Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-14, n. 202310850

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-14, n. 202310850
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310850
Data del deposito : 14 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/12/2023

N. 10850/2023REG.PROV.COLL.

N. 05944/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5944 del 2020, proposto da
C S, rappresentato e difeso dall'avvocato A O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M R e F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (sezione seconda) n. 05537/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Afragola;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 4 dicembre 2023 il Cons. Carmelina Addesso;

Vista l’istanza di passaggio in decisione senza discussione del Comune di Afragola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor C S chiede la riforma della sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti avverso i provvedimenti di diniego di condono n. 13/2011 e n. 30/2012 e la conseguente ordinanza di demolizione n. 106/2012, relativi ad un locale ad uso artigianale realizzato su un lotto di terreno sito in Afragola.

1.1 Il Tar adito respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, rilevando che per le strutture non residenziali il condono è ammesso dal comma 25 dell’art. 32 l. 326/2003 solo in caso di ampliamento di edifici preesistenti e non in caso di nuova costruzione.

2. L’appellante chiede la riforma della sentenza, lamentandone l’illegittimità per aver qualificato l’intervento come nuova costruzione, anziché come ampliamento di un edificio preesistente, per omessa pronuncia sulle specifiche censure relative al provvedimento n. 30/2012/def del 07/02/2012 e all’ordinanza di demolizione n. 30/2012, entrambi impugnati con motivi aggiunti.

3. Si è costituito il Comune di Afragola, chiedendo la reiezione del gravame,

4. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive dispese.

5. All’udienza di smaltimento del 4 dicembre2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. L’appello è infondato.

7. Con il primo motivo di appello contrassegnato con la lettera A, a sua volta articolato nei sub motivi A.1, A.2, A.3, A.4, l’appellante chiede la riforma del capo della sentenza di primo grado che ha respinto i motivi di ricorso introduttivo riguardanti il provvedimento di diniego di condono prot. n. 13/2011 del 3/08/2011.

7.1 Lamenta, in particolare, l’erroneità della sentenza per: A.1) violazione dell’art. 64 c.p.a e dell’art. 2967 c.c. poiché il Comune, nel costituirsi in giudizio, non ha mai contestato che l’intervento consistesse in un ampliamento di edifici preesistenti regolarmente assentiti, sostenendo la tesi erronea che il comma 25 dell’art. 32 l. 326/2003 non consentirebbe la sanatoria di qualsiasi fabbricato con destinazione non residenziale, indipendentemente dalla circostanza che si tratti di nuova costruzione, piuttosto che di ampliamento. Il giudice di primo grado, pertanto, è incorso in errore laddove ha qualificato la fattispecie come nuova costruzione e non come ampliamento in violazione dell’art. 64 comma 2 c.p.a.;
A.2) violazione degli artt. 64 e 65 c.p.a., violazione dell’art. 2967 c.c., violazione dei principi in tema di onere della prova, violazione dell’art. 23 comma 25 l. 326/2003, carenza assoluta di motivazione poiché il giudice non ha esaminato il materiale probatorio prodotto in giudizio dal ricorrente da cui emerge che le opere oggetto della domanda di condono erano state realizzate in ampliamento dell’edificio assentito con la concessione n. 40/2000 e del manufatto oggetto dell’autorizzazione n. 176/2000;
A.3) carenza assoluta di motivazione e violazione dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003 poiché dalla lettura della sentenza appellata non è dato comprendere le ragioni per le quali il TAR abbia ritenuto che l’opera oggetto dei provvedimenti impugnati sia una “nuova costruzione” e non già un ampliamento di edifici preesistenti;
A.4) violazione degli artt. 34 c.p.a. e 112 c.p.c. perché i giudici hanno omesso di esaminare i motivi del ricorso introduttivo-che vengono riproposti ai sensi dell’art. 101 c.p.a- con cui si era dedotta la violazione dell’art. 10 bis l. 241/1990 e la formazione del silenzio assenso a partire dal 9/12/2006 in ordine alla medesima domanda di condono illegittimamente respinta con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo.

