Trib. Bari, sentenza 20/05/2024, n. 2033
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale di BARI
Sezione Lavoro
Il Tribunale di Bari, Sezione Lavoro, in persona del Giudice Dott.ssa M L T, all'udienza del 20 maggio 2024, ha pronunciato la seguente
SENTENZA contestuale ex art. 429 c.p.c.
nella causa di lavoro di I grado iscritta sul ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d'ordine
227 dell'anno 2023
TRA
nato a [...] il [...], rappresentato e difeso dall'avv. TEDESCHI Parte_1
F e dall'avv. N T ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Bari, alla via Calefati, n. 350
– Ricorrente –
CONTRO
in persona dell'institore, avv. Controparte_1 CP_2
, rappresentata e difesa dall'avv. L A e dall'avv. N N ed
[...]
elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Bari, alla via Amendola, n. 170/5
– Resistente –
FATTO E DIRITTO
con ricorso depositato in data 05.01.2023, lamentava, in veste di dipendente della Parte_1
con qualifica di Capo Stazione (par. 165 Controparte_1 Org_1
autoferrotranvieri) sino al 01.01.2018, il mancato riconoscimento nel calcolo della retribuzione
relativa ai giorni di ferie usufruiti e la conseguente mancata percezione dei compensi maturati a titolo di diarie e trasferte, indennità di disponibilità, fuori nastro, indennità di produttività, indennità giornaliera, premio di produttività, indennità ordinaria notturna, lavoro straordinario, ore di scorta, indennità di presenza, indennità aziendale e interessenze.
Il ricorrente, pertanto, chiedeva la condanna della resistente al pagamento delle relative somme a titolo di differenze retributive, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese.
La si costituiva in giudizio, sollevando Controparte_1
eccezione di giudicato su domanda avente il medesimo oggetto ed avanzata innanzi al TAR Lecce, chiedendo il rigetto della domanda in quanto infondata in fatto e diritto ed eccependo la prescrizione dei crediti eventualmente maturati sino al 13.07.2017.
All'odierna udienza la causa veniva discussa e il Giudice decideva come da sentenza contestuale.
Il ricorso è parzialmente fondato.
Preliminarmente, l'eccezione di giudicato sollevata dalla società resistente non è risultata fondata, perché all'udienza di discussione la resistente ha osservato di essere stata indotta in errore dall'omonimia con altro dipendente a nome e, pertanto, non si pone alcun Parte_1
problema di giudicato.
Ciò posto, venendo al merito della controversia, occorre brevemente riepilogare la normativa di riferimento.
Ai sensi del combinato disposto dell'art. 36 Cost., art. 2109, comma 1 e 2, c.c. e art. 10, d.lgs. n. 66 del 2003 il prestatore di lavoro ha diritto al riposo settimanale e ad un periodo annuale di ferie retribuite, al quale non può rinunziare;
analogamente, l'art. 31, n. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea prevede che ogni lavoratore abbia diritto ad una limitazione della durata massima del lavoro ed a periodi di riposo giornalieri e settimanali ed a ferie annuali retribuite, per le quali, ai sensi dell'art. 7 della direttiva n. 88/2003/CE, ogni Stato può attivarsi e assume le misure necessarie affinché possano corrispondere ad almeno quattro settimane all'anno
(secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali).
Stante l'indicato contesto normativo, va evidenziato che la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha dapprima chiarito che “l'espressione
Giustizia UE sez. i, 16.3.2006, n. 131, conf. Corte Giustizia UE Grande Sezione, 20.1.2009, n. 350).
La Corte di Giustizia (15.09.2011, C-155/10, c. BA) è nuovamente intervenuta in materia, Per_1
rimarcando che il diritto alle ferie annuali retribuite deve essere considerato un principio particolarmente importante del diritto sociale comunitario.
In tale contesto, come precisato dall'avvocato generale al par. 90 delle conclusioni, si deduce che la retribuzione delle ferie annuali deve essere calcolata, in linea di principio, in modo tale da coincidere con la retribuzione ordinaria del lavoratore;
un'indennità determinata a un livello appena sufficiente ad evitare un serio rischio che il lavoratore non prenda le sue ferie non soddisfa le prescrizioni del diritto dell'Unione.
Infatti, tanto la direttiva 2003/88 quanto l'accordo europeo prevedono solamente una tutela minima del diritto alla retribuzione delle lavoratrici e dei lavoratori durante le ferie annuali. Nessuna disposizione del diritto dell'Unione osta a che gli Stati membri, oppure, se del caso, le parti sociali, si spingano oltre la tutela minima del lavoratore, garantita dalla normativa dell'Unione, e prevedano il mantenimento di tutti gli elementi della retribuzione complessiva che gli spettano durante il periodo di lavoro (cfr., sentenza P, cit., punto 63).
