Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2014-05-20, n. 201402591
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N. 02591/2014REG.PROV.COLL.
N. 07492/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7492 del 2012, proposto dalla:
Azienda Ospedaliera - Pia Fondazione di Culto e Religione "Card. G. Panico", in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. E S D e G P, con domicilio eletto presso E S D in Roma, via Bocca di Leone n. 78 (Studio BDL);
contro
Regione Puglia, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli avv. S O D L e M G, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini, n. 36;
nei confronti di
- Azienda Sanitaria Locale Lecce, n.c.,
- Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale "F. Miulli", n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Sezione II n. 454 del 29 febbraio 2012, resa tra le parti, concernente la remunerazione delle prestazioni sanitarie per l’anno 2010.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti gli avvocati E S D, S O D L e M G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- L’Azienda Ospedaliera - Pia Fondazione di Culto e Religione "Card. G. Panico", ente ecclesiastico civilmente riconosciuto e costituito in azienda ospedaliera, di seguito Azienda Ospedaliera Panico, aveva impugnato davanti al T.A.R. per la Puglia, la delibera n. 2866 del 20 dicembre 2010 con la quale la Giunta della Regione Puglia aveva approvato il DIEF per il 2010 e, in particolare, l’allegata tabella D, nella parte in cui aveva disposto l’assegnazione finanziaria per la remunerazione delle prestazioni erogate dall’Azienda Ospedaliera nell’anno 2010 (per €. 73.064.000,00), ed aveva chiesto l’accertamento e la declaratoria del diritto di vedersi riconosciute dalla Regione Puglia tutte le prestazioni erogate nell’anno 2010, in favore degli utenti del Servizio sanitario, anche in eccedenza rispetto all’assegnazione finanziaria disposta, in virtù dell’equiparazione delle strutture ospedaliere gestite da enti ecclesiastici civilmente riconosciute con le strutture ospedaliere pubbliche.
In subordine aveva chiesto di vedersi riconosciuta, per il 2010, un’assegnazione finanziaria equivalente e/o comunque proporzionalmente corrispondente a quella disposta dalla Regione Puglia in favore di altri enti ecclesiastici civilmente riconosciuti costituiti in azienda ospedaliera e a vedersi riconoscere e remunerare le prestazioni tassativamente individuate dal comma 1 dell’art. 8-sexies del d. lgs. n. 502 del 1992, in base alla contabilità analitica prodotta.
2.- Il T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, con sentenza della Sezione II, n. 454 del 29 febbraio 2012, dopo una dettagliata analisi della disciplina riguardante l’inserimento degli ospedali privati religiosi “classificati” nel sistema del servizio sanitario pubblico, ha respinto il ricorso, sostenendo che anche tali ospedali dovevano rispettare il tetto inderogabile di spesa loro assegnato e che anche le altre doglianze sollevate non avevano fondamento.
3.- L’Azienda Ospedaliera Panico ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili. All’appello si oppone, chiedendone il rigetto, la Regione Puglia.
4.- Si deve partire con il ricordare che questa Sezione, con la recente sentenza n. 735 dell’8 febbraio 2013, ha esaminato l’appello che era stato proposto dall’Azienda Ospedaliera Panico avverso la sentenza, n. 453 del 29 febbraio 2012 (coeva a quella ora in esame), con la quale il T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Sezione II, con motivazioni analoghe a quelle espresse nell’appellata sentenza n. 454 del 2012, aveva respinto il ricorso della stessa Azienda Ospedaliera Panico avverso gli atti con i quali era stata determinato dalla Regione Puglia l’ammontare massimo della spesa per le prestazioni erogate dall’Azienda Ospedaliera nell’anno 2008.
4.1.- Questa Sezione, nella citata decisione, ha ricordato che la posizione degli ospedali privati classificati doveva ritenersi, sotto alcuni aspetti, “equiparata” a quella degli ospedali pubblici.
L’equiparazione certamente comportava, fin dalla legge n. 132 del 1968, la presenza degli ospedali classificati, al fianco di quelli pubblici, quale componente stabile del servizio sanitario, e rilevava nel momento della definizione delle aree di intervento e delle capacità operative delle strutture, assicurando ai primi una positiva considerazione ai fini del finanziamento pubblico dei necessari investimenti, a seconda del ruolo e delle funzioni rispettivamente attribuite nell’ambito della programmazione regionale.
