Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-20, n. 202302801

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-20, n. 202302801
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302801
Data del deposito : 20 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/03/2023

N. 02801/2023REG.PROV.COLL.

N. 01267/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 1267 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M D e L P, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

-OMISSIS-, in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con mandanti -OMISSIS-., rappresentata e difesa dall’avvocato G V N, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia);

nei confronti

Comune di Triggiano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Cozzi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione prima) n. 34/2022, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Triggiano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 6 ottobre 2022 il Cons. A B e uditi per le parti gli avvocati Paccione, Nardelli e Cozzi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’impresa individuale -OMISSIS-, in proprio e quale capogruppo mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con mandanti -OMISSIS-., seconda classificata, impugnava avanti al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia gli atti concretanti l’aggiudicazione a -OMISSIS- della procedura indetta dal Comune di Triggiano il 15 luglio 2020 per l’affidamento dei lavori di realizzazione di un parco urbano e di un centro culturale.

Con l’atto introduttivo del giudizio sosteneva che -OMISSIS-avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per non avere comunicato alla stazione appaltante che, nelle more della procedura, il suo legale rappresentante (poi dimessosi), direttore tecnico e socio di maggioranza, era stato raggiunto da una misura cautelare personale non detentiva emessa ai sensi degli artt. 290, 273 e 274 Cod. proc. pen. dal Gip del Tribunale di Bari nell’ambito di indagini relative ad affidamenti pubblici, comportante il divieto di esercitare attività di impresa per nove mesi. Sosteneva altresì l’illegittimità dell’omesso apprezzamento da parte della stazione appaltante dell’incidenza, ai fini della valutazione del grave illecito professionale, della condotta penalmente contestata, ancorchè questa avesse avuto risonanza pubblica.

Con i mezzi aggiunti impugnava gli atti con cui la stazione appaltante, nelle more del giudizio, aveva confermato la legittimità della partecipazione di -OMISSIS-alla procedura, lamentando anche che il predetto legale rappresentante avesse svolto attività di gara nonostante il divieto.

2. L’adito T, nella resistenza del Comune di Triggiano e di -OMISSIS-, definiva l’impugnativa con la sentenza indicata in epigrafe, che:

- dichiarava l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’impugnativa diretta a contestare l’omessa valutazione amministrativa dell’ordinanza cautelare penale, perché superata dalla determinazione espressa adottata nelle more del giudizio;

- accoglieva l’impugnativa per il restante, ritenendo il difetto di istruttoria e di motivazione e la violazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) e c- bis ) del d.lgs. 50/2016;

- rimetteva alla stazione appaltante il riesame della posizione di -OMISSIS- da effettuarsi “ tenendo in debito conto l’effetto conformativo della presente sentenza ”;

- compensava tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l’odierno atto di appello -OMISSIS-ha gravato la sentenza. Ha dedotto articolati motivi e concluso per la sua riforma e per la reiezione del ricorso di primo grado.

4. Il Comune di Triggiano, in sede di costituzione in giudizio, ha aderito alle tesi difensive della parte appellante e concluso per l’accoglimento del gravame.

5. -OMISSIS-, costituitasi in resistenza, ha eccepito l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello e l’inammissibilità delle difese del Comune, per avere questo introdotto, ancorchè mera parte del giudizio, profili di novità rispetto alle censure dell’appellante.

6. Con ordinanza n. 1371/2022 la Sezione ha respinto la domanda cautelare avanzata nell’atto di appello.

7. Nel prosieguo tutte le parti hanno depositato documenti e memorie, dai quali è emerso che:

- l’Amministrazione comunale, dopo l’ordinanza della Sezione n. 1371/2022, si è rideterminata nel senso di escludere -OMISSIS-dalla procedura e di aggiudicare la gara a -OMISSIS-;

- -OMISSIS-ha impugnato il provvedimento sopravvenuto davanti al T Puglia, che ha respinto la domanda cautelare con ordinanza n. 282/2022;

- con ordinanza n. 3481/2022 la Sezione ha respinto l’appello cautelare proposto da -OMISSIS-, rilevando, tra altro, che “ il provvedimento di riesame sembra prima facie aver formato oggetto di autonoma valutazione ”;

- il Comune di Triggiano e -OMISSIS- hanno stipulato il contratto relativo ai lavori per cui è causa il 22 settembre 2022.

In questo contesto, -OMISSIS-, valorizzando la soprariportata motivazione dell’ordinanza della Sezione n. 3481/2022, ha eccepito l’improcedibilità dell’appello, mentre -OMISSIS-ha sostenuto che le rideterminazioni della stazione appaltante costituiscono stretta esecuzione della sentenza impugnata. Le due parti private hanno comunque insistito nelle proprie conclusioni. Il Comune null’altro ha dedotto.

La causa è stata trattenuta in decisione il 6 ottobre 2022.

8. L’appello si rivela infondato nel merito.

Tutte le questioni pregiudiziali possono pertanto essere assorbite.

9. Con la prima censura (violazione dell’art. 112 Cod. proc. civ.;
nullità per extrapetizione) -OMISSIS-sostiene l’illegittimità della parte della sentenza che, in accoglimento di una delle censure dell’atto introduttivo del giudizio, ha ritenuto che la società fosse incorsa in una omissione dichiarativa ex art. 80 comma 5 lett. c- bis ) del d.lgs 50/2016.

Secondo la deducente il motivo accolto doveva considerarsi abbandonato, poiché non riproposto nei motivi aggiunti presentati dopo il provvedimento di conferma della legittimità della sua partecipazione alla gara, avvenuto con determinazione dirigenziale n. 943/2021 in conformità alle valutazioni espresse dalla commissione valutatrice nel verbale n. 20/21, provvedimento che, quale atto “confermativo in senso proprio”, avrebbe onerato la ricorrente a riproporre tutti i motivi già articolati, pena l’improcedibilità delle doglianze non riproposte.