7.2 Le censure sono infondate.

7.3 Dagli atti di causa emerge che:

i) con istanza prot. 24038 del 9/12/2004 il signor S Carmine chiedeva la sanatoria di un “ locale al piano terra adibito ad uso artigianale ”;

ii) con nota 14065 del 28 giugno 2011 il Comune di Afragola comunicava l’avvio del procedimento di diniego di sanatoria poiché l’opera consisteva in una nuova costruzione non residenziale per la quale la sanatoria era esclusa ai sensi dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003 che la consente solo per le nuove costruzioni a destinazione residenziale;

iii) alla comunicazione di avvio del procedimento seguiva il diniego definitivo prot. n. 13/2011 del 3/08/2011 in ragione del carattere di nuova costruzione a destinazione non residenziale;

iv) con ricorso introduttivo l’odierno appellante chiedeva l’annullamento del provvedimento, sostenendo che oggetto dell’istanza di condono non era una nuova costruzione, bensì un mero ampliamento, suscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003.

7.4 Poiché la natura di nuova costruzione dell’opera oggetto di condono emerge dalla documentazione prodotta sia dal ricorrente che dal Comune (cfr. allegati al ricorso introduttivo e deposito del Comune di Afragola del 4 febbraio 2013) e poiché il ricorrente ha incentrato le proprie difese sulla natura di mero ampliamento e non di nuova costruzione del manufatto, gravava su quest’ultimo l’onere di dimostrare quanto affermato con la domanda proposta.

7.5 Per contro, l’interessato non ha prodotto elementi atti a smentire quanto emergente non solo dal provvedimento di diniego, ma dalla stessa istanza di condono, ove si fa menzione della realizzazione di un locale.

7.6 A diverse conclusioni non conducono né il permesso di costruire in sanatoria n. 40/2004 relativo ad un distinto e diverso corpo di fabbrica di 149,84 mq, né l’autorizzazione n. 176/2000 che aveva ad oggetto una tettoia smontabile di carattere temporaneo.

7.7 La giurisprudenza ha chiarito che la chiusura di una tettoia preesistente non integra un mero ampliamento, bensì una nuova costruzione non condonabile in caso di destinazione non residenziale ai sensi dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003 poiché “la nozione di “ampliamento” non può, quindi, essere dilatata oltre i propri confini semantici al fine di includervi anche la diversa nozione di “trasformazione”, estendendo l’eccezionale condono contemplato dal d.l. 269/2003 alle nuove costruzioni ad uso non residenziale che, invece, il legislatore ha inteso espressamente escludere ” (Cons. Stato, sez. II 15 giugno 2023 n. 5891). Ciò in quanto il condono edilizio previsto ai sensi dall’art. 32 l. 326/2003 si applica alle nuove costruzioni solo laddove abbiano destinazione residenziale, non essendo ammissibile in presenza di una normativa eccezionale postularne una sua interpretazione analogica (cfr. Cons. Stato, sez.VI, sentenza 12 dicembre 2012, n. 6381;
Id., sez. II 26 aprile 2021, n. 3342).

7.8 Alla luce delle considerazioni sopra richiamate, è immune dalle lamentate censure il capo della sentenza impugnata che ha escluso la condonabilità dell’opera poiché consistente nella nuova costruzione di un locale a piano terra adibito ad uso artigianale.

7.9 Rilevata la natura vincolata del diniego di condono in ragione dell’insussistenza dei presupposti previsti dalla legge per la sanabilità dell’opera, il giudice di primo grado ha dichiarato assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso (punto 4.4 della sentenza), tra cui quelli relativi alla violazione dell’art. 10 bis l 241/1990 e all’avvenuta formazione del silenzio assenso, dai quali non avrebbe potuto discendere l’annullamento del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 21 octies l. 241/1990.

