Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-19, n. 202300674

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-01-19, n. 202300674
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300674
Data del deposito : 19 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2023

N. 00674/2023REG.PROV.COLL.

N. 03722/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3722 del 2017, proposto da
P P B, rappresentato e difeso dagli avvocati M B e M C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M C in Roma, via Cassiodoro, n. 19;

contro

Comune di Bolzano, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati G A, A M e B M G, domiciliato presso la Segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. – Sezione Autonoma di Bolzano n. 00310/2016, resa tra le parti, concernente risarcimento ex art. 30 codice del processo amministrativo del danno ingiusto da illegittimo esercizio dell'attività amministrativa subito dal signor B Pietro Paolo, a causa dell'esclusione della graduatoria definitiva dei richiedenti terreno destinato all'edilizia abitativa agevolata giusta deliberazione della Giunta comunale di Bolzano 28 settembre 2004 n. 967/62027 annullata con sentenza del Consiglio di Stato n. 2706/2013 dd. 27 novembre 2012 depositata in data 21 maggio 2013;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 dicembre 2022 il Cons. T M e uditi per le parti gli avvocati M B e G A in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma Microsoft Teams;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITO

1. Con ricorso in appello (n. R.g. 3722/2017) il sig. P P B ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale regionale di Giustizia amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano, n. 310/2016, depositata in data 9 novembre 2016, con la quale è stato respinto il ricorso (R.g. n. 170/2014), proposto dal predetto per la condanna del Comune di Bolzano a risarcire i danni subiti dall’illegittima esclusione dalla graduatoria definitiva dei richiedenti terreno destinato all’edilizia abitativa agevolata, giusta deliberazione della Giunta comunale di Bolzano 28 settembre 2004 n. 967/62027, annullata con sentenza del Consiglio di Stato n. 2706/2013.

2. La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita come segue sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello:

- il sig. P P B presentava, in data 30.04.2004 ed in veste di socio di cooperativa edilizia denominata “Venere”, domanda al Comune di Bolzano per l’assegnazione in proprietà di aree destinate all’edilizia abitativa agevolata ai sensi dell’art. 82 della L.P. n. 13/1998. La domanda veniva proposta con riferimento ad appartamento di cinque stanze, pari a mq 110,00, situato nella zona di espansione denominata “Bivio di Casanova-Kaiserau”;

- dalla documentazione prodotta a corredo della domanda risultava che il richiedente era pensionato e risiedeva nel Comune di Sarentino. Il sig. B dichiarava, altresì, di aver stipulato, in data 2.4.2004, un contratto di lavoro a progetto con l’Unione Provinciale Cooperative di Bolzano. Oggetto della prestazione lavorativa era la predisposizione della documentazione necessaria per l’espletamento di gare d’appalto (disciplinare di gara, capitolati, contratti d’appalto, ecc.), nonché il coordinamento gestionale delle procedure di affidamento dei lavori relativi alla realizzazione di 18 alloggi di edilizia agevolata situati nel Comune di Merano;

- in sede di approvazione della graduatoria provvisoria dei richiedenti dei lotti disponibili, il Direttore dell’Ufficio Edilizia Abitativa del Comune di Bolzano escludeva, in data 30.06.2004, il sig. B, “ in quanto al momento della presentazione della domanda di assegnazione di terreno agevolato non era né residente a Bolzano né aveva il posto di lavoro nel Comune di Bolzano ”, come richiesto dall’art. 82, comma 5, lett. a) della L.P. n. 13/1998;

- avverso la disposta estromissione il sig. B presentava gravame ammnistrativo avanti alla Giunta Comunale di Bolzano, ove rivendicava il possesso del requisito di legge relativo alla titolarità di posto di lavoro con sede in Bolzano richiamando il menzionato contratto di lavoro a progetto, stipulato con ditta di Bolzano ed avente ad oggetto attività lavorativa che l’opponente affermava doversi svolgere in detto comune;

