Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-24, n. 202201302

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2022-02-24, n. 202201302
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201302
Data del deposito : 24 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/02/2022

N. 01302/2022REG.PROV.COLL.

N. 08830/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8830 del 2021, proposto dal Comune San Potito Ultra, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

M S, rappresentata e difesa dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
N S, non costituito in giudizio;

nei confronti

dei signori W M e P M, rappresentati e difesi dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Salerno, sezione seconda, n. 1840 del 27 luglio 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori M S, W M e P M;

Visto l’appello incidentale proposto dai signori W M e P M;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2022 il consigliere Ugo De Carlo, nessuno è comparso per le parti;

Vista l'istanza di passaggio in decisione depositata dagli avvocati S M (che ha prodotto anche note di udienza), A G e S G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente giudizio è costituito:

a) dalla determinazione del comune di San Potito Ultra - prot. n. 002182 del 9 agosto 2017 - recante il diniego opposto alla S.C.I.A. prot. n. 002137 del 4 agosto 2017 presentata dai signori Margherita e N S per la demolizione di uno stradello in cemento, abusivamente realizzato sul fondo di proprietà della prima, ubicato in contrada Chiaire contraddistinto in catasto al foglio 2 particelle 155 e 160;

b) relazione del tecnico comunale in data 7 agosto 2017 recante la diffida a sospendere i lavori di demolizione.

2. La vicenda controversa può così riassumersi:

a) la signora Sarno aveva riottenuto nell’aprile del 2017 il possesso di un fondo rustico detenuto per oltre dieci anni, “ sine titulo ”, da altri soggetti che erano rimasti soccombenti in una causa volta alla declaratoria dell’usucapione;

b) avendo rilevato che sul fondo era stata realizzata una strada non autorizzata in conglomerato cementizio, l’interessata aveva presentato una S.C.I.A. per demolire tale opera, dovendo procedere all’impianto di un vigneto e di un uliveto;

c) dopo tre giorni aveva dato inizio ai lavori di riduzione in pristino che erano stati fisicamente impediti da uno degli ex detentori sine titulo che affermava di essere titolare di una servitù prediale;

d) da qui l’emanazione, da parte del comune, dei provvedimenti sopra descritti oggetto del presente giudizio.

3. La proprietaria M S e il suo procuratore generale N S hanno proposto ricorso al T.a.r. articolando un unico motivo (da pagina 3 a pagina 5 del gravame), lamentando la violazione dell’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (t.u. edilizia) e dell’art. 19, l. n. 241 del 1990, poiché il responsabile del comune di San Potito Ultra, seppur edotto dell’abuso edilizio compiuto sul fondo della Sarno, non solo non ne aveva ordinato la demolizione, ma addirittura si era opposto alla sua eliminazione per tutelare la contestata servitù prediale vantata dai coniugi M sul fondo della Sarno.

3.1. Si sono costituiti per resistere in prime cure il comune e i signori P M e W M quali titolari della asserita servitù di passaggio

4. La sentenza impugnata – T.a.r. per la Campania, Salerno, sezione seconda, n. 1840 del 27 luglio 2021:

a) ha respinto l’eccezione di difettosa integrazione del contraddittorio nei confronti degli ulteriori titolari della servitù di passaggio;

b) ha accolto il ricorso osservando che le limitazioni negoziali del diritto di costruire, ivi compreso il diritto di servitù per giurisprudenza consolidata non radicano, in capo all'Amministrazione, un obbligo di ricerca di tali limiti, prodromico al diniego del titolo, poiché all'Amministrazione è inibito il sindacato anche indiretto sulla validità ed efficacia dei rapporti giuridici dei privati;

c) ha condannato il comune alle spese di lite (euro 2,000), compensandole fra i privati.

