Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-05-11, n. 202002952
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Testo completo
Pubblicato il 11/05/2020
N. 02952/2020REG.PROV.COLL.
N. 06063/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6063 del 2019, proposto dalla società Immobiliare UT a r.l. già Immobiliare UT s.n.c. di IZ GA e IZ SA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Annarosa Corselli, Carlo Luigi Scrosati e Luigi Giuseppe Scrosati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nicola Lais in Roma, via Giovanni Nicotera 29;
contro
il Comune di Busto Arsizio, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Antonietta Carra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri n. 5;
per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV n. 3007/2019, resa tra le parti;
Visto il ricorso per revocazione con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Busto Arsizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 - svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020 – il consigliere Silvia Martino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso n. 3061 del 2016, proposto davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, la s.r.l. Immobiliare UT chiedeva l’esecuzione della sentenza resa dal medesimo TAR, n. 1907 del 18 luglio 2013, (confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 1683 del 31 marzo 2015, sentenza -a sua volta- impugnata con ricorso per revocazione, dichiarato inammissibile con sentenza della sez. IV, n. 4586 del 2 novembre 2016), nella parte in cui aveva accolto «… l’istanza di condanna al risarcimento del danno, come in motivazione …», mediante determinazione della somma dovuta, ai sensi del combinato disposto degli artt. 34 e 112 e seguenti del c.p.a..
1.1. Il TAR, con la sentenza n. 1237 del 9 maggio 2018:
a) accoglieva il ricorso per l’ottemperanza e, per l’effetto, determinava il risarcimento del danno in euro 270.850,93;
b) disponeva che, su tale somma, fossero calcolati gli interessi e la rivalutazione monetaria, dal dovuto al saldo, secondo quanto statuito dalla sentenza dello stesso TAR n. 1907 del 18 luglio 2013;
c) condannava il Comune di Busto Arsizio a pagare le spese per la verificazione (da liquidare con separato decreto) e le spese di lite (liquidate in euro 4.000,00, oltre oneri fiscali, previdenziali e spese generali); nonché a rifondere alla ricorrente le spese anticipate per il pagamento del contributo unificato;
3. La sentenza veniva appellata in via principale, dal Comune di Busto Arsizio e, in via incidentale, dall’Immobiliare UT.
4. Il Collegio d’appello, ha accolto, nei limiti di cui in motivazione, entrambi gli appelli.
5. La sentenza - oggetto dell’odierno ricorso per revocazione - si fonda sui seguenti snodi logico – argomentativi e fattuali:
a) la sentenza del TAR Milano n. 1907 del 2013 (confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1683 del 2015), ha accertato e dichiarato la responsabilità del Comune di Busto Arsizio per la condotta di materiale reiterazione del vincolo sostanzialmente espropriativo, senza la previsione del relativo indennizzo, e, per l’effetto, ha condannato il medesimo Comune al risarcimento del danno “ sulla base dell’indennizzo che avrebbe dovuto essere previsto da parte dei provvedimenti che hanno apposto sull’area il vincolo di sostanziale natura espropriativa di cui si discute, nonché aggiungendo a tale somma gli interessi e la rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo ”;
b) il medesimo TAR Milano, con la sentenza n. 3702/03, resa tra le parti nell’ambito del (diverso) giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del P.R.G., nella formulazione finale derivante dalla delibera regionale di approvazione n. VI/29298 del 12 giugno 1997, aveva - per un verso - ritenuto il vincolo apposto dalla nuova variante giustificato ed adeguatamente motivato e, per un altro verso, annullato il PRG in ragione della (sola) illegittimità del protrarsi dei vincoli, qualificati di natura espropriativa, senza la previsione dell’indennizzo (“… la destinazione assegnata alle aree dell’istante sembra costituire reiterazione di un vincolo espropriativo (introdotto con la strumentazione del 1975 e riproposto con la variante 1984-87)… ”;
c) la prima apposizione del vincolo non era stata oggetto di impugnazione, sicché la medesima era divenuta inoppugnabile;
d) l’impugnazione della nuova variante al P.R.G. del 1975, era stata accolta soltanto limitatamente alla condotta di reiterazione del vincolo, in assenza del correlativo indennizzo, e non già in relazione alla condotta, in sé, di apposizione del vincolo, ritenuta –invece- legittima;
e) ciò significa che la somma spettante al privato, deve corrispondere all’indennizzo che il bene immobile avrebbe potuto ottenere, secondo il valore derivante dalla destinazione urbanistica vigente al (e successivamente al) 1975;
f) la base per il calcolo dell'indennizzo, pertanto, deve tenere conto della classificazione non edificabile dei suoli;
g) sulla somma così calcolata, vanno computati gli interessi e la rivalutazione, “ dal dovuto al saldo ”, e perciò dalla data di adozione della deliberazione comunale del 1984, con cui è stato per la prima volta reiterato il vincolo espropriativo, e fino all’effettivo soddisfo (19.11.1984-2.4.1997 per i lotti 1 e 2 e 19.11.1984-10.11.1993 per il lotto 3).
6. Nel ricorso per revocazione, la società Immobiliare UT sostiene che la sentenza resa in sede di appello avrebbe omesso di percepire il contenuto materiale degli atti del giudizio decidendo sulla base di un falso presupposto di fatto, elemento decisivo della decisione da revocare.
Questi gli errori che sarebbero stati compiuti (par. 9 della sentenza revocanda):
1) lett. d): “ l’impugnazione della nuova variante al p.r.g. del 1975, è stata accolta soltanto limitatamente alla condotta di reiterazione del vincolo, in assenza del correlativo indennizzo, e non già in relazione alla condotta, in sé, di apposizione del vincolo, ritenuta –invece- legittima ”.
Il P.R.G. che è stato annullato per mancanza di indennizzo non è il P.R.G. 75/78, ma il P.R.G. 90/97;