Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-15, n. 202401517

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-02-15, n. 202401517
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401517
Data del deposito : 15 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/02/2024

N. 01517/2024REG.PROV.COLL.

N. 07851/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7851 del 2023, proposto dalla -OMISSIS- in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati L T e Antonio D’Angelo, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell'interno e la Prefettura – UTG di Napoli, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12, nonché

nei confronti

della -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Antonella Arpaia, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,
del Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio,
dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – A.N.A.C., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, sez. I, n. -OMISSIS-, che ha dichiarato improcedibile il ricorso n. -OMISSIS- proposto per l’annullamento dell’informazione interdittiva antimafia del -OMISSIS-, e ha respinto il ricorso n. -OMISSIS-, proposto per l’annullamento dell’informazione interdittiva e contestuale diniego di iscrizione alla White list del 9 gennaio 2023.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno e della Prefettura – UTG di Napoli;

Vista la memoria depositata dalla --OMISSIS- in data 24 novembre 2023;

Viste le memorie depositate dalla appellante in date 22 dicembre 2023 e 3 gennaio 2024;

Vista la memoria depositata dal Ministero dell'interno e dalla Prefettura – UTG di Napoli in data 23 dicembre 2023;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2024 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con provvedimento n. -OMISSIS- del -OMISSIS- la Prefettura di Napoli ha respinto la domanda della -OMISSIS-di iscrizione alla White list e di emissione dell’informativa ostativa antimafia. L’interdittiva è stata impugnata dinanzi al Tar Napoli e, nelle more della decisione di merito, la società ha proposto istanza per la misura del controllo giudiziario di cui all’art. 32, d.l. n. 90 del 2014, poi accordata per un anno con decreto del Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione del -OMISSIS-. A seguito della attivazione del controllo giudiziario la società è stata iscritta per un anno (fino al 25 giugno 2022) nell’elenco della White list della Prefettura di Napoli. Con decreto -OMISSIS- il Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione ha revocato la misura del controllo giudiziario sul rilievo che “ non emergono elementi da cui desumere l’opportunità di prorogare l’attività di controllo né la necessità di disporre altre misure più invasive ”.

Con provvedimento interdittivo 9 gennaio 2023 la Prefettura di Napoli ha confermato la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi della società e, per l’effetto, ha rigettato l’istanza di conferma di iscrizione della società nella White list . Con decreto n. -OMISSIS- del Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione la -OMISSIS-è stata nuovamente ammessa per due anni alla misura del controllo giudiziario ex art. 34 bis, d.lgs. n. 159 del 2011 e, per l’effetto, è stata iscritta nella White list della Prefettura di Napoli.

2. I due provvedimenti di contestuale diniego di iscrizione alla White List e di emissione dell’informativa ostativa antimafia nn. -OMISSIS- del -OMISSIS- e -OMISSIS- sono stati impugnati dalla -OMISSIS-dinanzi al Tar Campania, sede di Napoli, rispettivamente con ricorsi n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-, deducendo l’illegittima omissione della fase partecipativa nonché la mancanza dei presupposti della revoca della misura del controllo giudiziario di cui all’art. 32, d.l. n. 90 del 2014, riconosciuto dal Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione con decreto del -OMISSIS-, del diniego di iscrizione alla White list e dell’informativa ostativa antimafia. La società ha altresì impugnato le revoche di otto finanziamenti disposte il 16 gennaio 2023 da -OMISSIS- e la revoca della aggiudicazione decisa dal Comune di -OMISSIS- con provvedimento n. -OMISSIS- nonché l’annotazione al casellario informatico disposta dall’A.N.A.C..

3. Il Tar Campania, sede di Napoli, con sentenza della sez. I, n. -OMISSIS-, dopo aver riunito i ricorsi nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, ha dichiarato improcedibile il ricorso n. -OMISSIS- sul rilievo che l’informazione interdittiva antimafia del -OMISSIS-, con lo stesso impugnato, è stata sostituita dall’informazione interdittiva del 9 gennaio 2023, di modo che l’annullamento della precedente informazione non eliminerebbe il pregiudizio lamentato dalla società;
ha invece respinto il ricorso n. -OMISSIS- proposto avverso l’interdittiva del 9 gennaio 2023.