7.10 Al riguardo, è costante l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “Il diniego di sanatoria è atto vincolato, cosicché la mancata comunicazione del relativo preavviso non comporta, in base al principio di cui all’art. 21-octies, comma 2, l. 241/1990 effetti vizianti, ove il Comune non avrebbe potuto emanare provvedimenti differenti ” (Cons. Stato, sez. VI, 15 settembre 2022, n. 7993, sez. IV, 7 novembre 2019, n. 7602). Non sussiste, pertanto, alcun vizio di omessa pronuncia.

7.11 Le censure in questione sono, comunque, anche infondate, atteso che, da un lato, con nota prot. 14065 del 28 giugno 2011 il Comune di Afragola ha comunicato l’avvio del procedimento di diniego definitivo, indicando le ragioni ostative all’accoglimento e concedendo all’istante un termine per presentare osservazioni e documenti conformemente a quanto previsto-al di là del nomen iuris – dall’art. 10 bis l. 241/1990, e, dall’altro lato, il titolo abilitativo tacito può formarsi unicamente in presenza di tutti i presupposti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge (Cons. Stato sez. VI 8 agosto 2023 n. 7678), mentre nel caso di specie difettava il presupposto essenziale della sanabilità dell’intervento ai sensi dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003.

7.12 Il primo motivo di appello deve pertanto essere respinto.

8. Con il secondo motivo di appello contrassegnato con la lettera B, articolato nel sub motivo B.1, l’appellante chiede la riforma della sentenza impugnata perché avrebbe omesso di esaminare i motivi aggiunti relativi al provvedimento di diniego di condono n. 30/2012/DEF del 7/02/2012 con cui erano state rigettate le domande di condono prot. n. 24004 e prot. n. 23985 del 9/12/2004 nonché prot. 23946 e prot. n. 23948 del 7/12/2004. I giudici di primo grado sarebbero incorsi in vero e proprio errore revocatorio non menzionando nemmeno il suddetto provvedimento, sulla cui legittimità non si sono dunque mai pronunciati. Per tale ragione, chiede che vengano esaminate in via devolutiva le censure formulate con i motivi aggiunti con cui si era dedotto: i) la natura di mero ampliamento dei manufatti oggetto delle istanze di condono;
ii) la violazione dell’art 10 bis l. 241/1990 e il difetto di istruttoria;
iii) violazione dell’art. 32 comma 37 l. 326/2003 per la già avvenuta formazione del silenzio assenso al momento dell’adozione del provvedimento di diniego.

8.1 Il motivo è infondato.

8.2 Come evidenziato al capo 2 della sentenza, il TAR ha esaminato il profilo relativo alla qualificazione dell’intervento come nuova costruzione, piuttosto che come ampliamento, ai “ fini della reiezione del ricorso e dei relativi motivi aggiunti ”. Il giudice di primo grado, pertanto, non è incorso in alcuna ommessa pronuncia, ma si è limitato ad esaminare le censure formulate con i motivi aggiunti unitamente a quelle proposte con il ricorso introduttivo, attesa la sostanziale sovrapponibilità delle medesime, conformemente al principio di chiarezza e sinteticità degli atti processuali.

8.3 A quanto sopra esposto, il Collegio aggiunge le seguenti ulteriori considerazioni, emergenti dall’esame della documentazione versata in atti:

i) le domande di condono prot. n. 24004 e prot. n. 23985 del 9/12/2004 e prot. 23946 e prot. n. 23948 del 7/12/2004 dichiaravano che le opere oggetto di sanatoria consistevano in un ampliamento di locale artigianale al piano terra;

ii) con nota prot. 567 del 11 gennaio 2012 il comune comunicava agli istanti l’avvio del procedimento di diniego, rilevando che le opere non erano sanabili in quanto si trattava di nuove costruzioni non residenziali, e assegnava un termine per la presentazione di memorie e documenti;