9.1. Il motivo è infondato.

9.2. La disamina della doglianza richiede di precisare che la qualificazione degli atti amministrativi oggetto di giudizio spetta al giudice amministrativo (Cons. Stato, V, 3 agosto 2022, n. 6821;
VI, 26 novembre 2021, n. 7913;
V, 4 ottobre 2021, n. 6606), potere ufficioso che non è vincolato né dell’intitolazione dell’atto né tanto meno dalle deduzioni delle parti in causa (Cons. Stato, V, 5 giugno 2018, n. 3387), dovendo l’esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, e anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza, e inoltre neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (Cons. Stato, V, 28 agosto 2019, n. 5921;
IV, 18 settembre 2012, n. 4942).

9.3. Va poi rammentata la distinzione tra atti “meramente confermativi” e atti “di conferma in senso proprio”.

Per la giurisprudenza, sono atti “meramente confermativi” quegli atti che si connotano per la ritenuta insussistenza, da parte dell’amministrazione, di valide ragioni di riapertura del procedimento conclusosi con una precedente determinazione;
mancando detta riapertura e una conseguente nuova ponderazione degli interessi coinvolti, nello schema tipico dei c.d. “provvedimenti di secondo grado”, essi sono insuscettibili di autonoma impugnazione per carenza di un carattere autonomamente lesivo (Cons. Stato, V, 3 agosto 2022, n. 6819;
4 ottobre 2021, n. 6606;
8 novembre 2019, n. 7655;
17 gennaio 2019, n. 432;
III, 27 dicembre 2018, n. 7230;
IV, 12 settembre 2018, n. 5341;
VI, 10 settembre 2018, n. 5301;
III, 8 giugno 2018, n. 3493;
V, 10 aprile 2018, n. 2172;
27 novembre 2017, n. 5547;
IV, 27 gennaio 2017, n. 357;
12 ottobre 2016, n. 4214;
29 febbraio 2016, n. 812). In pratica, l’atto meramente confermativo ricorre quando l’amministrazione si limita a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento, senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione (Cons. Stato, V, 22 giugno 2018, n. 3867), connotandosi per la sola funzione di illustrare all’interessato che la questione è stata già valutata con precedente espressione provvedimentale di cui si opera un integrale richiamo. Si tratta di un sostanziale diniego di esercizio del riesame dell’affare, espressione di lata discrezionalità amministrativa, che lo rende privo di spessore provvedimentale, da cui, ordinariamente, la intrinseca insuscettibilità di una sua impugnazione (Cons. Stato, IV, 3 giugno 2021, n. 4237;
29 marzo 2021, n. 2622).

Di contro, l’atto di conferma in senso proprio è quello adottato all’esito di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi, e pertanto connotato anche da una nuova motivazione (C. Stato, V, nn. 6819/2022 e 6606/2021, cit.;
VI, 13 luglio 2020, n. 4525;
II, 24 giugno 2020, n. 4054;
VI, 30 giugno 2017, n. 3207;
IV, 12 ottobre 2016, n. 4214;
29 febbraio 2016, n. 812;
12 febbraio 2015, n. 758;
14 aprile 2014, n. 1805). Si tratta quindi della rivalutazione amministrativa degli interessi in gioco e di un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che è in grado, come tale, di dare vita a un provvedimento diverso dal precedente, che è pertanto suscettibile di autonoma impugnazione (Cons. Stato, V, n. 3867/2018, cit.).

9.4. Alla luce delle predette coordinate ermeneutiche la fattispecie costituita dall’atto di conferma in senso proprio – nel cui ambito l’appellante pretende di iscrivere la determinazione amministrativa con cui il Comune di Triggiano nel corso del giudizio di primo grado ha ritenuto l’irrilevanza, ai fini della partecipazione alla procedura de qua , della misura cautelare penale di cui in fatto – richiede, di suo, la sussistenza di due provvedimenti, l’atto confermato e l’atto che lo conferma nella sua portata determinativa all’esito di una nuova valutazione amministrativa secondo quanto sopra precisato, aventi identità di oggetto.

Detto schema non è rinvenibile nella fattispecie in esame, in cui la determinazione dirigenziale n. 943/2021 (in uno al sotteso verbale della commissione n. 20/21) costituisce il primo esercizio da parte della stazione appaltante del potere valutativo ex art. 80 d.lgs. 50/2016 del provvedimento del Gip del Tribunale di Bari.

9.5. Tanto si ricava dalla stessa determinazione n. 943/2021, che, tra altro:

- afferma nel preambolo che tutte le verifiche effettuate nei confronti di -OMISSIS-“ hanno restituito un esito regolare, fermo restando la valutazione di un provvedimento interdittivo del legale rappresentante sopraggiunto nelle more e per la cui valutazione si rinvia a quanto di seguito

specificatamente dedotto in conformità alle valutazioni espresse dalla commissione valutatrice nel verbale n. 20/21 ”;

- dà atto dell’istanza di autotutela presentata da Pichichera il 26 maggio 2021 contenente la richiesta di esclusione dalla gara di -OMISSIS-stante la ridetta misura cautelare penale a carico del suo rappresentante legale, richiama la nota 28 maggio 2021di richiesta a quest’ultima di formulare le proprie controdeduzioni, espone le verifiche avviate dalla stazione appaltante il 28 maggio 2021 presso il casellario giudiziale, rappresenta che con verbale n. 20 del 7 luglio 2021, esaminata la documentazione in atti, “ la Commissione giudicatrice ha ritenuto che la vicenda che ha interessato l’ex legale rappresentante dell’aggiudicataria non costituisca grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 e che non ricorrano, pertanto, i presupposti per

disporne l’esclusione dalla procedura di gara ”, e dispone di approvare il predetto verbale condividendone le risultanze;

- conferma la legittimità della partecipazione alla gara di -OMISSIS-a conclusione del procedimento in contraddittorio, respinge l’istanza di esclusione promossa da -OMISSIS- “ non ricorrendone i presupposti per le ragioni tutte esposte nel verbale della Commissione

giudicatrice n. 20 del 07/07/2021 ”, e dichiara pertanto l’intervenuta positiva verifica del possesso dei requisiti di ordine generale e speciale in capo alla medesima ex art. 32 comma 7 d.lgs. 50/2016 nonché l’efficacia dell'aggiudicazione.

