Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-18, n. 202308412

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-09-18, n. 202308412
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308412
Data del deposito : 18 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/09/2023

N. 08412/2023REG.PROV.COLL.

N. 05020/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5020 del 2023, proposto dall’ Azienda Sanitaria Regionale del Molise – A.S.Re.M., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato S D P, domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della Regione Molise, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Molise, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore , del Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , del Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore , e della Presidenza del Consiglio de Ministri – Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, 11 aprile 2023, n. 104, resa tra le parti, concernente la riduzione del budget di spesa sanitaria;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione dell’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., della Regione Molise, del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della Regione Molise, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero della salute, e della Presidenza del Consiglio de Ministri – Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano;

relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 settembre 2023 il consigliere Luca Di Raimondo e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel giudizio di primo grado definito con la sentenza oggetto del presente appello, l’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., (di seguito anche “Istituto”) ha chiesto l’annullamento, pervia sospensione, del provvedimento della Direzione Generale dell’A.S.Re.M. n. prot. 33179 del 20 aprile 2018, avente ad oggetto la “ autorizzazione provvisoria budget prestazioni di Riabilitazione ex art. 26 legge n. 833/78 anno 2018 ” e, nei limiti dell’interesse della ricorrente, del decreto del Commissario ad acta per l'attuazione del Piano di Rientro dai disavanzi del settore sanitario della Regione Molise assunto al prot. n. 37 del 28 giugno 2017, avente ad oggetto la “ Definizione dei limiti di finanziamento delle prestazioni sanitarie acquistabili dal sistema sanitario regionale per le annualità 2016-2017-2018, nel rispetto dell'equilibrio economico – finanziario della Regione Molise, Provvedimenti ”.

Il Tar Molise:

- con decreto presidenziale 13 giugno 2028, n. 131 ha accolto la domanda di misure cautelari monocratiche, ai sensi dell'art. 56 c.p.a.;

- con ordinanza cautelare 12 luglio 2018, n. 148, riformata da questa Sezione con ordinanza 12 ottobre 2018, n. 4987, ha accolto la domanda di sospensiva proposta interinalmente;

- con sentenza 11 aprile 2023, n. 105, ha accolto il ricorso.

2. Con appello notificato in data 8 giugno 2023 e depositato il 12 giugno successivo, la Azienda Sanitaria Regionale del Molise – A.S.Re.M. (di seguito anche “Azienda”) ha impugnato, chiedendone la riforma previa istanza cautelare, la sentenza indicata, con la quale il Tribunale molisano ha definito il giudizio, rigettando varie eccezioni preliminari sollevate dall’Azienda in ordine all’irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità del ricorso e annullando, nei sensi di cui in motivazione e nei limiti dell’interesse della ricorrente, il d.C.A. n. 37/2017 e il provvedimento dell’A.S.Re.M. n. prot. 33179/2018.

L’appellante affida il proprio gravame a quattro motivi di censura, con i quali ripropone in chiave critica rispetto alla sentenza impugnata le difese svolte in primo grado, lamentando:

1. Error in iudicando. Violazione dell’art. 35, comma 1, lettera b), del cod. proc. amm., per l’inammissibilità del ricorso di primo grado, a causa dell’omessa notifica ad almeno un controinteressato, ai sensi dell’art. 41, comma 2, del cod. proc. amm. ”: con tale mezzo, l’A.S.Re.M ripropone l’eccezione sollevata in primo grado di inammissibilità del ricorso, ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lett. a), c.p.a., per omessa notifica ad almeno un controinteressato, così come imponeva il successivo articolo 41, comma 2, atteso che (almeno) un’altra casa di cura nutrirebbe un interesse uguale e contrario a quello azionato dall’appellata in prime cure ;

