Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-13, n. 201804922

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-08-13, n. 201804922
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201804922
Data del deposito : 13 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/08/2018

N. 04922/2018REG.PROV.COLL.

N. 08463/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8463 del 2012, proposto dalla Regione Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P F A e -OMISSIS- Gullo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G T in Roma, viale Giulio Cesare, n. 61, interno 7;

contro

Il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S D F in Roma, viale delle Milizie, n. 34;

nei confronti

Il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Calabria – Sezione distaccata di Reggio Calabria, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la revoca di contributi e il recupero di somme a seguito di una interdittiva antimafia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS- e del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2018 il Cons. G P e uditi per le parti l’Avvocato Giuseppe Maria Toscano, su delega dichiarata dell’Avvocato -OMISSIS- Gullo, e l'Avvocato dello Stato Alfonso Peluso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Nel giudizio di primo grado n. -OMISSIS-del 2012, l’appellato impugnava il " decreto di revoca con recupero della somma erogata (prot. -OMISSIS- - repertoriato al n. -OMISSIS-del 24.10.2011) misura 112 - 121 PSR Calabria 2007/2013, emesso dalla Regione Calabria - Dipartimento n. 6 Agricoltura Foreste e Forestazione, il 24.10.2011 e notificato al ricorrente in data 15.11.2011 ";
nonché la " nota (prot. -OMISSIS-- 2011 del 20.6.2011) resa dalla Prefettura di Reggio Calabria con la quale comunicava il carattere interdittivo dell'informativa, riguardante la ditta -OMISSIS--OMISSIS--OMISSIS-;(. . .) ".

2. Esponeva l’interessato di aver presentato una domanda di contributo per l’insediamento di giovani agricoltori (PSR Calabria 2007/2013);
precisava che gli era stata comunicata la concessione del contributo, dapprima - con nota del 18 giugno 2010 - nella misura di €. 35.000,00, relativa alla Misura 112;
quindi - con nota del 3 agosto 2010 - nella misura di ulteriori €. 102.293,07, riferita alla Misura n. 121. Egli aggiungeva che, successivamente, l'Amministrazione aveva proceduto a richiedere, ai sensi dell'art. 10 del d.P.R. n. 252/1998, alla Prefettura UTG di Reggio Calabria, con nota del 27 settembre 2010, l’informazione antimafia;
che in data 20 giugno 2011 era stata comunicata l’informativa interdittiva da parte della Prefettura di Reggio Calabria;
e che, a seguito di tale comunicazione, era stato avviato, da parte della Regione, il procedimento di revoca del contributo, conclusosi con lo sfavorevole provvedimento impugnato innanzi al T.

3. L’interessato affidava il proprio gravame a tre motivi di doglianza, stando ai quali:

- l'Amministrazione regionale non avrebbe dovuto richiedere l'informativa prefettizia, in quanto il contributo concesso al ricorrente era inferiore all'importo indicato dalla normativa di settore;

- la Regione non aveva compiuto un'autonoma valutazione sulla base degli elementi indicati nell'informativa prefettizia;

- quest’ultima risultava carente nella motivazione, non essendo adeguatamente esplicata la rilevanza oggettiva dei sottesi riscontri indiziari.

4. Si costituiva in giudizio la Regione Calabria, opponendosi alle istanze avversarie e precisando, in punto di fatto, che:

a) nella domanda di aiuto n. -OMISSIS- inoltrata al SIAN (Sistema Informatico Agricolo Nazionale), la ditta aveva richiesto un contributo totale di €. 177.984,06 che solo dopo la fase istruttoria aveva subito dei tagli;

b) l'Amministrazione, con nota del 27 giugno 2011, aveva comunicato, ai sensi della legge 241/90, l'avvio del procedimento di revoca del contributo, nel corso del quale il ricorrente aveva formulato le proprie controdeduzioni con nota del 10 agosto 2011.

5. Con la sentenza di primo grado n. -OMISSIS-del 2012, il T per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria:

a) accoglieva il primo motivo, ritenendo che, al fine della formulazione della richiesta di informativa, occorre avere riguardo alla somma concessa piuttosto che a quella richiesta;

b) dichiarava assorbiti il secondo e il terzo motivo, osservando tuttavia che, valutando l'informativa acquisita come "atipica", l’Amministrazione " avrebbe potuto tenere in considerazione gli elementi conoscitivi contenuti nell'informativa nell'ambito di una più ampia attività istruttoria, valutandola autonomamente e motivatamente prima di assumere le proprie conclusive determinazioni" .

I provvedimenti impugnati venivano quindi annullati dal T " nei limiti di cui in motivazione, facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell'Amministrazione regionale" .

