Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-05-18, n. 202003120

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-05-18, n. 202003120
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003120
Data del deposito : 18 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2020

N. 03120/2020REG.PROV.COLL.

N. 08577/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8577 del 2019, proposto da
Comune di Cercola (Na), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

L R, rappresentato e difeso dall'avvocato M B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

M R non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Terza) n. 03179/2019, resa tra le parti, concernente la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Cercola sull'istanza avanzata dal ricorrente in data 27.03.2018, volta a diffidare l'Ente a porre in essere tutti i doverosi atti repressivi e ripristinatoriconseguenti all'inottemperanza da parte della sig.ra M R all'ordinanza del Comune di Cercola n. 95 del 2017 di ingiunzione alla dempolizione del manufatto abusivo sito in Cercola alla via Nuova Caravita 106 , già oggetto di formale diniego di condono, nonchè per la condanna del Comune di Cercola a provvedere sulla medesima istanza mediante l'adozione di tutte le misure repressivo-ripristinatorieconseguenti alla constatata inottemperanza secondo la disciplina di cui agli artt. 27-31 del DPR 380/2001


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di L R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020 il Cons. D P;

L’udienza si svolge ai sensi dell’art.84 comma 5, del D.L.n.18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;


Rilevato in fatto che :

- la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza 3179 del 2019 con cui il Tar Napoli ha accolto l’originario ricorso, dichiarando l’obbligo dell’intimato Comune di Cercola di provvedere sull’istanza presentata da Romano Luigi (odierna parte appellata) in data 27 marzo 2018, entro un termine non superiore a 120 giorni dalla notificazione o comunicazione, in via amministrativa, della presente sentenza, disponendo altresì, in caso di ulteriore inottemperanza, che, in luogo della predetta Amministrazione ed a richiesta di parte provvederà l’individuato Commissario ad acta;

- tale ricorso era stato presentato dalla odierna parte appellata costituita, al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Cercola sull’istanza avanzata dall’originario ricorrente, volta a diffidare l’Ente a porre in essere tutti i doverosi atti repressivi e ripristinatori conseguenti all’inottemperanza da parte di R M all’ordinanza del Comune di Cercola n. 95 del 2017 di ingiunzione alla demolizione di manufatto abusivo sito in Cercola, alla Via Nuova Caravita, n. 106, già oggetto di formale diniego di condono;

- con il presente appello il Comune, soccombente in prime cure, deduceva i seguenti motivi, concernenti erroneità della sentenza per ultrapetizione, difetto di motivazione, in quanto è stato attribuito alla stessa ordinanza di demolizione un contenuto dispositivo ulteriore rispetto a quello desumibile dalla stessa ordinanza, dovendosi riconoscere la sopravvenuta carenza di interesse del ricorrente al giudizio essendo stati adottati dal Comune di Cercola gli atti repressivi dell’abuso realizzato dalla sig.ra R M in considerazione dell’attività sanzionatoria dell’ente comunale, mentre le conseguenze pratiche di tale attività sanzionatoria ineriscono poi alla gestione, ad ampio spettro, dell’attività repressiva e sanzionatoria dell’ente comunale;

- la parte appellata originaria ricorrente si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello;

- non si costituiva in giudizio la parte appellata, originaria controinteressata;

- la domanda cautelare veniva rinviata al merito;

- all’udienza camerale del 14 maggio 2020 la causa passava in decisione.

Considerato in diritto che :

- l’appello è infondato nei termini che seguono;

- in linea generale, l’obbligo di provvedere sulle istanze dei privati sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti da una norma, anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l’adozione di un provvedimento espresso ovvero tutte le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 183);

- nel caso della vigilanza edilizia l’obbligo di provvedere emerge, ormai pacificamente, sia nella giurisprudenza appena richiamata, sia dal tenore della disciplina edilizia avente natura ed effetti di normativa di principio (cfr. art. 27 d.P.R. n. 380 del 2001);

- se in generale il proprietario confinante con l’immobile, nel quale si assuma essere stato realizzato un abuso edilizio, ha un interesse tutelato alla definizione dei procedimenti relativi all’immobile medesimo entro il termine previsto dalla legge, tenendo conto dell'interesse sostanziale che, in relazione alla vicinanza, egli può nutrire in ordine all'esercizio dei poteri repressivi e ripristinatori da parte dell'organo competente, nel caso de quo la vicinitas è confermata dagli atti di causa e correttamente posta a fondamento della sentenza appellata nonché delle precedenti pronunce;

- sulla consistenza degli oneri di provvedere assume rilievo preminente, ai fini di causa, l’esame della disciplina oggetto di applicazione da parte del Giudice di prime cure, in termini oggetto di contestazione da parte della difesa comunale appellante;

- in proposito, l’art. 31 del testo unico edilizia appare rilevante nelle seguenti statuizioni: “ 3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita.

4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente.

4-bis. L'autorita' competente, constatata l'inottemperanza, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle aree e sugli edifici di cui al comma 2 dell'articolo 27, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o molto elevato, e' sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilita' penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonche' di responsabilita' disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente.