I predetti passaggi argomentativi, singolarmente e complessivamente considerati, rendono chiaro che la possibile incidenza dell’ordinanza cautelare penale sulla regolarità della partecipazione alla gara di -OMISSIS-era precedentemente rimasta estranea a qualsiasi apprezzamento amministrativo.

9.6. La conclusione è rafforzata da quanto emergente dal verbale n. 20/2021 della commissione valutatrice approvato con la stessa determinazione, che, riepilogati gli elementi sottoposti all’attenzione dell’organo collegiale, dà atto che la commissione “ procede a valutare se l’adozione della misura cautelare in parola costituisca “mezzo adeguato” da cui desumere la sussistenza di un grave illecito professionale ex art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50(2016 a carico dell’aggiudicataria ” concludendo poi in senso negativo per i motivi ivi specificati.

Vieppiù, il verbale cura di precisare che: la misura cautelare penale di cui trattasi era stata emessa il 26 marzo 2021 e comunicata alla CCIAA di Bari il 1° aprile 2021, che l’aveva ricevuta il successivo 7 aprile;
che -OMISSIS-ne “avrebbe” avuto conoscenza 1° aprile 2021 e non l’aveva comunicata alla stazione appaltante;
che essa era astrattamente conoscibile dalla stazione appaltante solo a partire dalla predetta data del 7 aprile 2021, a nulla rilevando la sua risonanza mediatica, dedotta sia da -OMISSIS- che da -OMISSIS-, “ essendo noto che le verifiche vengono effettuate mediante precisi canali istituzionali ”;
che peraltro la sua effettiva conoscenza in capo alla stazione appaltante si era integrata solo al momento della presentazione dell’istanza di autotutela di -OMISSIS- (26 maggio 2021), cioè quando “ erano ancora in corso le verifiche post aggiudicazione ”.

In altri termini, l’Amministrazione ha preso atto dell’esistenza del provvedimento penale e lo ha esaminato per quanto di interesse della procedura in corso dopo aver disposto l’aggiudicazione della gara in favore di -OMISSIS-, avvenuta il 29 aprile 2021: vi è quindi una vera e propria impossibilità materiale di ipotizzare che sulla questione possa essere intervenuta quella rideterminazione tipica degli atti di conferma in senso proprio.

9.7. Nulla muta considerando che il provvedimento dirigenziale n. 943/2021 parli di “conferma” della regolarità della partecipazione alla gara di -OMISSIS-.

L’espressione è infatti evidentemente riferita all’effetto complessivo del provvedimento e non allo specifico oggetto del subprocedimento, che è l’unico elemento che qui rileva, dovendosi tenere conto nella qualificazione degli atti oggetto di giudizio, per i principi giurisprudenziali sopra richiamati, dell’effettivo “contenuto” dell’atto e della sua “causa reale”.

9.8. In definitiva, bene ha fatto il T a valutare nel merito i provvedimenti impugnati anche in relazione alla censura di omissione dichiarativa avanzata nell’atto introduttivo del giudizio, che la ricorrente non aveva l’onere di riproporre nei motivi aggiunti, non potendosi ragguagliare la determinazione n. 943/2021 a un atto confermativo vero e proprio.

Del resto, trattasi di una censura che attiene a una condotta temporalmente cristallizzata, insuscettibile come tale di essere superata o incisa dai provvedimenti sopravvenuti deputati alla sua valutazione, salva naturalmente la possibilità che questi attestassero che l’omissione dichiarativa non vi era stata: ma poiché dal verbale n. 20/2021 emerge che tale condizione era insussistente, non può dubitarsi neanche della persistenza dell’interesse della ricorrente alla sua definizione.

10. Con altra censura [violazione dell’art. 80 commi 5 lett. c- bis ) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione all’art. 12 delle preleggi e della lex specialis della procedura;
eccesso di potere giurisdizionale], di carattere subordinato, -OMISSIS-sostiene che il T, nel ritenere l’omissione dichiarativa e nell’affermare che la violazione del relativo obbligo “ assume una rilevanza in termini di incidenza sul corretto svolgimento della procedura di selezione, valutabile anch’essa sotto il profilo di grave illecito professionale ” (capo 11), abbia sovrapposto due misure espulsive che per il d.lgs. 50/2016 sono distinte [il grave illecito professionale di cui all’art. 80 comma 5 lett. c);
l’omissione dichiarativa di cui all’art. 80 comma 5 lett. c- bis )], facendo in particolare rientrare la seconda nella prima. Denunzia quindi la violazione dei principi di legalità dell’azione amministrativa e di tipicità e di nominatività dei poteri esercitabili dalla pubblica amministrazione, con invasione da parte del primo giudice di sfere proprie di attribuzione a questa riservate.

10.1. La doglianza è destituita di fondamento.

10.2. L’art. 80 comma 5 del d.lgs. 50/2016, per quanto di interesse, dispone che: “ Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: [...]

c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;

c-bis) l’operatore economico abbia tentato di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate a fini di proprio vantaggio oppure abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione, ovvero abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione ”.

