Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-06-26, n. 201904401
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 26/06/2019
N. 04401/2019REG.PROV.COLL.
N. 06421/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6421 del 2018, proposto da
-OMISSIS- (già -OMISSIS-), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Lima 7 - Interno 7;
contro
Provincia di Caserta, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente risarcimento danni da revoca dei contributi a seguito di interdittiva antimafia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2019 il Cons. P U e udito per la parte appellante l’avvocato P I;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La società odierna appellante, operante nel settore dell’allevamento zootecnico bufalino, aveva ottenuto dalla Provincia di Caserta, mediante decreto n. -OMISSIS-, la concessione di un finanziamento di euro 509.258,44 per l’ammodernamento dell’azienda agricola, nell’ambito del P.O.R. Campania 2000/2006, Sottomisura 4.8, e l’erogazione di un’anticipazione per euro 203.703,38;
2. Sopravvenuta in data 13 marzo 2006 un’informazione antimafia interdittiva della Prefettura di Caserta nei confronti della società, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 490/1994, la Provincia di Caserta, ha prima preavvisato (prot. n. -OMISSIS- in data 22 marzo 2006) e poi disposto la revoca del finanziamento (prot. -OMISSIS- in data 22 giugno 2006), con restituzione della parziale somma erogata, maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria.
3. In data 12 gennaio 2010 la Prefettura di Caserta ha adottato una nuova interdittiva nei confronti della società, ed il Commissario di Governo per l’emergenza brucellosi negli allevamenti bufalini in provincia di Caserta, con provvedimento n. -OMISSIS-, ha negato alla società la liquidazione dell’indennizzo in precedenza concesso a fronte dell’abbattimento coatto di circa 500 capi bufalini.
4. Il ricorso della società volto all’annullamento della revoca del finanziamento disposta dalla Provincia di Caserta, unitamente alle presupposte interdittive, è stato accolto dal TAR Campania, III, n. -OMISSIS- (poi confermata in appello, da Cons. Stato, III, n. -OMISSIS-).
5. Con sentenza di questa Sezione n. -OMISSIS-, in riforma della sentenza del TAR del Lazio n. -OMISSIS-, è stato disposto l’annullamento dell’interdittiva del 12 gennaio 2010 e del diniego di indennizzo n. -OMISSIS- e l’Amministrazione è stata condannata al risarcimento del danno.
6. La società aveva intanto chiesto al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere la condanna della Provincia di Caserta al risarcimento dei danni che assume prodotti dalla revoca del finanziamento, ma il Tribunale ha declinato la giurisdizione con sentenza n. -OMISSIS-.
La società ha quindi riassunto il giudizio risarcitorio dinanzi al TAR Campania.
7. Il TAR Campania, con la sentenza oggi appellata (n. -OMISSIS-), ha respinto il ricorso.
Il TAR ha ritenuto che non sussista la responsabilità risarcitoria della Provincia di Caserta, sottolineando in particolare che, alla luce delle argomentazioni delle (succitate) pronunce che hanno riguardato le interdittive in questione:
- la revoca poggiava sulla sussistenza di elementi che avevano, al momento dell’emanazione dell’atto, un indubbio rilievo;
- la mancanza di un’autonoma valutazione discrezionale nell’adottare la revoca non assurge ad elemento in grado di fondare di per sé stesso la responsabilità risarcitoria, in mancanza di elementi da cui argomentare che il beneficio avrebbe dovuto essere sicuramente conservato e che questo sia stato sottratto all’interessato non altrimenti che per effetto dell’attività provvedimentale della Provincia di Caserta.
8. Nell’appello, la società ribadisce (e quantifica anche in memoria) di aver subito danni finanziari diretti - a titolo di costi dello scoperto di conto corrente necessario a sopperire al contributo (305.555,06), interessi su mancato pagamento contributo (436.721,09) e interessi su ristrutturazione mutuo ipotecario (152.661,64), per complessivi euro 894.937,39 al 31 dicembre 2016 - oltre a danni morali e materiali derivanti dalle conseguenze della condotta dell’Amministrazione - per mancanza di credibilità, iscrizione alla Centrale Rischi, deterioramento dei rapporti con banche e fornitori, e calo del fatturato - per almeno euro 500.000,00.
A dimostrazione di dette cifre, richiama la documentazione versata in atti (perizia e perizia integrativa Taglialatela;tabelle di riepilogo, etc.).
Chiede comunque che venga disposta CTU su ulteriori danni recenti, nonché prova testimoniale (indicandone i nominativi: sigg. -OMISSIS- e -OMISSIS-, non meglio qualificati).