5. Il comune ha proposto appello sviluppando due motivi:

a) con il primo si deduce la violazione dell’art. 19, commi 3 e 6 bis , l. 241/1990 poiché, sebbene il comune non abbia l’obbligo di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità dell'immobile, deve verificare le “ condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti …” per l’adozione del provvedimento finale. Qualora emergano eventuali vincoli che limitino l'ampiezza e fruibilità del titolo di proprietà, il comune non può ignorarli, pena un difetto di istruttoria. Nella S.C.I.A. non era stata rappresentata la presenza di un accesso al fondo di un terzo ed oltretutto la strada da demolire era presente nelle planimetrie aerofotogrammetriche sulla base delle quali è stato elaborato dapprima il P.R.G. e poi il P.U.C.;

b) il secondo motivo censura la sentenza richiamando sempre l’art. 19, comma 3, l. n. 241/1990, dal momento che l’intervento inibitorio è doveroso laddove la assenza dei presupposti della S.C.I.A. sia denunciata dal terzo, titolare di una posizione giuridica qualificata e differenziata;
in ogni caso dall’esame degli atti a corredo della SCIA risultavano delle incongruenze ed omissioni dello stato dei luoghi oltre alla effettiva adozione di un comportamento demolitorio ancora prima del rilascio del titolo abilitativo, tali da non consentire l’esercizio dell’attività edilizia richiesta.

La clausola “fatti salvi i diritti di terzi”, che implicitamente è sottesa ad ogni provvedimento amministrativo, legittima il rilascio di provvedimenti lesivi di diritti solo quando l’esistenza di tali diritti sia in realtà ancora ignota ovvero quando tali diritti, seppure prospettati da terzi, non siano pienamente comprovati e non risultino corrispondere ad una situazione di fatto già in essere.

6. Si sono costituiti in giudizio i signori P M e W M per aderire all’appello del comune e proporre appello incidentale fondato su tre motivi (da pagina 13 a pagina 22):

a) con il primo motivo si contesta la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei fratelli della signora P M e cioè i signori P e R M che erano comproprietari di terreni interessati dalla strada oggetto del presente giudizio;

b) con il secondo motivo si lamenta che la sentenza non ha correttamente interpretato il limite dei poteri inibitori esercitabili dal comune per questioni legate a controversie civilistiche esistenti tra privati, dal momento che quando il comune è a conoscenza dell’esistenza di un limite privatistico impeditivo dell'intervento edilizio (nella specie costituito dalla servitù di passaggio), ben può esercitare il potere di cui all’art. 19, comma 3, l. n. 241/1990;

c) con il terzo motivo si evidenzia che il T.a.r. avrebbe omesso ogni pronuncia sul fatto che il provvedimento impugnato è motivato anche dalla infedeltà della rappresentazione dello stato di fatto dei luoghi posta a corredo della S.C.I.A. da parte degli odierni appellati.

7. La signora M S si è costituita in giudizio per resistere agli appelli;
in particolare si è opposta alla richiesta di integrazione del contraddittorio nei confronti dei signori P e R M perché non si possono ipotizzare controinteressati nei ricorsi avverso il diniego di permessi ampliativi della sfera giuridica in campo edilizio. Nel merito ha insistito per il rigetto degli appelli e per la condanna dei ricorrenti per lite temeraria.

8. Gli appellanti incidentali hanno depositato ulteriori documenti in data 31 dicembre 2021, memoria ex art. 73 c.p.a. in data 10 gennaio 2022 e memoria di replica in data 20 gennaio 2022.

9. L’appellata ha prodotto memoria di replica in data 12 gennaio 2022 contenente un’eccezione di inammissibilità della produzione documentale degli appellanti incidentali per violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a.

10. Il comune ha depositato ulteriori documenti in data 31 gennaio 2022.

11. Preliminarmente:

a) va accolta l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’appellata (cui effettivamente non hanno replicato i signori Moschella), dal momento che l’art. 104, comma 2, c.p.a. vieta la produzione di nuovi documenti salva la prova dell’impossibilità di produzione nel giudizio di primo grado (che nel caso di specie non è stata addotta),

b) si rileva la tardività, ex art. 73 c.p.a., delle note di udienza e della documentazione depositata dal comune in data 31 gennaio 2022.

12. In appello è stato devoluto l’intero thema decidendum trattato in primo grado, pertanto, per ragioni di economia dei mezzi processuali e semplicità espositiva, secondo la logica affermata dalla decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il collegio esaminerà direttamente i motivi originari posti a sostegno dei ricorsi di primo grado i quali perimetrano obbligatoriamente - unitamente alle altre questioni ed eccezioni - il processo di appello ex art. 104 c.p.a. (sul principio e la sua applicazione pratica, fra le tante, cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 1137 del 2020, n. 1130 del 2016, sez. V, n. 5868 del 2015;
sez. V, n. 5347 del 2015).

