Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-06-14, n. 201904009

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-06-14, n. 201904009
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201904009
Data del deposito : 14 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/06/2019

N. 04009/2019REG.PROV.COLL.

N. 02393/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 2393 del 2016, proposto dal signor A A P, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, domiciliato presso la Segreteria della Quarta Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;

contro

La s.p.a. Equitalia Sud, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato V G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F V in Roma, via Luigi Bellotti Bon, n. 10;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione staccata di Reggio Calabria, n. 1256/2015, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della s.p.a. Equitalia Sud;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 giugno 2019 il pres. Luigi Maruotti e udito l’avvocato Gaia Stivali, su delega dell’avvocato V G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Dopo aver presentato l’istanza d’accesso in data 24 luglio 2015 (ripresentata dopo il riscontro di data 25 giugno 2016 da parte della società appellata), con il ricorso di primo grado n. 725 del 2015 (proposto al TAR per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria), l’appellante ha chiesto l’accertamento del suo diritto di accedere ad alcune cartelle di pagamento, corredate dalle relate di notificazione, in possesso della s.p.a. Equitalia Sud.

2. Con la sentenza n. 1256 del 2015, il TAR ha rilevato che l’interessato ha riproposto la medesima richiesta rispetto a quella già riscontrata in data 25 giugno 2016, ha osservato che, prima della proposizione del ricorso, era venuto meno ab origine l’interesse al ricorso ed ha dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

3. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR, concludendo nel senso che ‘la sentenza impugnata merita riforma, quanto alla pronuncia quanto alla liquidazione delle spese giudiziali del primo grado’.

In particolare, l’appellante ha dedotto che le due istanze sono state presentate nel corso del tempo da due persone diverse, aventi un diverso codice fiscale.

Inoltre, l’appellante ha ritenuto che sussistevano i presupposti per accogliere l’originaria istanza e che pertanto il TAR avrebbe dovuto condannare la società al pagamento delle spese, anche in base ai principi sulla ‘soccombenza virtuale’.

4. Con memoria depositata in data 23 giugno 2017, la società appellata si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto, perché inammissibile e infondato.

In particolare, la società ha segnalato che:

- alle due istanze di accesso, presentate in data 27 maggio 2015 e 27 luglio 2015, è stato allegato il documento di identità della medesima persona, e cioè dell’appellante, unitamente alla copia del tesserino del codice fiscale, nel corso del giudizio di primo grado;

- non è rilevante il richiamo dell’appellante ai principi sulla soccombenza virtuale, poiché il TAR lo ha condannato al pagamento delle spese del giudizio in base al criterio della soccombenza reale, in ragione della inammissibilità del ricorso di primo grado.

5. Ritiene la Sezione che l’appello risulta infondato e va respinto.

La sentenza ha ragionevolmente attribuito rilevanza al fatto che l’interessato ha formulato due istanze, di cui la seconda è stata presentata dopo che alla prima era stato dato riscontro positivo, in data 25 giugno 2017.

E’ rimasta al riguardo incontestata la deduzione della società appellata (secondo cui le due istanze sono state a suo tempo presentate dalla medesima persona e comunque nel suo interesse), ciò che confuta la deduzione secondo cui vi sarebbe stata la diversità dei richiedenti.

La sentenza ha dunque correttamente rilevato che prima della proposizione del ricorso di primo grado già vi era stata l’ostensione di tutti gli atti di cui la società era in possesso, ed ha conseguentemente dichiarato inammissibile il medesimo ricorso.

Va pertanto confermata la statuizione di inammissibilità del ricorso originario.

6. Ne consegue che non risultano i presupposti per riformare la statuizione del TAR sulla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.

7. Peraltro, anche se si volesse ritenere che il TAR avrebbe dovuto dichiarare improcedibile e non inammissibile il ricorso di primo grado (e pur rilevando che è mancato uno specifico motivo di impugnazione sulla specifica statuizione in rito posta a base della sentenza appellata), ugualmente non sussistono i presupposti per accogliere la domanda dell’appellante sulla liquidazione delle spese del giudizio proposto al TAR.

7.1. Per la pacifica giurisprudenza, che il collegio condivide e fa propria anche nell’attuale quadro normativo, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. IV, 13 maggio 2019, n. 3092;
Sez. IV, 22 marzo 2019, n. 1913;
Sez. III, 9 novembre 2016, 4655;
Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012;
Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891;
Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471;
Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).

7.2. Nella specie la statuizione del TAR non solo non risulta abnorme, ma risulta coerente con le statuizioni con cui il ricorso di primo grado è stato dichiarato inammissibile.

7.3. Quanto alla deduzione secondo cui il TAR avrebbe dovuto valutare la ‘soccombenza virtuale’ della società appellata, ritiene il Collegio (pur se la sentenza si doveva pronunciare per l’improcedibilità del ricorso) che:

- il giudice amministrativo – pur potendo valutare se il ricorrente vada ristorato delle spese del giudizio, se sopraggiungano ragioni ostative all’accoglimento di un ricorso di per sé fondato – è titolare al riguardo di un insindacabile potere discrezionale, che può esercitare tenendo conto di tutte le circostanze (cfr. Cons. Stato, 22 settembre 2006, n. 5583);

- la sentenza impugnata ha ragionevolmente valutato le circostanze del caso e nulla di illogico o di iniquo può essere ravvisato nella sua statuizione, tenuto anche conto degli aspetti processuali del giudizio.

8. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

La condanna al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio segue la soccombenza. Di essa è fatta liquidazione nel dispositivo.

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