10.3. La giurisprudenza esclude che l’omissione dichiarativa costituisca di per sé autonoma causa escludente, sufficiente a condurre all’estromissione del concorrente a prescindere dalla concreta rilevanza dell’informazione taciuta, richiedendo invece una valutazione in concreto della stazione appaltante (Cons. Stato, Ad. plen., 28 agosto 2020, n. 16;
V, 27 settembre 2022, n. 8336;
15 giugno 2021, 4641;
14 giugno 2021, n. 4574;
III, 10 marzo 2021, n. 2043;
V, 22 febbraio 2021, n. 1542), che deve accertare: se si tratti, in ogni aspetto, di un effettivo caso di pregresso “grave illecito professionale”;
in che termini il fatto che lo integra risulti incongruo rispetto all’affidabilità dell’impresa in vista del particolare contratto per il quale è gara (Cons. Stato, V, n. 8336/2022, cit.;
27 ottobre 2021, n. 7223;
8 gennaio 2021, n. 307). Segnala poi che tanto “ il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ”, quanto “ l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione ” sono considerati dalla lettera c) dell’art. 80 quali “gravi illeciti professionali” in grado di incidere sulla “ integrità o affidabilità dell’operatore economico ” (Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2020, cit.;
V, 17 giugno 2022, n. 4965). Ciò in quanto il previgente art. 80 comma 5, lett. c), “ ora c-bis) ” prevede anche “‘l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione’, quale ulteriore fattispecie di grave illecito professionale, a completamento e chiusura di quella precedente, ma rispetto a questa tipizzata in termini più ampi, con il riferimento al ‘corretto svolgimento della procedura di selezione’, ed in cui il disvalore si polarizza sull’‘elemento normativo della fattispecie’ (così l’ordinanza di rimessione), ovvero sul carattere doveroso dell’informazione ” (così, Ad. plen., n. 16/2020).

Il qui contestato passaggio motivazionale non ha fatto altro che applicare le predette coordinate normative ed ermeneutiche, né può dirsi che vi sia stata invasione di sfere riservate alla pubblica amministrazione, dal momento che la sentenza ha rimesso al Comune di Triggiano il riesame della posizione di -OMISSIS-.

11. Con altra censura [violazione dell’art. 80 commi 5 lett. c- bis ) e 6 d.lgs. 50/2016, dell’art. 112 Cod. proc. civ. e della lex specialis della procedura;
eccesso di potere giurisdizionale] l’appellante sostiene che la sentenza impugnata non avrebbe indicato la norma di legge che prevede l’obbligo dichiarativo ritenuto violato, in quanto le domande di partecipazione alla gara dovevano essere presentate entro il 17 agosto 2020 e la misura cautelare penale è stata emessa il 26 marzo 2021, sicchè, scaduto il predetto termine, non potrebbe configurarsi alcun obbligo dichiarativo. Prosegue l’appellante affermando che il giudice di prime cure, bene consapevole dell’inesistenza dell’obbligo, nel già citato capo 11 avrebbe immutato la causa petendi , che era fondata sull’art. 80 comma 5 lett. c- bis del d.lgs. 50/2016.

11.1. La doglianza è infondata.

11.2. Il giudice di primo grado nel capo 3 della sentenza ha riportato il testo dell’art. 80 comma 5 lett. c- bis ) del d. lgs 50/2016, ha richiamato alcuni arresti resi al riguardo dalla ridetta Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 16 del 2020, e ha dedicato poi un intero sotto-capo (3.4.) al comma 6 della stessa norma (“ Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 ”) illustrandone la ratio .

In particolare, ha sottolineato che, per il comma 6 in parola, “ tutte le condotte riportate nei su richiamati commi assumono rilevanza, ai fini dell’ammissione o meno alla gara, anche se poste in essere o emerse in corso di procedura ...a garanzia della permanenza della serietà e della volontà dell’impresa di presentare un’offerta credibile e, perciò, della sicurezza, per la stazione appaltante, dell’instaurazione di un rapporto con un soggetto, che, dalla candidatura in sede di gara fino alla stipula del contratto (e poi ancora fino all’adempimento dell’obbligazione contrattuale), sia provvisto di tutti i requisiti di ordine generale e tecnico-economico-professionale necessari per contrattare con la Pubblica Amministrazione ”.

Ha quindi concluso per la necessità della stazione appaltante di “ vagliare la rilevanza dell’omissione dichiarativa non solo in sede di presentazione della domanda di partecipazione e dell’offerta, bensì anche durante l’intera procedura di gara ”.

Pertanto, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, il T ha bene individuato la fonte normativa dell’obbligo dichiarativo violato, che non può ritenersi esaurito con la scadenza del termine in parola;
in questo senso è la giurisprudenza amministrativa, che, in diretta coerenza con l’obbligo di mantenere i requisiti per tutta la durata del procedimento e successivamente alla sua conclusione (Cons Stato, VI, 25 settembre 2017, n. 4470), afferma che in capo ai partecipanti alle procedure d’appalto sussiste l’obbligo di comunicare alla pubblica amministrazione tutte le vicende, anche sopravvenute, attinenti allo svolgimento della propria attività professionale, al fine di consentire alla stazione appaltante di valutare l’eventuale incidenza di tali precedenti sulla reale affidabilità, morale e professionale, dei concorrenti (Cons. Stato, III, 6 dicembre 2020, n. 8514;
26 ottobre 2020, n. 6530;
13 giugno 2018, n. 3628).

Resta solo da precisare che nell’atto introduttivo del giudizio -OMISSIS- aveva lamentato anche la violazione del comma 6 dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016.

12. Con altra censura [violazione dell’art. 80 commi 5 lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione alla direttiva 2014/24/UE in tema di grave illecito professionale e alla direttiva 2016/343/UE in tema di presunzione di innocenza dell’indagato in procedimento penale, dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6 di attuazione del d.lgs. 50/2016] l’appellante, dopo aver riprodotto parti delle direttive e delle previsioni in rubrica, sostiene che il T, assumendo che la semplice esistenza di un’ordinanza interdittiva nell’ambito di indagini preliminari coperte dal segreto istruttorio implichi ipso iure la sussistenza di un grave illecito professionale idoneo a legittimare l’espulsione di un operatore economico da una gara di appalto, abbia violato l’invocato quadro normativo. A esso si sarebbe, invece, attenuta la commissione valutatrice nel sopra citato verbale n. 20/2021, fedelmente ancorato a principi di civiltà giuridica quale quello della presunzione di innocenza, affermando che lo stato embrionale delle indagini preliminari non permetteva di dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di un reato, così da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Sostiene ancora che il T, nei capi 9.2 e seguenti della sentenza, affermando che l’ordinanza interdittiva è sufficiente a radicare la dimostrazione del reato e la conseguente sussistenza del grave illecito professionale, si sia di fatto sostituito alla stazione appaltante nella ritenuta sussistenza del grave illecito professionale.