4. La sentenza è stata impugnata con appello notificato e depositato in data 29 settembre 2023, reiterando in chiave critica i motivi dedotti in primo grado nonché evidenziando la motivazione carente e contraddittoria in cui è incorsa la Prefettura nei provvedimenti impugnati.

5. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno e la Prefettura – UTG di Napoli, che hanno sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

6. Si è costituita in giudizio --OMISSIS-, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

7. Il Comune di -OMISSIS- non si è costituito in giudizio.

8. L’Autorità Nazionale Anticorruzione – A.N.A.C. non si è costituita in giudizio.

9. Alla pubblica udienza del 25 gennaio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio rileva la tardività della documentazione prodotta dall’appellante in allegato alla memoria di replica depositata in data 3 gennaio 2023. Di tale documentazione il Collegio non terrà conto ai fini del decidere, come comunicato alle parti in udienza ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a..

2. Come esposto in narrativa la -OMISSIS-- operante dal 2012 principalmente nell'attività di raccolta, trasporto, smaltimento e compattazione di rifiuti solidi urbani e assimilabili, rifiuti tossici e nocivi, rifiuti ospedalieri, di laboratorio e simili, rifiuti speciali ed industriali, urbani pericolosi, rifiuti marittimi - ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Napoli, sez. I, n. -OMISSIS- che, dopo aver riunito i ricorsi nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-, ha dichiarato improcedibile il ricorso n. -OMISSIS- sul rilievo che l’informazione interdittiva antimafia n. -OMISSIS- del -OMISSIS-, con lo stesso impugnato, è stata sostituita dall’informazione interdittiva del 9 gennaio 2023, di modo che l’annullamento della precedente informazione non eliminerebbe il pregiudizio lamentato dalla società;
ha invece respinto il ricorso n. -OMISSIS-, proposto per l’annullamento del provvedimento di contestuale diniego di iscrizione alla White list e di emissione dell’informativa ostativa antimafia n. -OMISSIS- nonché dell’annotazione al casellario informatico disposta dall’A.N.A.C. e dei successivi provvedimenti con i quali il Comune di -OMISSIS- ha revocato l’aggiudicazione di una commessa in favore della -OMISSIS-e -OMISSIS- s.p.a., ha revocato otto finanziamenti (riferibili alle seguenti posizioni: prima posizione n. -OMISSIS-).

La società è amministrata da: -OMISSIS- con il 51% delle quote del capitale sociale;
-OMISSIS- (familiare convivente di -OMISSIS- e figlio di -OMISSIS-) con il 49% delle quote. Istitutore è -OMISSIS-. Fanno parte della compagine societaria: -OMISSIS-, organo di vigilanza;
-OMISSIS- revisore legale;
-OMISSIS-, responsabile ricoperta anche da -OMISSIS-

L’interdittiva si concentra sulle figure che ruotano intorno alla società.

In particolare, -OMISSIS- è stato controllato: il 23 ottobre 2015, con -OMISSIS-, deferito all'A.G. dal nucleo Investigativo dei Carabinieri di -OMISSIS- in data 31 ottobre 2013 per favoreggiamento personale aggravato e procurata inosservanza di pena, per aver aiutato, in concorso con altre persone, il latitante -OMISSIS- a sottrarsi all'esecuzione della pena, con l'aggravante di cui all'art. 7, l. n. 203 del 1991, per aver favorito con tale condotta criminosa l'associazione camorristica denominata clan -OMISSIS- (di cui è elemento di spicco -OMISSIS-), operante nei Comuni di -OMISSIS-in Campania e limitrofi;
il 13 maggio 2015 con -OMISSIS-, sottoposto in data 19 febbraio 2010 alla misura cautelare degli arresti domiciliari, in esecuzione di Ordinanza emessa dal GlP presso il Tribunale di -OMISSIS-per usura.

