Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202310662

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-12-11, n. 202310662
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310662
Data del deposito : 11 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/12/2023

N. 10662/2023REG.PROV.COLL.

N. 08304/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8304 del 2018, proposto dal Comune di Montenero di Bisaccia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Business Centres Italia Di Pardo Presso Regus in Roma, piazza del Popolo n.18;

contro

Signor Nicolino D'Ascanio, rappresentato e difeso dall'avvocato V I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Signora V B, non costituita in giudizio;

nei confronti

Signori M R, N Palombo, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) n. 119/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Nicolino D'Ascanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 28 novembre 2023 il Cons. Massimo Santini e uditi per le parti, in collegamento da remoto, l'Avv. Di Pardo S. e l'Avv. Bene F., in dichiarata delega dell'Avv. Iacovino V.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Si controverte sulla modifica del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale, adottata dal Comune di Montenero di Bisaccia, nella parte in cui si prescrive che, per la richiesta di convocazione del consiglio comunale da parte di almeno un quinto dei componenti del consiglio stesso (art. 39 del decreto legislativo n. 267 del 2000), in caso di frazioni decimali residue dopo la suddetta operazione (numero totale dei consiglieri diviso 5) si procede ad arrotondamento per eccesso del quoziente stesso al fine di stabilire il quorum minimo in termini assoluti.

2. I consiglieri di minoranza impugnavano la modifica in quanto tale quoziente assoluto (quorum minimo per chiedere la convocazione del consiglio) risulterebbe alla fine sempre troppo elevato onde poterlo raggiungere, e ciò con chiara violazione dei diritti delle minoranze.

La tesi dei ricorrenti veniva accolta dal TAR Molise che dunque annullava tale specifica previsione regolamentare. Il giudice di primo grado riteneva in particolare che: “deve ritenersi … che in materia debbano trovare prioritaria considerazione i fondamentali principi che regolano la dialettica democratica tra cui, anche quello della tutela della minoranza”. Ed ancora che: si è “di fronte ad una soglia prescritta al fine di tutelare le minoranze, di modo che l’arrotondamento di essa per eccesso condurrebbe ad una limitazione delle prerogative della minoranze non ad un rafforzamento di esse, tradendo, così, la ratio della disposizione di cui all’art. 39, co. 2, del TUEL che è quella di fornire una garanzia minimale appunto ai gruppi di minoranza all’interno dei consigli comunali”.

3. La sentenza di primo grado formava oggetto di appello, da parte dell’amministrazione comunale, per i motivi di seguito indicati: travisamento dei fatti;
erroneità dei presupposti;
insufficiente ed incongrua motivazione.

4. Si costituivano in giudizio gli appellati consiglieri comunali per chiedere il rigetto del gravame.

5. All’udienza di smaltimento del 28 novembre 2023 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso in appello veniva infine trattenuto in decisione.

6. Tutto ciò premesso, l’appello del Comune si rivela fondato alla luce del parere medio tempore adottato dalla prima sezione del Consiglio di Stato (n. 129 del 1° febbraio 2021) proprio su specifico quesito formulato dal Ministero dell’interno in ordine alla medesima questione qui da esaminare ovvero “quale sia il criterio di arrotondamento che si debba applicare nel caso in cui, nel calcolo del quorum richiesto, la divisione dia come resto un numero con frazioni decimali (se “il criterio dell'arrotondamento per eccesso anche in caso di cifra decimale inferiore o pari a 5, sia da intendersi quale criterio prevalente, nel caso in cui il quorum sia prescritto per la validità della deliberazione”). Ha altresì domandato quale debba essere il suddetto criterio nell’ipotesi di quorum deliberativo previsto dalla legge in relazione a poteri di iniziativa da parte dei consiglieri ai fini dell'attivazione di istituti posti a presidio delle minoranze”. Parere che qui di seguito si riporta per comodità espositiva e per quanto di interesse in questa sede:

“3. La seconda questione sottoposta dal Ministero all’esame di questo Consiglio verte sul criterio di calcolo dell’arrotondamento nel caso in cui la maggioranza richiesta per la deliberazione sia definita dalla norma indicando una frazione (un terzo, due terzi, etc.) del numero complessivo dei componenti (che è variabile in funzione della classe demografica di appartenenza dell’ente locale) e il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali;
se, cioè, in tali casi, si debba fare uso dell’arrotondamento per difetto, alla cifra inferiore, o per eccesso, a quella superiore.

