Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-04-01, n. 202102727

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-04-01, n. 202102727
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102727
Data del deposito : 1 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/04/2021

N. 02727/2021REG.PROV.COLL.

N. 08136/2019 REG.RIC.

N. 08174/2019 REG.RIC.

N. 08343/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8136 del 2019, proposto dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

le società Moby S.p.a. e Compagnia italiana di navigazione-CIN, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati S Sticchi Damiani, M M, B C, P F e S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Sticchi Damiani in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina, n. 26;

nei confronti

- della società Nuova Logistica Lucianu S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Flavio Iacovone e Cristiano Chiofalo ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;
- della società G Euromed S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F S e A N ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;



sul ricorso numero di registro generale 8174 del 2019, proposto dalla società Grendi Trasporti Marittimi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E G F, A M e F P ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli avvocati E G F e A M in Roma, piazza d’Ara Coeli, n. 1;

contro

- l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- le società Moby S.p.a. e Compagnia italiana di navigazione-CIN, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati S Sticchi Damiani, M M, B C, P F e S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Sticchi Damiani in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina, n. 26;;

nei confronti

- della società Nuova Logistica Lucianu S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Flavio Iacovone e Cristiano Chiofalo ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;
- della società G Euromed S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F S e A N ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;
- della società Trans Isole S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, non costituita in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 8343 del 2019, proposto dalle società Moby S.p.a. e Compagnia italiana di navigazione-CIN, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati S Sticchi Damiani, M M, B C, P F e S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale Sticchi Damiani in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina, n. 26;

contro

l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

- della società G Euromed S.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F S e A N ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;
- della società Grendi Trasporti Marittimi S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E G F, A M e F P ed elettivamente domiciliata presso lo studio degli avvocati E G F e A M in Roma, piazza d’Ara Coeli, n. 1;
- della società Nuova Logistica Lucianu S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Flavio Iacovone e Cristiano Chiofalo ed elettivamente domiciliata presso lo Studio dei suindicato difensori in Roma, via Pinciana, n. 25;
- della società Trans Isole S.r.l., in persona del rappresentante legale pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

quanto a tutti i ricorsi in appello meglio specificati in epigrafe

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 4 giugno 2019 n. 7175, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e delle società Moby S.p.a. e Compagnia italiana di navigazione, Grendi Trasporti Marittimi S.p.a., G Euromed S.p.a. e Nuova Logistica Lucianu S.r.l. ed i documenti prodotti;

Esaminate le memorie difensive, anche di replica e gli ulteriori atti depositati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Stefano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - La presente controversia, nella sede d’appello, muove dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, 4 giugno 2019 n. 7175 con la quale è stato parzialmente accolto il ricorso (n. R.g. 6243/2018) proposto dalle società Moby S.p.a. e Compagnia italiana di navigazione nei confronti del provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato n. 27432 adottato in data 28 febbraio 2018 con il quale, a conclusione del procedimento istruttorio A/487 (Trasporto marittimo di merci da e per la Sardegna), è stata irrogata in solido alle società Moby e Compagnia italiana di navigazione una sanzione amministrativa pecuniaria complessiva pari ad € 29.202.673,73, da pagare entro il termine di novanta giorni dalla notificazione del provvedimento (oltre a tutti gli atti presupposti o conseguenziali con riferimento al predetto provvedimento sanzionatorio).

Nei confronti della suindicata sentenza di primo grado propongono appello, per ovvi opposti motivi e con tre distinti mezzi di gravame, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora in poi, per brevità, l’Autorità ovvero AGCM), le società Moby e Compagnia italiana di navigazione (per quest’ultima d’ora in poi, per brevità, CIN) e la società Grendi Trasporti Marittimi S.p.a. (d’ora in poi, per brevità, Grendi o GTM), chiedendone la riforma secondo le prospettazioni contrastanti tra di loro che qui di seguito saranno illustrate.

2. - In via preliminare e prima ancora di descrivere la vicenda fattuale, identica per i tre ricorsi in appello, in quanto tutti i gravami attengono alla medesima controversia e hanno quale bersaglio la stessa sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (n. 7175/2019), deve disporsi fin d’ora (anche per motivi di logica espositiva) la riunione degli stessi.

Va a tal proposito rammentato, in via generale e per completezza espositiva, che nel processo amministrativo, con riferimento al grado di appello, sussiste l’obbligo per il giudice di disporre la riunione degli appelli allorquando questi siano proposti avverso la stessa sentenza (art. 96, comma 1, c.p.c.), mentre in tutte le altre ipotesi la riunione dei ricorsi connessi attiene ad una scelta facoltativa e discrezionale del giudice, come si desume dalla formulazione testuale dell'art. 70 c.p.a., con la conseguenza che i provvedimenti adottati al riguardo hanno carattere meramente ordinatorio, sono privi di valenza decisoria e restano conseguentemente insindacabili in sede di gravame con l'unica eccezione del caso in cui la medesima domanda sia proposta con due distinti ricorsi dinanzi al medesimo giudice (cfr., tra le ultime, Cons. Stato, Sez. V, 24 maggio 2018 n. 3109).

Al di là dell’obbligo di riunione dei tre ricorsi in appello qui in esame, in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza di primo grado, emerge poi, in tutta evidenza, la integrale connessione soggettiva ed oggettiva tra gli stessi, recando quali parti processuali le stesse già costituite nel giudizio di primo grado ed avendo ad oggetto la delibazione di motivi di appello dal contenuto pressoché sovrapponibile.

Deriva da quanto sopra che va disposta la riunione dei ricorsi in grado di appello nn. R.g. 8343/2019 e 8174/2019 al ricorso in grado di appello n. R.g. 8136/2019, in quanto quest’ultimo ricorso (in appello) è stato proposto in epoca antecedente rispetto ai due precedenti, perché siano tutti decisi in un unico contesto processuale e ciò sia per evidenti ragioni di economicità e speditezza dei giudizi sia al fine di prevenire la possibilità (eventuale) di un contrasto tra giudicati (cfr., ancora, Cons. Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2013 n. 22 e 23 luglio 2012 n. 4201)

3. - Dalla documentazione versata dalle parti qui in controversia nei due gradi di giudizio con riferimento ai tre giudizi qui in decisione nonché dalla lettura della sentenza qui fatta oggetto di gravame si può ricostruire la vicenda contenziosa che ha condotto a questo giudizio in sede di appello come segue:

- il 6 aprile 2016 l’Autorità, in seguito ad alcune denunce e segnalazioni trasmesse dalle società Trans Isole S.r.l. e Nuova Logistica Lucianu S.r.l. (due società attive nel mercato della logistica) nonché dalla compagnia di navigazione marittima G Euromed S.p.a., dava avvio ad un procedimento istruttorio (che prendeva numero A487) nei confronti delle società Moby, CIN e Onorato Armatori S.p.a., quest’ultima poi fusa per incorporazione in Moby, volto ad accertare eventuali violazioni dell’articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), attuate illecitamente attraverso la frapposizione di ostacoli all’operatività dei concorrenti interessati ad operare nell’offerta di servizi di trasporto marittimo di merci da e per la Sardegna;