6. Il conseguente appello della Regione Calabria è affidato ai seguenti motivi:

I) a dire della parte appellante, la sentenza non chiarisce per quale ragione, al fine di fissare il valore dell'affare amministrativo, occorra aver riguardo, piuttosto che all’importo richiesto nella domanda, alla somma ammessa al contributo. La norma applicata, nella sua formulazione letterale (e nell’impiego del termine “ valore ”, da riferirsi all’affare amministrativo nel suo complesso, piuttosto che alla “ somma ” in concreto corrisposta), non consente siffatta interpretazione e la soluzione accolta dal T risulterebbe confliggente anche con i generali principi di certezza e di buon andamento dell’azione amministrativa, dovendosi altrimenti sempre attendere la fase finale della rendicontazione (nella quale non è infrequente la esclusione di alcune delle spese esposte) per verificare in concreto l'ammontare delle somme da corrispondere e la conseguente applicazione del d.P.R. n. 252/1998;

II) la sentenza sarebbe erronea anche nella parte in cui esclude radicalmente che l'Amministrazione, nel caso in cui si tratti di erogazioni di valore inferiore ad €. 154.937,07, possa richiedere l'informativa antimafia. In senso opposto a tale esegesi della norma depongono sia argomenti letterali (l'espressione " non è comunque richiesta ", utilizzata dall'art. 1 del regolamento di cui al d.P.R. n. 252/1998, non è posta in termini di "divieto");
sia argomenti sistematici (l'interesse alla prevenzione di pubblica sicurezza è prevalente sull'interesse privato alla erogazione del contributo);

III) è ritenuto erroneo anche l’assorbimento del terzo motivo di censura, in quanto l'attività provvedimentale in concreto posta in essere dalla Regione appare del tutto sovrapponibile al paradigma del procedimento amministrativo richiesto in caso di informativa atipica sicché, anche ragionando in questa specifica prospettiva, il T avrebbe dovuto riconoscere la sussistenza dei presupposti di sostanza e di forma per la conservazione del provvedimento impugnato, in quanto emesso con idonea motivazione e a seguito del rituale contraddittorio procedimentale con la parte interessata.

Inoltre la statuizione del T si appaleserebbe intrinsecamente contraddittoria nella parte in cui, per un verso, ritiene di annullare anche l'informativa e, per altro verso, ne assume la conservazione con valutazione demandata all'Amministrazione appellante.

7. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e il sig. -OMISSIS-, il primo con memoria di stile e il secondo con un più articolato atto difensivo, con il quale:

- ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per genericità delle relative censure;

- ha contestato la correttezza degli assunti posti a fondamento della sentenza del T, con riguardo al calcolo della soglia di valore e alla facoltà dell’amministrazione di richiedere l’informativa anche in difetto dell’importo minimo di legge;

- ha nuovamente censurato l’assenza di un’autonoma valutazione da parte della Regione delle risultanze contenute nella informativa atipica, e la conseguenza mancanza di adeguata motivazione sulla necessità di dover revocare il finanziamento concesso, pur trattandosi di valutazione richiesta nelle c.d. informative atipiche.

8. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 24 luglio 2018.

DIRITTO

1. L’appello è fondato e va accolto.

2. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla parte appellata, la quale lamenta che l’appello rechi censure eccessivamente generiche.

In proposito, per l'art. 101, 1º comma, Cod. proc. amm., il ricorso in appello deve contenere specifiche doglianze contro i capi della sentenza gravata, posto che l'oggetto del giudizio è costituito da quest'ultima, e non dal provvedimento impugnato in primo grado (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 21 aprile 2015, n. 2015): nondimeno, nel caso di specie, la Regione appellante ha formulato, in termini puntuali e specifici, una complessiva e generalizzata censura alle valutazioni espresse dal primo giudice in relazione ai prospettati motivi, i quali allora – ancorché devolutivameante reiterati – non possono ritenersi né generici, né formulati con esclusivo riguardo ai provvedimenti impugnati, coinvolgendo criticamente anche la gravata statuizione reiettiva.