Familiare convivente di -OMISSIS- è -OMISSIS-, moglie di -OMISSIS-, già socio unico e procuratore speciale della società -OMISSIS- (poi denominata -OMISSIS-), oggetto di una informativa interdittiva del 17 settembre 2003, per tentativi di infiltrazione nella ditta da parte della criminalità organizzata attraverso la figura di -OMISSIS-, ritenuto affiliato al clan -OMISSIS- unitamente al fratello -OMISSIS-

La -OMISSIS-era inoltre cessionaria della ditta in liquidazione -OMISSIS- di cui era socio anche -OMISSIS-, controllato a bordo di una autovettura con -OMISSIS-, pluripregiudicato (ritenuto vicino al clan -OMISSIS-) sul cui conto sussistono segnalazioni di polizia per violenza privata, ricettazione, associazione mafiosa, estorsione.

-OMISSIS-è convivente con -OMISSIS-, controllato in occasione di accertamenti effettuati per identificare soggetti vicini e/o fiancheggiatori di -OMISSIS-, detenuto e ritenuto elemento gravitante in organizzazioni criminali, con precedenti per reati in materia di stupefacenti, estorsione aggravata e tratto in arresto in esecuzione di o.c.c. per omicidio aggravato perchè ritenuto esecutore materiale dell'omicidio di -OMISSIS- nella faida locale che vedeva contrapposti diversi gruppi criminali.

A carico di -OMISSIS- risulta aperto un procedimento penale in occasione di una indagine finalizzata a smantellare una associazione a delinquere dedita al traffico illecito di rifiuti, archiviato per insufficienza degli elementi indiziari a suo carico.

3. Chiarita in punto di fatto, con riferimento agli elementi essenziali ed in modo non esaustivo, la cornice sulla quale si fondano le due interdittive, il Collegio rileva come, nonostante l’appellante non abbia chiaramente circoscritto l’ambito della impugnativa proposta, deve ritenersi che la stessa – pur se impostata sulla dimostrazione generica della mancata contiguità, compiacente o soggiacente, agli ambienti della criminalità organizzata – sia limitata al capo della sentenza n. -OMISSIS- che ha respinto il ricorso proposto (nella via dei motivi aggiunti) avverso l’interdittiva del 9 gennaio 2023. Il richiamo, nel petitum , a questa sola interdittiva nonché la mancanza di censure avverso la decisione di definire in rito e non nel merito l’impugnazione della prima interdittiva del 21 gennaio 2021 inducono il Collegio a circoscrivere il proprio esame al capo della sentenza che ha respinto l’atto (secondo) di motivi aggiunti.

4. Con il primo motivo di appello la società contesta la sentenza del Tribunale per avere erroneamente ritenuto sussistere ragioni d’urgenza giustificanti l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, tanto più che la recente riforma (d.l. 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla l. 29 dicembre 2021, n. 233), che ha novellato il Codice antimafia, ha introdotto il contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

È ben vero che nella fattispecie all’esame del Collegio – in cui si discute della interdittiva adottata in data 9 gennaio 2023 – trova applicazione la disciplina di cui ai commi 2- bis , 2- ter e 2- quater dell’art. 92, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, introdotti dall’art. 48, comma 1, lettera a), n. 2), d.l. n. 152 del 2021, che ha procedimentalizzato l’ iter di adozione della interdittiva scandendo i termini per la partecipazione del suo destinatario. La novella introdotta con il comma 2- bis dell’art. 92, d.lgs. n. 159 del 2011 ha disposto che il Prefetto, nel caso in cui ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato. È risultata così superata la prassi, avallata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (31 ottobre 2023, n. 9357;
21 gennaio 2020, n. 820;
3 marzo 2020, n. 1576;
6 maggio 2020, n. 2854), secondo cui la comunicazione di avvio del procedimento, prevista dall'art. 7, l. n. 241 del 1990, e del preavviso di rigetto, di cui all'art. 10-bis della stessa legge, sono adempimenti non necessari in materia di certificazione antimafia, in cui il contraddittorio procedimentale ha natura meramente eventuale, ai sensi dell'art. 93, comma 7, d.lgs. n. 159 del 2011. Sulla questione concernente le garanzie della partecipazione procedimentale in favore del soggetto nei cui confronti il Prefetto si propone di rilasciare una informazione antimafia si è pronunciata la Corte di Giustizia UE, Sezione IX, con ordinanza del 28 maggio 2020, che ha dichiarato irricevibile il ricorso non essendo stata dimostrata l'esistenza di un criterio di collegamento tra il diritto dell'Unione e l'informazione antimafia adottata. La Corte ha tuttavia precisato, per inciso, che " il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell'Unione, che trova applicazione quando l'amministrazione intende adottare nei confronti di una persona un atto che le arrechi pregiudizio " e che in forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l'amministrazione intende fondare la sua decisione.