- le condotte oggetto delle segnalazioni consistevano nell’ingiustificato rifiuto ad accettare prenotazioni e ad imbarcare automezzi, nel recesso unilaterale dagli accordi commerciali e nel peggioramento delle condizioni economiche e commerciali applicate fino ad allora, che risultavano opposti nei confronti delle società di logistica che avevano trasferito una parte delle proprie merci sulle navi di G, al fine di dissuadere tutte le società di logistica operanti sul mercato sardo dall’utilizzare i servizi di tale compagnia ed ostacolarne la permanenza nel mercato;

- durante l’istruttoria l’autorità eseguiva alcuni accertamenti ispettivi presso le sedi delle società Moby, CIN e Onorato, venivano richieste informazioni a varie istituzioni (quali le Autorità portuali e le Capitanerie di Porto dei porti interessati), sentite in audizione le principali società di logistica operanti in Sardegna, oltre che tutte le parti coinvolte;

- il percorso istruttorio veniva caratterizzato anche dalla prospettazione da parte delle società Moby e CIN (in data 13 luglio 2016) di assumere impegni ai sensi dell’art. 14- ter l. 10 ottobre 1990, n. 287, ma la richiesta veniva respinta dall’Autorità con delibera del 5 agosto 2016, perché il contenuto non era ritenuto idoneo a rimuovere gli illegittimi rilievi (anti)concorrenziali contestati dall’Autorità e confermandosi la necessità di definire la procedura in corso;

- partecipava al procedimento anche la società Grendi Trasporti marittimi S.p.a., depositando un’istanza in tal senso in data 10 febbraio 2017 e segnalando come le società sottoposte alla procedura avevano messo in campo anche nei suoi confronti condotte analoghe a quelle oggetto dell’istruttoria. L’accoglimento (in data 1° marzo 2017) da parte dell’Autorità della richiesta di partecipazione avanzata dalla predetta società provocava, con atto del 14 marzo 2017, la proroga del termine di conclusione del procedimento al 31 luglio 2017;

- conseguentemente, in data 15 giugno 2017, l’Autorità trasmetteva ai soggetti interessati e coinvolti la comunicazione della risultanze istruttorie (CRI), alla quale seguivano le richieste di Moby e di CIN di una ulteriore proroga dei termini di conclusione del procedimento che venivano differiti dapprima al 30 novembre 2017 e quindi al 28 febbraio 2018;

- a conclusione del procedimento l’Autorità, con provvedimento adottato nell’adunanza del 28 febbraio 2018 (n. 27432), avendo accertato che le società Moby e CIN avevano effettivamente posto in essere un abuso di posizione dominante in violazione dell’articolo 102, lett. b), TFUE (consistente in un’unica e articolata strategia tesa all’esclusione dei concorrenti, attuali e potenziali, nei mercati rilevanti, intenzionalmente realizzata tramite un’azione di boicottaggio diretto e indiretto nei confronti delle imprese di logistica che si erano rivolte ai concorrenti, per scoraggiarle dall’avvalersi dei loro servizi di trasporto marittimo), ordinava la cessazione delle condotte illecite accertate e, contestualmente, irrogava una sanzione amministrativa pecuniaria a carico delle stesse di € 29.202.673,73;

- nei confronti del suddetto provvedimento insorgevano, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sia Moby che CIN contestando numerose illegittimità e chiedendone l’annullamento;

- il TAR per il Lazio, con la sentenza n. 7175/2019, ha accolto parzialmente il ricorso proposto dalle suddette società, annullando il provvedimento impugnato nella parte in cui aveva calcolato e definito la sanzione da irrogarsi e trasmettendo gli atti all’Autorità al fine di quantificare “ motivatamente, in concreto e in diminuzione, (…) la percentuale del 9% delle vendite individuata dall’Autorità per la definizione dell’importo base ” sul quale calcolare la sanzione da infliggere.

4. – Come si è già più sopra riferito, nei confronti della sentenza del TAR per il Lazio n. 7175/2019 propongono ora appello sia l’Autorità che Moby e CIN nonché Grendi.

Ad avviso del Collegio, per ragioni di logica espositiva, va anzitutto esaminato l’appello proposto dalle società Moby e CIN, avendo ad oggetto la contestazione circa la correttezza della più parte della sentenza fatta qui oggetto di appello e ritenendo che il primo giudice abbia errato a considerare illegittima la condotta posta in essere dalle medesime società.

Pare evidente dunque che, qualora dovesse affermarsi la fondatezza dei motivi di appello dedotti dalle due società con riferimento alla illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dall’Autorità nei loro confronti sotto il profilo sostanziale e, quindi, doversi manifestare immune da censure la condotta dalle stesse posta in essere nel periodo fatto oggetto di osservazione, il profilo della corretta individuazione della sanzione da irrogarsi verrebbe inesorabilmente travolto dalla illegittimità della scelta repressiva effettuata dall’Autorità.

5. – Le società Moby e CIN, con il ricorso in appello n. R.g. 8343/2019, sintetizzano anzitutto il contenuto della sentenza n. 7175/2019.

Esse rammentano (pressoché testualmente alle pagg. 4 e 5 del ricorso in appello) che il giudice di primo grado, con riferimento ai dieci motivi di censura dedotti con il ricorso introduttivo in quella sede:

- ha confermato l’impostazione fatta propria dall’Autorità nel corso del procedimento, prima e, quindi, nell’ambito del provvedimento sanzionatorio poi, attraverso la quale ha definito la nozione di “mercato rilevante” con riguardo al caso di specie e, di conseguenza, ha rilevato la “posizione dominante” delle società Moby e CIN sul detto mercato, con il che ha ritenuto infondati i motivi I e II;

- ha considerato assorbito il IV motivo di ricorso, con cui venivano censurati alcuni vizi procedurali;

- ha respinto il V motivo di ricorso, relativo alla reiezione degli impegni prospettati da Moby e CIN, con istanza del 13 luglio 2016, ai sensi dell’art. 14- ter l. 287/1990;

- ha accolto parzialmente i motivi III, VI, VII e VIII, attraverso i quali le società ricorrenti avevano denunciato la “ assenza di una corretta ricostruzione in punto di astratta capacità escludente del cosiddetto “boicottaggio indiretto” (la cui ricorrenza va dunque esclusa) e la carenza motivazionale e istruttoria dell’analisi degli effetti ”;

- con riferimento alle condotte anticoncorrenziali imputate alle due società dall’Autorità, quindi, ha ritenuto indimostrate le conclusioni alle quali è giunta l’AGCM in tema di boicottaggio indiretto, evidenziando come il provvedimento fosse viziato per “ carenza istruttoria e motivazionale ” perché - anche alla luce della sentenza Intel (C-413/14 P) – per verificare l’idoneità escludente della condotta “ non ha (…) compiuto alcuna analisi ” sulle modalità di concessione degli sconti, la loro durata e il loro importo, sul tasso di copertura del mercato o sui prezzi praticati dai concorrenti. Di conseguenza, ha accolto le censure relative tanto alla astratta capacità escludente del boicottaggio indiretto quanto alla carenza motivazionale e istruttoria dell’analisi degli effetti (con accoglimento parziale dei motivi III, VI, VII e VIII;

- ha tuttavia confermato il “boicottaggio diretto”, la cui “ ricorrenza fattuale non è contestata e la cui astratta idoneità anticoncorrenziale è stata puntualmente e autonomamente motivata ”, con rigetto parziale dei medesimi motivi di ricorso III, VI, VII e VIII;

- non ha espressamente tenuto conto (evitando di farne un esplicito riferimento nel corpo della sentenza) del IX motivo di ricorso, relativo all’illegittimità del provvedimento sanzionatorio per mancanza di un pregiudizio ai consumatori collegabile alla condotta imputata alle due società, sebbene abbia in sostanza recepito il nucleo della censura dichiarando che il provvedimento è “ assertivo laddove menziona il pregiudizio sofferto dai consumatori finali ”;

- ha quindi accolto il X motivo inerente alla quantificazione della sanzione (salvi alcuni profili di censura non accolti limitatamente alla durata dell’infrazione e all’elemento soggettivo).