- con delibera della Giunta comunale del 29.09.2004, n. 967 veniva definitivamente approvata la graduatoria dei richiedenti dei terreni destinati ad edilizia agevolata, con conferma dell’esclusione del sig. B, dovuta al contestuale rigetto dell’opposizione dal medesimo proposta. Le ragioni ostative all’accoglimento dell’opposizione, contenute nella nota del 11.10.2004 dell’Ufficio Edilizia Abitativa del Comune, evidenziavano che le cooperative edilizie “Orobica” e “Valentina”, presunte beneficiarie della prestazione lavorativa a progetto, non risultassero fino al 6.9.2004 neanche preassegnatarie di terreni agevolati nella zona di via Toti a Merano e che, nel periodo di riferimento ai fini della verifica dei requisiti previsti dalla L.P. n.13/1998 (1.3.-30.4.2004), i lavori che il sig. B avrebbe dovuto coordinare non si sarebbero potuti svolgere, non risultando neanche avviate le fasi preliminari di individuazione dei soggetti beneficiari;

- avverso la suddetta delibera di esclusione del 28.9.2004 n. 967 il sig. B proponeva prima istanza di autotutela (disattesa dall’amministrazione con nota del 23.12.2004 per le ragioni già poste a fondamento della contestata esclusione), poi ricorso giurisdizionale al T.R.G.A., sezione autonoma di Bolzano, che, con sentenza n. 95/2006, dichiarava inammissibile il gravame per omessa notifica del ricorso ad almeno un controinteressato. La decisione veniva riformata con sentenza n. 2706/2013 della Sez. VI del Consiglio di Stato, in cui si giudicava il vizio di omessa integrazione del contraddittorio come riconducibile “errore scusabile” del ricorrente. Nel merito, la Sezione accoglieva il ricorso, rilevando l’erroneità delle ragioni della disposta estromissione, che si assumeva decisa dal Comune in considerazione della natura non subordinata del rapporto di lavoro “a progetto”;

- nel frattempo, la cooperativa edilizia “Venere” di cui faceva parte il ricorrente aveva ottenuto l’assegnazione dei terreni, avviando nel 2006 la realizzazione dei relativi interventi edilizi, ma il sig. B veniva escluso dalla cooperativa in esecuzione dell’impugnato provvedimento di esclusione dalla graduatoria. Egli acquistava quindi, nel 2008, un appartamento in Bolzano per un corrispettivo pari a 576.160 €;

- l’odierno appellante presentava una richiesta di risarcimento del danno al Comune di Bolzano, quantificato in 400.000 € corrispondenti al differenziale di valore tra l’acquisto di immobile in cooperativa e quello equivalente reperito sul libero mercato. Il Comune respingeva la richiesta risarcitoria con nota del 28.11.2013, offrendo, tuttavia, al sig. B la possibilità di ottenere in assegnazione, a sua libera scelta, una quota di terreno nel lotto C della medesima zona di espansione “Bivio-Kaiserau”, ovvero in altra zona di espansione “Druso Ovest”, ove pure erano disponibili lotti analoghi. La proposta non veniva presa in considerazione dal sig. B, il quale adiva il Tribunale regionale di Giustizia amministrativa – Sezione autonoma di Bolzano domandando il risarcimento dei danni ex art. 30 c.p.a. per lesione di interessi legittimi derivante da atto amministrativo illegittimo, quantificati in 444.000 €, pari al maggior prezzo pagato sul libero mercato per acquistare un appartamento corrispondente a quello assegnato alla cooperativa edilizia di cui faceva parte il sig. B, maggiorati di 20.000 € richiesti in via equitativa a titolo di ristoro del danno morale.

3. Con la sentenza n. 310 del 2016 il T.R.G.A. di Bolzano respingeva il ricorso, escludendo preliminarmente l’applicabilità del termine di decadenza di 120 giorni previsto dall’art. 30 c.p.a. per l’esperimento della domanda risarcitoria, in quanto i fatti di causa erano antecedenti all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo (essendo la delibera fonte del pregiudizio del 29.9.2004 e l’entrata in vigore del codice il 16.9.2010), ed escludendo altresì l’avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale. Il Giudice di primo grado richiamava infatti il pacifico orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di prescrizione, per i rapporti anteriori all’entrata in vigore del codice, decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, depositata il 21/5/2013;
pertanto, alla data di instaurazione del giudizio risarcitorio del 28/4/2014 il termine di prescrizione quinquennale non era ancora decorso. Anche ad ammettere che il dies a quo della prescrizione coincidesse con la data dell’evento lesivo, nel caso di specie il 29/9/2004 in cui era stata adottata la delibera pregiudizievole, il T.R.G.A. richiamava la pronuncia n. 3/2011 con cui l’Adunanza Plenaria aveva chiarito che la domanda di annullamento in primo grado è idonea ad interrompere per tutta la durata di quel processo il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria.