Nondimeno la Sezione aveva ritenuto che l'assenza di una necessaria interlocuzione procedimentale in questa materia non costituisce un vulnus al principio di buona amministrazione, perché, come la stessa Corte di Giustizia UE (9 novembre 2017, in C-298/16, § 35 e giurisprudenza ivi citata) ha affermato, il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non è una prerogativa assoluta, ma può soggiacere a restrizioni, a condizione che " queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti ".

Conseguentemente – secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato formatasi prima della entrata in vigore della riforma del 2021 (art. 48, comma 1, lettera a), n. 2), d.l. n. 152 del 2021) - il principio del contraddittorio, valevole in ambiti ordinari, in materia di interdittiva doveva essere ragionevolmente bilanciato, anche attraverso il suo ridimensionamento, così da dare ingresso ad interessi antagonistici di pari rango dettati dalla necessità di arginare il fenomeno mafioso che, per la sua estrema insidiosità, aumenta gravemente il rischio di vanificare il complesso lavoro degli organi deputati alle indagini.

L’esigenza di assicurare il suddetto bilanciamento aveva indotto il legislatore - fino alle modifiche introdotte dall’art. 48, comma 1, lettera a), n. 2), d.l. n. 152 del 2021 - a non prevedere, all’interno del sistema regolatorio conchiuso del Codice antimafia, l’obbligo di una preventiva comunicazione di avvio del procedimento evidentemente in ragione del fatto che più si avanzano le garanzie partecipative più è concreto il rischio che la discovery anticipata di elementi o notizie a disposizione degli inquirenti ponga nel nulla gli sforzi e le risultanze raggiunte. Tanto proprio a cagione della natura subdola, insidiosa, a volte silente, del fenomeno mafioso posto che l’autorità amministrativa, nelle parole della Corte costituzionale, ha il compito di “prevenire tali evenienze, con un costante monitoraggio del fenomeno, la conoscenza delle sue specifiche manifestazioni, la individuazione e valutazione dei relativi sintomi, la rapidità di intervento ” (Corte cost. 26 marzo 2020, n. 57), rapidità necessitata dalla capacità delle mafie di rimescolare gli elementi disponibili fino a far scomparire quelle che già erano tracce, sintomi, segni di conoscenza spesso solo indiretta.

Ritiene il Collegio che la circostanza che lo stesso Legislatore abbia inteso procedimentalizzare la partecipazione del soggetto destinatario del provvedimento interdittivo porta a ritenere le deroghe all’obbligo di dare comunicazione di inizio del procedimento circoscritte ai soli casi di effettivo e dimostrato carattere di urgenza nonché ad un quadro fattuale talmente chiaro da rendere siffatta comunicazione solo foriera di inutile rallentamento nella definizione del procedimento.

Tale seconda circostanza si è verificata nel caso di specie, in considerazione dei gravi indizi di pregnanza e contiguità agli ambienti della criminalità organizzata, come illustrati nel provvedimento prefettizio ed in questa sede confermati, tali da rendere superflua la fase partecipativa risultando evidenti i presupposti per concludere che è “più probabile che non” il collegamento soggiacente alla criminalità organizzata (in particolar modo al clan -OMISSIS-).

