Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-12-23, n. 202108523
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Pubblicato il 23/12/2021
N. 08523/2021REG.PROV.COLL.
N. 01147/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1147 del 2021, proposto da
G G, rappresentata e difesa dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Luca Giordano n. 15;
contro
Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 1522/2020, resa tra le parti;
Visti il ricorso in ottemperanza e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2021 il Cons. F D L e uditi per le parti gli avvocati Riccardo Zenone per delega dell'avv. G M e dello Stato Giovanni Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Rilevato che:
- con ricorso dinnanzi al Tar Lazio, Roma, la Sig.ra Galati ha impugnato: a) l’Avviso della Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di valutazione – MIUR, prot. n. AOODGOSV. REGISTRO UFFICIALE .U. 0005636 del 2 aprile 2019, recante chiarimenti ed informazioni ai cittadini italiani che avevano concluso in Romania i percorsi denominati Programului de Studii psichopedogogice, Nivel I e Nivel II , e ne avevano chiesto il riconoscimento in Italia, laddove il Ministero resistente comunicava che i suddetti percorsi formativi non erano idonei a soddisfare i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della direttiva 2005/36/CE e successive modifiche, e che, pertanto, le istanze di riconoscimento presentate sulla base dei suddetti titoli erano da considerarsi rigettate;b) le note del 7 gennaio 2019 e delll’11 maggio 2018, con le quali il CIMEA forniva una risposta al quesito posto dal Ministero resistente in ordine al valore dei titoli di studio “ Adeverintã ”,
laddove si affermava che tale attestazione fosse condizione necessaria ma non sufficiente per esercitare la professione di insegnante;
- il Tar adito con sentenza n. 10503 del 2019 ha rigettato il ricorso;
- l’odierna parte ricorrente ha appellato la sfavorevole sentenza di prime cure;
- la Sezione, in accoglimento dell’appello, con la sentenza ottemperanda (n. 1522/2020), ha ravvisato l’illegittimità degli atti censurati in prime cure, precisando –attraverso il rinvio ad un precedente giudiziario emesso a soluzione di una controversia analoga – che, da un lato, la parte ricorrente era “ in possesso, per un verso, del titolo di studio della laurea conseguito in Italia e, per un altro verso, dell’abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania ”;dall’altro, l’Amministrazione intimata, lungi dal poter valorizzare l’erronea interpretazione delle autorità rumene, “ è chiamata unicamente alla valutazione indicata dalla giurisprudenza appena richiamata, cioè alla verifica che, per il rilascio del titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno ”;
- con la sentenza n. 7051/2020, la Sezione, riscontrato che la sentenza di cognizione n. 1522/2020 non era stata eseguita, ha accolto un primo ricorso ex art. 112 c.p.a.;
- nella fase di riedizione del potere il Ministero, con decreto n. 2078 del 14.12.2020, ha nuovamente rigettato l’istanza di parte, verificato che:
a) “ in riferimento all’istanza di riconoscimento della classe di concorso A-28 MATEMATICA E SCIENZE, non viene menzionata alcuna abilitazione all’insegnamento della Matematica, né nell’attestazione del Ministero rumeno, né nel percorso professionalizzante svolto dall’interessata ”;
b) “ in riferimento all’istanza di riconoscimento della classe di concorso ADMM - SOSTEGNO, non consta abilitazione in quanto risulta mancante l’attestazione del Ministero rumeno e che, seppure venisse ivi menzionata, non potrebbe essere riconosciuta per mancata corrispondenza (comma 1 dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2007) tra l'ordinamento scolastico rumeno - nel quale il suddetto insegnamento rientra nell'ambito di insegnamento speciale in apposite scuole speciali - e l'ordinamento scolastico italiano, nel quale tale insegnamento è svolto nelle classi comuni con il supporto dell'insegnante di sostegno ”;