O, quando la retribuzione percepita dal lavoratore è composta da diversi elementi (si pensi ad una retribuzione strutturata in un importo fisso annuo e in supplementi variabili correlati alla tipologia ed alla natura di mansioni svolte ed al tempo impiegato per il loro svolgimento), per determinare tale retribuzione ordinaria e, di conseguenza, l'importo cui ha diritto il lavoratore durante le ferie annuali, è necessario svolgere un'analisi specifica.
Sebbene la struttura della retribuzione ordinaria di un lavoratore di per sé ricada nelle disposizioni e prassi disciplinate dal diritto degli Stati membri, essa non può incidere sul diritto del lavoratore di godere, nel corso del suo periodo di riposo e di distensione, di condizioni economiche paragonabili
a quelle relative all'esercizio del suo lavoro. Pertanto, qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro, compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva, deve essere preso in considerazione ai fini dell'ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali. Viceversa, gli elementi della retribuzione complessiva diretti
esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie, che sopravvengano in occasione dell'espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore (come le spese connesse al tempo che un lavoratore è costretto a trascorrere fuori sede), non devono essere presi in considerazione nel calcolo dell'importo da versare durante le ferie annuali.
A questo riguardo, è compito del giudice nazionale valutare il nesso intrinseco tra gli elementi che compongono la retribuzione complessiva e l'espletamento delle mansioni affidate al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro. Questa valutazione deve essere svolta in funzione di una media su un periodo di riferimento giudicato rappresentativo.
Ciò precisato, occorre aggiungere che, oltre agli elementi precedentemente descritti, anche quelli correlati allo status personale e professionale del lavoratore devono essere mantenuti durante le ferie annuali retribuite (il caso, sul quale si è pronunciata la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, era quello di una responsabile di cabina in una compagnia aerea assegnata temporaneamente, a causa della gravidanza, ad un posto a terra, alla quale è stato riconosciuto nel corso dell'assegnazione il diritto al mantenimento di elementi della retribuzione o integrazioni collegati al suo status professionale;
pertanto, le integrazioni collegate a qualità di superiore gerarchico, anzianità e qualifiche professionali devono essere mantenute – cfr. sentenza 01.07.2010, causa C-
471/08, P).
Pertanto, come ribadito da CGUE, 22.05.2014, C-539/12 (accertato il diritto di un lavoratore a veder computato nella retribuzione “feriale” non solo lo stipendio base ma anche l'importo delle provvigioni fissate con riferimento ai contratti conclusi dal datore di lavoro che derivano da vendite realizzate da tale lavoratore), gli elementi retributivi correlati a status personale e professionale, qualità di superiore gerarchico, anzianità, qualifiche professionali vanno riconosciuti anche nel periodo feriale.
La giurisprudenza europea riportata è stata recepita anche a livello nazionale da Cass. civ., sez. lav.,
17.05.2019, n. 13425: costituisce compito del giudice di merito valutare, in primo luogo, il rapporto di funzionalità o nesso intrinseco (cfr. CGUE, 15 settembre 2011, e a., C – 155/10, cit., Per_1
punto 26) tra i vari elementi che compongono la retribuzione complessiva del lavoratore e le mansioni ad esso affidate in ossequio al suo contratto di lavoro e, dall'altro, interpretate ed applicate le norme pertinenti del diritto interno conformemente al diritto dell'Unione, verificare se la retribuzione corrisposta al lavoratore, durante il periodo minimo di ferie annuali, sia corrispondente
a quella fissata, con carattere imperativo ed incondizionato, dall'art. 7 della direttiva 2003/88/CE.
È altresì da tener presente che la giurisprudenza di legittimità è giunta a questa svolta europea dopo aver affermato, per lungo tempo, che, attesa l'inesistenza nell'ordinamento di un principio di onnicomprensività della retribuzione, la competenza a stabilire le componenti della retribuzione feriale, così come di ogni altra voce retributiva, spetta alla contrattazione collettiva (cfr. ex multis,
Cass. civ., sez. lav., 12.11.2018, n. 28937;
Cass. civ., sez. lav., 30.10.2017, n. 25760;
Cass. civ., sez. lav., 21.05.2012, n. 7987;
Cass. civ., sez. lav., 17.10.2001, n. 12683).
Tanto premesso, il punto fermo da cui partire non può che essere il principio di diritto (CGUE
15.09.2011) secondo il quale un lavoratore ha diritto, durante le sue ferie annuali, non solo al mantenimento dello stipendio di base ma anche, da un lato, agli