5. Non è suscettibile di positiva valutazione il secondo motivo di appello.

Rileva il Collegio l’inconferenza del richiamo al decreto n. -OMISSIS-, con il quale il Tribunale di Napoli – Sezione Misure di prevenzione ha riammesso la -OMISSIS-al controllo giudiziario ex art. 34 -bis , d.lgs. n. 159 del 2011. Appare dirimente ed assorbente il rilievo, nel merito, per cui la valutazione del giudice della prevenzione penale si fonda su parametri non sovrapponibili alla ricognizione probabilistica del rischio di infiltrazione, che costituisce invece presupposto del provvedimento prefettizio, e rispetto ad essa si colloca in un momento successivo. Non è pertanto casuale che nella sistematica normativa il controllo giudiziario (e le relative valutazioni: inclusa quella sull’ammissione) presupponga l’adozione dell’informativa: rispetto alla quale rappresenta un post factum (Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2023, n. 10279). Pretendere di sindacare la legittimità del provvedimento prefettizio alla luce delle risultanze della (successiva) delibazione di ammissibilità al controllo giudiziario, finalizzato proprio ad un’amministrazione dell’impresa immune da (probabili) infiltrazioni criminali, appare dunque operazione doppiamente viziata: perché inevitabilmente diversi sono gli elementi (anche fattuali) considerati – anche sul piano diacronico – nelle due diverse sedi, ma soprattutto perché diversa è la prospettiva d’indagine, id est l’individuazione dei parametri di accertamento e di valutazione dei legami con la criminalità organizzata (Cons. Stato, sez. III, n. 1049 del 2021).

Analogamente, la valutazione finale del giudice della prevenzione penale si riferisce alla funzione tipica di tale istituto, che è un controllo successivo all’adozione dell’interdittiva, ed ha riguardo alle sopravvenienze rispetto a tale provvedimento (Cons. Stato, sez. III, n. 319 del 2021).

Giova aggiungere che, come chiarito dalla Sezione (14 luglio 2023, n. 6896), non merita adesione la tesi secondo la quale il giudizio di pericolo di esposizione a forme di condizionamento malavitoso delle imprese, per come affermato e motivato nelle informazioni interdittive impugnate, debba o possa essere confutato alla luce degli svolgimenti e delle sopravvenienze intervenuti nella parallela sede penale e delle misure di prevenzione e di controllo giudiziario, poiché un tale approccio condurrebbe a un’impropria sovrapposizione ex post del giudizio dell’Autorità giudiziaria penale alla valutazione compiuta ex ante dall’Autorità prefettizia.

5. Quanto ai presupposti indicati dalla Prefettura alla base del provvedimento del gennaio 2023 vale premettere che elemento fondante il diniego di iscrizione alla White list e l’interdittiva è la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

Il pericolo di infiltrazione mafiosa è, dunque, la probabilità che si verifichi l’evento.

L’introduzione delle misure di prevenzione, come quelle qui in esame, è stata dunque la risposta cardine dell’Ordinamento per attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana da parte delle imprese che sono strumentalizzate o condizionate dalla criminalità organizzata.

In tale direzione la verifica della legittimità del diniego di iscrizione alla White list deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria (e non atomistica, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri) degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire una ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. Stato, sez. III, 31 gennaio 2024, n. 999;
id. 31 gennaio 2024, n. 964;
id. 5 gennaio 2024, n. 193).

Da quanto sopra esposto consegue che in relazione sia all’interdittiva che al diniego di iscrizione nella White list – iscrizione che presuppone la stessa accertata impermeabilità alla criminalità organizzata – è sufficiente il pericolo di infiltrazione mafiosa fondato su un numero di indizi tale da rendere logicamente attendibile la presunzione dell’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

6. Ciò chiarito, e passando all’esame del complesso di elementi a supporto del provvedimento del gennaio 2023 – che ne costituiscono l’impianto motivazionale – ricorda il Collegio che non rileva la circostanza che alcuni fatti richiamati nell’interdittiva sono risalenti nel tempo e ciò in quanto l’interdittiva antimafia può essere legittimamente fondata anche su fatti che sono datati, purché dall’analisi complessiva delle vicende esaminate emerga, comunque, un quadro indiziario che sia idoneo a giustificare il necessario giudizio di attualità e di concretezza del pericolo di infiltrazione mafiosa (Cons. Stato, sez. V, 11 aprile 2022, n. 2712;
id. 6 giugno 2022, n. 4616).

Tale conclusione, con riferimento alla circostanza che -OMISSIS- sia stato controllato con soggetti vicini alla criminalità organizzata, è rafforzata dalla pluralità di tali episodi, indice dell’abitualità della frequentazione di soggetti gravati da precedenti penali.

