Trib. Lecce, sentenza 13/03/2024, n. 818
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Testo completo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI LECCE
Il Giudice del Lavoro L H B ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n.7255.2021 R.A.C.L., promossa da:
Parte_1
Con il proc. Avv. Carlino
CONTRO
Controparte_1
Avv. Pinca
Inps
avvocatura
Parte ricorrente ha adito, in data 1.7.21 questo Giudice, chiedendo dichiararsi che ha lavorato alle dipendenze di parte avversa dall'1.6.14 al 12.6.17 e dal 27.3.18 al 16.11.19 con prestazione resa dal lunedì al sabato con orario 3,30\10,30 e quindi il proprio credito di euro 84709,89 a titolo di differenze retributive, lavoro straordinario, 13ma, ferie, festività non fruite, lavoro notturno e tfr oltre che di euro 100,00 per la redazione dei conteggi con conseguente condanna di parte avversa al pagamento di quanto dovuto ed alla regolarizzazione della posizione contributiva ed al risarcimento del danno in relazione ai contributi prescritti;
il tutto con vittoria di spese di lite.
All'uopo espone come, a dispetto dei contratti di lavoro part time stipulati, abbia lavorato nei suddetti termini verso un compenso mensile di euro 400,00 quale addetto alla
lavorazione e cottura di alimenti (liv. A3 ccnl panifici-artigianato);
di essere stato licenziato con effetto dal 16.11.19.
Fissata l'udienza di discussione, si è costituita la ditta convenuta lamentando la inesistenza della notifica e comunque l'infondatezza del ricorso di cui chiede il rigetto;
il tutto con vittoria di spese da distrarsi alla difesa antistataria.
Evidenzia come, in relazione al primo rapporto di lavoro (5.6.14\31.5.17, con inquadramento al liv. B4 ccnl in quanto addetto alla consegna) parte avversa abbia Org_ sottoscritto , con l'assistenza del sindacato verbale di transazione;
come in relazione al secondo rapporto di lavoro (27.3.18\16.11.19 -quale fornaio panificatore liv.
a1-) il ricorrente né abbia effettuato vendita al banco, né prestato attività notturna in quanto detta ditta non inizia le attività prima delle 5,00;
come il ricorrente abbia lavorato dall'1.4.19 al 16.11.19 con orario 8,30\10,30 e per il resto conformemente al contratto di assunzione ed alle buste paga in atti;
come parte ricorrente abbia conseguito indennità di disoccupazione già a giugno 2017;
come le buste paga siano quietanzate;
come la notifica sia stata effettuata irritualmente in mancanza di indicazione del tipo di firma utilizzata su ricorso e procura ed in difetto di attestato di conformità sul decreto di fissazione di udienza;
lamenta: la inammissibilità del ricorso per intervenuta transazione in relazione al primo rapporto di lavoro;
l'infondatezza della domanda avendo parte avversa lavorato sempre per 30 ore settimanali con inizio alle 5 di mattino e solo per 12 ore settimanali da aprile 2019 sino alla cessazione del rapporto di lavoro.
Premesso che l'inesistenza della notifica ricorre, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell'atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un'attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità
[Cass. civ. Sez. V Sent., 15/04/2022, n. 12411 ] e rilevato che quanto lamentato da parte resistente non integra ipotesi di inesistenza della notifica, sicchè la costituzione della stessa comunque vale a sanare qualsiasi nullità ex art.156 cpc per raggiungimento dello scopo, valga quanto segue.
In relazione alla domanda di condanna alla regolarizzazione della posizione contributiva, si deve osservare come in passato si sia ritenuto che il lavoratore sia legittimato attivo in relazione alla domanda di condanna alla regolarizzazione della posizione contributiva
[Cass. civ., 7/5/1983, n. 3144].