Nel merito, il Tribunale dichiarava la domanda infondata per mancanza di prove sia con riferimento all’elemento soggettivo costitutivo della responsabilità aquiliana, sia con riguardo al collegamento causale diretto tra il provvedimento illegittimo adottato dall’amministrazione e i danni lamentati da parte ricorrente.

Il Collegio escludeva la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa, riconoscendo provato l’errore scusabile in cui era incorso il Comune di Bolzano tale da superare la presunzione di colpa derivante dall’illegittimità del provvedimento lesivo, in ragione della complessità e della novità della questione giuridica, nonché degli elementi fattuali e delle problematiche giuridico-amministrative con cui l’amministrazione comunale aveva dovuto confrontarsi: la particolarità della situazione lavorativa del ricorrente di primo grado aveva infatti reso incerto il riscontro del requisito della sede di lavoro presupposto per l’assegnazione in proprietà di aree destinate all’edilizia abitativa agevolata ai sensi dell’art. 82 della L.P. n. 13/1998, dal momento che nel contratto di lavoro “a progetto” prodotto dal sig. B nessuna clausola espressa specificava il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa, limitandosi le parti a contemplare la “possibilità” per il collaboratore di accedere agli uffici della committente (art. 3), ove la prestazione poteva “anche” essere svolta, quando il predetto non fosse impegnato sui cantieri di Merano, ove erano localizzatigli interventi edilizi;
ad oltre quattro mesi dalla data del 2.4.2004 di stipula del contratto (nonché di esecutività del medesimo), le Cooperative, destinatarie delle prestazioni che il sig. B avrebbe dovuto svolgere, non risultavano neanche preassegnatarie dei lotti indicati in contratto, ciò che aveva giustificato secondo il TRGA la richiesta di chiarimenti formulata dal Comune alla committente Confcooperative, come pure l’istruttoria.

Il Tribunale reputava altresì insussistente il nesso causale tra l’illegittimo esercizio del potere e i danni subiti dal sig. B, che non avrebbe provato la spettanza del bene della vita all’esito del riesercizio del potere discrezionale del Comune a seguito dell’annullamento della delibera predetta, in quanto il giudicato di annullamento non copriva tutti i fattori impeditivi, che avrebbero potuto parimenti essere addotti a motivo di una nuova esclusione dalla graduatoria, concludendo che “ non può, quindi, formularsi un giudizio prognostico attendibile che consenta di sostenere, con apprezzabile grado di probabilità, che l’odierno ricorrente avrebbe potuto legittimamente aspirare all’agevolazione per cui è causa ”. Neppure il ricorrente avrebbe provato l’attualità della sua prestazione lavorativa o il suo effettivo svolgimento nel Comune di Bolzano, nonché il sig. B Pietro Paolo, osservava il TRGA, non avrebbe dovuto rinunciare alla tutela cautelare proposta in primo grado, ma avrebbe al contrario dovuto coltivare la medesima tutela con il ricorso di appello, dal momento che la possibilità di conseguire l’assegnazione di terreni agevolati era ancora materialmente realizzabile, ove si consideri che soltanto in data 15.6.2005 il sig. B prenotava il proprio alloggio e che la cooperativa Venere otteneva la licenza edilizia nell’anno 2006.

4. Con l’atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il sig. B Pietro Paolo impugna la sentenza n. 310 del 2016, invocandone l’integrale riforma.