- la parte privata, ricorrendo nuovamente in sede di ottemperanza, ha censurato l’elusione del pregresso giudicato di annullamento, ritenendo che l’Amministrazione avesse illegittimamente rigettato la propria istanza di riconoscimento della qualifica professionale, omettendo di provvedere al riesame secondo i criteri conformativi ritraibili dalla pronuncia di cognizione;
- in particolare, l’odierna parte ricorrente ha chiesto: a) l’ottemperanza della decisione del Consiglio di Stato n. 1522/2020, confermata con successiva decisione del Consiglio di Stato n. 7051/2020;b) l’accertamento e la declaratoria di nullità, ex art. 114, co. 4, lett. b) cod. proc. amm. e art. 21 septies della L. 7 agosto 1990 n. 241, del decreto n. 2078 del 14.12.2020, nella parte in cui ha rigettato l’istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita in Romania per l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno (classi di concorso ADMM - Sostegno);ovvero c) l’annullamento del medesimo decreto siccome radicalmente illegittimo per violazione delle direttive 2005/36/Ce e 2013/55/UE;
- il Ministero intimato si è costituito in giudizio;
- la parte ricorrente ha insistito nelle proprie conclusioni con memoria del 23 marzo 2021;
- la Sezione ha accolto l'istanza cautelare articolata nel ricorso in appello e, per l'effetto, ha sospeso l’efficacia del decreto dirigenziale impugnato, nella parte in cui recava il diniego dell’istanza di riconoscimento della classe di concorso ADMM – SOSTEGNO;
- in vista della camera di consiglio fissata per la discussione del ricorso, il Ministero intimato ha depositato una relazione difensiva e il decreto di diniego per cui è causa, mentre la parte ricorrente ha insistito nelle proprie conclusioni con il deposito di memoria difensiva in data 3 dicembre 2021;
- con istanza del 20 dicembre 2021 il Ministero intimato ha chiesto “ la concessione di un rinvio, anche per la prossima udienza, al fine di depositare nuova documentazione ” relativa al presente giudizio;
- la causa è stata trattenuta in decisione nella camera di consiglio del 21 dicembre 2021;
Considerato che:
- non può essere accolta l’istanza di rinvio presentata dall’Amministrazione statale in data 20 dicembre 2021, ostandovi il disposto di cui all’art. 73, comma 1 bis, c.p.a. ( ratione temporis applicabile nella specie, in quanto vigente alla data di celebrazione della camera di consiglio del 21 dicembre 2021), che ammette il rinvio della trattazione della causa solo per casi eccezionali;
- anche la giurisprudenza formatasi anteriormente dell’inserimento del comma 1 bis nell’ambito dell’art. 73 c.p.c. (avvenuta per effetto dell’art. 17, comma 7, lett. a), n. 2, D.L. n. 80/2021 convertito con modificazioni dalla L. n. 113/21), aveva precisato come non esistesse “ norma giuridica o principio di diritto che attribuisca al ricorrente il diritto al rinvio della discussione del ricorso, ancorché motivato dall'esigenza di acquisire i mezzi istruttori necessari per la migliore difesa in giudizio, atteso che la parte interessata ha solo la facoltà di illustrare al giudice le ragioni che potrebbero giustificare il differimento dell'udienza o la cancellazione della causa dal ruolo, ma la decisione finale in ordine ai concreti tempi della discussione spetta comunque al giudice, il quale deve verificare l'effettiva opportunità di rinviare l'udienza, giacché solo in presenza di situazioni particolarissime, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, il rinvio dell'udienza è per lui doveroso, e in tale ambito si collocano, fra l'altro, i casi di impedimenti personali del difensore o della parte, nonché quelli in cui, per effetto delle produzioni documentali effettuate dall'Amministrazione, occorra riconoscere alla parte, che ne faccia richiesta, il termine di sessanta giorni per la proposizione dei motivi aggiunti (Consiglio di Stato sez. V, 22/02/2010, n.1032;Cons. Stato, Sez. III, 30 novembre 2018, n. 6823;Consiglio di Stato sez. II, 27/11/2019, n.8100) ” (Consiglio di Stato, sez. III, 3 marzo 2021, n. 1802).
