Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-04, n. 202106622

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-10-04, n. 202106622
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106622
Data del deposito : 4 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/10/2021

N. 06622/2021REG.PROV.COLL.

N. 04621/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4621 del 2021, proposto da
C N, C M V, C C (nella qualità di eredi del Sig. C M) e da D G E, rappresentati e difesi dall’avvocato T P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A A, E C e A C, elettivamente domiciliato in Roma, alla Via Appennini, n. 46, presso lo studio legale Leone;

nei confronti

S C, non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza della Sezione II del Consiglio di Stato, n. 6952 del 12 novembre 2020, con cui è stato respinto l’appello N.R.G. 5803 del 2011, proposto avverso la sentenza della Sezione IV del T.A.R. Campania, n. 1759 del 25 marzo 2011.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 settembre 2021 il Cons. R P e uditi per le parti gli avvocati T P e Ferruccio Zannin, su delega dell’avvocato E C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espongono i ricorrenti di aver impugnato, dinanzi al T.A.R. Campania, la disposizione dirigenziale n. 548 dell’11 agosto 2009, con la quale il Comune di Napoli ha ingiunto la demolizione di talune opere abusive realizzate nell’immobile di proprietà, in Napoli, alla Via Bernardo Cavallino n. 50.

Avverso la sentenza (n. 1759 del 25 marzo 2011) con la quale il T.A.R. Campania ha respinto l’anzidetto ricorso, veniva dagli interessati proposto appello (N.R.G. 5803 del 2011), definito da questa Sezione con sentenza n. 6952 del 12 novembre 2020, recante reiezione del mezzo di tutela e condanna al pagamento delle spese del grado, liquidate in € 5.000,00.

Evidenziano i ricorrenti di aver depositato agli atti del giudizio di appello, alla data del 30 luglio 2020, memoria notificata alle altre parti del giudizio, con la quale venivano dichiarati:

- “ il decesso dell'appellante Sig. M C avvenuto in data 23.2.2020”;

- e, ulteriormente, “la sopravvenuta carenza di interesse della litisconsorte Sig. E D G, atteso che l'ordinanza di demolizione impugnata in primo grado è stata convertita dal Comune di Napoli in sanzione pecuniaria, giusta provvedimento notificato il 29.2.2012, e recentemente l'immobile è stato alienato a terzi”.

2. La sentenza da ultimo richiamata – fondata sulla supposizione di fatti (legittimazione processuale delle parti e procedibilità del ricorso) esclusi da atti di causa asseritamente non esaminati (e che avrebbero imposto di dichiarare l'interruzione del giudizio e/o l’improcedibilità del ricorso per carenza di interesse alla decisione – viene, con il presente mezzo di tutela, impugnata per revocazione, sulla base delle seguenti argomentazioni:

2.1) Violazione dell’art. 395, n. 4 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 106, 35 e 84 c.p.a. Error facti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 304 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti

La sentenza revocanda, secondo quanto dai ricorrenti sostenuto, sarebbe fondata sulla supposizione della capacità processuale degli appellanti e del loro interesse alla decisione della causa: circostanze, queste, escluse dall’atto (depositato il 30 luglio 2020: anteriormente, quindi, alla pubblica udienza del 17 ottobre 2020, in occasione della quale la controversia è stata trattenuta per la decisione), con cui era stata dichiarata la morte dell’appellante, sig. M C, e la carenza di interesse dell’altra appellante, sig.ra E D G.

Nell’osservare come la sentenza di che trattasi non abbia tenuto conto:

- della anzidetta memoria,

- della istanza di passaggio in decisione presentata dagli appellanti,

- della “ adesione alla rinuncia” depositata dall'appellato, sig. B S,

- nonché della documentazione allegata agli atti di causa dal Comune in data 7 ottobre 2020, idonea a dimostrare la cessazione della materia del contendere,

assume la parte che ricorra, nella fattispecie, un’ipotesi di error facti, suscettibile di determinare la revocazione della sentenza.

2.2) Violazione dell’art. 395, n. 4 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli art. 106, 79 e 80 c.p.a. Error facti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 304 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. Travisamento ed erronea valutazione dei fatti

La disamina degli atti processuali indicati avrebbe, in ogni caso, imposto l’interruzione del giudizio, atteso che tale effetto può discendere anche dal mero deposito in giudizio dell’atto in cui venga dichiara la morte della parte.

Conclude la parte per l’accoglimento del ricorso, con conseguente revocazione della sentenza impugnata e declaratoria dell’interruzione e/o dell’improcedibilità dell'appello proposto avverso la sentenza della IV Sezione del T.A.R. Campania, n. 1759 del 25 marzo 2011.