Con riferimento al sistema di remunerazione delle prestazioni, introdotto, in attuazione dell’articolo 8 del d.lgs. 502 del 1992, con il D.M. 15 aprile 1994, l’equiparazione degli ospedali privati classificati aveva comportato il riconoscimento, per le prestazioni da essi erogate, delle medesime tariffe applicate alle aziende ospedaliere pubbliche.
4.2.- Ciò premesso la Sezione ha, peraltro, rilevato che prima del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008 (convertito nella legge n. 133 del 6 agosto 2008), vi era la possibilità che le prestazioni rese oltre i volumi predeterminati in sede di programmazione nazionale e regionale, nonché negli accordi contrattuali, potessero essere, in qualche misura, remunerate. E si era sostenuto che, per gli ospedali classificati, come per le aziende ospedaliere pubbliche, le prestazioni eccedenti i tetti prefissati, non soltanto potessero ma addirittura dovessero essere remunerate.
Solo con la riforma attuata dal decreto legge n. 112 del 2008, che ha introdotto nell'articolo 8-quinquies del d.lgs. 502 del 1992, i commi 2-quater e 2-quinquies, la diversità di trattamento tra le strutture pubbliche e le strutture private è diventata incompatibile con gli effetti che si facevano discendere dall’equiparazione.
4.3.- In particolare, secondo la Sezione, « il selettivo richiamo contenuto nell’ultimo periodo del comma 2-quater comporta che agli accordi in questione non si applichi il comma 1, lettera d) - vale a dire la disposizione che consentiva di rivedere l'importo del corrispettivo preventivato in funzione del volume delle attività erogate e dei risultati raggiunti », con la conseguenza che « il corrispettivo preventivato in sede di programmazione regionale e negli accordi contrattuali diventa, di fatto, un tetto di spesa invalicabile ».
4.4.- L’indicata sentenza ha poi aggiunto che « ad ulteriore garanzia del rispetto dei volumi di prestazione e dei tetti di spesa, individuati in sede di programmazione regionale ma da recepirsi in sede contrattuale, vi è poi la previsione del comma 2-quinquies, sulla (se non automatica, comunque doverosa) sospensione dell’accreditamento, e quindi della possibilità di erogare prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale, per l’ipotesi di mancata stipula degli accordi contrattuali ».
4.5.- Tali disposizioni, secondo la Sezione, riguardano tutti gli enti erogatori, ad eccezione delle aziende ospedaliere e dei presidi delle unità sanitarie locali (viceversa, chiamate a stipulare accordi contrattuali alla luce di tutti i contenuti indicati dall'articolo 8-quinquies, comma 2, compresa la lettera d), che consente la rideterminazione, a consuntivo, del corrispettivo preventivato), e riguardano quindi, anche gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti.
4.6.- A conforto di quanto affermato, la predetta sentenza ha citato anche l'articolo 1, comma 18, ultimo periodo, del d. lgs. n. 502 del 1992 – anch’esso introdotto dal d.l. n. 112 del 2008 – secondo cui « le attività e funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato articolo 4, comma 12, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies ».
4.7.- L’indicata sentenza ha poi ricordato che, nella Regione Puglia, secondo il principio espresso dall’articolo 8-quinquies, comma 1, lettera d), i criteri per la remunerazione delle prestazioni extra tetto sono stati definiti con l’articolo 17, della l.r. n. 14 del 2004 (che ha individuato percentuali fisse di pagamento delle tariffe – c.d. regressione tariffaria) e con l’articolo 18, della l.r. n. 26 del 2006 (che ha demandato l’individuazione delle relative percentuali alla Giunta regionale).
Ma, successivamente, l’articolo 3 della l.r. n. 12 del 2010 (di approvazione del Piano di rientro sanitario), abrogando espressamente tali disposizioni, ha vietato l'erogazione e la remunerazione, con oneri a carico del servizio sanitario pubblico, di prestazioni effettuate al di fuori dei tetti massimi e dei volumi di attività predeterminati annualmente.
5.- In base a tali considerazioni, questa Sezione, con la sentenza n. 735 del 2013, ha accolto
l’appello che era stato proposto dalla Azienda Ospedaliera Panico avverso gli atti di determinazione dei tetti di spesa per il 2008.
6.- Peraltro le stesse ragioni che sono state espresse dalla Sezione nell’indicata decisione n. 735 del 2013 non consentono una valutazione favorevole delle censure sollevate avverso gli atti di determinazione dei tetti di spesa per il 2010.
Come è stato, infatti, affermato nella citata sentenza, con ragioni dalle quali questo Collegio non ha motivo di discostarsi, a partire dal 2009 anche le attività e le funzioni assistenziali delle strutture equiparate, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti degli inderogabili tetti di spesa assegnati.