Le valutazioni espresse dal Tribunale amministrativo regionale e sopra sintetizzate hanno determinato un riflesso significativo in termini di illegittimo calcolo della sanzione inflitta dall’Autorità con il provvedimento impugnato in primo grado, atteso che AGCM, ad avviso del giudice di prime cure:

a) non ha adeguatamente provato il termine finale dell’asserita infrazione, per l’effetto fissandolo al gennaio 2017, “ data fino alla quale la ricorrente non contesta la permanenza della condotta ”;

b) ha individuato un coefficiente di gravità eccessivamente elevato, alla luce dell’accoglimento parziale del ricorso;

c) ha erroneamente applicato l’ entry fee , non essendo integrati i presupposti delle linee guida.

Di conseguenza il Tribunale amministrativo regionale, fatta applicazione dei poteri di cui all’art. 134 c.p.a., ha rimesso gli atti all’AGCM affinché la stessa quantifichi motivatamente, in concreto e in diminuzione, il coefficiente di gravità.

6. – Le società Moby e CIN, esprimendo l’intenzione di voler gravare i capi della sentenza n. 7175/2019 rispetto ai quali sono risultate totalmente (motivi I, II e V) o parzialmente (motivi III, VI, VII, VIII e X) soccombenti ovvero rispetto ai quali il giudice di primo grado ha ritenuto di non esprimersi, assorbendo il corrispondente motivo di censura (motivo IV) e, infine, riproponendo comunque i motivi rispetto ai quali la pur favorevole valutazione del TAR si è però compendiata “ in una formulazione non completamente comprensiva e satisfattiva delle censure dedotte nel ricorso (motivo IX) ”, propongono i seguenti motivi di riforma della sentenza di primo grado, tracciando sette traiettorie contestative:

1) Erronea identificazione dei “mercati rilevanti”. Il primo motivo di censura dedotto in primo grado aveva ad oggetto la metodologia fatta propria dall’Autorità per condurla a definire tre distinti mercati rilevanti del traffico merci da/per la Sardegna: a) Nord Sardegna-Nord Italia [NS-NI];
b) Nord Sardegna-Centro Italia [NS-CI];
c) Sud Sardegna-Centro Italia [SS-CI]. L’errore nel quale sono incorsi prima l’Autorità e quindi il giudice di primo grado si concentra in una sostanziale ed evidente “ sostituibilità fra i diversi fasci di rotte ”, facilmente dimostrabile in ragione delle seguenti considerazioni: 1) il variare dei prezzi su uno dei tre fasci di rotte comporta spostamenti di volumi e variazioni di prezzo anche su altri fasci [ad esempio, a seguito dell’entrata di G nei mercati NS-CI (Olbia-Livorno e Olbia-Civitavecchia) e SS-CI (Cagliari-Livorno) i prezzi sulle rotte NS-NI (Genova-Olbia e Genova-Porto Torres) sono scesi di oltre il 20%];
2) il passaggio di clienti cd. “infedeli” a G è avvenuto nonostante quest’ultima compagnia di navigazione non detenesse per tutto il 2016 una rotta all’interno del fascio NS-NI: la loro capacità di trasferire i volumi a G evidenzia come le rotte del fascio NS-NI fossero agevolmente sostituibili con rotte diverse;
3) la continua apertura di nuove rotte e/o variazione di rotte esistenti da parte di tutti i concorrenti mostra come fosse particolarmente agevole per qualunque operatore spostarsi da una rotta all’altra e modulare le proprie frequenze sulle base delle strategie di mercato liberamente decise, e ciò testimonia, oltre che l’assenza di barriere all’ingresso, l’impossibilità di operare una rigida segmentazione tra fasci di rotte. Da quanto appena riferito consegue che l’Autorità, “ Delimitando erroneamente i mercati rilevanti nei fasci di rotte NS-NI, NS-CI, SS-CI, l’AGCM ha: (i) impropriamente “enfatizzato” la posizione di mercato di Moby/CIN, escludendo fasci di rotte come quello SS-SI su cui G aveva una posizione molto consolidata;
(ii) erroneamente concluso che determinati presunti “mercati” (in particolare il fascio NS-NI) sarebbero stati monopolizzati e non contendibili;
(iii) trascurato le dinamiche concorrenziali che interessavano trasversalmente i diversi fasci di rotte e l’irresistibile espansione di G sull’intero mercato del trasporto merci da/per la Sardegna;
(iv) impropriamente postulato, in sede di analisi delle condotte, che le politiche scontistiche avrebbero dovuto operare “a compartimenti stagni”, di guisa che pur drastiche variazioni dei volumi complessivi trasportati tra la Sardegna e l’Italia continentale da parte di determinati clienti non avrebbero dovuto comportare alcun adeguamento negli sconti praticati su alcune rotte
” (così, testualmente, a pag. 7 dell’atto di appello). A ciò va aggiunto che l’istruttoria e l’indagine che ne costituisce l’elemento essenziale, condotte dall’AGCM, sono state evidentemente lacunose e illegittime, laddove hanno assegnato prevalenza ai criteri delle “distanze chilometriche” e della “distanza di navigazione”, trascurando colpevolmente di considerare la ineliminabile rilevanza di altri elementi e fattori: a) del tempo di traversata;
b) del livello dei noli;
c) del costo del trasporto su strada;
d) dei livelli di servizio concordati tra imprese di logistica e i loro clienti;
e) della qualità della rete stradale. Su tutto quanto sopra il Tribunale amministrativo regionale non ha mostrato una reale inclinazione all’approfondimento, finendo per effettuare un sindacato debole sulle valutazioni espresse dall’Autorità, anche contravvenendo a quanto la più recente giurisprudenza ha stabilito con riferimento ai poteri di scrutinio assegnati al giudice amministrativo nei confronti degli atti sanzionatori adottati dalle autorità di regolazione e, in alcuni casi, ribaltando irragionevolmente sulle società ricorrenti l’onere di provare quale fosse la metodologia di individuazione del “mercato rilevante”, oltre a non avvertire l’evidente differenza, sulla questione, tra il contenuto della comunicazione delle risultanze istruttorie e il contenuto del provvedimento sanzionatorio adottato a conclusione dell’istruttoria