12.1. Il motivo è infondato.

12.2. Va premesso che i capi della sentenza qui contestati attengono ai già citati atti sopravvenuti (la determinazione dirigenziale n. 943/2021 e il sotteso verbale della commissione valutatrice n. 20/2021) di conferma della regolarità della partecipazione alla gara di -OMISSIS-, che -OMISSIS- ha impugnato con i mezzi aggiunti.

Al riguardo, il T, preso atto che la stazione appaltante nel giungere alla predetta conclusione aveva attribuito rilievo decisivo allo “stato embrionale” delle indagini, non essendo stato adottato alcun provvedimento di condanna munito della definitività in ordine ai reati contestati all’ ex legale rappresentante di -OMISSIS-, meramente indagato e non attinto da una misura detentiva, ha affermato in linea generale che ai fini della configurabilità in concreto del grave illecito professionale, e quindi della sussistenza degli adeguati mezzi di prova di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50/2016, non è necessaria la presenza di una sentenza di condanna, potendo i relativi elementi emergere nella fase del procedimento penale non concluso e come tali essere valutati dalla stazione appaltante.

Più nello specifico il T: a) ha rilevato non trattarsi nella specie di un mero avvio di indagini preliminari, bensì di una ordinanza cautelare la cui adozione richiede gravi indizi di colpevolezza, elemento che la stazione appaltante non aveva in alcun modo valutato;
b) ha ritenuto non significativa la natura della misura cautelare emessa (divieto di esercitare attività di impresa per nove mesi), rilevante solo in rapporto alla sua strumentalità ad assicurarne gli effetti tenuto conto dei reati contestati al soggetto, riconducibili allo svolgimento di attività di impresa (artt. 110, 319 e 321 Cod. pen.), riferibile proprio al suo ruolo di legale rappresentante di -OMISSIS-, in collegamento con l’esecuzione di appalti pubblici e con utilizzo di denaro proveniente direttamente dal conto corrente della società;
c) ha affermato che, in questo quadro, la stazione appaltante non poteva trincerarsi dietro la non completezza delle indagini, avendo “ un preciso onere di esaminare attentamente i fatti riportati nell’ordinanza cautelare de qua per valutarne l’eventuale loro incidenza ai fini dell’affidabilità di detto operatore economico, valutazione che è stata del tutto mancante ”.

12.3. Tanto chiarito, la premessa da cui parte il T va confermata.

Per costante giurisprudenza, in materia di gare pubbliche, affinchè possa prefigurarsi il grave illecito professionale che l’art. 80 comma 5 lett. c) d.lgs. 50/2016 pone a supporto della sanzione espulsiva del concorrente, non è necessario che il fatto sia accertato con una sentenza, anche non definitiva, ma è sufficiente che lo stesso sia ricavabile da altri gravi indizi, atteso che l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella disposizione normativa è meramente esemplificativa e la stazione appaltante ha la possibilità di fornirne la dimostrazione con mezzi adeguati (tra tante, Cons. Stato, V, 7 febbraio 2022, n. 845 e 27 ottobre 2021, n. 7223, in materia rispettivamente di illecito antitrust e di inadempimento contrattuale). Ne viene il principio generale per cui la stazione appaltante bene può valutare, per mezzo di un giudizio discrezionale e autonomo, l’affidabilità degli offerenti in qualsiasi fase della procedura, anche a prescindere dall’eventuale pendenza di un giudizio al riguardo, non trattandosi dell’accertamento di un grado di responsabilità del contraente quale quello richiesto per l’esercizio del potere sanzionatorio, bensì di un motivato apprezzamento sulla moralità e affidabilità dell’impresa.

In particolare (Cons. Stato, V, 3 agosto 2022, n. 6822), l’amministrazione, nell’esercizio dell’ampio potere tecnico-discrezionale attribuitole dal Codice degli appalti pubblici, può utilizzare ogni tipo di elemento idoneo e mezzi adeguati a desumere l’affidabilità e l’integrità del concorrente, potendo evincere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui sia stata accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa ( ex multis , Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586;
25 gennaio 2019, n. 591;
3 gennaio 2019, n. 72;
III, 27 dicembre 2018, n. 7231), secondo un giudizio espresso non in chiave sanzionatoria, ma piuttosto fiduciaria (Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5136;
IV, 11 luglio 2016, n. 3070). Difatti, l’ipotesi che un operatore economico si sia reso “ colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ” è un tipico concetto giuridico indeterminato, che non descrive una fattispecie astratta in maniera tassativa ed esaustiva, bensì rinvia, per la sussunzione del fatto concreto nella regola normativa, all’integrazione dell’interprete, mediante l’utilizzo di concetti che vanno completati e specificati con elementi o criteri extragiuridici (Cons. Stato, III, 11 giugno 2019, n.3908). In tal senso, rappresentando l’art. 80 comma 5 lett. c) una “norma di chiusura”, ossia una clausola residuale in cui può essere fatta rientrare qualsiasi violazione tale da rendere dubbia l’integrità o l’affidabilità del concorrente (Cons. Stato, sez. III, 4 marzo 2020, n. 1603), tra le violazioni che l’amministrazione può considerare rientrano anche i reati diversi da quelli elencati nell’art. 80 comma 1 nonché quelli riconducibili a siffatto elenco ma per i quali non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna, così come possono essere considerate non solo le condanne non definitive ma anche altri accertamenti ed elementi di prova, quali rinvii a giudizio penale o misure cautelari disposte dal Gip (Cons. Stato, V, 22 aprile 2022, n. 3107;
11 aprile 2022, n. 2659).