Ai fini di considerare “più probabile che non” la vicinanza della -OMISSIS-alla criminalità organizzata, attraverso i suoi soci, è anche il rapporto di parentela con soggetti vicini a tali ambienti.

Ed invero, la “più probabile che non” vicinanza del socio unico della -OMISSIS-al clan locale è evidente, attraverso rapporti di parentela con -OMISSIS- (controllato a bordo di una autovettura con -OMISSIS-, pluripregiudicato vicino al clan -OMISSIS-) nonchè con -OMISSIS- (familiare convivente di -OMISSIS-), moglie di -OMISSIS-;
il direttore tecnico della -OMISSIS-, è convivente con -OMISSIS- (controllato in occasione di accertamenti effettuati per identificare soggetti vicini e/o fiancheggiatori di -OMISSIS-, detenuto e ritenuto elemento gravitante in organizzazioni criminali).

La Corte costituzionale (sentenza n. 57 del 26 marzo 2020) ha fatto riferimento a situazioni indiziarie, che sviluppano e completano le indicazioni legislative, costruendo un sistema di tassatività sostanziale, individuate da questa Sezione. Tra queste: i provvedimenti “sfavorevoli” del giudice penale;
le sentenze di proscioglimento o di assoluzione, da cui pure emergano valutazioni del giudice competente su fatti che, pur non superando la soglia della punibilità penale, sono però sintomatici della contaminazione mafiosa;
la proposta o il provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione previste dallo stesso d.lgs. n. 159 del 2011;
i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”;
i contatti o i rapporti di frequentazione, conoscenza, colleganza, amicizia;
le vicende anomale nella formale struttura dell’impresa e nella sua gestione, incluse le situazioni in cui la società compie attività di strumentale pubblico sostegno a iniziative, campagne antimafia, antiusura, antiriciclaggio, allo scopo di mostrare un “volto di legalità” idoneo a stornare sospetti o elementi sostanziosi sintomatici della contaminazione mafiosa;
la condivisione di un sistema di illegalità, volto ad ottenere i relativi “benefici”;
l’inserimento in un contesto di illegalità o di abusivismo, in assenza di iniziative volte al ripristino della legalità.

A supportare il provvedimento interdittivo sono dunque sufficienti anche i rapporti di parentela, laddove assumano una intensità tale da far ritenere una conduzione familiare e una “regia collettiva” dell’impresa, nel quadro di usuali metodi mafiosi fondati sulla regia “clanica”.

Proprio con riferimento ai rapporti di parentela tra titolari, soci, amministratori, direttori generali dell’impresa e familiari che siano soggetti affiliati, organici, contigui alle associazioni mafiose, la Sezione (29 maggio 2023, n. 5227;
7 febbraio 2018, n. 820) ha chiarito che l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;
una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e rilevano le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti.

7. Quanto agli esiti dei giudizi penali (è richiamato dalla appellante, ad es., il proscioglimento di S) va rilevato che la misura cautelare di cui trattasi mira a prevenire e a impedire sul nascere meri tentativi di condizionamento malavitoso della gestione dell’impresa o di esposizione dell’impresa al pericolo concreto di infiltrazione della malavita organizzata, mentre il processo penale mira ad accertare e reprimere reati consumati o tentati;
la misura interdittiva richiede, per la sua legittima adozione, solo la presenza di un quadro indiziario significativo dei suddetti tentativi o della suddetta esposizione al pericolo di condizionamento, acquisito sulla base dei poteri di accertamento riconducibili all’Autorità di prevenzione, mentre la condanna penale richiede la piena prova del reato, in tutte le componenti della sua fattispecie, oltre ogni ragionevole dubbio, sulla base dei pieni e illimitati poteri di indagine e di accertamento propri della sede penale. Si tratta, dunque, di due realtà giuridiche distinte, temporalmente distanti e di regola non commensurabili.