3. Ciò posto, in relazione ai primi due motivi di appello ha rilievo dirimente la giurisprudenza di questa stessa sezione la quale, su questioni di contenuto analogo a quelle dedotte nell’odierno giudizio, ha chiarito che:

- ai sensi dell'art. 10, comma 1, del d.P.R 252/1998, applicabile ratione temporis alla presente controversia, le Pubbliche Amministrazioni " devono acquisire " le informazioni antimafia in relazione a determinate soglie di valore, corrispondenti: i) per gli appalti di lavori, servizi e forniture, ad un valore pari o superiore a quello di rilevanza comunitaria (lettera a); ii) per le concessioni di beni pubblici, ovvero di contributi, finanziamenti ed altre erogazioni dello stesso tipo (lettera b), nonché per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni o cottimi concernenti la realizzazione di lavori pubblici o la prestazione di servivi o forniture pubbliche (lettera c), ad un valore superiore ai 300 milioni di lire;

- ciò tuttavia non preclude la possibilità di acquisire comunque la documentazione antimafia, non essendovi un divieto di richiedere informazioni al di sotto della soglia indicata (Cons. Stato, sez. V, n. 4533/2008;
sez. VI, n. 240/2008;
sez. III, n. 2798/2013;
sez. III, n. 5513 e 3566/2016);

- dunque, non può avere rilievo sulla legittimità dell’impugnato decreto di revoca del finanziamento la questione riguardante il limite (di € 154.937,07) entro il quale, ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 252 del 1998, la stessa Regione era tenuta a chiedere informazioni alla Prefettura (cfr. in termini Cons. Stato, sez. III, n. 3386/ 2014);

- inoltre, anche a prescindere dalla legittimità della richiesta d'informazione antimafia, il contenuto interdittivo della stessa vale a precludere la nascita di un rapporto contrattuale tra la stazione appaltante ed i soggetti coinvolti dall'informativa o, ancora, ad estinguere un rapporto già sorto tra le parti, in quanto la richiesta di informazioni fatta alla Prefettura, anche se non obbligatoria, è comunque coerente con la finalità dell'informativa interdittiva, essendo volta ad evitare che l'Amministrazione possa avere rapporti contrattuali o anche erogare risorse pubbliche ad imprese per le quali è stato accertato il rischio di condizionamento da parte della criminalità organizzata, stante l'evidenza impossibilità di delimitare l'applicazione del principio di legalità, che informa l'intero ordinamento giuridico (in tal senso Cons. Stato, sez. III, n. 2040/2014);

- una diversa interpretazione normativa urterebbe contro la ratio della complessiva disciplina in materia (che mira a delimitare i rapporti economici con le Amministrazioni, solo quando l’impresa meriti la «fiducia» delle Istituzioni) e sovvertirebbe il principio che impone di assicurare, in sede interpretativa, effettività e concretezza alla tutela del bene protetto, soprattutto laddove, come avviene per le informazioni antimafia, questo assuma un ruolo assolutamente primario.

Tale conclusione è l’unica coerente con le complessive finalità della disciplina delle informazioni antimafia, che è volta ad evitare radicalmente l’erogazione di risorse pubbliche a soggetti esposti ad infiltrazioni di tipo mafioso, e che pertanto mal tollera che ciò possa avvenire solo entro determinati limiti quantitativi (si veda Cons. Stato, sez. III, n. 3300/2016, resa su fattispecie analoga alla presente).

4. Con riguardo alla rilevanza del provvedimento informativo ai fini della revoca del finanziamento concesso, questo Consiglio di Stato ha già chiarito - sia in sede consultiva (con il parere della sez. I, 17 novembre 2015, n. 497), sia in sede giurisdizionale (con le sentenze della sez. III, 9 febbraio 2017, n. 565, e 8 marzo 2017, n. 1109) - che anche le attività soggette al rilascio di autorizzazioni, licenze o a s.c.i.a. soggiacciono alle informative antimafia e che è pertanto superata la rigida bipartizione e la tradizionale alternatività tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni.

Ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. g) del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è quindi preclusa al soggetto colpito dall’interdittiva antimafia ogni possibilità di ottenere “ contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali ”, stante l’esigenza di evitare ogni “ esborso di matrice pubblicistica ” in favore di imprese soggette ad infiltrazioni criminali (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 6 aprile 2018, n. 3)

5. Resta da aggiungere che l’atto di cui si discute è chiaramente connotato come informativa tipica, per quanto desumibile dalla formula finale in esso contenuta: " la presente informazione ha carattere interdittivo" . Dunque alcuna ulteriore motivazione era richiesta da parte dell’amministrazione quanto al suo automatico recepimento.

6. In ogni caso, non avendo l’impresa appellata riproposto in appello le censure concernenti la sussistenza dei presupposti ed il contenuto dell’interdittiva antimafia, esse vanno considerate rinunciate, ai sensi dell’art. 101, comma 2, del codice del processo amministrativo.

7. La sentenza impugnata va quindi riformata con conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

8. Le spese di lite dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza nei rapporti tra la parte appellante e l’originario ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo. Va invece disposta la compensazione delle spese di lite nei rapporti tra la Regione Calabria e il Ministero dell’Interno, stante la comunanza di linea difensiva dalle stesse parti coltivata.

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