Trib. Taranto, sentenza 21/03/2024, n. 765
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Testo completo
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
TRIBUNALE DI TARANTO
SEZIONE LAVORO
Il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, in composizione monocratica nella persona della
Dott.ssa Maria LEONE, pronuncia fuori udienza la seguente
Sentenza ex art.429 cpc
nella causa per controversia di lavoro promossa da:
AT LU
rappr. e dif. dall'avv. Luca BOSCO e Silvia Bosco
- Ricorrente -
contro
«KY TE S.P.A.» (già “AMIU – AZIENDA MULTISERVIZI E IGIENE URBANA TARANTO” S.P.A.), in persona del legale rappr. pro tempore,
- Convenuto contumace -
e nei confronti di
«”PREVITE” - FO NAZIONALE PENSIONE A FAVORE DEI LAVORATORI DEL SETTORE DELL'IGIENE AMBIENTALE E DEI SETTORI
AFFINI», in persona del legale rappresentante pro tempore,
- Convenuto contumace-
OGGETTO: “VERSAMENTI A FO PREVIDENZIALE COMPLEMENTARE”
Fatto e diritto
Con atto introduttivo depositato il 4.9.23 parte ricorrente ha chiesto al Giudice del Lavoro di
Taranto di accertare e dichiarare l'inadempimento di KY (ex-AMIU) S.p.A. consistito nel ritardato e/o omesso versamento delle quote di contribuzione maturate e trattenute dalla sua retribuzione (100% delle quote di TFR maturate mensilmente, quota di contribuzione a carico del datore, quota di contribuzione opzionale posta a carico del dipendente e ulteriore contributo fisso mensile), in quanto destinate al FO di previdenza complementare denominato
“PREVITE” ex art. 65, commi 7 e 8 CCNL UTILITALIA, per i periodi dettagliati in ricorso;
per l'effetto, condannare la KY (ex-AMIU) S.p.A. al versamento in favore del FO
“PREVITE” della complessiva somma dovuta a titolo di quote di contribuzione omesse a far data dal 31 dicembre 2018, maggiorate di interessi e rivalutazione come per legge;
condannare
altresì la KY (ex-AMIU) S.p.A. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente cagionati ex artt. 1218, 2041 e 2043 c.c., in misura pari al rendimento finanziario che sarebbe stato conseguito qualora le quote di contribuzione fossero state correttamente e tempestivamente versate al fondo di previdenza complementare, ovvero al pagamento della differente somma che verrà ritenuta equa e di giustizia ex art. 1226 c.c., oltre interessi legali e rivalutazione monetaria come per legge;
condannare la KY (ex-AMIU) S.p.A. al pagamento di un'ulteriore somma a titolo risarcitorio, conseguente all'impossibilità di esercitare il diritto di
“anticipazione e riscatto”, da quantificarsi in via equitativa ex art. 1226 c.c. oltre interessi legali e rivalutazione come per legge;
condannare infine le resistenti al pagamento delle spese e competenze legali di causa, da distrarre.
Nessuno si è costituito per le convenute. La causa, istruita documentalmente, è stata discussa e decisa come da infrascritto dispositivo.
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Si precisa che il presente giudizio è soggetto alle nuove regole processuali introdotte con la legge 18 giugno 2009 n° 69, quindi anche alla disciplina relativa alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali di cui al testo novellato dell'art. 118 disp. att. cpc. (cfr. CASS. LAV. 22 MAGGIO
2012 N° 8053 e CASS. LAV. 11 FEBBRAIO 2011 N° 3367). Devono altresì intendersi integralmente richiamati i principî di diritto enucleati dalle SEZIONI UNITE della SUPREMA
CORTE nella SENTENZA N° 642 del 16 GENNAIO 2015, sempre in tema di motivazione (con conseguente assorbimento di tutte le altre questioni, sulla base del principio della c.d. “ragione più liquida” - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. - per il quale si rinvia a CASS. SS. UU. 8 MAGGIO
2014 N° 9936 ed a CASS. SEZ. VI-LAV. 28 MAGGIO 2014 N° 12002). Questo Giudice a tal proposito richiama la sentenza n. 2382 del 2023 del Tribunale di Taranto, che condivide integralmente. La stessa afferma che “In linea generale, in tema di previdenza complementare, questo giudice presta adesione all'orientamento ermeneutico espresso dalla SUPREMA CORTE –
SEZIONE LAVORO nella SENTENZA 28 GIUGNO 2023 N° 18477 (stante l'autorevolezza della fonte da cui promana ed in considerazione della funzione nomofilattica propria della giurisprudenza di legittimità), nei termini di seguito riportati: « … … appare opportuna una ricostruzione essenziale, ai fini strettamente necessari, del quadro normativo, muovendo dall'organica riforma della disciplina delle forme pensionistiche complementari realizzata – nella prospettiva (rispetto alla previgente contenuta nel d.lgs. 124/1993, in attuazione della legge delega
n. 421/1992) di un'armonizzazione e razionalizzazione complessiva del settore – dal d.lgs.