13. L’eccezione relativa al difetto di contraddittorio per mancata evocazione in giudizio di alcuni controinteressati non può essere accolta per un duplice ordine di ragioni:

a) in fatto, perché si tratta di soggetti che non erano stati indicati nei provvedimenti impugnati e che non erano facilmente individuabili;

b) in diritto, perché secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza amministrativa, deve escludersi, salvo casi eccezionali, che siano individuabili controinteressati quando si impugna un provvedimento che nega un permesso di costruire, che inibisce l’esecuzione di una S.C.I.A., ovvero che ordina una demolizione (cfr. fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5198). Tale conclusione risulta rafforzata, nel caso di specie, dai principi elaborati di recente dalla Adunanza plenaria avuto riguardo ai giudizi impugnatori (n. 3 del 2022, §§ 12.2 e 12.3.), secondo cui anche i soggetti controinteressati devono essere titolari di una relazione diretta (nella dimensione procedimentale) con il provvedimento impugnato: nella vicenda in esame, infatti, non risulta che i signori Moschella abbiano preso parte al procedimento culminato nei provvedimenti impugnati.

14. Il motivo posto a fondamento dell’originario ricorso innanzi al T.a.r. è stato accolto con argomentazioni che meritano piena conferma.

14.1. In occasione del controllo sui titoli edilizi il comune non può sostituirsi al giudice civile. L’art. 11 t.u. edilizia prevede che il permesso di costruire sia rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo e la P.A. ha il dovere di accertare tale presupposto e che esso sia sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 2021 n. 5407).

Il potere di controllo in sede di rilascio dei titoli edilizi (al pari di quello esercitato in sede inibitoria), quindi, deve sempre collegarsi al riscontro di profili d’illegittimità dell’attività per contrasto con leggi, regolamenti, piani, programmi e regolamenti edilizi, mentre non può essere esercitato a tutela di diritti di terzi non riconducibili a quelli connessi con interessi di natura pubblicistica, quali ad esempio il rispetto delle distanze dai confini di proprietà o del distacco dagli edifici;
fatto salvo il caso in cui de plano risulti l’inesistenza di un titolo giuridico che fondi la legittimazione attiva del richiedente il titolo edilizio.

14.2. In ogni caso non potrebbe l’amministrazione prima e il giudice amministrativo poi, incidenter tantum , in occasione del controllo sul mancato esercizio dei poteri repressivi, accertare le modalità di esercizio della servitù nei termini rivendicati dall’appellante sia pure con il richiamo alla d.i.a. e agli elaborati grafici a essa allegati (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 febbraio 2017 n. 625, §§ 4.3.3. e 4.3.5.).

14.4. Nel caso di specie:

a) il comune ha fatto uso dei propri poteri per reprimere una supposta illegittimità connessa ad una servitù ( jura in re aliena ) che ha il proprio titolo in un atto di divisione di una comproprietà e quindi alla lesione di un diritto soggettivo che può assumere rilievo esclusivo nei rapporti privati, e trova la sua sede naturale di tutela nelle azioni esplicabili dinanzi all’a.g.o.;

b) risulta per tabulas che il provvedimento inibitorio e quello di sospensione dell’attività oggetto della S.C.I.A. si basano esclusivamente sulla esigenza di tutela dei terzi e non sulla carenza di elementi documentali o sulla erroneità delle rappresentazioni grafiche.

14.5. L’intervento per il quale era stata presentata la S.C.I.A. da parte della proprietaria del fondo riguardava la demolizione di uno stradello in cemento, abusivamente realizzato, che certamente rientrava tra le opere edilizie che potevano essere oggetto di una segnalazione al comune, come quella presentata, con facoltà di iniziare subito i lavori.

L’opera da eseguire era infatti fuori dal campo di applicazione dei limiti di cui agli artt. 23 e 23 bis t.u. edilizia, dal momento che sull’area di sedime non risultavano sussistere vincoli di qualsiasi tipo né tanto meno poteva ritenersi che il fondo si trovasse all'interno delle zone omogenee A) delineate dal d.m. n. 1444/1968.

15. Alla stregua delle rassegnate conclusioni è giocoforza respingere sia l’appello principale che quello incidentale.

16. Non si può accogliere la richiesta di condanna per lite temeraria avanzata dall’appellata in quanto, ex art. 96 comma 1 c.p.c., non è stata data la prova della sussistenza dell’elemento soggettivo né dei danni che ne sarebbero derivati.

15. Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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