Di conseguenza, la consolidata giurisprudenza amministrativa formatasi in questa materia (da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2023, n. 9982), dalla quale il Collegio non intende discostarsi, correttamente distingue nettamente le due aree di intervento e le diverse procedure, quella (amministrativa) della prevenzione in funzione di tutela della pubblica sicurezza, che costituisce la soglia di massimo avanzamento della prevenzione, rispetto a quella (giudiziaria) della repressione dei reati commessi (Corte cost. nn. 180 e 118 del 2022;
n. 178 del 2021;
n. 57 del 2020;
Cons. Stato, Ad. plen., 6 aprile 2018, n. 3;
id., sez. III, 4 gennaio 2022, n. 21;
id., sez. I, pareri, 20 marzo 2023, n. 487).

Altrettanto pacifica è la condivisa giurisprudenza che ha chiarito che gli elementi posti a base dell’informativa possono essere anche non penalmente rilevanti o non costituire oggetto di procedimenti o di processi penali o, addirittura e per converso, possono essere già stati oggetto del giudizio penale, con esito di proscioglimento o di assoluzione (Cons. Stato, sez. III, 22 maggio 2023, n. 5024;
16 maggio 2023, n. 4856;
29 settembre 2022, n. 9558).

Se la logica e la ragion d’essere stessa dell’istituto delle informazioni antimafia consistono nella massima anticipazione, in funzione preventiva, della reazione dell’ordinamento alle prime manifestazioni di possibili tentativi di infiltrazione malavitosa nella conduzione e negli indirizzi dell’impresa, allora è da respingere l’idea che gli sviluppi e le acquisizioni successivi alla data di adozione dell’informativa interdittiva, emersi e acquisiti nella sede penale, possano o debbano essere posti a raffronto con le considerazioni e i giudizi in precedenza espressi dal Prefetto e fungere da parametro di giudizio ex post della legittimità dell’interdittiva stessa (Cons. Stato, sez. III, 22 novembre 2023, n. 9982).

Vale aggiungere che tali conclusioni non implicano che i suddetti sviluppi ed esiti siano assolutamente irrilevanti o non debbano essere presi in alcuna considerazione dal Giudice amministrativo, ma solo che possono incidere sul giudizio di legittimità soltanto quando forniscano la prova certa ed evidente di un macroscopico errore originario di cognizione del fatto e di giudizio nel quale sia incorsa l’Autorità prefettizia, ipotesi che, a giudizio del Collegio, non ricorre nella fattispecie concreta qui in esame.

Come chiarito dalla Sezione (14 luglio 2023, n. 6896), non merita adesione la tesi secondo la quale il giudizio di pericolo di esposizione a forme di condizionamento malavitoso delle imprese, per come affermato e motivato nelle informazioni interdittive impugnate, debba o possa essere confutato alla luce degli svolgimenti e delle sopravvenienze intervenuti nella parallela sede penale e delle misure di prevenzione e di controllo giudiziario, poiché un tale approccio condurrebbe a un’impropria sovrapposizione ex post del giudizio dell’Autorità giudiziaria penale alla valutazione compiuta ex ante dall’Autorità prefettizia.

In tal senso la Sezione ha più volte sottolineato (sentenza 16 giugno 2022, n. 4912) che l’impugnazione dell’interdittiva antimafia si configura quale giudizio non sul rapporto ma sull’atto, la cui legittimità va scrutinata alla stregua del canone tempus regit actum , sulla base dello stato di fatto e di diritto sussistente al momento della sua adozione (sentenza 12 settembre 2023, n. 8269). Pertanto, sono tendenzialmente irrilevanti, in punto di scrutinio della legittimità dell’informativa adottata anche sulla base di atti emanati dalla Autorità giudiziaria penale, le successive vicende del medesimo procedimento penale, fatta salva la facoltà per la parte interessata di avanzare, sulla base delle stesse sopravvenienze, una motivata istanza di riesame della misura interdittiva (ord. 19 maggio 2023, n. 2013).

Ed invero, ciò che retrospettivamente – alla luce degli approfondimenti probatori successivamente effettuati nella sede penale e nella sede delle misure di controllo giudiziario di competenza dell’Autorità giudiziaria – può perdere di consistenza o rivelarsi non assistito da sufficienti basi probatorie, ben può, invece, se considerato dall’angolo prospettico anticipatorio della Prefettura e nel momento temporale dell’adozione della misura interdittiva, risultare più che sufficiente a sorreggere la logicità, la razionalità e dunque la legittimità della misura adottata.