5. L’appellante denuncia: “ 1) Motivazione erronea, contraddittoria ed omessa in relazione alla ritenuta sussistenza dell’errore scusabile in capo all’amministrazione – errata ricostruzione dei fatti - omesso esame delle deduzioni del ricorso di primo grado e di fatti decisivi per il giudizio ivi riportati – omesso esame della documentazione dimessa - contraddittorietà manifesta delle motivazioni addotte rispetto alle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato;
2) Motivazione erronea, contraddittoria e carente in relazione alla ritenuta mancata dimostrazione che l’aspirazione al bene della vita fosse destinata ad esito favorevole - omesso esame delle deduzioni espresse nel giudizio di primo grado – omesso esame di fatti decisivi per il giudizio – omesso esame della documentazione dimessa e della manifestazione di volontà del Comune di Bolzano contenuta della comunicazione relativa all’intenzione di procedere con la reintegrazione in forma specifica - violazione degli artt. 82 e 84 della l.p. 17 dicembre 1998 n. 13 – violazione di giudicato;
3) Motivazione erronea, contraddittoria e carente in relazione alla ritenuta mancata messa in campo di tutti gli strumenti processuali potenzialmente idonei ad evitare i danni - omesso esame delle deduzioni della difesa di primo grado – omesso esame di fatti decisivi per il giudizio – omesso esame della documentazione dimessa
”. Sul quantum ripropone quanto dedotto in primo grado, non avendo il Giudice di prime cure esaminato la richiesta risarcitoria sotto tale profilo, ritenuta infondata.

6. Si è costituito il Comune di Bolzano chiedendo il rigetto dell’appello, siccome inammissibile e infondato.

7. In vista dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato ulteriori memorie, e di replica.

8. La causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio all’udienza del 19 dicembre 2022.

9. L’appello è infondato e non merita di essere accolto.

10. Con il primo motivo di appello, il sig. B chiarisce di non essersi limitato, con il ricorso di primo grado, a dedurre l’illegittimità del provvedimento per provare la colpa dell’amministrazione resistente, bensì precisa di aver dedotto a riprova di essa il comportamento dell’ente comunale, che continuava a richiedere chiarimenti ed integrazioni, regolarmente forniti, il fatto che tutte le pur motivate istanze anche di autotutela non fossero state tenute in minima considerazione, nonché la chiarezza della norma in applicazione, richiamando al riguardo la sentenza di annullamento del Consiglio di Stato.

L’appellante censura in particolare le motivazioni richiamate dal TRGA per ravvisare la scusabilità dell’errore, a suo dire contraddetta dalle risultanze documentali, fondate su un errato presupposto di fatto e diverse dalle motivazioni addotte a sostegno della scusabilità dell’errore da parte dell’amministrazione medesima, cui spettava l’onere di superare la presunzione di colpevolezza. Parte appellante richiama ex multis la documentazione da cui il Comune avrebbe dovuto evincere il luogo in cui lo stesso prestava la sua attività lavorativa e afferma che, diversamente da quanto statuito dal Giudice di prime cure, l’amministrazione appellata era ben consapevole dello stato dei fatti, sia perché destinataria via fax, in data 20 settembre 2004, della delibera di assegnazione dei terreni da parte della Provincia autonoma di Bolzano n. 914 del 22 marzo 2004, sia perché ciò era stato dedotto nella domanda di annullamento oltre ad essere motivo di censura al TRGA. Quanto asserito sarebbe confermato dalla circostanza secondo cui la difesa avversaria nel precedente contenzioso e nella memoria difensiva resa in primo grado afferma che la reale motivazione sottesa all’esclusione sarebbe stata l’assunta accessorietà dell’attività lavorativa rispetto al reddito da lavoro globale “ composto al 90% da emolumenti pensionistici ”.

11. Quanto dedotto da parte appellante non può essere condiviso.

12. Giova ricordare che, riconoscendo la natura aquiliana della responsabilità amministrativa per lesione di interessi legittimi, gli elementi dell’illecito sono: a) il danno non jure e contra jus ;
b) il nesso causale tra la condotta e l’evento;
c) l’imputabilità del danno al danneggiante secondo il criterio del dolo o della colpa.