2) Erronea valutazione circa la sussistenza di una “posizione dominante” (oggetto della II censura dinanzi al TAR). Il giudice di primo grado, pur avendo riconosciuto che le quote di mercato riferibili alle società Moby e CIN, nei tre ritenuti mercati rilevanti, hanno mostrato “ una flessione verso il basso ” con innegabile “ rapidità dell’erosione dell’originaria presenza di Moby/Cin sui tre fasci di rotte ”, ha nondimeno ritenuto che le predette società avrebbero mantenuto “ una quota ampiamente maggioritaria del mercato di riferimento, ben superiore a quella del 50% individuata, seppure in via tendenziale, dagli orientamenti comunitari in materia come sintomatica di dominanza ”. Il TAR però, pur facendo espresso riferimento agli “Orientamenti comunitari” per individuare i sintomi del dominio sul mercato e riferirli alle due società, nella realtà se ne è profondamente distaccato non tenendo in considerazione proprio le spie di rilevanza segnalate dagli “Orientamenti comunitari”, quali la dinamica nel tempo delle quote e dei prezzi, l’assenza di barriere all’ingresso e l’estrema facilità per i trasportatori di cambiare armatore. Il Tribunale amministrativo, infatti, non ha affatto tenuto in considerazione le indicazioni che provengono dal paragrafo 10 degli Orientamenti, a mente del quale “ la valutazione di dominanza deve essere condotta assumendo le quote di mercato non come grandezze assolute, irrelate, statiche e atemporali, secondo un approccio meccanicistico, bensì cogliendole nella loro interrelazione reciproca e mutevole nel tempo, tenendo conto delle dimensioni dei diversi player in competizione e della contendibilità del mercato ” (così, testualmente, a pag. 12 dell’atto di appello), di modo che le quote di mercato non possono che rappresentare, semplicemente, un punto di partenza dell’analisi molto più complessa ed integrata dagli altri elementi sopra elencati che deve essere svolta prima di poter ritenere accertata una “posizione dominante”. Non a caso la vicenda in questione non sembra poter affatto coincidere con la tipizzazione ordinaria che la casistica restituisce quale situazione di “abuso di posizione dominante”, caratterizzata dalla condizione nella quale viene a trovarsi un operatore economico maggiore, consolidatosi in un mercato, che tenta di ostacolare o impedire l’ingresso o la crescita di un operatore minore. Al contrario, nel caso di specie, si assiste ad una inversione dei ruoli, giacché è G, nella relazione tra grandezza-forza-potenza, ad assumere un ruolo preminente nel mercato di riferimento rispetto alle società Moby e CIN, atteso che la prima sovrasta le seconde “ ponendosi in una scala superiore di molte volte ad esse ” (così ancora, testualmente, a pag. 13 dell’atto di appello). Anche in questo caso il TAR ha mostrato di appiattirsi acriticamente sulle valutazioni espresse dall’Autorità nel provvedimento sanzionatorio impugnato (n. 27432 del 28 febbraio 2018), non rilevando come l’arco temporale di osservazione dell’andamento delle quote di mercato, oggetto di istruttoria, è stato troppo ridotto rispetto a quello riferibile alla condotta sanzionata, con la conseguenza che il giudice di prime cure non ha segnalato la insufficiente indagine dell’Autorità che non avrebbe dovuto considerare, ai suindicati fini, solo il periodo compreso tra luglio 2015 e ottobre 2016, ma avrebbe dovuto estendere la verifica dell’andamento delle quote di mercato fino al periodo di adozione del provvedimento sanzionatorio (il 28 febbraio 2018) per possedere una rappresentazione realistica della situazione di mercato con riferimento alle due società. Inoltre il giudice di primo grado, nella sentenza qui oggetto di appello, aderisce acriticamente alla ricostruzione effettuata dall’AGCM circa il rilievo del contratto sottoscritto tra lo Stato italiano e la società CIN che si trasformerebbe, nella sua concreta applicazione, in una barriera all’ingresso di nuovi operatori né può essere condivisa una indimostrata “ portata fidelizzante ” dei marchi “Tirrenia” e “Moby”, ritenendo, al contempo, che la titolarità da parte dei competitors (G in particolare) di “ marchi altrettanto famosi ” non sia rilevante;

3) Errata valutazione in merito alla sussistenza di una condizione di “boicottaggio diretto”, imputabile alle società Moby e CIN, consistente in mancati imbarchi e applicazione di condizioni economiche e commerciali asseritamente svantaggiose nei confronti dei caricatori “infedeli”, oltre all’ulteriore erronea considerazione, seppur per un limitato profilo, della sussistenza anche di un “boicottaggio indiretto”. In primo luogo va rammentato che i fenomeni che compongono il cd. boicottaggio diretto sono estremamente limitati e pienamente giustificabili con ragioni che prescindono dalla volontà di danneggiare, nel caso di specie, la compagnia G. Infatti: a) nel periodo oggetto di istruttoria i mancati imbarchi dei caricatori cd. “infedeli” sono stati un numero estremamente irrisorio rispetto al totale dei mezzi imbarcati, oltre al fatto che negli stessi giorni in cui pochi mezzi non venivano imbarcati su una data rotta, altri mezzi dei medesimi trasportatori venivano senza problemi imbarcati dalle società Moby e CIN su altre rotte, come normalmente e fisiologicamente accade nel settore in questione;
2) molti dei mancati imbarchi sono facilmente riconducibili a vari eventi frequentemente verificabili nella prassi, quali l’arrivo in ritardo dei mezzi in porto, la mancanza di spazio in stiva e, nel caso di veicoli refrigerati, di spazi dotati di allaccio corrente, il mancato pagamento dei noli. La ragione dei mancati imbarchi è, dunque, imputabile a impedimenti oggettivi, che non hanno alcun collegamento con l’ingresso sul mercato sardo della compagnia G. Alla stessa stregua di quanto appena chiarito va poi segnalato come anche l’asserito “peggioramento delle condizioni commerciali”, assunto dall’Autorità a elemento dimostrativo dell’abuso di posizione dominante, consistente nelle disdette “anticipate ed improvvise dai contratti” e nel non riconoscimento delle dilazioni di pagamento costituisce, al contrario di quanto capziosamente affermato dall’AGCM, un fenomeno assolutamente privo di carattere ritorsivo, anche perché, i surrichiamati comportamenti commerciali erano direttamente correlate ai volumi trasportati, così che a fronte di una loro significativa riduzione era del tutto razionale rivedere anche le condizioni applicate;

4) Mancato esame da parte del giudice di primo grado, in quanto fatto oggetto di assorbimento, del IV motivo dedotto in primo grado, ritenendolo “ relativo ad irregolarità procedimentali refluenti nella valutazione del “boicottaggio indiretto” e degli effetti del provvedimento ”. Precisano le società appellanti che, in sede di primo grado, solo con il primo profilo del IV motivo di gravame esse contestavano l’imputazione da parte dell’Autorità nei loro confronti della condotta di “boicottaggio indiretto”, mentre con la restante parte del motivo denunciavano la illegittimità del provvedimento sanzionatorio laddove addebitava alle società Moby e CIN (al paragrafo 98) la messa in campo di una “politica generalizzata” di mancato imbarco dei trasportatori cd. infedeli, ponendosi così in contrasto con la CRI che, invece, si limitava a riportare singoli episodi di mancato imbarco, tenuto conto che tale nuova contestazione sarebbe giustificata, a detta dell’AGCM, alla luce del contenuto di un solo documento che, peraltro, è emerso ad istruttoria ormai conclusa e dunque senza possibilità di consentire alcuna replica da parte delle suddette società. L’avere il giudice di primo grado considerato assorbibile l’intero IV motivo di gravame costituisce dunque una scelta erronea perché non tutta la doglianza contenuta nel motivo in questione atteneva al “boicottaggio indiretto”. A ciò si aggiunga che, sempre nel IV motivo si contestava la decisione, assunta dall’Autorità nel corso del procedimento, di ammettere alla partecipazione istruttoria la società Grendi, quando la relativa richiesta era stata presentata tardivamente rispetto all’avvio del procedimento. La richiesta di intervento di Grendi nella fase istruttoria è stata presentata dopo 10 mesi dall’avvio del procedimento e, dunque, ben oltre il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 7 d.P.R. 30 aprile 1998, n. 217 e tenuto conto che la tardività dell’intervento era già stata denunciata nel corso del procedimento, tramite un’apposita istanza di autotutela indirizzata al Collegio istruttore dell’Autorità, con la quale si segnalava come (anche per orientamento giurisprudenziale) non potesse consentirsi ai terzi di intervenire sine die nel procedimento amministrativo, che però veniva irragionevolmente respinta, con conseguente e inevitabilmente aggravio del procedimento;