12.4. La conclusione non è intaccata dal principio di presunzione di innocenza.

Rileva sul punto che l’obbligo della pubblica amministrazione di valutare ogni elemento suscettivo di apprezzamento per i riflessi che esso può generare sull’affidabilità dell’operatore economico trova la sua fonte direttamente nel Codice dei contratti pubblici e nella normativa eurounitaria da cui esso deriva.

La valutazione ha inoltre un carattere eminentemente fiduciario e necessita, di suo, di puntuali argomentazioni e riscontri, di cui l’amministrazione resta naturalmente responsabile, come chiarito anche dal considerando 101 della direttiva 2014/24/UE (“ Tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi [...]”).

E’ inoltre dirimente la considerazione che trattasi di un apprezzamento che non può essere posposto nel tempo rispetto alla venuta a esistenza o alla conoscenza da parte dell’amministrazione dell’elemento potenzialmente sintomatico del grave illecito professionale, pena la definitiva compromissione dell’interesse pubblico che la valutazione è volta a salvaguardare.

12.5. In relazione all’ipotizzato contrasto con Linee guida Anac n. 6, che richiamano le condanne non definitive e non già i meri provvedimenti applicativi di misure cautelari, il Collegio può limitarsi a rilevare come sia stato già chiarito (da ultimo, Cons. Stato, V, n. 2659/2022, cit.) che esse “ offrono semplicemente - peraltro nel loro contenuto e portato non vincolante (cfr. Cons. Stato, Comm. Spec., parere 3 novembre 2016, n. 2286) - indicazioni su alcune delle ipotesi in grado d’integrare l’illecito professionale, così facilitando la motivazione dell’amministrazione (ma non per questo esimendo dal necessario accertamento e valutazione in concreto), senza escludere altre e diverse ipotesi non esplicitate dal documento (cfr. Cons. Stato, III, 11 gennaio 2022, n. 198, 191, 183, 164;
6 dicembre 2021, n. 8160;
in tal senso, cfr. la stessa Premessa delle Linee Guida, a tenore della quale ‘Le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi”
, mentre il pure denunziato contrasto con la giurisprudenza eurounitaria può essere escluso alla luce delle puntuali disamine sul punto affrontate nella giurisprudenza nazionale di cui si è già fatta rassegna e dei principi espressi nella decisione della Corte di giustizia, 19 giugno 2019, causa C-41/18.

12.6. Quanto al resto, il Collegio ha già escluso che vi sia stata invasione di sfere riservate alla pubblica amministrazione, a cui la sentenza impugnata ha rimesso il riesame della posizione di -OMISSIS-.

Può aggiungersi che, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, la sentenza non ha affermato né che l’ordinanza interdittiva fosse sufficiente a radicare la dimostrazione del reato né la conseguente sussistenza di un grave illecito professionale, non avendo effettuato alcuna autonoma valutazione né espresso giudizi afferenti il merito della vicenda oggetto di scrutinio, bensì essendosi limitata a rilevare l’inadeguatezza e l’incongruenza dell’apparato motivazionale della determina dirigenziale n. 943/2021 e del sotteso verbale della commissione valutatrice n. 20/2021, indicando, a fini conformativi, e in stretta dipendenza dalle contestazioni avanzate nell’impugnativa in decisione, gli aspetti ritenuti meritevoli di approfondimenti di maggiore latitudine.

Tanto risulta coerente con l’ambito della cognizione affidata al giudice amministrativo nella materia, che, in ordine all’apprezzamento sull’affidabilità professionale del concorrente in una gara pubblica, espressione di ampia discrezionalità, si rivela un “sindacato sulla motivazione”, nel senso che il giudice è tenuto a verificare se, alla luce delle ragioni articolate dalla stazione appaltante nella motivazione del provvedimento, la valutazione non sia connotata da illogicità, irrazionalità, abnormità o, comunque, da travisamento dei fatti (Cons. Stato V, 6 aprile 2020, n. 2260). Ciò in quanto il potere discrezionale di cui dispone l’amministrazione nel caso di specie ha a oggetto la valutazione di se il fatto pregresso abbia concretamente reso inaffidabile l’operatore economico, con possibile pregiudizio dell’interesse pubblico connesso all’affidamento posto a gara (Cons. Stato, V, 2 luglio 2020, n. 4253;
VI, 14 agosto 2013, n. 4174): per essa operano indi “ i consolidati limiti del sindacato di legittimità rispetto a valutazioni di carattere discrezionale in cui l’amministrazione sola è chiamata a fissare il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente che non escludono in radice, ovviamente, il sindacato della discrezionalità amministrativa, ma che impongono al giudice una valutazione della correttezza dell’esercizio del potere informato ai princìpi di ragionevolezza e proporzionalità e all’attendibilità della scelta effettuata dall'amministrazione ” (Cons. Stato, Ad. plen., n. 16/2020, cit.).

La sentenza si rivela anche in linea con la giurisprudenza che ha individuato il contenuto minimo del provvedimento nella fattispecie pretendibile dalla stazione appaltante, che, pur non dovendo costituire un autonomo e approfondito accertamento delle circostanze emerse in sede penale, per il quale peraltro difetterebbero le necessarie competenze, deve comunque riguardare: “ a) l’indicazione della idoneità della fonte (che, nella specie, è rappresentata dalla autorità giudiziaria);
b) la verifica di pertinenza dei fatti ai fini della loro attitudine a dimostrare la negligenza o la mala fede del concorrente;
c) il controllo di rilevanza degli stessi, anche sotto il profilo della consistenza e gravità;
d) la trasfusione delle ridette valutazioni in congruo ed esplicativo supporto motivazionale
” (Cons. Stato, V, n. 6822/2022, cit.;
17 settembre 2018, n. 5424).