12.1 Ai fini del giudizio risarcitorio a carico dei soggetti pubblici, il (necessario) requisito della colpa (c.d. d’apparato) deve essere individuato nella accertata violazione dei canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ovvero nella negligenza, nelle omissioni o negli errori interpretativi di norme, ritenuti non scusabili, in ragione dell’interesse giuridicamente protetto di colui che instaura un rapporto con l’amministrazione;
viceversa, la responsabilità deve essere negata quando l’indagine conduce al riconoscimento dell’errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l’incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (in termini Cons. Stato, sez. III, n. 8762/2021).

In caso di acclarata illegittimità di un atto amministrativo asseritamente foriero di danno, come quello coperto dal giudicato di annullamento, al privato non è richiesto un particolare sforzo probatorio per ciò che attiene al profilo dell’elemento soggettivo della fattispecie, mentre spetta alla Pubblica amministrazione dimostrare di essere incorsa in un errore scusabile;
la presunzione di colpa dell’amministrazione può essere riconosciuta solo nelle ipotesi di violazioni commesse in un contesto di circostanze di fatto ed in un quadro di riferimento normativo, giuridico e fattuale, tale da palesarne la negligenza e l’imperizia, cioè l’aver agito intenzionalmente o in spregio alle regole di correttezza, imparzialità e buona fede nell’assunzione del provvedimento viziato.

12.2 Ciò non può dirsi avvenuto nel caso di specie, ove a fronte di una disposizione normativa richiedente, ai fini del conseguimento dell’assegnazione in proprietà di aree destinate all’edilizia abitativa agevolata per i soci di cooperative edilizie ed i richiedenti singoli il requisito di “ a) essere residenti nel comune o avere il posto di lavoro nel comune o nei comuni consorziati ai sensi dell’articolo 31 della legge urbanistica provinciale ” (art. 82, comma 5, lett. a), L.P. 13/1998), l’ente comunale ha del tutto legittimamente proceduto ad un’accurata istruttoria, richiedendo numerosi chiarimenti al sig. B che dimostrano la buona fede del suo operato e la diligenza mostrata nella gestione della pratica.

Infatti, la posizione dell’appellante ai fini del possesso del requisito considerato era tutt’altro che pacifica: in primis , in quanto al momento della presentazione della domanda egli non risiedeva nel Comune di Bolzano, bensì nel Comune di Sarentino, non soddisfacendo pertanto il primo dei due requisiti alternativamente richiesti dalla citata lett. a) dell’art. 82, comma 5, L.P. 13/1988; in secundis , poiché al momento della presentazione della domanda l’appellante figurava quale soggetto collocato in pensione ed aveva prodotto un contratto a progetto di durata annuale stipulato con talune cooperative del Comune d Merano, che prevedeva l’esecuzione di prestazioni professionali da eseguirsi in futuro, in una data non meglio precisata, senza indicare con esattezza la sede della prestazione lavorativa.

È pertanto evidente la scusabilità dell’errore in cui è incorso il Comune di Bolzano nel reputare mancante non solo il chiaro requisito di legge di “ essere residenti nel comune ”, ma anche quello di “ avere il posto di lavoro nel comune o nei comuni consorziati ”, stante l’incertezza della posizione lavorativa del richiedente al momento della presentazione della domanda, nonché della sua incerta collocazione spaziale. Ciò anche a prescindere dalla conoscenza del Comune della delibera di assegnazione dei terreni da parte della Provincia autonoma di Bolzano n. 914 del 22 marzo 2004, la cui asserita comunicazione via fax non risulta per giunta agli atti del giudizio.

A maggior ragione la colpa dell’amministrazione deve essere esclusa se si considera l’assenza di precedenti, neppure dedotti da parte appellante, in cui il Comune di Bolzano si sia trovato a dover risolvere problematiche giuridiche analoghe a quelle in rilievo nel presente giudizio.

12.3 Deve, pertanto, essere negata la responsabilità del Comune in quanto l’indagine conduce al riconoscimento di un errore scusabile per la sussistenza di incertezza del quadro normativo di riferimento e per la complessità e particolarità della situazione di fatto.