252/2005, sulla base della legge delega n. 243/2004, sorretta dall'obiettivo dichiarato di
“incrementare l'entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari” (art. 1,
lett. e). In particolare, l'art. 1, primo comma, d.lgs. 252/2005 afferma la finalità di integrare, appunto in via complementare, i trattamenti erogati dal sistema obbligatorio pubblico, in modo da
“assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”;
in realtà, esso conferma la finalità già prevista dall'art. 3, lett. v) legge n. 421/1992, rimasta invariata nella formulazione e valorizzata dalla Corte costituzionale, che ha sottolineato come detta finalità renda evidente la scelta legislativa di istituzione di un collegamento funzionale tra previdenza obbligatoria e complementare, collocando questa “nel sistema dell'art. 38 Cost.” (Corte cost. 28 luglio 2000, n.
393, in adesione alla cd. teoria della “funzionalizzazione della previdenza complementare”, già affermata da Corte cost. 8 settembre 1995, n. 421, sulla base della natura, oltre che della funzione, prettamente previdenziale dei fondi pensione).
8.1. Come già evidenziato da questa Corte,
“caratteristica peculiare della previdenza complementare, ancorché funzionalizzata, è l'autonomia.
Ciò si trae principalmente dalle previsioni, secondo cui: “L'adesione alle forme pensionistiche complementari ... è libera e volontaria” (art. 1, secondo comma d.lgs. cit.) e “Le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari”, nella varia modulazione negoziale collettiva e regolamentare stabilita dall'art. 3, primo comma d.lgs. cit., “stabiliscono le modalità di partecipazione, garantendo la libertà di adesione individuale” (art. 3, terzo comma). In estrema sintesi ed esclusivamente ai fini qui d'interesse, la disciplina delle forme pensionistiche complementari ne stabilisce un finanziamento attuabile mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e attraverso il conferimento del T.f.r. maturando (art. 8, primo comma). Esse costituiscono risorse che i fondi di pensione gestiscono secondo le modalità previste dall'art. 6 e provvista per le prestazioni erogate a norma dell'art. 11.
A temperamento della rigidità degli effetti conseguenti alla scelta di adesione al fondo previsti dall'art. 11 (che vincola la partecipazione individuale fino alla maturazione, a norma del secondo comma, dei requisiti per la riscossione delle prestazioni pensionistiche, salva la previsione statutaria o regolamentare del fondo della possibilità di riscatto della posizione individuale ai sensi dell'art. 14, co. 1;
con facoltà di ottenere anticipazioni della posizione individuale maturata, a norma del settimo comma dell'art. 11) e in funzione incentivante la partecipazione dei lavoratori,
l'art. 14, co. 6 prevede la “portabilità” dell'intera posizione individuale, ossia la facoltà del suo trasferimento ad un'altra forma, così potendo essi scegliere le più convenienti opportunità di impiego nel risparmio previdenziale. La questione più delicata … è indubbiamente quella del conferimento del T.f.r., che comporta l'adesione alle forme pensionistiche complementari, nella duplice modalità espressa o tacita (art. 8, settimo comma, lett. a), b). Ed infatti, nell'ipotesi di insolvenza del datore di lavoro che abbia provveduto ad accantonare il T.f.r. conferito al fondo di previdenza complementare, senza tuttavia versarlo, si pone il problema di individuare, nell'ambito
del rapporto associativo tra lavoratore e fondo, intermediato dal datore di lavoro quale debitore delle quote tempo per tempo maturate, il soggetto che abbia diritto ad insinuare allo stato passivo la pretesa creditoria – tenuto anche conto della previsione di intervento del Fondo di Garanzia dell'NP, a norma dell'art. 5, secondo comma d. lgs. 80/1992, nel caso di omissione contributiva del datore di lavoro soggetto a procedura concorsuale” (Cass. 15 febbraio 2019, n. 4626, in motivazione sub p.ti 3.2, 3.3).
8.2. Una successiva pronuncia di questa Corte, in tema di fondi pensione complementari, ha ritenuto che le regole civilistiche dettate in tema di delegazione di pagamento e di sua revoca sarebbero incompatibili con la disciplina speciale stabilita dal d.lgs.
252/2005, essendo demandata agli statuti dei fondi, a norma dell'art. 14 d.lgs. cit., l'individuazione delle modalità di trasferimento ad altre forme pensionistiche, nonché di riscatto totale e parziale. E ciò, sulla base dei richiamati principi enunciati da un autorevole arresto di legittimità (Cass. S.U. 9 marzo 2015, n. 4684), per cui, con riferimento al periodo precedente la riforma introdotta dal d.lgs.
124/1993, i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno
– a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione – natura previdenziale e non retributiva;
sicché, non sussistono i presupposti per l'inserimento dei suddetti versamenti nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro. E con la conseguenza che, prestata l'adesione al fondo, non ne sarebbe consentita la revoca, ma solo la cessazione per il venir meno dei presupposti ed il trasferimento ad altra previdenza complementare;
salvo, in ogni caso, il diritto del lavoratore al risarcimento del danno nei confronti del datore di lavoro che abbia trascurato di versare in tutto o in parte i contributi, qualora detto inadempimento si