4-ter. I proventi delle sanzioni di cui al comma 4-bis spettano al comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all'acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico. …….

5. L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico ”;

- sulla scorta del chiaro tenore normativo la giurisprudenza di questo Consiglio ha fissato alcune indicazioni conseguenti;

- in primo luogo, in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione di opere abusive, l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza, pertanto il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa e non implica alcuna valutazione discrezionale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 25 giugno 2019, n. 4336);

- in secondo luogo, la giurisprudenza anche della sezione ha avuto modo di approfondire il tenore e gli effetti del comma 5 dell’art. 31 cit., ai sensi del quale l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico;

- in sostanza, la norma consente, in alternativa alla soluzione finale della demolizione dell’edificazione abusiva, che quest’ultima resti pur sempre in situ, ponendo, affinché effettivamente si determini il vantaggio per l’intera collettività, requisiti destinati a fungere da presupposto dell’evento — sussistenza di prevalenti interessi pubblici;
mancanza di contrasto dell'edificazione con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico — dei quali è arbitro l’ente locale, e dei quali il controinteressato può dimostrare l’insussistenza (cfr. ad es. Consiglio di Stato sez. VI, 13 aprile 2017, n.1770);

- non v'è dubbio che nel caso di specie, all’esito di diversi giudizi, il Comune è infine pervenuto, nei riguardi della parte privata autrice dell’abuso, alle estreme conseguenze sanzionatorie, in quanto, constatato l’inadempimento alla pur ordinata demolizione, l’ente locale ha acquisito alla mano pubblica l’edificazione e la relativa area di sedime;

- se per un verso, quindi, l’autore dell’abuso è stato colpito al massimo livello previsto, per un altro verso assume ulteriore rilievo il richiamato dato normativo del predetto comma 5;

- tale norma - a chiusura di un articolato sistema sanzionatorio suscettibile di operare a fronte di edificazioni non legittime e non altrimenti recuperabili alla legittimità a favore dei privati - palesemente offre una via di uscita (consentendo, di fatto, alla mano pubblica ciò che non è permesso alla parte privata) rispetto alla soluzione finale della demolizione dell'edificazione abusiva, permettendo che - questa volta in mano pubblica – l’edificazione non legittima resti pur sempre in situ;

- la norma, perché il vantaggio (unilaterale, in quanto possibile solo alla mano pubblica) si determini effettivamente, pone peraltro i già richiamati requisiti, destinati a fungere da presupposto all'evento (giova ribadirli: sussistenza di prevalenti interessi pubblici;
mancanza di contrasto dell'edificazione, pur sempre abusiva, con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico);

- della ricorrenza di questi presupposti arbitro è l’ente locale, essendo lo stesso a doverli individuare ma, per l’eventualità di errori od indulgenze, al privato controinteressato resta in ogni caso la residua difesa di poterne dimostrare l'insussistenza;

- nella specie, dall’esame degli atti di causa emerge come il Comune appellante, in esecuzione della sentenza del Tar Campania n. 4652/2017, abbia emesso un provvedimento di diniego definitivo avverso la domanda di condono promossa dalla titolare Romano relativamente all’immobile sito in Cercola alla via Nuova Caravita 106;

- quindi, con ordinanza n. 95/2017 del 14 novembre 2017 il Comune ha ingiunto la demolizione delle opere abusive eseguite, nel termine di 90 giorni dalla data di notifica dell’ordinanza e di ripristinare lo stato dei luoghi;

- successivamente, come da verbale degli agenti accertatori, in data 2 marzo 2018, è stata constatata l’inottemperanza, nei termini di legge, alla demolizione del manufatto abusivo ed al ripristino dello stato dei luoghi;

- con istanza trasmessa a mezzo A/R in data 27 marzo 2018 e ricevuta dal Comune in data 29 marzo 2018, il titolare della vicinitas L R ha invitato e diffidato l’amministrazione comunale ad adottare tutti gli atti repressivi ed ablatori conseguenti all’inottemperanza all’ordinanza n°95/2017 disponendo l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale del manufatto e della relativa area di sedime e l’irrogazione della sanzione prevista dall’art 31 comma 4 bis del Dpr 380/2001;

- quindi, l’atto di dichiarativo dell’acquisizione gratuita al patrimonio dell’immobile e dell’area di sedime è stato emanato in data 19 marzo 2019, con ordinanza n°15

- a fronte del ricostruito quadro giuridico e di quello fattuale, nella specie il Comune deve quindi procedere alla demolizione, ai sensi del quinto comma citato, salva la possibilità dettata dallo stesso comma 5;

- nel caso di specie, pertanto, ciò che manca è proprio l’attivazione del richiamato quinto comma, nei termini correttamente dettati dalla sentenza impugnata, che merita quindi conferma nel disposto finale;

- infatti, a fronte del predetto quadro normativo e di specie sin qui ricostruito, appare corretto l’esito della pronuncia impugnata nella misura in cui, rispetto all’istanza dell’odierna parte appellata originaria ricorrente, il Comune non abbia attivato le alternative di cui all’art 31 domma 5 cit., nei termini sopra chiariti;

- sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

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