13. Con il secondo e terzo motivo di appello, che possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante contesta quanto affermato dal TRGA in ordine alla mancata prova del nesso causale ritenendo assodato che, qualora non fosse stato illegittimamente escluso dalla graduatoria, egli avrebbe conseguito il bene della vita cui ambiva. La sentenza non individua infatti, secondo parte appellante, quali ulteriori motivi ostativi all’assegnazione del terreno sarebbero sussistiti in capo al B e il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2706/2013, avrebbe accertato con forza di giudicato la posizione lavorativa dell’appellante, ciò che non è stato considerato dalla sentenza impugnata. Il motivo di appello sarebbe confermato dalla manifestazione di volontà del Comune di eseguire il predetto giudicato con reintegrazione in forma specifica, offrendo al sig. B la possibilità di ottenere in assegnazione una quota di terreno in uno dei due lotti del Comune di Bolzano ove era prevista la realizzazione di alloggi in cooperativa. La pretesa mancata prova dell’attualità della prestazione lavorativa discenderebbe dall’ovvia considerazione che, al tempo della proposizione del ricorso di primo grado, così come del presente appello, il sig. B aveva superato i settant’anni di età e non svolgeva più alcuna attività lavorativa, non imponendo al riguardo la normativa di riferimento il mantenimento a tempo indeterminato dei requisiti necessari per l’accesso all’assegnazione.

13.1 Sempre sul piano causale, l’appellante afferma di non aver rinunciato alla domanda cautelare in primo grado, avendo piuttosto concordato un rinvio al merito con conseguente fissazione in tempi più rapidi dell’udienza di merito, domanda di sospensiva ad ogni modo respinta dal TRGA giusta ordinanza n. 49/2005 del 23 marzo 2005. Quanto alla mancata richiesta di sospensione in fase di appello, il sig. B evidenzia che la sentenza di primo grado era stata depositata in data 6 marzo 2006 e nelle more della proposizione dell’appello, in data 16 maggio 2006, la cooperativa Venere aveva escluso l’appellante dalla cooperativa medesima proprio a causa del negativo esito del ricorso di primo grado, determinando l’impossibilità per l’appellante di ottenere qualsivoglia beneficio da un eventuale sospensione della sentenza di primo grado e del provvedimento ivi impugnato, in quanto l’esclusione della cooperativa aveva determinato l’impossibilità di realizzare l’immobile sul terreno agevolato. Ad ogni modo, la tutela cautelare avrebbe comunque comportato per l’appellante l’effetto di ottenere l’assegnazione (in via provvisoria) del terreno e anticipare di conseguenza le spese necessarie per la costruzione dell’alloggio, procedere alla successiva obbligatoria ed effettiva occupazione entro un anno, arredarlo, con l’alea di una possibile successiva pronuncia negativa in appello che avrebbe comportato la decadenza dall’assegnazione “cautelare”, ciò che andrebbe oltre l’onere di diligenza esigibile dalla parte ai sensi dell’art. 30, comma 3, c.p.a.

14. Anche il secondo e il terzo motivo di appello non meritano accoglimento stante il mancato raggiungimento della prova circa la sussistenza del nesso causale tra l’illegittimo esercizio del potere amministrativo e il danno asseritamente subito dall’appellante.

14.1 Ai fini della sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dell’amministrazione e l’evento dannoso la giurisprudenza di questo Consiglio, con indirizzo condiviso, ritiene che: “ ai fini del riscontro del nesso di causalità nell'ambito della responsabilità extra contrattuale da cattivo esercizio della funzione pubblica, si deve muovere dall'applicazione dei principî penalistici, di cui agli art. 40 e 41 c.p., in forza dei quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non);
il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, posto dall'art. 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dall'art. 41, co. 2, c.p., in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto;
al contempo non è sufficiente tale relazione causale per determinare una causalità giuridicamente rilevante, dovendosi, all'interno delle serie causali così determinate, dare rilievo a quelle soltanto che, nel momento in cui si produce l'evento causante non appaiano del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile, secondo il principio della c.d. causalità adeguata o quello similare della c.d. regolarità causale;
in quest'ottica, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione ex ante - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile (ed amministrativa), vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del “più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio”
(Cons. Stato, sez. V, n. 6450/2014).

