CGARS, sez. I, sentenza 2022-05-23, n. 202200615

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Sul provvedimento

Citazione :
CGARS, sez. I, sentenza 2022-05-23, n. 202200615
Giurisdizione : Consiglio Di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana
Numero : 202200615
Data del deposito : 23 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2022

N. 00615/2022REG.PROV.COLL.

N. 01015/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1015 del 2021, proposto dall’ -OMISSIS-di Polizia di Stato, -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati D P, G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero Interno - Dip. P.S. Polizia di Stato, Questore di Caltanissetta, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato presso la cui sede distrettuale sono domiciliati ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 2210/2021;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Interno - Dip. P.S. Polizia di Stato e di Questore di Caltanissetta;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza n. 651/2021 del 12/11/2021;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2022 il Cons. M I e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1.Giunge alla decisione l’appello avverso la sentenza n. 2210/2021, del TARS –Palermo, che ha respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento del Capo della Polizia nr. -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 31 marzo 2021, con il quale è stato disposto il trasferimento del ricorrente, per motivi di opportunità ed incompatibilità ambientale, dalla Questura di Caltanissetta – Commissariato di P.S. di -OMISSIS- - alla Questura di Messina.



2. Il ricorrente eccepiva violazione e falsa applicazione di legge (art. 55 del DPR 24/4/1982 n. 335;
legge 104/92) ed eccesso di potere sotto molteplici profili.



3. I fatti sottesi al provvedimento possono essere sintetizzati nella circostanza che a seguito di perquisizioni domiciliari, che hanno avuto risalto nella stampa, “ sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro da parte dei militari della Guardia di Finanza operanti numerosi device e svariati supporti informatici, documentazione cartacea manoscritta su pagamenti, carta di credito e bancomat intestata ad una terza persona, un cospicuo numero di orologi di notevolissimo valore economico (tra cui tre Rolex), circa 40.000 euro in contanti ed una macchinetta conta banconote ”.



4. Il TAR ha respinto il ricorso, sulla base, in primo luogo della ratio dell’istituto, rinvenibile nell’esigenza di tutelare il prestigio ed il corretto funzionamento degli uffici pubblici e garantire la regolarità e continuità dell'azione amministrativa. Con la conseguente necessità di eliminazione della causa obiettiva e dei disagi che derivano dalla presenza del dipendente presso un determinato ufficio. E ciò, viene sottolineato, a prescindere dall’imputabilità al dipendente stesso di eventuali profili soggettivi di colpa nelle vicende che hanno determinato tali disagi, e a prescindere dagli esiti penali o disciplinari dei relativi procedimenti a suo carico. Dirimente è stato considerato dal Giudice di prime cure l’ampia discrezionalità di cui è dotata l’Amministrazione in materia, sindacabile solo per illogicità manifesta e travisamento dei fatti.



5. La sentenza è stata gravata con l’appello in epigrafe e contestuale istanza ex art. 98 c.p.a.



5.1. Con ordinanza n. 651/2021 del 12/11/2021 l’istanza cautelare è stata respinta per mancanza del necessario fumus boni iuris .



5.1. Si è costituita l’Amministrazione appellata con memorie difensive.



6. L’appello affidato a quattro motivi di ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.



6.1. Con il primo motivo l’appellante stigmatizza la sentenza che non ha accolto il motivo di ricorso che lamentava la violazione dell’art. 55 del d.P.R. n. 335 del 24/4/1982, e, segnatamente dei commi 3 e 4, i quali, prevedono che l’amministrazione, nel disporre il trasferimento deve tener conto delle esigenze di servizio, delle situazioni di famiglia, nonché del servizio già prestato in sedi disagiate e che tale trasferimento può essere disposto quando la permanenza del dipendente nella sede nuoccia al prestigio dell'Amministrazione o si sia determinata una situazione oggettiva di rilevante pericolo per il dipendente stesso, o per gravissime ed eccezionali situazioni personali.

Nel caso in esame, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’odierno appellante ha evidenziato che il provvedimento impugnato in prime cure non esterna in alcuna maniera quale siano state le condotte lesive perpetrate in danno dell’istituzione pubblica e non specifica nemmeno quale incompatibilità ambientale sopravvenuta si sia venuta a creare tale da legittimarne il trasferimento. Affermando altresì che non essendo stata data pubblicità ai fatti che hanno dato luogo alla perquisizione, nessun pregiudizio può esserne derivato per il prestigio dell’Amministrazione appellata.

La censura è infondata.

Alla base del provvedimento impugnato sono le condotte contestate al ricorrente, emerse nell’ambito di un indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Brescia, che ha avuto ampio risalto all’interno e all’esterno dell’ambito lavorativo, anche per le plurime perquisizioni domiciliari cui è stato sottoposto lo stesso nel proprio domicilio e negli altri immobili nella sua disponibilità (in -OMISSIS-) che hanno reso di dominio pubblico la vicenda in parola, così da recare grave nocumento per l’immagine e il prestigio della Polizia di Stato.

In particolare, a seguito della perquisizione “ sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro da parte dei militari della Guardia di Finanza operanti numerosi device e svariati supporti informatici, documentazione cartacea manoscritta su pagamenti, carta di credito e bancomat intestata ad una terza persona, un cospicuo numero di orologi di notevolissimo valore economico (tra cui tre Rolex), circa 40.000 euro in contanti ed una macchinetta conta banconote ”.