3. In data 25 maggio 2021, si è costituita in giudizio, con memoria di mero stile, l’Amministrazione comunale di Napoli.

4. Il ricorso viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 21 settembre 2021.

DIRITTO

1. Per consolidata giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. Stato: Sez. V, 30 ottobre 2015, n. 4975;
Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 1869;
Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 21;
e, da ultimo, Sez. V, 23 dicembre 2019, n. 8685), l’errore di fatto, idoneo a costituire il vizio revocatorio previsto dall'art. 395, n. 4), c.p.c., deve:

- consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre l’esistenza di un fatto, la cui verità sia esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile;

- essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa;

- non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata;

- presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche;

- non consistere in un vizio di assunzione del fatto, né in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo.

L’errore di fatto revocatorio consiste, quindi, nel c.d. “abbaglio dei sensi”: e, cioè, nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista del giudice, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti, o viceversa;
di talché, la falsa percezione da parte del giudice della realtà processuale, che giustifica l’applicazione dell’art. 395 c.p.c., deve consistere in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare l’esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l’inesistenza di un fatto decisivo che dagli atti e documenti medesimi risulti invece positivamente accertato (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 10 marzo 2020, n. 1719).

E’ inammissibile, quindi, il rimedio revocatorio in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche, ovvero errori che non consistano in un vizio di assunzione del fatto (tale da comportare che il giudice non statuisca su quello effettivamente controverso), ma si riducano ad errori di criterio nella valutazione del fatto, di modo che la decisione non derivi dall’ignoranza di atti e documenti di causa, ma dall’erronea interpretazione di essi.

Non sussiste, quindi, vizio revocatorio quando venga lamentata un’asserita erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio (in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio), nonché nel caso in cui una questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7189).

2. Quanto sopra premesso, il proposto ricorso si rivela fondato.

Emerge, infatti, dal fascicolo relativo al giudizio di appello (N.R.G. 5803 del 2011) che con memoria depositata in atti il 30 luglio 2020 (ed in pari data notificata alle controparti), l’avvocato T P:

- ha comunicato l’intervenuto decesso dell’appellante, sig. M C (avvenuto il 23 febbraio 2020), conseguentemente chiedendo l’interruzione del giudizio;

- ed ha, ulteriormente, rappresentato “la sopravvenuta carenza di interesse della litisconsorte Sig. E D G, atteso che l'ordinanza di demolizione impugnata in primo grado è stata convertita dal Comune di Napoli in sanzione pecuniaria, giusta provvedimento notificato il 29.2.2012, e recentemente l'immobile è stato alienato a terzi”.

Con successive note d’udienza, depositate il 9 ottobre 2020, lo stesso procuratore in giudizio della parte appellante chiedeva “il passaggio in decisione della causa riportandosi alle considerazioni svolte nella memoria notificata alle parti del giudizio e depositata il 30.7.2020”.

Da ultimo, giova soggiungere che il controinteressato, sig. S C, ha dichiarato di voler aderire alla “ rinuncia degli appellanti, … con richiesta di compensazione delle spese di lite”.

3. Le surriportate evidenze fattuali, con dirimente chiarezza illustrano che, al momento in cui la controversia è stata trattenuta per la decisione (pubblica udienza del 13 ottobre 2020), erano già stati acquisiti al giudizio gli atti di parte che rappresentavano:

- non solo la presenza di una causa suscettibile di determinare l’interruzione del giudizio (quale la dichiarazione del decesso di uno degli appellanti, il sig. C M, ai sensi degli artt. 79, comma 2, c.p.a. e 299 e ss. c.p.c.);

- ma anche la manifestazione, da parte dell’altra appellante (la sig.ra E D G), di non annettere più interesse alla delibazione nel merito della controversia.

Nella sentenza revocanda – con la quale la Sezione, pronunziandosi nel merito, ha respinto l’appello, con condanna degli appellanti al pagamento delle spese di lite, in favore del Comune di Napoli, per € 5.000,00, oltre accessori di legge – non viene dato conto delle suindicate circostanze;
per l’effetto, dovendo ritenersi che la decisione sia viziata da errore di fatto, conseguente ad abbaglio dei sensi, integrato dalla mancata percezione delle dichiarazioni delle quali si è dato precedentemente conto.

Siffatta omissione ha assunto, ovviamente, portata decisiva.

Ne consegue che va accolto, in via rescindente, il ricorso per revocazione, con riveniente annullamento della sentenza di questa Sezione, n. 6952 del 12 novembre 2020.

4. In sede rescissoria, la dichiarazione dell’intervenuto decesso del sig. C M, dall’avvocato di parte notificata alle controparti e depositata in atti del giudizio, impone la declaratoria di interruzione del processo, ai sensi degli artt. 79 c.p.a. e 300 c.p.c.

Non si fa luogo a pronunzia in ordine alle spese del presente giudizio, atteso il carattere non definitivo della presente pronunzia, quanto alla parte rescissoria.

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