14.2 Giova ricordare il recente arresto dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (n. 7 del 2021), che ha chiarito che “ il paradigma cui è improntato il sistema della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa, devoluto alla giurisdizione amministrativa, è quello della responsabilità da fatto illecito. […] Nel descritto quadro l’esercizio della funzione pubblica, manifestatosi tanto con l’emanazione di atti illegittimi quanto con un’inerzia colpevole, può quindi essere fonte di responsabilità sulla base del principio generale neminem laedere. Il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi. Infatti, diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione.

14.3 Applicando tali linee ermeneutiche al caso di specie, anche questo Collegio non riesce ad accertare il nesso di causalità necessario per imputare alla condotta del Comune i danni lamentati dall’appellante.

14.4 E infatti, il giudicato di cui alla sentenza n. 2706/2013 del Consiglio di Stato ha annullato la deliberazione della Giunta comunale di Bolzano 28 settembre 2004, n. 967/62027, nella parte in cui escludeva il ricorrente dagli aspiranti all’assegnazione delle aree per l’edilizia agevolata, motivando l’accoglimento dell’appello sulla circostanza secondo cui: “ L’amministrazione resistente ha infatti escluso il ricorrente dalla graduatoria su cui si controverte, in quanto non aveva ritenuto sufficiente la titolarità di un rapporto di lavoro a progetto instaurato con l’Unione Cooperative, con sede nel Comune di Bolzano. Orbene dalla norma legislativa provinciale invocata (“essere residenti nel comune o avere il posto di lavoro nel comune o nei comuni consorziati”) non si evince in alcun modo che il lavoro – per essere rilevante ai fini dell’inserimento nella graduatoria debba essere esclusivamente di natura subordinata, cosicché in esso debbono farsi rientrate tutte le tipologie, introdotte dalle norme statali successive, ivi compresi i contratti a progetto ”. La pronuncia non sancisce tuttavia la doverosa ammissione del sig. B in sede di riesercizio del potere, non essendo coperta dal giudicato la mancata sussistenza di altri motivi ostativi all’accoglimento della domanda previsti dalla legge.

A proposito della mancata prova fornita dal ricorrente di primo grado in ordine all’attualità della sua prestazione lavorativa, la statuizione del Giudice di prime cure deve essere più correttamente riferita al tempo della presentazione della domanda, non certo a quello della proposizione del ricorso di primo grado o di quello di appello come asserisce parte appellante.

Più specificamente, poi, l’art. 82, comma 5, della L.P. 13/1998 prescrive che “ 5. Per conseguire l'assegnazione in proprietà di aree destinate all'edilizia abitativa agevolata, i soci di cooperative edilizie ed i richiedenti singoli devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) essere residenti nel comune o avere il posto di lavoro nel comune o nei comuni consorziati ai sensi dell'articolo 31 della legge urbanistica provinciale;
b) essere in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per essere ammessi alle agevolazioni edilizie provinciali per la costruzione di un'abitazione di proprietà e disporre di un reddito non superiore a quello della quarta fascia di reddito;
c) raggiungere un punteggio di almeno 16 punti ai sensi del regolamento di esecuzione;
d) non essere proprietari e non aver ceduto nel quinquennio antecedente la domanda un'area edificabile in località agevolmente raggiungibile, sufficiente per la realizzazione di un alloggio di almeno 495 metri cubi
”.

I requisiti di cui alle lett. b), c) e d) non hanno formato oggetto della delibera di annullamento, né del giudicato amministrativo di annullamento, anche in ragione del divieto per il giudice di pronunciarsi su poteri non ancora esercitati di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a.;
pertanto, spetta all’amministrazione scrutinare in sede di riesercizio del potere, ferma la sussistenza del requisito di cui alla lett. a) per dictat del Consiglio di Stato, l’esistenza degli altri requisiti prescritti.