iii) gli istanti presentavano le proprie osservazioni con nota prot. 22439 del 17 ottobre 2012 evidenziando che non si trattava di nuova costruzione, ma di mero ampliamento di fabbricati preesistenti (tettoria e capannone);

iv) in riscontro alle memorie difensive sopra indicate veniva redatta la relazione prot. 638/AT del 6 febbraio 2012 a firma del Responsabile ufficio condono edilizio-corredata da documentazione fotografica, nella quale si rilevava che gli interventi edilizi sull’unità immobiliare individuata al foglio n. 17, p.lla n. 301, sub. 2 non sono classificabili come semplici “ampliamenti”, ma hanno condotto alla realizzazione di un nuovo organismo edilizio costituito dalla fusione del capannone assentito con PC in sanatoria n. 40/2000 con la struttura precaria e temporanea autorizzata con provvedimento n. 176/2000 UT, oltre a varie superfetazioni intervenute in seguito tra il 12 ottobre 2003 e il 13 settembre 2007, oltre il termine ultimo per la sanatoria degli illeciti edilizi previsto dalla l. 326/2003;

v) il provvedimento n. 30/2012/DEF, nell’indicare le ragioni del diniego, richiama sia le osservazioni presentate dagli istanti sia la relazione d’ufficio redatta a riscontro delle predette osservazioni che costituisce “ parte integrante e sostanziale ” del provvedimento medesimo.

8.4 Le risultanze istruttorie evidenziano, pertanto, l’infondatezza delle censure proposte con i motivi aggiunti poiché l’ente ha illustrato le ragioni poste alla base del diniego, fornendo puntuale riscontro alle memorie difensive presentate che sono state esaminate nella citata relazione d’ufficio a cui il provvedimento impugnato rinvia per relationem . Le cinque domande di condono proposte dai medesimi proprietari conducevano, infatti, alla sanatoria complessiva di un manufatto di mq 328,00, non configurabile come mero ampliamento della tettoia e del campanone preesistenti, con conseguente legittimità del diniego ed esclusione del silenzio assenso per difetto dei presupposti di legge, come sopra chiarito.

8.5 Anche il secondo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.

9. Con il terzo motivo di appello contrassegnato con la lettera C, a sua volta articolato nei sub motivi C.1 e C.2, l’appellante lamenta che il TAR non si è pronunciato sui motivi aggiunti proposti avverso l’ordinanza di demolizione n. 106 del 26/11/2012 e relativi a: C.1) illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione n. 106/2012 rispetto al diniego di condono n. 13/2011/DEF del 3/8/2011;
C.2) illegittimità derivata dell’ordinanza di demolizione rispetto al diniego di condono n. 24038 del 9/12/2004 in ragione dell’inefficacia del suddetto provvedimento di rigetto che non è stato mai notificato all’appellante e del rapporto di presupposizione tra il citato diniego e l’ordinanza in questione.

9.1 Il motivo è infondato in considerazione della legittimità dei dinieghi di condono n. 13/2011/DEF e n. 30/2012/DEF, la cui notifica anche all’attuale appellante emerge per tabulas dalla documentazione depositata in primo grado dal comune in data 4 febbraio 2013. A fronte del carattere abusivo delle opere realizzate, infatti, l’ordinanza di demolizione è espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato (cfr ., ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 11/05/2022, n.3707).