2. Error in iudicando. Violazione dell’art. 35, comma 1, lettera c), del cod. proc. amm., per la improcedibilità del ricorso di primo grado, a causa del sopravvenire meno dell’interesse ad una decisione di merito ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ. ”: il motivo ripropone l’eccezione di improcedibilità del ricorso proposto dall’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., ai sensi dell’articolo 35, comma 1, lett. c), del cod. proc. amm., per essere venuto meno l’originario interesse della suddetta struttura ad una decisione nel merito, essendo stato il provvedimento impugnato superato dagli atti con i quali il budget per la casa di cura è stato determinato in via definitiva e sempre per il 2018;

3. Error in iudicando. Violazione dell’art. 35, comma 1, lettera c), del cod. proc. amm., per la improcedibilità del ricorso di primo grado, a causa del sopravvenire meno dell’interesse ad una decisione di merito ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ. ”: l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza del Tar per la parte in cui ha rigettato la seconda eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado in virtù dell’avvenuta sottoscrizione da parte della società appellata della clausola di salvaguardia contenuta nel contratto di budget stipulato in data 14 maggio 2019;

4. Error in iudicando. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e carenza di presupposti. Violazione degli artt. 8 quater e quinquies d.lgs. n. 502/1992. ”: con il motivo in parola, l’appellante lamenta l’erroneità nel merito della decisione dei primi giudici, che hanno messo in connessione la decisione sull’individuazione del budget con le determinazioni assunte in merito al setting assistenziale (numero di posti letti accreditati) dell’Istituto di Riabilitazione Fisiomedica Loretana S.r.l., atteso che la riduzione dei tetti di spesa con decreto commissariale n. 37/2017 è stata assunta avendo come presupposto il “ quadro economico generale approvato con il P.O.S 2015-2018 ” (non oggetto di annullamento giurisdizionale) e non è legata da un rapporto di conseguenzialità rispetto alle annullate previsioni dello stesso P.O.S. sulla riduzione dei posti letto accreditati, in origine disposta per l’appellata.

Si sono costituiti in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero della salute, la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano con atto depositato il 29 giugno 2023, e l’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., con atto depositato il 3 luglio 2023.

Il 3 luglio 2023 hanno depositato memoria difensiva in vista della camera di consiglio del 6 luglio 2023 il Commissario ad acta e i la Regione Molise.

Hanno presentato memoria ex articolo 73 c.p.a. l’Azienda e l’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l. con atti depositati rispettivamente il 13 luglio 2023 e il 21 luglio 2023.

All’udienza camerale del 6 luglio 2023, l’Azienda ha rinunciato alla domanda cautelare e la causa è stata rinviata all’udienza di merito del 14 settembre 2023, nella quale la causa è passata in decisione.

3. Prima di analizzare il mezzo di gravame riguardante il merito, è preliminare l’esame dei motivi con cui l’appellante ripropone le eccezioni in rito sollevate in primo grado e respinte dal Tar.

Come già osservato, l’Azienda ha eccepito che il ricorso di prime cure fosse:

- irricevibile, per la parte avente ad oggetto la richiesta di annullamento del decreto commissariale n. 37/2018, già conoscibile sin dal momento della sua pubblicazione nel B.U.R.M. n. 36 del 15 luglio 2017;

- inammissibile, per omessa notifica ad almeno un controinteressato (una casa di cura che vantasse un interesse diretto e concreto a poter contare su un budget maggiore di quello derivante dell’eventuale accoglimento del ricorso);

- improcedibile, perché avente ad oggetto la richiesta di annullamento di un provvedimento superato dai successivi (atti di determinazione in via definitiva del budget );

- improcedibile, a causa della presenza della clausola di salvaguardia nel contratto di budget sottoscritto dalla Loretana in data 14 maggio 2019.

Il terzo motivo di appello, contenente la riproposizione della seconda eccezione di improcedibilità, è fondato e la sentenza impugnata deve essere riformata.

4. Il Tar Molise condivide l’orientamento “ giurisprudenziale che, nel riconoscere la piena legittimità delle cc.dd. clausole di salvaguardia, intese a garantire l'essenziale interesse pubblico alla corretta e appropriata fornitura del primario servizio della salute, ha in pari tempo posto in rilievo come, in via di principio, le eventuali riserve, unilateralmente introdotte dalle strutture private, debbano intendersi come non apposte. ”.