- avuto riguardo al caso di specie, in assenza di puntuali allegazioni dell’Amministrazione istante, non sussistono quei “casi eccezionali” e, comunque, quelle “situazioni particolarissime” che impongono un rinvio della causa;
- il Ministero si è infatti limitato, peraltro il giorno prima della camera di consiglio fissata per la discussione del ricorso, a chiedere un rinvio della causa per depositare nuova documentazione, senza specificare, da un lato, quali fossero i documenti da acquisire tardivamente al giudizio – il che sarebbe stato necessario per permettere al Collegio di valutare l’ammissibilità e la rilevanza della nuova produzione ai fini della decisione –;dall’altro, le ragioni per le quali la produzione documentale nel termine di legge fosse risultata estremamente difficile, ai sensi di quanto prescritto dall’art. 54, comma 1, c.p.a.;
- la sentenza ottemperanda non assume natura autoesecutiva, avendo imposto all’Amministrazione, nella fase di riedizione del potere, di procedere ad un nuovo esame della posizione soggettiva di ciascun ricorrente, alla stregua dei criteri conformativi dettati nella parte motiva del titolo giudiziale;
- la parte ricorrente argomenta la propria impugnazione sul presupposto che “ il Ministero resistente respingeva l’istanza del/la ricorrente con riferimento alle classi di concorso ADMM – Sostegno, adducendo argomentazioni che, invero, mal celavano l’intento di eludere il comando giudiziale, rispetto al quale si ponevano in insanabile contrasto. In particolare, veniva affermato che «non consta abilitazione in quanto risulta mancante l’attestazione del Ministero rumeno e che, seppure venisse ivi menzionata, non potrebbe essere riconosciuta per mancata corrispondenza (comma 1 dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2007) tra ordinamento scolastico rumeno – nel quale il suddetto insegnamento rientra nell’ambito di insegnamento speciale in apposite scuole speciali – e l’ordinamento scolastico italiano, nel quale tale insegnamento è svolto nelle classi comuni con il supporto dell’insegnante di sostegno» ”;
- anche nello svolgimento delle censure dirette a contestare la violazione o l’elusione del giudicato, la parte ricorrente sembra riferirsi specificatamente al diniego di riconoscimento in relazione alla classe di concorso ADMM-Sostegno, rilevando che il Ministero ha respinto “ l’istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita in Romania per l’insegnamento in favore degli alunni in condizioni di handicap o con difficoltà di apprendimento sulla scorta dell’assunto secondo il quale tale equiparazione sarebbe impedita dalla non perfetta corrispondenza degli ordinamenti didattici ”;
- parimenti, l’epigrafe del ricorso in esame opera un puntuale riferimento al decreto ministeriale per cui è causa, “ nella parte in cui reca il rigetto dell’istanza di riconoscimento della qualifica professionale conseguita in Romania per l’abilitazione all’insegnamento sul sostegno (classi di concorso ADMM - Sostegno) ”;
- l’oggetto del presente giudizio è, dunque, limitato all’istanza di riconoscimento della qualifica professionale acquisita in Romania, in relazione alla classe di concorso ADMM-Sostegno, denegata dal Ministero per due ragioni, riferite all’assenza di un’attestazione del Ministero rumeno in ordine all’abilitazione e, comunque, alla mancata corrispondenza tra l’ordinamento scolastico rumeno e italiano;
- il ricorso deve trovare accoglimento, dovendosi ritenere che il decreto impugnato si ponga in contrasto con il giudicato rappresentato dalla sentenza della Sezione n. 1522/2020;
- all’esito del giudizio di cognizione, il riesame incombente sulla p.a., lungi dal consistere nella verifica degli elementi formali propri di ogni domanda, avrebbe dovuto infatti riguardare la valutazione del percorso formativo seguito da ciascun appellante, come attestato dal titolo estero in proprio possesso, per verificare la sussistenza delle condizioni per accogliere l’istanza di riconoscimento all’uopo presentata in sede procedimentale;