13. E’ infondata anche la successiva censura [violazione dell’art. 80 commi 1 e 5, lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione alla direttiva 2016/343/UE e dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6].

13.1. L’appellante evidenzia che l’ ex amministratore di -OMISSIS-è semplice indagato per un reato (concorso in corruzione) per il quale l’art. 80 comma 1 lett. b) del d.lgs. 50/2016 prevede l’obbligo di esclusione da gare d’appalto solo in caso di sentenza definitiva di condanna, ma si tratta di un rilievo che nulla aggiunge a quanto sin qui rilevato, essendosi già sopra chiarito che tra le violazioni che l’amministrazione può considerare ai sensi del successivo comma 5 lett. c) rientrano, anche i reati elencati nell’art. 80 comma 1 per i quali non è ancora intervenuta sentenza definitiva di condanna.

13.2. L’appellante ripete poi, stavolta in forma di quesito la - già esclusa - tesi per cui il T si sarebbe sostituito alla stazione appaltante, e richiama l’orientamento giurisprudenziale per cui la stazione appaltante, in tema di giudizio sull’integrità e sull’affidabilità professionale del concorrente, è tenuta a una approfondita motivazione solo laddove decida di escludere l’operatore dalla gara e non invece nel caso contrario.

Ma il principio non si attaglia alla fattispecie.

La stazione appaltante, a tanto compulsata da -OMISSIS-, ha ritenuto di procedere a “ valutare se l’adozione della misura cautelare in parola costituisca ‘mezzo adeguato’ da cui desumere la sussistenza di un grave illecito professionale ex art. 80 comma 5 lett. c) del d.lgs. 50(2016 a carico dell’aggiudicataria ” (così il già citato verbale della commissione valutatrice n. 20/2021), apprezzamento specifico che non poteva non scontare l’adeguatezza della motivazione posta a sostegno della raggiunta conclusione.

13.3. Le richieste avanzate dall’appellante nel motivo (che questo Collegio affermi cioè che “ il giudice amministrativo non ha il potere di sostituirsi all’amministrazione pubblica nella valutazione dei mezzi adeguati a dimostrare che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità;
men che meno tale sostituzione può avvenire sulla base di un provvedimento cautelare non detentivo reso inaudita altera parte nel corso di indagini preliminari coperte dal segreto istruttorio
” e che “ la sottoposizione a ordinanza interdittiva di un manager privato non può macchinalmente integrare l’insorgenza del grave illecito professionale, stante la presunzione di innocenza dell’indagato in sede penale ”) sono pertanto da respingere, alla stregua di tutto quanto sopra e non essendo rilevabile la sostituzione ipotizzata dall’appellante.

14. Con due successive censure aventi la stessa rubrica [violazione dell’art. 80 commi 1 e 5 lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione alla direttiva 2016/343/UE e dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6] l’appellante sostiene che il T abbia attribuito all’ ex legale rappresentante di -OMISSIS-la responsabilità di fatti di terzi e sostiene l’infondatezza delle contestazioni penali mosse al medesimo.

14.1. Le doglianze sono infondate.

14.2. Nei passaggi motivazionali della sentenza cui si riferiscono le censure (capi 10.1. e 10.2) il T si è limitato a riferire elementi desunti dalla misura cautelare penale (“capo 10.2.: Dalla lettura dell’ordinanza emerge ...”), senza peraltro fornirne alcuna valutazione, salvo rilevare che la stazione appaltante si era sottratta da ogni apprezzamento circa i “ gravi indizi di colpevolezza relativi a reati che sarebbero stati commessi ” ivi emergenti a carico dell’ ex legale rappresentante legale di -OMISSIS-, in tale qualità e nell’esercizio dell’attività di impresa della società.

15. Con altra censura [nullità della sentenza per difetto di giurisdizione;
violazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione alla direttiva 2016/343/UE e dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6] l’appellante lamenta che il T abbia rilevato che, in violazione della misura cautelare penale, l’ ex rappresentante legale di -OMISSIS-avesse, nella qualità, fornito i giustificativi dell’offerta, in particolare firmando il 6 aprile 2021 la certificazione sul costo della manodopera.

15.1. La doglianza è infondata.

15.2. L’appellante sostiene che il rilievo si è tradotto in un giudizio da parte del primo giudice circa la sussistenza, per tale fatto, di un grave illecito professionale e di violazione della misura interdittiva, che il giudice penale non ha contestato e che è inesistente, in quanto il divieto non riguarderebbe la “direzione di uffici direttivi dell’impresa”, laddove si tratta invece di un mero rilievo che il giudice di prime cure ha desunto dagli atti del fascicolo di causa in corrispondenza con quanto specificamente segnalato dalla ricorrente sia nel corso del giudizio che nell’istanza di autotutela, e tanto ai soli fini di stigmatizzare l’irrilevanza conferita dalla commissione valutatrice al fatto stesso, rimesso nel verbale n. 20/2021 all’apprezzamento dell’Autorità giudiziaria penale.

La conclusione va confermata, trattandosi di condotta che, in quanto posta in essere all’interno del procedimento di gara, poteva e doveva formare oggetto di una autonoma valutazione di merito della stazione appaltante.

16. Con altra censura [violazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016 in relazione all’art. 1 comma 52 della l. 190/2012, della direttiva 2016/343/UE e dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6] l’appellante lamenta che il T abbia escluso la rilevanza giuridica dell’iscrizione di -OMISSIS-alla “white list” della Prefettura di Bari e dell’alto “rating” di legalità vantato dalla società.

