Trib. Palermo, sentenza 23/01/2024, n. 249
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PALERMO
SEZIONE LAVORO
nella persona del Giudice Onorario, Dott.ssa Rosalba Musillami, nella causa n.
1624/2023 del RGL, vertente
TRA
BA CE nato a [...] il [...] cf [...]residente in [...] ed elettivamente dom.to in
Palermo Corso Tukory 278 presso lo Studio dell'Avv. Giovanni Lo Bello e dell'Avv. Teresa Tornambè dai quali è rappresentato e difeso, giusta procura in atti
Ricorrente
CONTRO
INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (C.F.: 80078750587), in persona del suo Presidente, rappresentato e difeso, dall'Avv. Rosaria Ciancimino
e domiciliato presso gli Uffici dell'Avvocatura Distrettuale di Palermo, in
Palermo, via Laurana n. 59.
Resistente
Oggetto: intervento fondo di garanzia L. 297/82
All'udienza del 23.01.2024 ha pronunciato ai sensi dell'art. 429 cpc la seguente
SENTENZA
Il Tribunale, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa, definitivamente pronunciando:
Accoglie il ricorso e condanna l'INPS - Fondo di Garanzia per il t.f.r. - al pagamento in favore di TE CE di € 1.924,04 a titolo di TFR maturato
nei confronti della GESIP S.P.A. in liquidazione, ammesso allo stato passivo della procedura n. 127/2015 del Tribunale Civile di Palermo - Sezione Fallimentare, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dalla maturazione al saldo effettivo.
Condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 850,00, oltre rimborso spese generali 15%, CPA e IVA, come per legge, con distrazione in favore degli Avv.ti Giovanni LO BELLO e Teresa TORNAMBE' ai sensi dell'art. 93 cpc.
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 12.02.2023, parte ricorrente ha convenuto in giudizio
l'INPS chiedendone la condanna, nella qualità di gestore del Fondo di garanzia di cui alla L. n. 297/1982, alla corresponsione del TRF.
Ha esposto a tal fine:
1) di avere prestato attività lavorativa alle dipendenze di Gesip Palermo S.p.A.
2) a seguito della crisi aziendale della società, di essere stato assunto da Re.se.t.
Palermo, società consortile, che aveva acquisito i rami di azienda di GESIP
Palermo S.p.A e di GESIP S.r.l. in liquidazione, e di essere successivamente transitato in AMAT, società anch'essa controllata da Comune di Palermo;
3) di essersi insinuato al passivo della procedura fallimentare n. 127/2015 relativa a e
GESIP Palermo S.p.A. e di essere stato ammesso in privilegio per € 1.924,04;
4) che lo stato passivo è divenuto esecutivo;
5) di avere avanzato istanza di corresponsione del TFR all'INPS, nella misura ammessa al passivo, ma senza ottenere quanto spettante;
6) che anche il ricorso amministrativo al comitato provinciale INPS non ha sortito
l'effetto sperato.
Da qui il ricorso per cui è causa con la richiesta di corresponsione del TFR.
Si è costituta l'INPS che ha chiesto il rigetto del ricorso per difetto di uno dei requisiti fondamentali ovvero la cessazione del rapporto di lavoro.
La causa, senza alcuna attività istruttoria al di fuori dei documenti prodotti dalle parti, viene posta in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti.
* * *
Il ricorso deve essere accolto.
Ai sensi dell'art. 118 disp. att. C.p.c., che al comma 1° dispone che: “La motivazione della sentenza di cui all'articolo 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”, con riferimento al precedente costituito dalla sentenza n. 1053/2023 resa da questo
Tribunale in data 28.3.2023, appresso trascritta :
Il ricorso è fondato e va accolto.
Nel merito, le difese dell'INPS, secondo cui il T.F.R. sarebbe dovuto da parte del cessionario dell'azienda ceduta ex art. 2112 cod.civ., non potendosi all'ipotesi applicare l'art. 47, comma 5, l. n. 428/1990, appaiono infondate.
Va, anzitutto, ricostruito l'istituto della garanzia per il pagamento del T.F.R. da parte del Fondo appositamente istituito presso l'INPS.
Con la Direttiva 80/987CEE le istituzioni comunitarie si posero l'obiettivo di impegnare gli Stati membri ad introdurre disposizioni volte a tutelare i lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati (Considerando n. 1). In attuazione della suddetta Direttiva, la L. 29 maggio 1982, n. 297, recante la disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica, ha previsto all'art. 2 l'istituzione presso l'I.N.P.S. del "fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto" con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso d'insolvenza nel pagamento del trattamento di fine rapporto, di cui all'art.
2120 cod. civ., spettante ai lavoratori o ai loro aventi diritto. Erogata la prestazione, il Fondo ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro e subentra per le somme pagate nel privilegio riconosciuto al credito del lavoratore dagli artt. 2751-bis e 2776 cod. civ..