7.- Facendo applicazione di tali principi, questa Sezione, come ha ricordato nella sua memoria anche la Regione Puglia, ha quindi già respinto, con la sentenza n. 2529 del 9 maggio 2013, l’appello che era stato proposto da un altro Ospedale classificato (l’Ospedale F. Miulli) avverso la delibera n. 2866 del 20 dicembre 2010 con la quale la Giunta della Regione Puglia aveva approvato il DIEF per il 2010, ed aveva determinato i tetti di spesa per il 2010.
8.- In conseguenza, il motivo centrale dell’appello proposto dall’Azienda Ospedaliera Panico deve essere respinto.
8.1.- Per le ragioni che sono state prima indicate, la sentenza appellata non può essere condivisa nelle sue motivazioni, nella parte in cui ha affermato che le aziende ospedaliere classificate erano obbligate al rispetto dei tetti di spesa anche per il periodo antecedente il 2008. Ma ciò non ha rilievo nella fattispecie in esame nella quale, come si è detto, si verte sull’assegnazione dei tetti di spesa per il 2010.
9.- Nella memoria per l’udienza di discussione l’Azienda Ospedaliera Panico ha sottolineato che solo nel 2013, e con riferimento al periodo 2013-2015, all’assegnazione dei tetti di spesa ha fatto seguito la sottoscrizione del contratto con l’ASL. In conseguenza, secondo l’appellante, in assenza del contratto, mancava anche il necessario accordo fra le parti nella determinazione del numero e della tipologia delle prestazioni erogabili e, quindi, non poteva essere meccanicamente applicato il tetto di spesa assegnato, che peraltro era stato determinato solo al termine dell’anno di riferimento quando le prestazioni (anche di urgenza) erano state già erogate.
9.1.- Questa Sezione ha tuttavia già affermato che, nel vigente quadro normativo, spetta alle Regioni provvedere con atti autoritativi e vincolanti di programmazione, alla fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario regionale e di distribuire le risorse disponibili per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché di provvedere alla determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni, assicurando l'equilibrio complessivo del sistema sanitario dal punto di vista organizzativo e finanziario (fra le tante: Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1914 del 9 aprile 2013, n. 598 del 30 gennaio 2013).
9.2.- Anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, chiamata ad affrontare la questione della legittimità degli atti di programmazione delle risorse, con la fissazione dei tetti di spesa, intervenuti in corso d'anno, ha affermato che « alle Regioni è... affidato il compito di adottare determinazioni di natura autoritativa e vincolante in tema di limiti alla spesa sanitaria, in coerenza con l'esigenza che l'attività dei vari soggetti operanti nel sistema sanitario si svolga nell'ambito di una pianificazione finanziaria » (decisioni n. 3 e n. 4 del 12 aprile 2012). Ed ha aggiunto che tale attività di pianificazione delle risorse, in quanto necessaria, può essere esercitata anche nel corso dell'anno di riferimento.
9.3.- Si è poi precisato che l'osservanza del tetto di spesa rappresenta un vincolo ineludibile che costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il servizio sanitario nazionale può erogare e può quindi permettersi di acquistare da ciascun erogatore privato (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 1914 del 9 aprile 2013, n. 6432 del 14 dicembre 2012).
9.4.- In conseguenza, la mancata sottoscrizione del contratto con l’ASL non fa venir comunque meno il vincolo determinato dal tetto di spesa massimo assegnato e non consente, quindi, il superamento di tale tetto.
9.5.- Nella fattispecie non può poi avere rilievo nemmeno la circostanza che i tetti di spesa siano stati assegnati ad anno praticamente concluso. Infatti, come è stato affermato dalla Regione (e non è contraddetto dalla parte appellante), il tetto di spesa assegnato per il 2010 all’Azienda Ospedaliera Panico è sostanzialmente corrispondente a quello assegnato per il 2009, con la conseguenza che l’appellante non potava fare alcun affidamento sull’assegnazione di un tetto di spesa maggiore.
L’Azienda Ospedaliera Panico doveva, infatti, conoscere quale era l’ammontare delle prestazioni che avrebbe potuto erogare nel corso del 2010 con oneri a carico del servizio sanitario. E tale ammontare, tenuto conto del generale (e progressivo) contenimento della spesa sanitaria, non avrebbe potuto ragionevolmente essere incrementato.
10.- L’appellante ha insistito anche nel chiedere la remunerazione integrale almeno delle prestazioni rese per l’emergenza.