Naturalmente le sopravvenienze rilevano prospetticamente de futuro, in quanto premessa e presupposto di una revisione, da parte della competente Autorità prefettizia, della posizione dell’impresa prevenuta, essendo espressamente previsto dalla normativa di settore l’aggiornamento periodico, anche su domanda di parte (art. 91, comma 5, ultimo periodo, del codice delle leggi antimafia, secondo cui “ il Prefetto, anche sulla documentata richiesta dell'interessato, aggiorna l'esito dell'informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa ”).

Ciò che risulta del resto essere fisiologicamente avvenuto nel caso di specie, nel quale la Prefettura di Napoli ha adottato l’interdittiva e negato l’iscrizione della -OMISSIS-nell’elenco dei fornitori di beni, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa. Ed è proprio in tale “dinamicità” intrinseca al sistema delle misure di prevenzione antimafia che – come si ribadirà più avanti – si coglie il punto di equilibrio e di raccordo tra prevenzione, meccanismi di accompagnamento e di sostegno al risanamento e alla bonifica dell’impresa e accertamento penale dei reati.

Alla luce dei criteri di giudizio ora richiamati il Collegio giudica dunque infondata e da respingere la censura, dedotta e riproposta nell’appello e nella memoria di parte appellante, volta a utilizzare le sopravvenienze penali per dimostrare una supposta illegittimità della interdittiva impugnata.

8. Non costituisce prova della illegittimità del provvedimento prefettizio la circostanza che signor -OMISSIS- abbia ottenuto il porto d’armi, circostanza questa che può al più giustificare una nuova verifica, da parte dell’Autorità competente, dell’esistenza dei presupposti per il rilascio del titolo, anch’esso di natura cautelare e dunque fondato sulla mancanza di qualsiasi pericolo di abuso e sulla rispecchiata figura del richiedente. Il porto d’armi può essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l’ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività (Cons. Stato, sez. III, 20 gennaio 2023, n. 726).

9. Gli elementi sopra rappresentati, letti in una visione unitaria e non atomistica, sono sufficienti a supportare l’impugnato diniego di iscrizione nella White list e l’interdittiva, con la conseguenza che il Collegio può prescindere dall’esaminare gli ulteriori singoli fatti contestati dall’appellante (ad es. avere o meno reagito all’estorsione), la cui fondatezza non sarebbe in grado di incidere sulla conclusione alla quale è pervenuto il Prefetto di Napoli.

Gli elementi di fatto valorizzati dal provvedimento prefettizio devono essere, infatti, valutati non atomisticamente, ma in chiave unitaria, secondo il canone inferenziale – che è alla base della teoria della prova indiziaria - quae singula non prosunt, collecta iuvant , al fine di valutare l’esistenza o meno di un pericolo di una permeabilità dell’impresa dell’appellante a possibili tentativi di infiltrazione da parte della criminalità organizzata, secondo la valutazione di tipo induttivo che la norma attributiva rimette al potere cautelare dell’amministrazione, il cui esercizio va scrutinato alla stregua.

10. In conclusione, il coacervo di indizi che resistono ai motivi di appello sono sufficienti a supportare l’impugnata interdittiva.

Come si è detto, la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. Stato, sez. III, 20 aprile 2022, n. 2985;
id. 18 aprile 2018, n. 2343).

11. L’infondatezza dei motivi dedotti avverso l’interdittiva del 9 gennaio 2023 comporta la conferma dei provvedimenti di revoca degli otto finanziamenti disposti in data 16 gennaio 2023 da -OMISSIS- e della aggiudicazione disposta dal Comune di -OMISSIS- con provvedimento n. -OMISSIS-, nonché della annotazione al casellario informatico disposta dall’A.N.A.C., tutti impugnati per illegittimità derivata dalla asserita illegittimità del provvedimento prefettizio.

12. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

13. Per il coacervo di ragioni sopra esposte l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio nei confronti delle parti costituite e per esonerare dalla rifusione delle spese nei confronti del Comune di -OMISSIS- e della Autorità Nazionale Anticorruzione – A.N.A.C., non costituiti in giudizio.

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