Da ciò consegue il mancato assolvimento dell’onere probatorio circa la spettanza del bene della vita che grava su chi lamenta la lesione di interessi legittimi pretensivi e richiede il risarcimento dei danni subiti, stante la veste sostanziale che la giurisprudenza riconosce ormai pacificamente agli interessi legittimi.

14.5 A proposito dell’efficacia eziologica interruttiva che la sentenza di primo grado assegna alla mancata attivazione/rinuncia della tutela cautelare, occorre precisare che il TRGA, con ordinanza n. 45/2009, ha respinto la domanda cautelare solo in considerazione del fatto che “ all’udienza del 25.01.2005 le parti hanno chiesto che l’istanza di sospensiva venga decisa congiuntamente con il merito ”. Inoltre, qualora parte appellante avesse ottenuto la sospensione cautelare della pronuncia di primo grado, ciò avrebbe evidentemente inciso anche sull’esclusione dalla cooperativa, che avrebbe potuto essere oggetto di ripensamento in ragione del fumus della pretesa riconosciuta da questo Consiglio, con conseguente possibilità di conseguire l’assegnazione di terreni agevolati come correttamente rilevato dal TRGA;
neppure gli sforzi richiesti all’appallante avrebbero oltrepassato quelli imposti dal canone di diligenza, se si considera che lo stesso avrebbe potuto continuare a vivere, medio tempore della definizione del giudizio, nell’appartamento sino ad allora abitato con la sua famiglia e avrebbe comunque visto assicurare la restituzione di quanto nel frattempo speso per la costruzione e l’arredo dell’alloggio in ragione degli effetti solo interinali della tutela cautelare, alla cui caduta consegue il ripristino dello status quo ante al suo accoglimento, anche per ciò che attiene ai pesi subiti dal beneficiario in conseguenza di un tale accoglimento.

14.6 Nemmeno può dirsi dirimente l’invocata nota del 28.11.2013, con cui il Comune di Bolzano ha affermato di voler eseguire la sentenza di annullamento del Consiglio di Stato con “ reintegrazione in forma specifica ”. La possibilità di ravvisare dietro una tale presa di posizione una manifestazione di volontà circa un’asserita ammissione della propria responsabilità e circa il conseguente riesercizio del potere in termini di riconoscimento della sussistenza dei requisiti per l’accoglimento della domanda di terreno destinato all’edilizia abitativa agevolata è smentita da quanto poco più avanti affermato dallo stesso Comune, che conclude la nota predetta affermando che: “ Quanto infine agli asseriti danni economici subiti dal Sig. B, questo Comune declina la riconducibilità del medesimo alle proprie azioni e nega ogni e qualsivoglia responsabilità, in considerazione sia dell’esito negativo del giudizio di primo grado sia del fatto che la lungaggine del processo amministrativo non può essere imputato al Comune. Inoltre si ritiene che un eventuale acquisto di alloggio sul libero mercato da parte del Sig. B è ricollegabile ad una sua libera scelta, non per nulla necessaria. Va comunque considerato che il valore economico dell’immobile acquistato ha occorso ad arricchire il patrimonio del sig. B, con possibilità di recupero delle spese in caso di vendita ”.

In mancanza di prova circa l’esito satisfattivo del riesercizio del potere la domanda risarcitoria non può essere accolta, stante la mancanza di elementi essenziali costitutivi del diritto al risarcimento dei danni quali sono il nesso causale e la spettanza del bene della vita.

15. Infine, occorre precisare che neppure l’appellante può fondatamente sostenere di aver subito un danno dall’illegittimo esercizio del potere.

Nella Provincia di Bolzano vige infatti un sistema di agevolazione alternativa, tale per cui la richiesta di agevolazione può essere domandata o al Comune o alla Provincia.

Il sistema di agevolazione comunale prevede la previa assegnazione dei terreni ove costruire l’alloggio, ai sensi dell’art. 82 della L.P. 13/1998, di cui l’appellante non ha beneficiato per quanto detto sinora.

Egli ha tuttavia beneficiato dell’alternativo, non già cumulativo come tenta di sostenere l’appellante, sistema di agevolazione previsto dalla Provincia di Bolzano per l’acquisto dell’alloggio sul mercato privato. Con decreto n.

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