E, tuttavia, attribuisce valenza particolare alla fattispecie, che si atteggerebbe a vicenda a sé e che si sottrae all’ambito ordinario di applicazione della disciplina delle clausole di salvaguardia, nella misura in cui “ dal verbale di sottoscrizione dell’accordo contrattuale per l’erogazione di prestazioni riabilitative extra ospedaliere per gli anni 2016-2017-2018, datato 10-5-2019, emerge l’esistenza non già di una mera riserva unilaterale, ma di una pattuizione, intercorsa tra entrambi i paciscenti

(pubblico e privato) ”.

In altre parole, secondo i primi giudici, le dichiarazioni delle parti contenute nel verbale del 10 maggio 2019 priverebbero la clausola di salvaguardia, sottoscritta in occasione del contratto di acquisto di prestazioni sanitarie stipulato il successivo 14 maggio 2019, della portata tipica di rinuncia a qualsiasi azione presente e futura, atteso che “ non viene dunque in considerazione una mera “riserva” unilaterale di Fisiomedica, ma una pattuizione scientemente concordata da ambo le parti, intesa proprio a escludere che il presente contenzioso potesse ricadere nell’ambito applicativo della clausola in esame .”.

5. Osserva al riguardo il Collegio che il contratto del 14 maggio 2019 è un atto avente natura meramente privatistica di autoregolamentazione degli interessi delle parti pubblica e privata, che, da un lato, rimanda ad un atto amministrativo di determinazione del budget e, dall’altro, contiene la cosiddetta “clausola di salvaguardia”.

La disciplina concernente gli effetti prodotti da atti amministrativi presupposti all’atto negoziale è stata demandata dalle parti all’articolo 12 del contratto nei seguenti termini: “ 1. Con la sottoscrizione del presente contratto la Struttura accetta espressamente, completamente ed incondizionatamente il contenuto e gli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e ogni altro atto agli stessi collegato e presupposto, in quanto atti che determinano il contenuto del contratto.

2. In considerazione dell’accettazione dei provvedimenti indicati sub comma 1(ossia i provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, delle tariffe ed ogni altro atto agli essi collegato e presupposto) con la sottoscrizione del presente contratto, la struttura privata rinuncia alle azioni/impugnazioni già intraprese avverso i predetti provvedimenti ovvero ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili.

3. In caso di emanazione di norme legislative incidenti sul contenuto del contratto stipulato, lo sesso deve ritenersi automaticamente modificato ed integrato, fatti salvi gli effetti prodotti. ”.

La funzione di detta clausola è, in tutta evidenza, quella di evitare che l’operatore economico sollevi riserve, stipulando comunque il contratto al solo fine di non incorrere nella sospensione dell’accreditamento istituzionale, secondo quanto previsto dall’articolo 8- quinquies , comma 2- quinquies , del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502.

Trattandosi di accordo negoziale, trovano applicazione le regole generali sull’interpretazione del contratto disciplinate dal Codice civile (articoli 1362-1371).

Ebbene, nel caso di specie non è possibile attribuire al contratto stipulato tra le parti una portata escludente gli effetti tipici delle clausole di salvaguardia, per una serie di concorrenti ragioni.

In primo luogo, il verbale del 10 maggio 2019 non è stato in nessun passaggio richiamato nel contratto del successivo 14 maggio 2019, che non contiene alcuna pattuizione nel senso affermato dal Tar.

Le dichiarazioni contenute nel verbale sono state superate e sostituite dal successivo accordo negoziale, vista l’intenzione della parte privata di sottoscrivere, senza riserve, il contratto di budget per l’anno 2018 e tenuto conto della dichiarazione finale contenuta nel verbale, secondo cui “ le parti concordano, pertanto, sulla sottoscrizione dell’accordo contrattuale per gli anni 2016/2018 ”, recante, appunto, anche la clausola di salvaguardia generalizzata di cui all’articolo 12, riferita a tutti i contenziosi in essere sino a quel momento, senza eccezioni.