16.1. La doglianza non è conducente, dal momento che il T ha ritenuto che la predetta iscrizione e l’alto “rating” di legalità vantato dalla società fosse senza dubbio un elemento importante ma non risolutivo della questione relativa alla verifica di affidabilità della medesima in connessione al grave illecito professionale potenzialmente desumibile dalla misura cautelare penale, questione che, come detto, ha demandato alla stazione appaltante nel suo complesso, sicchè gli elementi qui evidenziati risultano del tutto insuscettibili, da soli, a condurre sia alla riforma della sentenza impugnata che alla declinazione del principio di diritto che nella censura l’appellante chiede specificamente di affermare (cioè che “... l’ordinanza cautelare del Gip non spiega alcun valore vincolante nell’accertamento del fatto tipico di reato ”), il quale appare peraltro anche non centrato rispetto al contenuto del motivo.

17. Con l’ultima censura [violazione dell’art. 80 comma 5 lett. c) e 6 d.lgs. 50/2016, delle direttive UE 2014/20 e 2016/343/UE, dell’art. 27 Cost. in relazione alle Linee guida Anac n. 6] l’appellante lamenta che il T non abbia valorizzato le misure di self-cleaning poste in essere dalla società, e segnatamente la cessazione dalla carica del rappresentante legale destinatario della misura cautelare penale, avvenuta il 24 maggio 2021.

Rappresenta l’erroneità della motivazione al riguardo adottata, fondata sulla valenza “pro-futuro” delle misure in parola, evidenziando che: l’ordinanza interdittiva è stata emessa nel marzo 2021, alle soglie dell’aggiudicazione della gara per cui è causa, sicchè la misura adottata nel maggio successivo sarebbe indice della corretta gestione aziendale nelle more delle indagini preliminari;
non avrebbe rilievo il fatto, pure evidenziato dal T, che l’ ex rappresentante legale vanti nella società una partecipazione maggioritaria e sia stato poi assunto dalla medesima come responsabile tecnico;
la sottoposizione a indagini preliminari non integra un “marchio di infamia” dell’indagato, con espulsione da ogni consesso civile e dall’attività lavorativa.

17.1. La doglianza è infondata.

17.2. Il Collegio può, al riguardo, limitarsi a richiamare la già citata sentenza della Sezione n. 2659/2022, laddove afferma che “ le misure di self-cleaning nascono e assumono rilievo a fronte di pregressi illeciti (che ne costituiscono dunque il presupposto preliminare) e valgono a dar prova che questi non sono più produttivi di effetti, né di potenziali rischi pro futuro, e dunque che ragionevolmente non rappresentano un pericolo per un nuovo affidamento in favore dell'impresa;
proprio perciò, tali misure rilevano tipicamente in sede di procedura di gara, cioè per verificare che in relazione all’affidamento offerto non vi siano potenziali rischi derivanti da pregresse condotte del concorrente (cfr. Cons. Stato, V, 16 agosto 2021, n. 5886). Ciò risulta oggi chiarito anche dalle citate Linee Guida n. 6 dell’Anac, in cui si afferma - interpretando il comma 7 dell’art. 80 D.Lgs. n. 50 del 2016, che si riferisce sia alle fattispecie espulsive di cui al comma 1, che a quelle di cui al comma 5 del medesimo art. 80 - che ‘L’adozione delle misure di self-cleaning deve essere intervenuta entro il termine fissato per la presentazione delle offerte’. In tale contesto, rispetto a illeciti verificatisi successivamente, tali da indurre il venir meno del requisito (cfr., su tutte, Cons. Stato, Ad. plen., 20 luglio 2015, n. 8 per il principio di cd. "continuità" nel possesso dei requisiti) non ha senso evocare l’attitudine sanante del self-cleaning, né esso può trovare sic et simpliciter applicazione (al di là di ipotesi particolari, quali quelle di cui all’art. 32 D.L. n. 90 del 2014, conv. L. n. 114 del 2014, che non vengono qui in rilievo) essendosi in presenza di nient’altro che d’una perdita o discontinuità del requisito a effetto escludente, avendo le misure di self-cleaning ‘effetto pro futuro, ovvero per la partecipazione a gare successive alla adozione delle misure stesse. È infatti inimmaginabile un loro effetto retroattivo’, considerato in specie che l’effetto della misura ‘non è di sanare l’illiceità scoperta … quanto di mantenere l’operatore sul mercato, da cui altrimenti andrebbe definitivamente espulso, ogni stazione appaltante potendo ragionevolmente presumere inaffidabile l’operatore’ (Cons. Stato, n. 2260 del 2020, cit.;
Id., III, n. 198, 191, 183, 164 del 2022, cit.;
n. 8160 del 2021, cit.;
Id., V, 9 gennaio 2020, n. 178, che àncora al termine di presentazione delle offerte ‘il momento ne ultra quem per l’adozione delle misure di self-cleaning e per la loro allegazione alla stazione appaltante’;
nello stesso senso, cfr. Id., n. 158 del 2020, cit.;
V, 15 luglio 2021, n. 5335;
cfr. anche Id., 21 gennaio 2020, n. 474 e 478;
24 gennaio 2019, n. 591;
n. 5424 del 2018, cit.)
”.

18. In definitiva, l’appello si rivela infondato, nulla aggiungendo alle questioni come sopra trattate le argomentazioni sviluppate dall’appellante nelle memorie depositate in corso di causa.

Non appare comunque superfluo aggiungere che l’odierno giudizio ha a oggetto esclusivamente la sentenza impugnata: in esso le difformi conclusioni segnalate nelle predette memorie, maturate dallo stesso T in altro contenzioso in cui pure si è dibattuto della valenza dell’ordinanza cautelare penale più volte citata (riguardante più soggetti) nell’ambito della valutazione di affidabilità di un diverso operatore economico partecipante ad una differente gara pubblica, non possono dispiegare alcun effetto.

Le spese del grado possono essere compensate tra le parti in considerazione della peculiarità della vicenda contenziosa e del suo andamento.

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