Come correttamente posto in luce dal provvedimento impugnato e dalla relazione del Questore, gli elementi probatori raccolti, al di là del loro rilievo penale, sono di per sé idonei a gettare ombre sulla figura del ricorrente, e ciò in considerazione del fatto che il riconosciuto (da parte del medesimo) possesso di denaro e oggetti di valore è “ oggettivamente equivoco ”, e mal si coniuga con l’immagine pubblica di trasparenza, rettitudine e imparzialità che devono connotare la figura di ogni appartenete alla Polizia di Stato, lasciando sottintendere - nell’ipotesi più favorevole al ricorrente - l’esercizio di professioni che sono comunque incompatibili con quella del poliziotto (e secondo l’accusa contigue al malaffare).

Di nessun rilievo, inoltre, ai fini della decisione sull’appello in epigrafe, è la circostanza evidenziata dall’appellante, circa il mantenimento attuale di buoni rapporti con colleghi e superiori gerarchici. Ugualmente non rileva il fatto che il GIP del Tribunale di -OMISSIS- abbia disposto il 20/5/2021 il dissequestro della quasi totalità dei beni con conseguente restituzione all’avente diritto, inferendone con ciò il ricorrente di avere fornito prova della lecita provenienza dei beni sottoposti a sequestro. Correttamente il Giudice di primo grado ha rilevato la preclusione ad ogni indagine nel merito dell’effettuata valutazione (dell’Amministrazione in primo luogo, e a fortiori dell’A.G. penale), sottolineando, altresì, come le ragioni del parziale dissequestro si basino sulla circostanza che trattandosi di sequestro probatorio, il GIP abbia ritenuto di mantenerlo per alcuni beni destinati, appunto, a primarie esigenze probatorie, mentre ha ritenuto di revocarlo per altri beni (il denaro e altri beni mobili) per i quali il sequestro non poteva qualificarsi come probatorio “ dovendo operare per tali beni - il cui sequestro, non già disposto ai fini della prova, è finalizzato alla confisca - la più corretta qualificazione di sequestro preventivo ”.

Va altresì sottolineato come il provvedimento in oggetto non abbia natura sanzionatoria, ma sia essenzialmente finalizzato a tutelare il prestigio dell’Amministrazione. In un recente parere del 19.05.2021 (n.1511) il Consiglio di Stato, ha in primo luogo confermato la natura ampiamente discrezionale di cui gode l’Amministrazione quando dispone il trasferimento per incompatibilità ambientale, ai sensi dell’art. 55, comma 4, d.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, sicchè le ragioni di opportunità che giustificano tale tipologia di trasferimenti, proprio per questa ragione, non necessitano nemmeno di una particolare motivazione. Il giudice chiamato a valutare la legittimità di tali provvedimenti, deve infatti “ limitarsi al riscontro dell’effettiva sussistenza della situazione di incompatibilità venutasi a creare nonché della proporzionalità del rimedio adottato per rimuoverla (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 18 ottobre 2019, n. 7088;
Sez. IV, 22 marzo 2019, n. 1533;
per quanto riguarda i militari Sez. IV, n. 239 del 2018
)” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 7562/2020).

In detto parere il Supremo Consesso ha altresì confermato che “ la misura del trasferimento di ufficio non ha carattere disciplinare ed i fatti che ne determinano l’adozione non necessariamente devono costituire illecito disciplinare e/o penale ovvero essere il frutto di azioni od omissioni addebitabili al soggetto trasferito. Ciò che, invece, si intende tutelare attraverso il trasferimento per incompatibilità ambientale è il prestigio dell’amministrazione ed il buon andamento dell’attività della medesima, che possono essere pregiudicati tanto da comportamenti di singoli, quanto da situazioni non addebitabili, sul piano soggettivo, a dolo o colpa del dipendente (che al limite potrebbe subire azioni di terzi);
situazioni che, tuttavia – per una valutazione complessiva del contesto in cui si collocano uno o più episodi ovvero di un clima generale che pregiudica l’efficacia dell’azione amministrativa – determinano, come misura organizzativa preferibile, l’allontanamento del dipendente dalla sua attuale sede di servizio. In tal senso, quindi, la misura del trasferimento per incompatibilità ambientale può tanto essere determinata da fatti privi di rilevanza disciplinare e/o penale ovvero convivere con il procedimento disciplinare e/o penale, laddove i fatti presi in considerazione integrino tali tipologie di illecito e siano addebitabili al dipendente
” (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2330/2021). Con la conseguenza che “ ai fini dell'adozione di un provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale non è significativa l'origine della situazione venutasi a creare, nel senso che questa può prescindere da ogni giudizio di rimproverabilità della condotta all'interessato, essendo sufficiente che il prestigio dell'Amministrazione sia messo in pericolo (da ultimo, Cons. Stato Sez. III, n. 3784 del 2018)”.

Dirimente è, va ribadito, quanto affermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, nella materia in argomento, competono all'Amministrazione “ ampi e penetranti poteri discrezionali, sindacabili da parte del Giudice Amministrativo unicamente ab externo, in relazione ai noti vizi di grave e manifesta illogicità, travisamento dei fatti ed incompletezza della motivazione, rimanendo esclusa ogni indagine del merito dell'effettuata valutazione ” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 4251/2020)”.

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