Successivamente, il d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 80, attuativo, a sua volta, della delega di cui all'art. 48 L. 29 dicembre 1990 n. 428, ha previsto l'intervento del
medesimo Fondo, alimentato finanziariamente mediante aumento dei contributi già corrisposti al Fondo per il trattamento di fine rapporto, per i (diversi) crediti di lavoro relativi agli ultimi tre mesi del rapporto, i quali, peraltro, sono garantiti entro un certo massimale, non sono compatibili con redditi alternativi ricevuti dal lavoratore nello stesso periodo, sono prescrittibili entro il breve termine di un anno e comprendono gli accessori, decorrenti dalla data di presentazione della relativa domanda.
Il Fondo di Garanzia si sostituisce al datore di lavoro, in forza di un accollo cumulativo ex lege, cosicché è tenuto ad erogare il T.F.R. che il datore di lavoro era obbligato a corrispondere, come autorevolmente ritenuto nell'ultimo arresto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, costituito dalla sentenza n.
14220/2002, emessa in sede di nomofilachia, a composizione di contrasto.
Nel medesimo senso, proprio in applicazione di detti principi, la Suprema Corte, con sentenza n. 20664/2007 della Sezione Lavoro, ha ritenuto che il Fondo di
Garanzia è tenuto a corrispondere al lavoratore il T.F.R. come accertato nello stato passivo della procedura concorsuale del datore di lavoro, nell'ambito della quale soltanto l'I.N.P.S. poteva sollevare eccezioni relative all'insussistenza del debito del datore di lavoro. Il Fondo, infatti, quale accollante ex lege, assume in via solidale e sussidiaria la medesima obbligazione (inadempiuta) del datore di lavoro. Pertanto, l'accertamento ed il conseguimento di quanto dovuto dal Fondo medesimo devono passare per il tramite della insinuazione del credito e dei relativi accessori nello stato passivo del fallimento (o altra procedura concorsuale) cui è sottoposto il datore di lavoro (reso esecutivo o divenuto definitivo) nonché per la successiva presentazione al Fondo della domanda di pagamento (trascorso il termine dilatorio di 15 giorni previsto dalla L.
297/1980). Solo con tale sequenza è, infatti, possibile assicurare le esigenze di tutela di creditori e debitori coinvolti e, di conseguenza, l'I.N.P.S. (in quanto gestore del Fondo ed obbligato a sostituirsi al debitore principale) potrà proporre reclamo al Tribunale fallimentare contro i provvedimenti del Giudice
Delegato. Per queste ragioni, conclude la Suprema Corte, “pur non sostituendosi al fallimento (o ad altra procedura concorsuale) del datore di lavoro insolvente il
Fondo di Garanzia –quale accollante ex lege –assume, tuttavia, la medesima obbligazione che risulti definitivamente accertata –a carico del datore di lavoro insolvente, appunto –nel fallimento (o in altra procedura concorsuale) che lo riguardi” (Cass., sez. Lav. n. 20664/2007 cit., nello stesso senso anche Cass., sez.
Lav., n. 10713/2008).
Secondo quanto, poi, stabilito dalla Suprema Corte con la sentenza n. 9231/2010 della Sez. Lav. il diritto del lavoratore alla prestazione del Fondo di garanzia dell'INPS, in caso di insolvenza del datore di lavoro, sorge, ove il credito sia stato accertato nell'ambito della procedura concorsuale, secondo le specifiche regole di quest'ultima, dovendosi ritenere sufficiente a sorreggere la pretesa di pagamento del lavoratore nei confronti del Fondo -in coerenza con i principi comunitari in materia, volti a garantire al lavoratore l'adempimento dei crediti retributivi in caso di insolvenza datoriale -l'avvenuta ammissione del credito al passivo, senza la necessità di una preventiva informazione all'Istituto previdenziale della sussistenza dei presupposti e della misura del credito. Ne consegue che il potere di organizzazione e regolamentazione attribuito dalla legge all'INPS, in riferimento alla determinazione della documentazione da allegare alla domanda del lavoratore, deve essere esercitato secondo criteri di ragionevolezza, così da non vanificare l'esercizio dei diritti riconosciuti al lavoratore. (cfr. massima) (dello stesso avviso anche Cass., Sez. Lav., n.
24231/2014 nonché n. 24730/2015).
A partire, tuttavia, da Cass. n° 19277/2018 e sino alle più recenti Cass. n°
5376/2020 e 4897/21 si è affermato (senza che tuttavia sia mai stato sollecitato sul punto un nuovo intervento delle S.U. in sede nomofilattica) il contrario indirizzo secondo cui l'ammissione del credito per T.F.R. al passivo fallimentare non può vincolare l'I.N.P.S., che è estraneo alla procedura e deve poter
contestare i presupposti per la concreta operatività della regola di intervento del
Fondo.
Il Supremo Collegio ha poi sottolineato (v. Cass. Sez. Lav. 17/10/2018 n° 26021) che l'intervento del fondo di garanzia per la corresponsione del T.F.R. nei casi di insolvenza del datore di lavoro fallito, non è subordinato alla previa escussione degli eventuali obbligati solidali, che siano tenuti, anche solo pro –quota al pagamento del medesimo debito prevedendo la L. n° 297/82 l'accesso diretto