Successivamente si è affermato che l'interesse del lavoratore al versamento dei contributi previdenziali di cui sia stato omesso il pagamento integra un diritto soggettivo alla posizione assicurativa, che non si identifica con il diritto spettante all'Istituto previdenziale di riscuotere il proprio credito, ma è tutelabile mediante la regolarizzazione della propria posizione. Ne consegue che il lavoratore ha la facoltà di chiedere in giudizio
l'accertamento dell'obbligo contributivo del datore di lavoro e sentirlo condannare al versamento dei contributi (che sia ancora possibile giuridicamente versare) nei confronti dell'ente previdenziale, purché entrambi siano stati convenuti in giudizio, atteso il
carattere eccezionale della condanna a favore di terzo, che postula una espressa previsione, restando altrimenti preclusa la possibilità della condanna del datore di lavoro al pagamento dei contributi previdenziali a favore dell'ente previdenziale che non sia stato chiamato in causa [Cass., Sez.
6 - L, Ordinanza n. 14853 del 30/5/2019;
Cass.,
Sez. L, Sentenza n. 19398 del 15/9/2014].
La soluzione della Corte di legittimità, tuttavia, nel ribadire la legittimazione del lavoratore ad agire, sposta il nodo problematico dal profilo della ammissibilità della domanda di condanna a favore di un terzo e della legittimazione alla stessa a quello della integrità del contraddittorio.
Invero, si deve ritenere che tra datore di lavoro, lavoratore ed ente previdenziale non sia configurabile un rapporto trilatero, ma tre rapporti bilaterali;
ne consegue che deve escludersi la sussistenza di una situazione di litisconsorzio necessario con l'ente previdenziale in relazione alla domanda con la quale il lavoratore avanzi pretese di contenuto contributivo nei confronti del datore di lavoro [Cass. Sez. L, Sentenza n. 12213 del 3/7/2004];
sicchè la partecipazione al giudizio di Inps di per sé non vale a giustificare la ammissibilità della domanda né, d'altro canto, la sua assenza a minare la stessa.
Nel rispetto della funzione nomofilattica della Corte Suprema di Cassazione, è stata quindi disposta la integrazione del contraddittorio nei confronti di Inps che si è costituita chiedendo, in caso di soccombenza del resistente, la relativa condanna al versamento della contribuzione dovuta.
In relazione al primo rapporto di lavoro, valga quanto segue.
È in atti verbale di transazione tra il ricorrente (qualificatosi operaio addetto alle consegne
e con assistenza sindacale ) e parte resistente del 29.3.18 in relazione al rapporto di lavoro intercorso dal 5.6.14 al 31.5.17 a titolo di differenze retributive, straordinario, gratifica natalizia, ferie, festività, mensilità aggiuntive, tfr, una tantum con quietanza liberatoria.
Ebbene, l'art.2113 c.c. recita come è noto quanto segue. “Rinunzie e transazioni.
[I]. Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.
[II]. L'impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
[III]. Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la
volontà.
[IV]. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e 411 del codice di procedura civile.”
Il datore di lavoro, che, al fine di contestare la pretesa del lavoratore, intenda valersi di una rinuncia o transazione da questo non tempestivamente impugnata ai sensi dell'art.
2113 c.c., deve eccepire, a rigore, non la decadenza del lavoratore dal diritto di chiedere le sue eventuali spettanze ma l'improponibilità della domanda del lavoratore per intervenuta rinuncia o transazione non tempestivamente impugnata. Tale eccezione - che configura un'eccezione in senso stretto non perfettamente coincidente con quella (avente anch'essa natura di eccezione in senso stretto) di decadenza del lavoratore dal diritto d'impugnare la rinuncia e la transazione - va proposta, ai sensi dell'art. 416, commi 2 e 3
c.p.c. ed a pena di decadenza rilevabile anche d'ufficio, con la memoria difensiva, la quale, a parte la formulazione dell'eccezione stessa, deve comunque specificamente indicare il negozio (di rinuncia o di transazione) dal quale derivi quell'improponibilità, il cui documento (sempre a pena di decadenza) va depositato contestualmente alla memoria anzidetta, previa sua indicazione nella medesima, non essendo sufficiente, in mancanza di ciò, la mera contestualità del deposito e non essendo lo stesso documento suscettibile di successiva produzione come mezzo probatorio "precostituito" [Cassazione civile , sez. lav., 19 gennaio 1995, n. 552].
La qualificazione di indisponibilità (o meglio di limitata disponibilità) dei diritti del lavoratore, in quanto derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti e accordi collettivi, non dipende dalla loro natura retributiva o risarcitoria né riguarda solo le situazioni soggettive derivanti dalla lesione di diritti fondamentali della persona, essendo