5) Errata valutazione di infondatezza del V motivo di ricorso, proposto in primo grado, relativo alla illegittima reiezione, da parte di AGCM, della proposta di assunzione di impegni ai sensi dell’art. 14 l. 287/1990 formulata dalle società Moby e CIN. Nel corso del procedimento istruttorio, poi sfociato nell’adozione del provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado, le surrichiamate società avevano proposto all’Autorità di accettare l’adozione dei seguenti impegni “mitigativi”: a) la garanzia degli imbarchi di tutti i trasportatori attivi sulle rotte oggetto del procedimento, a condizioni predeterminate e non discriminatorie (respinto perché considerato “non monitorabile”);
b) non revocare gli accordi commerciali in essere sulle rotte interessate dall’istruttoria né a recedere dagli stessi, se non in ipotesi tassative (ritenuto inidoneo idoneo a rimuovere i profili di criticità, perché non vietava la revoca o il recesso qualora i trasportatori avessero ridotto drasticamente i volumi trasportati);
c) inviare all’AGCM un Report semestrale per monitorare l’attuazione degli impegni. Tuttavia la proposta era irragionevolmente respinta dall’AGCM che, rivendicando il proprio “ interesse all’accertamento dell’infrazione ”, ha preferito considerare le misure sopra descritte inidonee, con ciò adducendo motivazioni del tutto illogiche ed infondate. Erra, anche in questo caso, la decisione del giudice di prime cure nella parte in cui acriticamente considera legittima la scelta di respingere la proposta proveniente dalla due società atteso che, seppure è vero che l’AGCM gode in materia di ampia discrezionalità, ciò tuttavia non può determinare valutazioni arbitrarie delle proposte provenienti da soggetti sottoposti alla procedura di vigilanza da parte dell’Autorità, escludendo ogni adeguata motivazione dalla scelta di non accogliere la proposta di introdurre interventi mitigativi, onde escludere o, quantomeno, ridurre, la portata della sanzione da infliggersi;

6) Errore nella manifestazione meramente assertiva, contenuta nel provvedimento sanzionatorio impugnato, circa la indimostrata provocazione di un pregiudizio ai consumatori. Con il IX motivo di appello dedotto in primo grado, Moby e CIN avevano inteso dimostrare che le condotte illegittime loro ascritte non avevano affatto provocato un pregiudizio economico ai consumatori, rispetto ai quali, al contrario, detti comportamenti avevano arrecato un beneficio avendo concorso a una drastica riduzione dei prezzi in tutti i mercati rilevanti, dovuta sia ai prezzi estremamente bassi praticati da G che all’abbassamento dei prezzi fissati da Moby e da CIN, anche attraverso gli sconti praticati in risposta alla pressione competitiva di G;

7) Erroneamente, infine, il giudice di primo grado ha ritenuto di non accogliere, parzialmente, il X motivo di ricorso con il quale si contestava la rilevanza, ai fini della quantificazione della sanzione, della durata del comportamento contestato e la sussistenza dell’elemento soggettivo limitatamente alla durata dell’infrazione. Detta censura nella sede di appello viene espressamente formulata dalle società Moby e CIN in via residuale e subordinata all’eventuale reiezione dei precedenti motivi di appello, invitando il giudice di secondo grado, nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 134 c.p.a., a prevedere una riduzione della sanzione a un “importo simbolico” o, comunque, “minimo”. In particolare le società appellanti sottolineano come la nella sentenza di primo grado il TAR ha erroneamente affermato che “ il termine della condotta rilevante, in assenza di ulteriori indicazioni utili, va dunque fissato al gennaio 2017, data fino alla quale la ricorrente non contesta la permanenza della condotta e con riferimento alla quale andrà ricalcolato il coefficiente di durata ”. Il primo giudice più correttamente, invece, avrebbe dovuto accertare la circostanza in virtù della quale, come emerge dalla lettura degli atti del fascicolo istruttorio, le condotte imputate alle due società dovessero ritenersi “ cessate già nel febbraio 2016 ”, in quanto le evidenze del ridetto fascicolo si riferivano esclusivamente a quel periodo. Il successivo riferimento effettuato nel corso dell’istruttoria dalle due società al mese di gennaio del 2017 era esclusivamente volto a fornire la prova negativa della ripresa di volumi significativi di imbarchi da parte dei caricatori “infedeli”. In ragione di ciò non corrisponde dunque al vero che fino a tale data “ la ricorrente non contesta la permanenza della condotta ”, e pertanto la sanzione andrà ricalcolata, considerando, al più, solo il “ periodo settembre 2015-inizio febbraio 2016 ”.

8. – Nel ricorso in appello n. R.g. 8343/2019 si è costituita in giudizio l’Autorità ribadendo la legittimità (integrale) del provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado e confermando la puntualità e la correttezza dell’istruttoria svolta nonché la congruità e proporzionalità della sanzione inflitta. Per converso l’Autorità ha contestato analiticamente la fondatezza dei dedotti motivi di appello chiedendo la reiezione del gravame proposto, tenuto conto che la medesima Autorità ha proposto anch’essa appello contro la sentenza n. 7175/2019 del TAR per il Lazio e che la stessa ne ha chiesto la parziale riforma nella parte in cui il primo giudice ha dichiarato parzialmente illegittimo il provvedimento sanzionatorio n. 27432 adottato in data 28 febbraio 2018. Analoga posizione ha assunto la Grendi, anch’essa proponente di un ricorso in appello autonomo.

Nel medesimo giudizio si sono costituite anche le società G e Nuova Logistica Lucianu S.r.l. chiedendo anche loro che fosse respinto l’appello proposto da Moby e da CIN, tenuto conto della correttezza dell’approccio fatto proprio dal giudice di prime cure.

Le parti hanno presentato ulteriori memorie, anche di replica, confermando le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.

9. – Con il primo motivo di appello le società Moby e CIN, riproducendo sostanzialmente il I motivo di ricorso di primo grado, hanno censurato il metodo di valutazione che ha condotto l’AGCM alla definizione di tre distinti mercati rilevanti del traffico merci da/per la Sardegna (Nord Sardegna - Nord Italia [NS-NI];
Nord Sardegna - Centro Italia [NS-CI];
Sud Sardegna - Centro Italia [SS-CI]). In particolare le società odierne appellanti sostengono che l’Autorità abbia preteso di far dipendere la individuazione del mercato ( rectius , area di operatività dell’abuso) ove si sarebbe espresso il contestato abuso di dominanza, vale a dire nell’ambito dei tre fasci di rotte tra Sardegna e Italia continentale sopra specificati, ponendo alla base di detta qualificazione un’analisi incompleta in punto di sostituibilità dei prodotti, valutata alla luce di un solo parametro, consistente nella distanza chilometrica tra bacini di utenza serviti e porti e distanza di navigazione, anziché alla luce degli ulteriori criteri pure indicati nell’atto di comunicazione della risultanze istruttorie (CRI), quali il tempo della traversata, il tempo di percorrenza su strada, il costo dei pedaggi autostradali, il livello dei noli e il livello dei servizi.