9. Per contestare le argomentazioni del TAR, l’appellante prospetta che:
- il TAR ha confuso l’interdittiva e il relativo annullamento con la revoca del contributo, atto non dovuto bensì discrezionale;non ha tenuto adeguatamente conto di tale discrezionalità, e, pur ammettendo la carenza istruttoria e motivazionale, ha autocostruito l’istruttoria che avrebbe potuto e dovuto compiere la Provincia di Caserta;
- dalla sentenza di annullamento dell’interdittiva e della revoca (TAR Campania n. -OMISSIS-) risulta evidente che il conseguente dovere di riesercizio del potere riguardava la Prefettura di Caserta, non la Provincia, con la conseguenza della reviviscenza della concessione del contributo (come del resto esplicitamente affermato dalla sentenza n. -OMISSIS-);
- quanto alla asserita non dimostrazione della spettanza del bene della vita, il contributo era stato già riconosciuto alla società e dunque la sua spettanza non era dubbia, in assenza di alcuna nuova valutazione antimafia interdittiva, ovvero del riscontro di irregolarità o carenza di requisiti diversi;
- la totale mancanza di istruttoria determina la colpa dell’Amministrazione, poiché il doveroso approfondimento avrebbe probabilmente evitato la revoca del contributo.
Ripropone anche (mediante mero richiamo, che si salda alle premesse sopra sintetizzate) i motivi rimasti assorbiti in primo grado, concernenti il quantum debeatur .
10. Né la Provincia di Caserta, né il Ministero dell’interno si sono costituiti in giudizio.
11. Il Collegio deve anzitutto supporre che il ripristino dell’erogazione del contributo (la prima tranche, a suo tempo restituita alla Provincia da parte del fideiussore, e la seconda tranche, rimasta bloccata dalla revoca), ancorché indicato nell’appello, sia nelle more avvenuto, dato che non se ne fa menzione nelle memorie con cui l’appellante ha quantificato il danno oggetto di pretesa.
Resta dunque da definire la pretesa al risarcimento del danno derivante alla società dalla mancata tempestiva disponibilità del contributo causata dalla revoca, poi annullata.
12. Non sussistono la confusione e l’arbitraria ricostruzione dell’istruttoria da parte del giudice di primo grado, lamentati dall’appellante.
La sentenza appellata ha correttamente qualificato come discrezionale la valutazione spettante alla Provincia di Caserta a valle dell’interdittiva sopravvenuta alla concessione del contributo, e, ai fini del riscontro della sussistenza degli elementi costitutivi della responsabilità risarcitoria correlata all’esercizio illegittimo del potere amministrativo, ha considerato i ristretti margini di valutazione e gli elementi disponibili e rilevanti ai fini dell’esercizio del potere, per concludere che la scelta di revocare non potesse ritenersi illogica, e comunque non comportasse una responsabilità risarcitoria in capo alla Provincia.
13. La doglianza dell’appellante si risolve pertanto nella tesi secondo la quale, viceversa, una valutazione della Provincia di Caserta approfondita e motivata, riguardo alla scelta tra la revoca ed il mantenimento del contributo, avrebbe “probabilmente” evitato la revoca.
14. E’ utile riassumere il quadro normativo del potere demandato all’Amministrazione in presenza di una interdittiva sopravvenuta.
Ai sensi dell’art. 4, comma 6, del d.lgs. 490/1994 (nonché dell’art. 10, comma 2, del d.P.R. 252/1998), applicabili ratione temporis alla presente controversia, in presenza di un’informazione interdittiva, “le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni dal prefetto, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni” (e soltanto per i lavori o forniture di somma urgenza, qualora l’interdittiva intervenga successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto, l'amministrazione interessata “può” revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite).
L’art. 11 del d.P.R. 252/1998, prevede, per l’ipotesi in cui il termine per il rilascio delle informazioni antimafia ivi previsto sia inutilmente decorso, che “le amministrazioni procedono anche in assenza delle informazioni del prefetto. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni … sono corrisposti sotto condizione risolutiva e l'amministrazione interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti …”.
Oggi, l’art. 94 del d.lgs. 159/2011, dispone che le Amministrazioni, in presenza di un interdittiva, “non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni” (comma 1);qualora l’interdittiva sopraggiunga alla stipula del contratto, “revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite” (comma 2);mentre “non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l'opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell'interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi” (comma 3).
15. Occorre poi considerare che, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Sezione, l'adozione dell'interdittiva antimafia esclude che un imprenditore, pur essendo dotato di adeguati mezzi economici e di una altrettanto adeguata organizzazione, meriti la fiducia delle istituzioni, non potendo conseguentemente essere titolare di rapporti contrattuali con le predette Amministrazioni, né destinatario di titoli abilitativi da queste rilasciati, né ancora essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo (cfr. tra le altre, Cons. Stato, III, n. 1553/2019, n. 6707/2018, n. 4922/2018, n. 2231/2018).