10.1.- Sul punto l’appellata sentenza, che ha operato una distinzione fra le prestazioni di emergenza indifferibili da quelle in qualche modo differibili, deve essere integralmente confermata.
In proposito, il T.A.R., dopo aver rilevato che è « astrattamente possibile che nella pratica si verifichino dei casi in cui prestazioni afferenti i L.E.A. erogate da enti privati oltre i limiti assegnati possano essere indennizzate dal Servizio sanitario nazionale ai sensi dell’art. 2041 c.c .» ha tuttavia ricordato che « tale norma richiede … il riconoscimento della utilitas da parte di colui che si è indebitamente arricchito. Pertanto nel momento in cui si pretenda di porre una prestazione erogata oltre i tetti di spesa a carico del Servizio sanitario nazionale si deve poter dimostrare che le autorità ad esso preposte (unità sanitarie locali) abbiano ritenuto necessario ricorrere alle prestazioni dell’ ente erogatore privato interessato, nonostante il fatto che questi avesse già raggiunto i limiti concordati ».
10.2.- In particolare, per quanto riguarda « le prestazioni di pronto soccorso indifferibili, per le quali non c’é tempo per richiedere permessi o nulla-osta, un indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c. sarà dovuto, in linea teorica, allorché la U.S.L. riconosca, a posteriori, che non si poteva fare altrimenti ».
Mentre « per le prestazioni di pronto soccorso non indifferibili nonché per le prestazioni urgenti ma non di pronto soccorso (ad esempio, intervento che si deve effettuare in tempi stretti a seguito della imprevista scoperta di una grave patologìa) la situazione é diversa: in tal caso vengono in considerazione situazioni “gestibili”, cioè situazioni in cui il paziente può, senza correre il rischio di incorrere in gravi pregiudizi irreparabili, attendere la prestazione nel tempo necessario ad interpellare l’unità sanitaria locale competente, che indirizzerà il paziente verso una delle strutture pubbliche o una delle strutture private che hanno ancora titolo per erogare prestazioni per conto del servizio sanitario nazionale ». Pertanto, l’ente privato interpellato dal paziente, una volta superato il tetto di spesa assegnato, « dovrà rifiutare di erogare la prestazione a carico del servizio sanitario nazionale, facendo rilevare al paziente la necessità di pagare il relativo costo, salvo rivolgersi ad altra struttura », con la conseguenza che « in queste situazioni non ci può essere spazio per alcuna remunerazione né per un indennizzo ex art. 2041 c.c .».
10.3.- Se è vero che, come si è affermato anche nella ripetuta sentenza n. 735 del 2013, in materia sanitaria non può essere riconosciuto (normalmente) l’indebito arricchimento, tuttavia si deve ritenere che, nei limiti suindicati (e solo per le prestazioni di pronto soccorso indifferibili) sia possibile una remunerazione delle prestazioni effettivamente rese (e di cui è stata accertata la necessità e l’utilità) anche oltre la soglia dettata dai tetti di spesa.
10.4.- La mancata presenza, allo stato, di tutti i suddetti elementi non consente di poter accogliere in questa sede la domanda di condanna della Regione Puglia al pagamento delle relative somme.
Tuttavia, per le ragioni esposte, spetta all’Azienda Ospedaliera Panico il pagamento delle prestazioni di emergenza indifferibili, nella misura in cui siano state effettivamente rese, siano state documentate e siano state riconosciute come tali dalla ASL di competenza.
11.- Non può poi essere accolto il motivo riguardante la mancata determinazione di un budget aggiuntivo per le prestazioni di alta specializzazione (come i trapianti), ai sensi dell’art. 8 sexies del d. lgs. n. 502 del 1992.
Come ha correttamente evidenziato il T.A.R., anche le prestazioni per i trapianti (ai quali l’appellante ha fatto riferimento) sono remunerate in base a specifici DRG che comprendono tutti i relativi costi, dagli esami preliminari alle dimissioni del paziente.
E le relative somme risultano considerate dalla Regione Puglia nella determinazione del budget annuale.
12.- Per tutte le ragioni esposte non può poi farsi comunque luogo all’istituto della regressione tariffaria, pur largamente applicato in passato.
13.- In conclusione, per tutte le esposte ragioni, l’appello deve essere respinto e la sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Sezione II, n. 454 del 29 febbraio 2012 deve essere confermata, sia pure, in parte, con diversa motivazione.
14.- Le spese dell’appello possono essere integralmente compensate fra le parti.