Da un secondo punto di vista, pur volendo ammettere la possibilità per la parte pubblica di stipulare un contratto che escludesse l’inserimento della clausola di salvaguardia (e ferma restando ogni conseguenza sul piano della responsabilità amministrativa ed erariale dei funzionari che lo sottoscrivessero), le dichiarazioni contenute nel verbale non possono essere utilizzate come strumento ermeneutico della reale intenzione dei contraenti, atteso che sono precedenti e non successive al contratto del 14 maggio 2019, che le sostituisce in toto , in disparte la diversa forma dei due atti.

In altre parole, non sarebbe ragionevole, nel caso di specie, attribuire alla reale intenzione delle parti, individuabile secondo gli ordinari canoni privatistici, la volontà di assegnare al (precedente) verbale del 10 maggio 2019, la funzione di escludere dalle pattuizioni definitivamente raggiunte con il contratto del 14 ottobre 2019 anche la clausola di salvaguardia nella sua complessiva portata, secondo l’accezione che le parti hanno individuato consensualmente.

In ogni caso, la riserva dell’Istituto di Riabilitazione C.A.R.S.I.C. S.r.l., contenuta nel verbale del 10 maggio 2019, che deve essere considerato alla stregua di un atto riproduttivo delle attività di negoziazione prodromiche alla sottoscrizione del contratto, consiste in una postilla (unilaterale) che deve ritenersi come non apposta e, di conseguenza, inidonea ad impedire la formazione dell’accordo anche con riguardo alla clausola di salvaguardia ( ex multis , Consiglio di Stato, Sezione III, 25 maggio 2022, n. 4157).

Il verbale, in ultima analisi, non contiene pattuizioni tra le parti integrative del contratto sottoscritto il successivo 14 maggio 2019, né può recare accordi assunti in sua deroga, anche con riguardo alla clausola di salvaguardia, considerato quanto stabilito della giurisprudenza su quelle particolari postille, non inserite nei contratti di budget , ma in atti a questi collegati, che hanno finalità di limitare o impedire l’efficacia delle clausole di salvaguardia.

In questa prospettiva, non può essere condiviso il percorso argomentativo sviluppato nella sentenza appellata, che ha rigettato l’eccezione di improcedibilità del ricorso di prime cure per avvenuta acquiescenza.

Più in particolare, per quel che concerne la possibilità di coltivare un giudizio in presenza della clausola di salvaguardia, la Sezione ha stabilito, richiamando un proprio precedente che “le due clausole, quella relativa all’accettazione incondizionata dei tetti di spesa e delle tariffe e quella relativa alla rinuncia delle azioni, sono strettamente collegate tra di loro, in quanto dirette a imporre il rispetto di un determinato regolamento contrattuale, i cui contenuti, come stabilito dalla legge, sono in parte determinati autoritativamente mediante provvedimenti amministrativi, che definiscono la misura e le modalità di distribuzione delle risorse disponibili” e che “contemplano l’accettazione incondizionata dei tetti di spesa fissati e delle tariffe, nonché la relativa rinuncia alle azioni” si inseriscono all’interno di rapporti contrattuali condizionati dall’esigenza di porre rimedio allo squilibrio finanziario maturato nel corso degli anni, e assolvono alla funzione di “evitare che il rispetto dei vincoli finanziari, attuato con la sottoscrizione di accordi compatibili con le risorse disponibili, rimanga esposto ad iniziative in sede giurisdizionale in grado di compromettere o porre in pericolo gli obiettivi perseguiti”. Questa Sezione ha evidenziato a riguardo che tali clausole “imposte” non costituiscono una novità, trovando ampio spazio nel settore commerciale, come dimostra l’esperienza quotidiana, e che risultano giustificate dalla ratio che intendono perseguire.”

