convivente con parente entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, stabilito all'art. 19, co. 2, lett. c), TU Immigrazione, anche in sede di rinnovo, salva la sussistenza delle condizioni ostative contenute nell'art. 13, co. 1, del d.lgs. cit., «non essendo sufficiente, a tal fine, invocare i precedenti penali e la frequentazione di pregiudicati, atteso che tali elementi di fatto possono essere idonei ad integrare le ragioni di sicurezza poste a base dei provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario ex art. 20 del d.lgs. 30/2007, ma non le più restrittive condizioni previste nel citato art. 13 (Cass., ord. n.701/18)». E, in effetti, la pronuncia richiamata (Cass. civ., sez. VI, 12-01-2018, n. 701) si esprime proprio in questi termini: “il divieto di espulsione dello straniero convivente con parente entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana, stabilito all'art. 19, 2° comma, lettera c), d.leg. n. 286 del 1998, e il conseguente obbligo di rilascio del permesso di soggiorno per coesione familiare, possono essere derogati, anche in sede di rinnovo, esclusivamente se ricorrono le condizioni ostative contenute nell'art. 13, 1° comma, d.leg. cit., consistenti in «motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello stato», oggetto di specifica valutazione del questore in sede di diniego di rilascio e, successivamente, del giudice eventualmente adito, non essendo sufficiente, a tal fine, invocare i precedenti penali e la frequentazione di pregiudicati, atteso che tali elementi di fatto possono essere idonei ad integrare le «ragioni di sicurezza» poste a base dei provvedimenti di allontanamento di un cittadino comunitario ex art. 20 d.lgs. n. 30 del 2007, ma non le più restrittive condizioni previste nel cit. art. 13”.
In altre parole, secondo le sopra indicate pronunce, i motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato ex art. 13 TUI e i motivi imperativi di pubblica sicurezza e gli altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza di cui all'art. 20 d.lgs. 30/2007 sono da ricondurre a nozioni di pericolosità di portata differente. La pericolosità sociale ai sensi dell'art. 20 d.lgs. 30/2007 assume tratti di maggior rigore – nel senso che è sufficiente una pericolosità di minore intensità per vedersi respinto il rilascio o il rinnovo o per procedere alla revoca della carta di soggiorno – di quella di cui all'art. 13 TUI. E ciò si spiega, da un lato, con i più ampi benefici ricavabili dal d.lgs 30/2007 e, dall'altro, con il favor riconosciuto al cittadino italiano che, finché non vi siano i più preganti “motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato”, può avere accanto a sé il parente entro il secondo grado o il coniuge con lui convivente.
Pagina 3
Così come non sono sovrapponibili le cause di esclusione dell'art. 4 TUI con quelle dell'art. 13. Comma 1, come detto maggiormente stringenti. A ritenere diversamente verrebbe vanificato tutto il ragionamento appena esposto. Ed in effetti l'art. 4, al comma 3, tiene distinte le diverse ipotesi utilizzando la disgiuntiva “o” per cui
“Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone o che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall'articolo 380, commi 1 e 2, del codice di procedura penale ovvero per reati inerenti gli stupefacenti, la libertà sessuale, il il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'emigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite. Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale, nonchè dall'articolo 1 del decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e dall'articolo 24 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.”
Tornando al caso di specie il ricorrente ha patteggiato una pena ad anni 1 e mesi 6 di reclusione per i reati di violenza sessuale (di tenue gravità) e violenza privata, con sospensione condizionale della pena, e dunque con una prognosi del tutto favorevole sul percorso di risocializzazione. Il ricorrente non ha commesso altri reati, ha seguito un percorso di riabilitazione presso il centro antiviolenza ed è seguito dal
per abuso di alcol. Risulta anche sottoposto ad Amministrazione di sostegno dall'agosto del 2023. CP_3
Il reato dunque non può considerarsi ostativo al rilascio del titolo richiesto.
Il ricorrente poi ha seguito un buon percorso lavorativo, infatti ha frequentato un tirocinio di due anni come falegname presso che ha fatto anche pervenire a questo Tribunale una missiva Controparte_4 in cui si è detto disponibile ad assumere il ricorrente a tempo indeterminato presso il suo laboratorio. La sorella del ricorrente, cittadina italiana, lo segue costantemente e se ne prende cura, come da dichiarazioni dalla stessa rese in udienza. In Marocco il ricorrente non ha legami affettivi, né la possibilità di inserimento lavorativo e di essere seguito nel suo percorso di sostegno. In definitiva la domanda deve essere accolta. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
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