E’ stato sottolineato che già con riferimento alla disciplina preesistente, la giurisprudenza aveva chiarito la portata della discrezionalità dell’amministrazione, evidenziando che la facoltà di revoca o di recesso dal contratto di appalto nell’ipotesi in cui gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, consiste in una specificazione della più generale fattispecie della sopravvenienza in corso di rapporto di elementi incompatibili con il prosieguo della sua esecuzione (cfr. Cons. Stato, III, n. 1401/2018). E che, posto che la stazione appaltante non può sindacare il contenuto dell'informativa prefettizia, nell’evidente intenzione del legislatore di sfavorire le infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici doveva già intendersi come limitata la facoltà dell’amministrazione di consentire la prosecuzione del rapporto contrattuale, al solo fine di tutelare l'interesse pubblico attraverso una valutazione di convenienza in relazione a circostanze particolari. In tal senso il preesistente dato normativo era interpretato nel senso di rinvenire un contenuto precettivo assai simile a quello che emerge da un'interpretazione del nuovo dato normativo di cui al d.lgs. n. 159/2011. Così che anche nel vigore della previgente disciplina risultava uno spazio assai esiguo di esercizio del potere discrezionale in capo alla stazione appaltante (cfr. idem, nonché, III, n. -OMISSIS-, e V, n. 4467/2013, ivi citt.).
16. Dunque, per quanto esposto, in caso di sovvenzioni (contributi), di fronte ad un’interdittiva sopravvenuta, non sussisteva neanche quel limitato margine di valutazione discrezionale dell’inopportunità della revoca consentito per garantire l’esecuzione dei contratti di appalto.
17. Può aggiungersi che, anche a voler applicare in senso estensivo le previsioni normative, ritenendo in particolare che l’art. 11, comma 2, del d.P.R. 252/1998, consentisse una valutazione della fondatezza dell’interdittiva e dell’incidenza della revoca sulla situazione del soggetto destinatario del contributo, risulterebbe comunque corretta la valutazione del TAR sulla insussistenza, nei confronti della Provincia di Caserta, di tutti gli elementi della responsabilità risarcitoria.
Nella materia, infatti, non possono valere i principi elaborati in sede comunitaria secondo i quali una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione (cfr. CGUE, III, 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz).
Viceversa, la valutazione sulla responsabilità dell’Amministrazione non può prescindere da un’indagine sull’esistenza o meno del profilo soggettivo del dolo o della colpa, come avviene per i provvedimenti di prevenzione antimafia tipici dell’ordinamento nazionale (che si collocano al di fuori della procedura ad evidenza pubblica ed attengono a profili di prevenzione - cfr. sulla natura dell’informativa, Cons. Stato, III, n. 1743/2016) di cui costituiscono stretta conseguenza.
Nella prospettiva delineata, va considerato che:
- l’interdittiva del 2010 è stata annullata dal TAR Campania (sent. n. -OMISSIS-) sostanzialmente perché la Prefettura non aveva tenuto conto dei rilevanti elementi emersi successivamente alla prima interdittiva del 2006 (in particolare, necessitando di ulteriori approfondimenti la conferma dell’interdittiva, in considerazione della prescrizione dei reati a carico dei soggetti coinvolti, dichiarata con sentenza del 2 febbraio 2007);
- la stessa sentenza adduce che gli elementi esistenti al 2006 avessero diverso rilievo, tanto da indurre il TAR ed il Consiglio di Stato a respingere all’epoca la tutela cautelare, ritenendo ragionevolmente valutati gli elementi indiziari alla base dell’interdittiva antimafia originaria (cfr. TAR Campania, n. 3454/2006-ord. e Cons. Stato, VI, n. 5544/2007-ord. - quest’ultima con specifica motivazione sulla carenza del presupposto del fumus boni juris: “Ritenuto che l’informativa antimafia risulta assistita da una ragionevole e coerente valutazione degli elementi indiziari in atti in coerenza con la funzione cautelare di prevenzione anticipata assolta dalla normativa in subiecta materia”);
- la sentenza n. -OMISSIS- ha annullato i provvedimenti con espressa salvezza della riedizione del potere, affermando espressamente “il dovere di riesercizio, da parte della Prefettura di Caserta, della funzione di prevenzione antimafia, alla stregua dei canoni di giudizio enunciati nella presente sentenza”.
Gli elementi sopra ricordati dimostrano che, anche supponendo la possibilità di sindacare l’effetto interdittivo e non disporre la revoca del contributo, quanto meno la scelta della Provincia di Caserta sarebbe riconducibile ad un errore scusabile.
18. Le considerazioni esposte conducono al rigetto dell’appello, ed alla conferma, con motivazione parzialmente diversa, della sentenza appellata.
19. Nulla per le spese del grado di giudizio, in assenza di costituzione di controparte.