3.1. La legge fornisce scarne e incomplete indicazioni in merito, lasciando all’autonomia organizzativa comunale ampi margini di autorganizzazione tramite lo statuto e i regolamenti sul funzionamento degli organi. In particolare, l’art. 38, comma 2, del TUEL riserva a un apposito regolamento comunale, approvato a maggioranza assoluta, la disciplina del funzionamento dei consigli, nel quadro dei principi stabiliti dallo statuto. Il secondo periodo del comma 2 in esame prevede poi che “Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il presidente della provincia”. In proposito la giurisprudenza ha condivisibilmente stabilito che l’unico limite invalicabile, posto dalla legge all’autonomia statutaria e regolamentare comunale, è costituito dalle soglie minime di validità della costituzione e riunione dell’organo (quorum strutturale), come stabilito dall’ora citato comma 2 dell’art. 38 (in tal senso cfr. Cons. Stato, Sez. III, 1 marzo 2018, n. 1482, che ha giudicato inderogabile la disciplina del calcolo del quorum costitutivo prevista dall’art. 38, comma 2, del TUEL, nonché Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694).

3.2. Guardando, adesso, più specificamente al quesito proposto, relativo all’interpretazione dell’art. 6, comma 4, del TUEL, rileva in primo luogo il Collegio, sul piano del metodo, che, in assenza di indicazioni normative puntuali di diverso segno, in base ai principi di logica immanenti al sistema, tra i quali devono senz’altro includersi le regole dell’aritmetica, dovrebbe sempre trovare applicazione prioritaria il criterio aritmetico di arrotondamento, menzionato peraltro nello stesso TUEL, nell’art. 47, sulla Composizione delle giunte, lì dove si prevede che il numero degli assessori “non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali”. Ora, come è noto, l’arrotondamento aritmetico (o “troncamento”) comporta che l'arrotondamento debba essere effettuato per difetto quando la cifra decimale sia uguale o inferiore a 5 (0,50 centesimi), mentre debba essere per eccesso, ove la cifra decimale sia superiore a 5 (0,50). Con la precisazione che il criterio aritmetico dell’arrotondamento al numero intero più vicino, con troncamento delle cifre decimali inferiori allo 0,50, non deve mai condurre al raggiungimento di una cifra inferiore al quorum stabilito dalla legge (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694).

3.3. Il mero criterio aritmetico non è tuttavia sufficiente a risolvere in modo soddisfacente la questione. Analogamente a quanto si è visto riguardo al primo quesito, anche per questa seconda problematica sono in astratto configurabili due possibili linee interpretative.

3.3.1. Una prima linea interpretativa, di tipo finalistico, è orientata verso la ricerca delle ragioni sottese alla previsione di speciali maggioranze deliberative (aggravate o semplificate), ragioni che possono essere alternativamente quella di garantire la più ampia condivisione possibile e la maggiore rappresentatività in relazione a deliberazioni di particolare rilievo e incidenza sulla vita dell’ente e sugli interessi pubblici amministrati, oppure quella di assicurare alcune garanzie partecipative e di controllo alle minoranze, con la conseguenza che, nel primo caso, si dovrebbe scegliere la soluzione interpretativa che renda più impegnativo lo sforzo di approvazione della deliberazione, allargando al massimo il numero dei voti necessari, mentre nel secondo caso si dovrebbe di converso preferire la soluzione opposta, diretta a facilitare l’approvazione ritenendo sufficiente il minimo numero possibile di voti (al fine di non vanificare l’esigenza partecipativa della minoranza). Impostazione, questa, che sembrerebbe trasparire anche dalla relazione ministeriale, secondo la quale, in sostanza, la regola generale dovrebbe essere costituita dall’arrotondamento per eccesso (a garanzia di maggiore partecipazione e rappresentatività dell’organo), mentre, a mo’ di eccezione a questa regola, dovrebbe invece assumersi il criterio opposto, quello dell’arrotondamento per difetto “laddove la percentuale minima di consiglieri sia stabilita ai fini dell'attivazione di istituti posti a presidio delle minoranze (ad es. art. 39, comma 2, o art. 52, comma 2, citati)”, di talché la regola dell’arrotondamento per eccesso dovrebbe trovare applicazione, ad esempio, nel caso, che qui ha originato il quesito, del calcolo della maggioranza pari a due terzi per la deliberazione dello statuto e delle modifiche statutarie, come anche per il caso, esaminato dalla citata sentenza di questo Consiglio, Sez. V, n. 4694 del 2012, in tema di elezione del presidente del consiglio comunale (in una fattispecie nella quale lo statuto prescriveva la maggioranza dei due terzi dei consiglieri assegnati).