Sul punto la sentenza qui oggetto di appello ha ritenuto corretto l’approccio messo in campo dall’Autorità, segnalando in particolare che, comunque, la contestazione per come formulata non può essere condivisa in quanto, anche per orientamento giurisprudenziale costante, “ l’individuazione del mercato rilevante, presupposto dell’esistenza della posizione dominante, che identifica e delimita il contesto sociale ed economico ove opera l’impresa soggetta all’accertamento, è riservata ad AGCM e il giudice amministrativo non può sostituirsi ad essa, salvo che l’operato dell’Autorità presenti vizi di travisamento dei fatti, vizi logici e vizi di violazione di legge ” (così, testualmente, a pag. 15 della sentenza qui oggetto di appello).

Va premesso, in via generale, che (come è stato ribadito di recente dalla Sezione, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 13 marzo 2020 n. 1832) la definizione del mercato, sotto il profilo merceologico e geografico, è necessaria per individuare l'ambito nel quale le imprese interessate sono in concorrenza tra loro e le pressioni concorrenziali alle quali le stesse sono sottoposte, in termini di sostituibilità dell'offerta, sostituibilità della domanda e concorrenza potenziale.

Deve, peraltro, osservarsi che gli artt. 2 e 3 l. 287/1990 non richiedono esplicitamente che venga individuato un mercato rilevante nella valutazione concorrenziale di un'intesa o di un presunto abuso di posizione dominante. In entrambi i casi, le norme fanno riferimento alle restrizioni della concorrenza “ all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante ”. Tuttavia, come è stato autorevolmente osservato, tale inciso attiene più propriamente all'individuazione dell'ambito di applicabilità della legge (nel senso che ne sono escluse quelle fattispecie i cui effetti travalicano i confini nazionali e quelle di importanza trascurabile).

L'esigenza di individuare un mercato rilevante si pone, nondimeno, quale presupposto indefettibile per determinare se la condotta indagata abbia la capacità di alterare “ in maniera consistente il gioco della concorrenza ” e, nel caso specifico di cui all'art. 3 l. 287/1990, al fine di accertare l'esistenza di una posizione dominante e le eventuali caratteristiche abusive di un determinato comportamento. Ne deriva che l'identificazione di un mercato di riferimento è funzionale alla stessa individuazione delle restrizioni della concorrenza vietate dagli articoli 2 e 3 della surrichiamata legge.

In altri termini, l'individuazione del mercato rilevante va correttamente intesa non come un fine a sé stante, ma come una delle fasi funzionali alla valutazione sotto il profilo concorrenziale della fattispecie. Non è, dunque, corretto un metodo volto a ricercare una definizione assoluta della nozione, dal momento che questa assume un significato relativo, in funzione della specifica indagine che viene in considerazione in rapporto al comportamento che si assume illecito.

In base a tale approccio, l'individuazione del mercato rilevante non è che il passo che precede l'analisi delle condizioni strutturali (ad esempio quote di mercato, grado di concentrazione) del mercato e delle altre informazioni disponibili per valutare se ci sia il rischio di comportamenti anticoncorrenziali o se, specie nei casi di abuso di posizione dominante, tali comportamenti siano stati realizzati.

Al riguardo, è significativa la definizione basilare, rispetto alla quale sono stati poi elaborati i criteri tecnici per la perimetrazione concreta, che individua il mercato rilevante come il più piccolo contesto (in termini di prodotti e di area geografica) in cui, se si creassero condizioni di monopolio, il monopolista potrebbe profittevolmente fissare un prezzo significativamente superiore a quello concorrenziale e mantenerlo per un certo periodo di tempo.

10. – Fermo quanto sopra, in argomento, va rammentato che la nozione di mercato rilevante - vale a dire di scenario territoriale, tendenzialmente omogeneo quanto a domanda e offerta in questione, dove si svolge il rapporto di concorrenza - implica un accertamento in fatto sia in relazione al prodotto, sia per area geografica, cui segue l’applicazione, ai fatti accertati, delle norme in tema di mercato rilevante o parametri su di esso, da intendere alla stregua dalla giurisprudenza sia nazionale che eurounitaria (cfr. Cass., Sez. I, 13 febbraio 2009 n. 3638 e Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2011 n. 2925).

Da tempo la Sezione (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 14 ottobre 2016 n. 4266) ha chiarito che il sindacato di questo giudice sui provvedimenti dell'AGCM si estende pure a quei profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicarne la legittimità. Ove questi includano valutazioni ed apprezzamenti che presentino un oggettivo margine di opinabilità (com’è per la definizione di mercato rilevante), lo scrutinio di legittimità s’invera in un controllo di logicità, coerenza e ragionevolezza di tale giudizio e nella verifica della non esorbitanza dai suddetti margini di opinabilità. Ma la plausibilità di tale definizione e la relativa congruenza della misura cautelare da assumere non si pongono in contrasto con la giurisprudenza della Sezione o delle Corti europee. Per vero, l'individuazione del mercato rilevante, che identifica e delimita il contesto socioeconomico in cui opera l'impresa coinvolta nel procedimento innanzi all'AGCM, è riservata ad essa e, di massima, questo Giudice non vi si può sostituire, salvo che l'operato dell'Autorità presenti vizi di travisamento dei fatti, vizi logici e vizi di violazione di legge (cfr., tra le molte, Cons. Stato, Sez. VI, 3 marzo 2020 n. 1547 e 11 luglio 2016 n. 3047).

Sul punto anche le Sezioni unite della Corte di cassazione (cfr., Cass., Sez. un,. 20 gennaio 2014 n. 1013) hanno avuto modo di affermare che il sindacato di legittimità del giudice amministrativo sui provvedimenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato comporta la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e si estende anche ai profili tecnici, il cui esame sia necessario per giudicare della legittimità di tale provvedimento;
ma quando in siffatti profili tecnici siano coinvolti valutazioni ed apprezzamenti che presentano un oggettivo margine di opinabilità - come ad esempio nel caso della definizione di mercato rilevante nell'accertamento di intese restrittive della concorrenza o di abusi di posizione dominante - detto sindacato, oltre che in un controllo di ragionevolezza, logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato, è limitato alla verifica che quel medesimo provvedimento non abbia esorbitato dai margini di opinabilità sopra richiamati, non potendo il giudice sostituire il proprio apprezzamento a quello dell'Autorità garante ove questa si sia mantenuta entro i suddetti margini.

Il giudice amministrativo, in relazione ai provvedimenti dell'AGCM esercita, dunque, un sindacato di legittimità che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio: pertanto deve valutare i fatti, onde acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'Autorità risulti immune da travisamenti e vizi logici e accertare che le disposizioni giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate.

Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati, il giudice amministrativo non può comunque sostituirsi all'AGCM nella definizione del mercato rilevante se questa sia attendibile secondo la scienza economica e immune da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici e da vizi di violazione di legge (cfr. in tal senso, ex plurimis , Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2014 n. 3032, 13 maggio 2011 n. 2925;
9 febbraio 2011 n. 896 e 2 marzo 2004 n. 926).