9.2 La censura deve, quindi, essere respinta.

10. Con il quarto motivo di appello, contrassegnato con la lettera D e suddiviso nei sub motivi D1, D.2, D.3, D.4, l’appellante impugna il capo della sentenza con cui sono stati esaminati i motivi da 1) a 7) dei motivi aggiunti per: D.1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3,7,10 e 10 bis l. 241/1990 e dell’art 31 del testo unico edilizia. Il TAR è incorso in errore nella parte in cui ha respinto il primo motivo dei motivi aggiunti del 19/02/2013 con cui il sig. S aveva denunziato l’illegittimità dei provvedimenti gravati per non avere il Comune resistente chiarito le ragioni per cui l’interesse pubblico al ripristino della legalità fosse prevalente rispetto al consolidato contrapposto interesse del privato, stante il notevole lasso di tempo trascorso – circa 10 anni – tra la data di presentazione della domanda di condono e quella di adozione del provvedimento di diniego;
D.2) violazione degli artt. 3,7,10 e 10 bis l. 241/1990 e dell’art 31 del testo unico edilizia perché l’amministrazione nella comunicazione di avvio del procedimento non aveva precisato gli effettivi presupposti fondanti l’esercizio del potere sanzionatorio oggetto del provvedimento gravato e non aveva puntualmente riscontrato le osservazioni formulate dal sig. S con memoria ex art. 10 bis L. 241/1990;
D.3) violazione e falsa applicazione degli artt. 3,7,10 e 10 bis l. 241/1990 e dell’art. 31 del testo unico edilizia. La sentenza è erronea nella parte in cui ha respinto la censura di genericità della motivazione posta a fondamento dell’ordine di demolizione;
D.4) violazione degli artt. 34 c.p.a e 112 c.p.c., difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dell’art. 32 comma 25 l. 326/2003. La sentenza avrebbe omesso di esaminare le censure di cui sesto motivo aggiunto, con il quale era stata denunziata l’illegittimità della ordinanza di demolizione n. 106/2012 per non avere il Comune previamente verificato la possibilità di concreta esecuzione dell’ordine di rimessione in pristino, in quanto riguardante porzioni di fabbricato preesistente.

10.1 Le censure sono infondate.

10.2 Sul punto, è sufficiente richiamare i principi espressi dalla giurisprudenza, la quale ha costantemente statuito che:

i) una volta accertato l’illecito edilizio, l’ordinanza di demolizione costituisce doveroso e imprescindibile esercizio del potere sanzionatorio da parte della pubblica amministrazione. Essa ha natura di atto vincolato che non richiede specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né comparazione alcuna con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né motivazione sulla sussistenza dell’interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non essendo ravvisabile l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo trascorso dalla realizzazione dell’abuso non legittima affatto (cfr., Cons. Stato, sez. VI 19 marzo 2021, Ad. Plen., n. 7/2017 i cui principi sono stati da ultimo ribaditi da Ad. Plen. 16/2023).

ii) l’ordinanza di demolizione è, quindi, dotata di un’adeguata e sufficiente motivazione con riferimento alle opere abusive e alle ragioni della loro abusività (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 17/03/2022, n.1953;
Consiglio di Stato, sez. IV, 05/11/2018, n. 6246;
Consiglio di Stato, sez. VI, 06/09/2017 n. 4243);

iii) la natura vincolata dell’atto in questione esclude la rilevanza dell’apporto partecipativo del privato e, conseguentemente, l’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, 11/05/2022, n.3707, sez. II, 01/09/2021, n.6181);

iv) la possibilità di sostituzione dell’ordine di riduzione in pristino con la sanzione pecuniaria, che afferisce alle fattispecie di parziale difformità dal titolo disciplinate dagli artt. 33 e 34 DPR n. 380/2001 e non alle ipotesi di nuova costruzione totalmente abusiva come quella per cui è causa, deve essere verificata nella fase esecutiva dell’ordinanza di demolizione e non incide sulla legittimità della medesima (cfr., ex multis , Cons. Stato, Sez. VI, 19 maggio 2022 n. 3964).

10.3 Il motivo deve quindi essere respinto.

11. Dall’infondatezza dei motivi sopra esaminati discende anche l’infondatezza del motivo contrassegnato dalla lett. E, peraltro genericamente formulato, relativo all’erroneità della sentenza nella parte in cui ha dichiarato assorbiti i motivi non esaminati che, in ogni caso, non avrebbero potuto condurre all’accoglimento dell’appello.

12. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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