- il Decreto impugnato si pone, invece, in contrasto con il precedente giudicato, poiché giustifica il diniego sulla base dei seguenti elementi: a) la presentazione, a corredo dell’istanza de qua, di documentazione non rispondente ai requisiti formali prescritti dall’art.13 della citata Direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013;b) un’Attestazione del Ministero dell’Educazione Nazionale della Romania, recante la dichiarazione che il titolo indicato nel dispositivo conferiva, in Romania, all’interessata il diritto all’insegnamento nel campo Biologia;c) la nota n. 40527 del 26.11.2018 con cui il Ministero dell’Educazione Nazionale della Romania chiariva che la suddetta certificazione era “ condizione necessaria, ma non sufficiente ” per poter insegnare nel sistema educativo pre-universitario rumeno;d) la mancata corrispondenza della suddetta attestazione a quanto previsto in materia ai sensi della suddetta Direttiva 2013/55/UE del 20 novembre 2013, art. 13;e) in riferimento all’istanza di riconoscimento della classe di concorso ADMM – SOSTEGNO (rilevante ai fini dell’odierno giudizio), le circostanze per cui “ non consta abilitazione in quanto risulta mancante l’attestazione del Ministero rumeno e che, seppure venisse ivi menzionata, non potrebbe essere riconosciuta per mancata corrispondenza (comma 1 dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2007) tra l’ordinamento scolastico rumeno - nel quale il suddetto insegnamento rientra nell'ambito di insegnamento speciale in apposite scuole speciali - e l’ordinamento scolastico italiano, nel quale tale insegnamento è svolto nelle classi comuni con il supporto dell’insegnante di sostegno ”;
- nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali o comunque scritti difensivi;
- la motivazione costituisce, infatti, il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata e, per questo, un presidio di legalità sostanziale insostituibile, nemmeno mediante il ragionamento ipotetico che fa salvo, ai sensi dell'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, il provvedimento affetto dai cosiddetti vizi non invalidanti (Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 2018, n. 5984);
- pertanto, non potrebbe provvedersi all’integrazione della motivazione dell’atto gravato sulla base di deduzioni per la prima volta svolte in sede giurisdizionale, riportate in relazioni successive all’adozione del provvedimento amministrativo e formate in funzione della difesa in giudizio;
- come anticipato, il provvedimento impugnato non adempie al comando derivante dall’ottemperanda sentenza, come già argomentato dalla Sezione in riferimento al contenzioso in esame (cfr. Cons. St. n. 7111/2021: “ il giudizio di ottemperanza si risolve nell'interpretazione della sentenza ottemperanda, scomponendosi, invero, la decisione da assumere in tale sede in una triplice operazione logica di interpretazione del giudicato al fine di individuare il comportamento doveroso per la Pubblica amministrazione in sede di esecuzione, accertamento del comportamento in effetti tenuto dalla medesima amministrazione, valutazione della conformità del comportamento tenuto dall'amministrazione rispetto a quello imposto dal giudicato;- applicando tali coordinate al caso di specie il comportamento doveroso, chiarito dalla sentenza, non trova coerente applicazione del comportamento in effetti tenuto, dando conseguentemente luogo alla dedotta ipotesi di elusione del giudicato ”);
- nello specifico, deve evidenziarsi che i motivi di rigetto evidenziati nel provvedimento impugnato, riguardanti la carenza di documentazione o l’inidoneità della stessa, non considerano che la statuizione passata in giudicato, che il Ministero è chiamato ad adempiere, presuppone la sussistenza del titolo di studio di laurea conseguita in Italia e della abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania, in quanto elementi mai contestati durante il giudizio di cognizione (nell’ottemperanda sentenza si legge: “ in linea di fatto non appare contestato che l’odierno appellante sia in possesso per un verso, del titolo di studio di laurea conseguita in Italia e, per un altro verso, della abilitazione all’insegnamento conseguita in Romania… a fronte della sussistenza in capo all’odierno appellante sia del titolo di studio richiesto, la laurea conseguita in Italia…, sia della qualificazione abilitante all’insegnamento, conseguita presso un paese europeo, non sussistono i presupposti per il contestato diniego ”);
- in altri termini, gli aspetti relativi alla supposta carenza documentale dovevano essere, se del caso, fatti valere nel precedente giudizio di cognizione, non potendo costituire una valida ragione di rigetto dell’istanza della parte ricorrente, una volta consolidatasi una statuizione giurisdizionale che impone al Ministero di rivalutare la posizione dell’appellante solo rispetto alla “ verifica che, per il rilascio del titolo di formazione ottenuto in un altro Stato membro al termine di formazioni in parte concomitanti, la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno ”;
- pertanto, non può assumere valore dirimente la mancanza di un’attestazione formale delle autorità estere, precisando la sentenza ottemperanda l’impossibilità di valorizzare l’erronea interpretazione delle autorità rumene e, per l’effetto, essendo chiamata l’Amministrazione “ unicamente alla valutazione indicata dalla giurisprudenza appena richiamata ”, con conseguente necessità di verificare, in concreto, la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni in raffronto;valutazione non emergente dal diniego censurato nella presente sede giudiziaria;