11. - Ciò affermato in via generale e applicando i suindicati criteri di scrutinio al caso di specie, non pare al Collegio che la metodologia utilizzata, nel concreto, dall’Autorità nella individuazione del mercato rilevante fuoriesca dai parametri di logicità e coerenza più sopra tratteggiati in linea teorica.

Al paragrafo III del provvedimento sanzionatorio impugnato, illustrando le risultanze istruttorie e specificando quale sia stata l’attività istruttoria e preistruttoria svolta dagli uffici, l’Autorità ha chiarito quali siano stati i criteri metodologici che l’hanno condotta alla individuazione del “mercato rilevante”, attraverso:

A) la individuazione e la descrizione delle rotte con riferimento alle quali è distribuito il mercato del trasporto marittimo di merci tra la Sardegna e l'Italia continentale (III.2.2.1), tenendo conto sia della caratterizzazione dei flussi in termini di stagionalità, legata all'aumento di domanda del servizio in alcuni determinati periodi dell'anno, specialmente nei mesi estivi e nelle settimane di festa, sia della ulteriore significativa circostanza per cui la quasi totalità degli scambi commerciali da e per la Sardegna avvengono via mare, di talché i servizi di trasporto marittimo, e, conseguentemente, anche il complesso di infrastrutture stradali e portuali su cui esso si fonda, rappresentano un elemento fondamentale nell'ambito dell'economia di tale regione insulare (punto 38);

B) la definizione dell'offerta di servizi di trasporto marittimo di merci tra la Sardegna e l'Italia continentale (III.2.2), caratterizzata dalla presenza sul mercato del traporto marittimo sopra indicato della società CIN (detta società, che ha acquisito da Tirrenia di Navigazione S.p.a. il ramo d'azienda relativo alla fornitura del servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori, opera con il brand Tirrenia e è titolare del servizio pubblico che garantisce la continuità territoriale tra la Sardegna, la Sicilia, le Isole Tremiti e la Penisola) e della società Moby (società di trasporto marittimo attiva sulle rotte tra l’Italia Continentale e la Sardegna, la Corsica e l'isola d'Elba che, al momento dell'avvio del procedimento istruttorio, faceva capo alla società Onorato Armatori S.p.a. insieme con CIN e che in seguito alla riorganizzazione della struttura del gruppo Onorato, avvenuta nel maggio 2016, ha visto la Onorato Armatori fondersi per incorporazione in Moby S.p.a., operazione che ha condotto Moby a controllare il 100% del capitale di CIN), ma anche altre compagnie quali la G e altri tre “operatori minori” (marginalmente attivi nel trasporto marittimo da e per la Sardegna, ciascuno su una singola rotta): la Grandi Navi Veloci S.p.a. (che opera esclusivamente nel periodo estivo sulla rotta Porto Torres-Genova), la Forship S.p.a. (operativa con il marchio “Sardinia Ferries”, attiva solo sulla rotta Golfo Aranci-Livorno);
la società Grendi (attiva fino al 23 aprile 2016 sulla rotta Cagliari-Vado Ligure e, in seguito, sulla rotta Cagliari-Marina di Carrara);

C) la descrizione della domanda di servizi di trasporto marittimo di merci da e per la Sardegna, costituita da un ampio numero di imprese logistiche e comunque caratterizzata dalla circostanza che una quota di rilievo dei volumi conferiti con regolarità alle compagnie di trasporto marittimo è appannaggio di un ristretto numero di società e gruppi logistici, prevalentemente con base principale in Sardegna;

D) la precisazione che le società di logistica scelgono preferibilmente, al fine di minimizzare i propri costi, il collegamento stradale più idoneo all'imbarco del proprio carico, in termini di distanza e di caratteristiche qualitative del percorso, a seconda del punto di partenza e di destinazione delle merci. Ciò vale anche ove il carico si componga di merci ritirate presso diversi punti di ritiro (c.d. carico di collettame). Tale precisazione assume un assoluto rilievo laddove si consideri che la distanza tra le località di ritiro/consegna delle merci e i porti di partenza/arrivo nonché la qualità delle infrastrutture stradali costituiscono componenti fondamentali nella formazione dei costi sostenuti dalle imprese di logistica (cosi ai punti 50 e 51). A ciò si aggiunga che tali “ elementi incidono in maniera diretta sui costi operativi da esse sostenuti per svolgere l'attività di trasporto su strada (carburante, costo del personale, costo dei pedaggi, manutenzione dei veicoli, etc.), i quali, a loro volta, costituiscono la porzione più consistente del costo complessivo del servizio offerto ai committenti. Il costo del servizio di trasporto su strada, secondo quanto emerge dai documenti acquisiti agli atti, sarebbe stimabile in media in 1 euro/km (…) ” (così, testualmente, al punto 51 del provvedimento sanzionatorio impugnato);

E) l’analisi, dopo avere chiarito che l'area geografica di operatività delle società di logistica influisce sui porti ai quali esse fanno riferimento, delle distanze chilometriche tra i principali centri dell’isola e i porti della Sardegna, considerando che, in ragione di dette distanze, il bacino di utenza dei servizi di trasporto merci del Nord Sardegna si rivolge prevalentemente ai porti di Porto Torres e Olbia, mentre il bacino di utenza dei servizi logistici del Sud Sardegna è principalmente servito dal porto di Cagliari. All’analisi delle distanze chilometriche dei centri isolani con le aree di ubicazione dei porti si è aggiunta l’analisi dei collegamenti di trasporto marittimo di merci tra la Sardegna e l'Italia continentale, all’esito della quale è emerso che i collegamenti interessano i porti di quattro regioni che si affacciano sul mar Tirreno: a) la Liguria (con i porti di Genova e Vado Ligure);
b) la Toscana (con i porti di Marina di Carrara, Livorno, Piombino);
c) il Lazio (con il porto di Civitavecchia);
d) la Campania (con i porti di Napoli e Salerno). Un terzo profilo di analisi ha avuto ad oggetto le distanze chilometriche dei porti di interesse nell'Italia continentale con alcune delle principali città della penisola, in particolare le città di Genova, Torino, Milano, Venezia, Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Firenze, Parma, Modena, Bologna, Perugia, Roma, Napoli e Salerno;

F) la riflessione (punto 57) per cui le società di logistica, operando contemporaneamente su diversi bacini di utenza (in base alla collocazione e all'attività dei loro committenti), “ hanno necessità di fare affidamento sui collegamenti marittimi offerti da porti diversi e, dunque, di poter disporre di una gamma di rotte ampia e diversificata (…) Tuttavia, dato il bacino di partenza e di arrivo della merce, le società di logistica fanno riferimento al/i porto/i ad esso più vicino/i, e scelgono la rotta della quale avvalersi, tra quelle ivi presenti, in base alle opzioni di trasporto marittimo disponibili, in termini di durata della traversata, di orari di partenza, di frequenze e di costo del nolo, sulla base dei richiamati criteri di economicità ed efficienza ” (punto 58);

G) la concorrenza di ulteriori fattori o elementi da considerare quali la tipologia di commessa ottenuta (e quindi la tipologia di merci da trasportare, anche con riferimento ai tempi di consegna condizionati dalle caratteristiche intrinseche o di utilizzo della merce), i tempi medi di navigazione, sia tenendo conto delle rotte percorribili sia nella consapevolezza che “ esistono rotte che possiedono caratteristiche simili, in quanto, servendo i medesimi bacini di utenza in partenza e in arrivo, forniscono servizi di trasporto con durata simile, soddisfacendo, così, le esigenze della domanda rappresentata dagli operatori della logistica in maniera analoga ” e che, al contrario “ le rotte che servono bacini di utenza diversi e/o hanno durata di navigazione diversa non sono in grado di soddisfare nello stesso modo le esigenze della domanda ” (punto 62) nonché le rotte attive nel periodo di osservazione (tra settembre 2015 e gennaio 2017) nelle quali si inseriscono i comportamenti segnalati e che hanno dato luogo all’iniziativa istruttoria e di vigilanza da parte dell’Autorità (punto 64).