Ed ancora ha ricordato che: “La Corte Costituzionale ha da tempo chiarito che, in presenza di una inevitabile limitatezza delle risorse, “non è pensabile di poter spendere senza limite, avendo riguardo soltanto ai bisogni, quale ne sia la gravità e l’urgenza”, poiché è “viceversa la spesa a dover essere commisurata alle effettive disponibilità finanziarie, le quali condizionano la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie, da determinarsi previa valutazione delle priorità e delle compatibilità e tenuto conto ovviamente delle fondamentali esigenze connesse alla tutela del diritto alla salute” (Corte Cost., 23 luglio 1992, n. 356). Inoltre, la clausola di salvaguardia non esclude la sottoposizione ad impugnazione di una determinata categoria di atti definita in astratto, ma collega alla sottoscrizione dell’accordo gli effetti propri dell’acquiescenza a fronte di un provvedimento già adottato ovvero della rinuncia alle azioni già intraprese” (Consiglio di Stato, Sezione III, 18 ottobre 2021, n. 6983).

Con la medesima decisione sono stati altresì fissati i principi, secondo cui “ a) la clausola è limitata a definire un conflitto già in essere o potenziale relativo a concrete e definite questioni;
b) chi intende operare nell’ambito della sanità pubblica deve accettare i limiti in cui la stessa sanità pubblica è costretta, dovendo comunque e in primo luogo assicurare, pur in presenza di restrizioni finanziarie, beni costituzionali di superiore valore quale i livelli essenziali relativi al diritto di salute;
c) in alternativa, agli operatori resta la scelta di agire come privati nel privato;
in tali circostanze dominate dalla esistenza di un grave disavanzo e dalla necessità di corrispondere comunque a superiori diritti costituzionali facenti capo alla generalità della popolazione, la clausola di salvaguardia, in quanto sia limitata ai rapporti già in essere o che vengano contestualmente stipulati e ai loro aspetti quantitativi, possa equivalere ad una formula transattiva necessaria in presenza di fattori e vincoli di ordine costituzionale e finanziario che sovrastano la volontà delle parti
”.

La sentenza appellata deve essere riformata, dunque, laddove non ha correttamente valorizzato l’acquiescenza mostrata dall’appellata agli atti amministrativi presupposti, considerando che la clausola di salvaguardia “ reca l’accettazione completa e incondizionata, da parte della struttura accreditata, del contenuto e degli effetti dei provvedimenti di determinazione dei tetti di spesa, di determinazione delle tariffe e di ogni altro atto agli stessi collegato o presupposto e stabilisce che, con la sottoscrizione del contratto, la struttura privata rinuncia alle azioni/impugnazioni già intraprese avverso i suddetti provvedimenti e ai contenziosi instaurabili contro i provvedimenti già adottati e conoscibili. ” (sulla natura e gli effetti di un comportamento univoco, in base al quale sia possibile evincere la chiara e irrefutabile volontà di accettarne le conseguenze con valore di acquiescenza, cfr. Consiglio di Stato, Sezione I, pareri n. 2081/2020 e n. 1293/2020).

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, il verbale del 10 maggio 2019 contiene la dichiarazione di volontà delle parti di concludere il contratto del 14 maggio 2019, con il quale i contraenti hanno autoregolamentato in via definitiva l’assetto dei propri interessi, includendovi anche la clausola di salvaguardia, la cui sottoscrizione priva la ricorrente in primo grado dell’interesse a coltivare l’impugnativa.

Va precisato che la presente decisione è stata assunta tenendo altresì conto dell'ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 gennaio 2015, n. 5 nonché Cassazione, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014, n. 26242), tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis , per le affermazioni più risalenti, Cassazione Civile, Sezione II, 22 marzo 1995, n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione Civile, Sezione V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sezione VI, 2 settembre 2021, n. 6209, 13 settembre 2022, n. 7949, e 18 luglio 2016, n. 3176), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Il terzo motivo di appello, in conclusione, deve essere accolto ed il ricorso di primo grado dichiarato improcedibile, restando così assorbito l’esame degli ulteriori mezzi di gravame.

Sussistono, tuttavia, sufficienti ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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