3.3.2. Una seconda linea interpretativa converge, invece, su una soluzione, anche in questo caso più semplice e lineare, secondo la quale, nel silenzio del legislatore, dovrebbe applicarsi sempre l'arrotondamento all'unità superiore, in quanto l'esito con decimali dell'operazione (cui segue l'arrotondamento) deve soddisfare sempre il requisito minimo posto dalla disposizione (ad es., almeno un quarto dei componenti, la maggioranza di almeno due terzi dei componenti, e così via).

3.4. La Sezione giudica preferibile questa seconda soluzione, e ciò per un duplice ordine di ragioni. Sotto un primo profilo, effettivamente, quando la divisione riguarda numeri interi non frazionabili (i membri dell’organo), l’arrotondamento alla cifra intera inferiore (se la frazione è inferiore a 0,50) finirebbe per portare il numero reale dei componenti richiesti al di sotto della soglia minima voluta dalla norma (“almeno un quarto”, ad esempio: se la norma prevede che una certa procedura venga attivata da almeno un quarto dei componenti e i componenti sono 13, allora 13/4= 3,25, sicché per soddisfare il requisito minimo - non meno di 3,25 - e nell'impossibilità di dividere numeri interi non frazionabili, la procedura potrà ritenersi regolarmente attivata solo se promossa da 4 - e non da 3 - componenti). Sotto un secondo profilo, come già osservato a proposito del primo quesito, la linea interpretativa che si affida alla ricerca della ratio sottesa alla norma che richiede quorum speciali rischia di condurre ad esiti opinabili e incerti, come tali fortemente sconsigliabili in una materia quale quella in esame, che richiede per quanto possibile soluzioni nette e certe, che non lascino spazio a soverchi dubbi applicativi.

3.5. La preferenza per l’arrotondamento per eccesso trova peraltro un ampio riscontro nella giurisprudenza, secondo la quale “nei casi in cui il computo del quorum costitutivo o deliberativo previsto da norme di rango primario o secondario per la valida deliberazione di provvedimenti collegiali conduca all’individuazione di una cifra decimale, l’arrotondamento deve essere operato per eccesso all’unità superiore, dal momento che la soluzione contraria dell’arrotondamento per difetto all’unità inferiore, con il troncamento delle cifre decimali, ridurrebbe la soglia di maggioranza al di sotto di quella normativamente richiesta” (Cons. Stato, Sez. V, 5 settembre 2012, n. 4694;
Id. 11 marzo 2005, n.1038;
23 aprile 1998, n 476;
Tar Piemonte, Sez. II, 15 novembre 2017, n. 1224).

3.6. Concorre, infine, nella valutazione della Sezione favorevole all’opzione dell’arrotondamento per eccesso anche la considerazione della costante prassi seguita da entrambe le Camere del Parlamento nazionale che, in assenza di indicazioni testuali, assenti anche nei regolamenti parlamentari, hanno sempre agito nel senso di applicare in ogni caso l’arrotondamento per eccesso al numero intero superiore.

3.7. Al secondo quesito la Sezione risponde dunque che, in assenza di indicazioni normative espresse di segno diverso, nel caso in cui il risultato della divisione del numero dei componenti l’organo collegiale (o dei consiglieri assegnati) dia un resto in decimali, debba optarsi sempre per l’arrotondamento per eccesso alla cifra intera superiore” .

7. In conclusione l’appello è fondato, alla luce del suddetto parere, e deve essere accolto con conseguente riforma della sentenza di primo grado. Il ricorso di primo grado deve dunque essere rigettato.

8. Spese di lite comunque da compensare, data la complessità della questione.

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