In virtù degli elementi e fattori sopra richiamati l’Autorità è giunta, quindi, ad individuare i mercati rilevanti individuati ai fini del procedimento istruttorio nei tre (noti) fasci di rotte, composti da singole rotte tra loro sostituibili, che coincidono con i seguenti:

1) il fascio di rotte che va dal Nord-Sardegna al Nord-Italia (“NS-NI”), costituito dalle rotte Olbia-Genova (e viceversa), Porto Torres-Genova (e viceversa) e Porto Torres-Savona (e viceversa);

2) il fascio di rotte che va dal Nord Sardegna al Centro Italia (“NS-CI”), che comprende le rotte Olbia-Civitavecchia (e viceversa), Olbia-Livorno (e viceversa), Olbia-Piombino (e viceversa), Golfo Aranci-Livorno (e viceversa), Porto Torres-Civitavecchia (e viceversa);

3) il fascio di rotte che collega il Sud-Sardegna verso il Centro-Italia (“SS-CI”), nel quale sono incluse le rotte Cagliari-Civitavecchia (e viceversa), Cagliari-Livorno (e viceversa), Cagliari-Marina di Carrara (e viceversa).

12. – Quando, dunque, l’Autorità (al paragrafo 160) individua i mercati rilevanti oggetto del suo esame nei tre fasci di rotte sopra elencati, richiamando espressamente, quali criteri di individuazione, i collegamenti statisticamente più utilizzati e lo specifico bacino di utenza, esplicitando analiticamente le ragioni di non condivisione delle critiche che, nel corso del procedimento, sono pervenute dalle società partecipanti all’istruttoria alla metodologia fatta propria dall’Autorità per individuare il “mercato rilevante” e che non sono condivisibili, secondo le valutazioni effettuate sul punto dall’AGCM, il ragionamento sviluppato dall’Autorità si presenta, ad avviso del Collegio, scevro da quegli elementi patologici di illogicità, irragionevolezza, inadeguatezza istruttoria e illegittimità, che condurrebbero il giudice amministrativo a “bocciare” il metodo di indagine abbracciato dall’Autorità medesima.

Viceversa, nel caso in esame, tutti i parametri interpretativi, tracciati e definiti dalla giurisprudenza, anche eurounitaria, in materia di percorso valutativo corretto per giungere alla definizione di “mercato rilevante” nel diritto dell’ antitrust , appaiono ben seguiti dall’AGCM.

Non appare opportuno, per non appesantire la motivazione della presente decisione, elencare nuovamente o ulteriormente, oltre quanto si è fatto più sopra e le parti hanno potuto sviluppare nelle numerosissime pagine degli atti processuali (dando mostra di conoscere puntualmente il quadro giurisprudenziale nazionale e unionale che si è formato in materia) e tenendo conto di quanto già segnalato nella sentenza qui oggetto di appello, il perimetro giurisprudenziale nel quale vengono solitamente collocati i criteri di individuazione nel diritto dell’ antitrust della nozione di “mercato rilevante”.

Ciò che emerge dall’indagine qui svolta sulla conduzione della fase istruttoria da parte dell’Autorità e sui risultati del procedimento svolto, coagulati nella parte motiva del provvedimento sanzionatorio impugnato, è una rappresentazione puntuale degli elementi di approfondimento tenuti in considerazione ai fini della individuazione del “mercato rilevante” da utilizzare per tutto l’arco temporale di osservazione della condotta assunta dalle società oggi appellanti, arricchita da una diffusa esplicitazione delle ragioni che hanno condotto l’Autorità a formulare le conclusioni (in argomento) contenute nel provvedimento sanzionatorio (n. 27432 adottato in data 28 febbraio 2018), non limitandosi a asserire concetti e conseguenze, ma confrontando costantemente i risultati dell’indagine effettuata nel corso del procedimento, anche alla luce delle dichiarazioni rese dai soggetti ascoltati e delle contestazioni critiche mosse al suo operato fin dalle fase istruttoria, con puntuale rilevazione dei motivi che inducevano l’Autorità medesima a convincersi sempre di più della correttezza del proprio approccio metodologico.

Quanto sopra esclude dunque che possa avere fondatezza il primo motivo di appello dedotto.

13. – Con il secondo motivo di appello Moby e CIN sostengono che il giudice di primo grado abbia errato nel non ritenere accoglibile il II motivo di ricorso dedotto in primo grado, con il quale veniva contestata la modalità con la quale l’Autorità aveva considerato le due società in “posizione dominante” nel mercato di riferimento. In particolare con le società avevano contestato la circostanza per la quale il TAR per il Lazio, sebbene avesse riconosciuto che le quote di mercato riferibili alle società Moby e CIN, nei tre ritenuti mercati rilevanti (i tre fasci di rotte sopra indicati), avevano mostrato “ una flessione verso il basso ” con innegabile “ rapidità dell’erosione dell’originaria presenza di Moby/Cin sui tre fasci di rotte ”, ha nondimeno ritenuto che le predette società avrebbero mantenuto “ una quota ampiamente maggioritaria del mercato di riferimento, ben superiore a quella del 50% individuata, seppure in via tendenziale, dagli orientamenti comunitari in materia come sintomatica di dominanza ”.

In primo luogo va rammentato che, come si è già accennato (più sopra), la determinazione del mercato rilevante svolge una funzione diversa a seconda che si faccia questione di abuso di posizione dominante ovvero di intesa restrittiva della concorrente.

In materia di abuso di posizione dominante, infatti, in linea di principio, la definizione del mercato rilevante costituisce un presupposto per valutare l'eventuale esistenza di una posizione dominante, dovendosi definire il perimetro all'interno del quale esaminare la questione se l'impresa sia in grado di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e dei consumatori (cfr., tra le ultime, Corte giust. U.E., 30 gennaio 2020, in causa C-307/18, Generics (UK) Ltd).

In secondo luogo va poi precisato che una posizione dominante è ravvisabile quando l'impresa, grazie al suo potere di mercato, può attuare pratiche ed ottenere benefici che non potrebbe conseguire in un contesto competitivo (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, n. 1832/2020 cit.).

In terzo luogo va poi riferito che la sussistenza di una posizione di dominio sul mercato non è di per sé illecita o censurabile;
ciò che è vietato è l'abuso di tale posizione (cfr. Commissione Europea, Casi AT. 40220 Qualcomm, premi di esclusiva;
AT. 39711 Qualcomm, comportamento predatorio;
su cui, cfr. la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) del 9 aprile 2019 Qualcomm, Inc. e Qualcomm Europe, Inc.

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