- anche l’assunto per cui “ seppure venisse ivi menzionata [l’attestazione del Ministero rumeno] non potrebbe essere riconosciuta per mancata corrispondenza (comma 1 dell’art. 3 d.lgs. n. 206/2007) tra l'ordinamento scolastico rumeno - nel quale il suddetto insegnamento rientra nell'ambito di insegnamento speciale in apposite scuole speciali - e l'ordinamento scolastico italiano, nel quale tale insegnamento è svolto nelle classi comuni con il supporto dell'insegnante di sostegno ” si pone in contrasto con il giudicato rappresentato dalla sentenza n. 1522/2020, che ha già superato tale rilievo;
- invero, il Ministero, nel precedente provvedimento di diniego, poi annullato dalla sentenza n. 1522 cit., aveva richiamato, in astratto, le differenze che esisterebbero tra Romania e Italia nel quomodo dell’erogazione del servizio pubblico dell’insegnamento di sostegno (vedasi la nota del 2 aprile 2019 che reca una motivazione analoga a quella contenuta nel provvedimento impugnato in questa sede);
- tale assunto è stato contraddetto dall’ottemperanda sentenza, in sintonia con l’ulteriore giurisprudenza della Sezione espressasi al riguardo in termini ancora più espliciti nei seguenti termini: “ il Ministero, difatti, si è limitato a riscontrare una diversa modalità di organizzazione del servizio pubblico di insegnamento sul sostegno, in Romania e in Italia, ma non ha indicato le ragioni per le quali il livello delle conoscenze e delle qualifiche comunque attestato dal titolo estero, anche ove riferito all’insegnamento nell’ambito delle scuole speciali, tenuto conto della natura e della durata degli studi, non sia idoneo a soddisfare, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività de qua nell’ambito dell’ordinamento italiano ” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2020 n. 8144);
- l’aver reiterato la motivazione del precedente provvedimento annullato integra gli estremi dell’inottemperanza del giudicato;
- deve, dunque, ordinarsi l’ottemperanza della sentenza n. 1522/2020 della Sezione, occorrendo che il Ministero intimato provveda al riesame della posizione della ricorrente, nel rispetto dei criteri conformativi ritraibili dalla parte motiva del medesimo titolo giudiziale;
- in particolare, in applicazione delle statuizioni recate nella sentenza ottemperanda, il Ministero intimato deve nuovamente esaminare la documentazione specificatamente riferita alla posizione dell’odierna parte ricorrente, raffrontando, anche alla stregua delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza europea richiamata, da un lato, la qualificazione attestata dai diplomi, certificati e altri titoli nonché dall’esperienza professionale maturata dalla parte ricorrente nel settore e, dall'altro, la qualificazione professionale richiesta dalla normativa nazionale per l’esercizio della professione corrispondente;
- all’esito di tale procedura di valutazione comparativa, il Ministero, valutato il percorso formativo seguito dalla parte ricorrente come attestato dal titolo estero in proprio possesso (avuto riguardo alla “ durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni ”), deve verificare se sussistano le condizioni per accogliere l’istanza di riconoscimento presentata in sede procedimentale;
- per mera completezza, si rileva come non siano utilmente invocabili nell’odierno giudizio precedenti giurisprudenziali, resi a definizione di giudizi pendenti inter alios (come tali non opponibili all’odierna parte ricorrente), intervenuti in sede di cognizione o, comunque, in relazione a provvedimenti con cui il Ministero aveva riscontrato la propria incompetenza a provvedere o aveva svolto un esame specifico sul percorso di formazione estera seguito dall’istante, dandone evidenza in motivazione;
- nel presente giudizio, infatti, da un lato, si fa questione di ottemperanza di una sentenza di cognizione, recante un accertamento irretrattabile nei confronti dell’Amministrazione, come tale non più riesaminabile nella presente sede processuale, dall’altro, alla stregua di quanto emergente dal decreto impugnato, non soltanto non risulta opposta dall’Amministrazione una propria incompetenza a provvedere, ma neppure risulta eseguita quella verifica concreta - riguardante il percorso di formazione seguito dalla parte ricorrente - imposta dalla sentenza di cognizione;
- le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a carico del Ministero intimato nella misura indicata in dispositivo;