Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-26, n. 202006457

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-10-26, n. 202006457
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006457
Data del deposito : 26 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/10/2020

N. 06457/2020REG.PROV.COLL.

N. 08321/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8321 del 2010, proposto dal signor
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G S e R T, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Vittorio Veneto, n. 7

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
la Commissione esaminatrice del concorso indetto con decreto dirigenziale 10 luglio 2006 per la nomina a notaio presso il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, non costituita in giudizio

nei confronti

la signora Rossella Smorto non costituita in giudizio

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2020 il Cons. Carla Ciuffetti, dati per presenti i difensori delle parti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante aveva partecipato al concorso per la nomina a notaio indetto con decreto dirigenziale in data 10 luglio 2006. La Commissione esaminatrice, all’esito della correzione delle prove scritte, aveva formulato a maggioranza un giudizio di non idoneità. Il ricorso proposto dall’interessato avverso tale atto è stato respinto dalla sentenza in epigrafe.

2. I motivi di appello proposti dall’interessato, che richiamano un parere pro veritate depositato in atti, sono riconducibili ai seguenti gruppi di censure:

a ) “ Omessa pronuncia su punto decisivo della controversia. Omesso esame del secondo motivo di ricorso in relazione al contestato travisamento dei fatti in cui è incorsa la Commissione nella valutazione degli elaborati del ricorrente. Difetto e/o erroneità della motivazione ”: alla base del giudizio di non idoneità vi sarebbero circostanze non riscontrabili negli elaborati del ricorrente e il primo Giudice non si sarebbe pronunciato sulle seguenti circostanze indicative del travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa la Commissione esaminatrice;
in particolare, nel ricorso primo grado, sottolineato che il giudizio di inidoneità evidenziava una globale insufficienza delle prove nonostante che la prima di esse fosse stata valutata dalla Commissione sufficiente all’unanimità, l’interessato aveva evidenziato che, nella correzione del secondo elaborato, in base ai criteri di valutazione stabiliti nel verbale n. -OMISSIS-, la Commissione avrebbe dovuto considerare, come mero errore materiale quello in cui il ricorrente era incorso - riferendosi, nell’indicazione dell’ordine del giorno dell’assemblea, all’offerta in opzione di nuove azioni al socio -OMISSIS- -, dato che, sia nella parte teorica, che nella prova pratica relativa al verbale di assemblea, egli avrebbe correttamente richiamato l’art. 2441, quarto comma, c.c., che esclude tale opzione se il conferimento è in natura;
a causa di un difetto di istruttoria, la Commissione avrebbe ritenuto che, in difformità dalla parte teorica, nella redazione del verbale societario il candidato avesse omesso il riferimento alla preventiva autorizzazione dell’assemblea dei soci correlati di cui all’art. 2376 c.c., in quanto egli aveva inserito nel suddetto verbale la postilla n. 7 che prevedeva la “eventuale approvazione ai sensi dell’art. 2376 c.c.” e, nella parte teorica, aveva evidenziato che si sarebbe potuto discutere “ se una tale deliberazione è tale da comportare un pregiudizio attuale e diretto agli azionisti di categoria speciale o se tale pregiudizio debba considerarsi indiretto. In una prospettiva redazionale si è comunque ritenuto di dare atto dell’approvazione dell’assemblea speciale ”;
la Commissione aveva ritenuto che non fosse stata “ particolarmente affrontata in parte teorica la questione della liquidazione delle azioni correlate a seguito di recesso ” nonostante che il ricorrente a tale questione avesse “ dedicato tre pagine della parte teorica ”;
in merito al terzo elaborato, la Commissione avrebbe espresso una motivazione meramente apparente, elusiva dell’obbligo motivazionale, nel rilevare la “ non sempre corretta redazione dell’atto notarile ” con riferimento alla clausola relativa alle cambiali ipotecarie, senza evidenziare i profili non corretti di tale redazione, che, secondo il parere pro veritate , sarebbe stata invece scevra da errori e imperfezioni;
nella parte teorica di tale prova, per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, la Commissione avrebbe rilevato la mancanza di motivazione della “ mancata costituzione di -OMISSIS- (coniugata in regime di comunione legale con l’acquirente) per la concessione di ipoteca a garanzia delle cambiali emesse per il pagamento di parte del prezzo dell’immobile acquistato ”, nonostante che, nelle pag. 7 e 8 dell’elaborato, il ricorrente avesse indicato le ragioni della scelta di non costituzione;
l’omissione di pronuncia da parte del T.A.R. in ordine a quanto esposto assumerebbe un peculiare rilievo sotto il profilo della disparità di trattamento, in quanto, nella stessa udienza in cui era stato trattato il ricorso dell’odierno appellante, si sarebbe deciso, “ seppur da un diverso collegio e da un diverso relatore ”, per “ un ricorso in tutto analogo ” a quello presentato dall’interessato “ la ricorrezione degli elaborati ” (sentenza T.A.R. Lazio n. -OMISSIS-);

b ) erroneamente il T.A.R. avrebbe considerato che la Commissione non poteva esimersi dall’esprimere un giudizio di non idoneità in ragione della compresenza di altre nullità e/o gravi insufficienze, poiché nessuna nullità o grave insufficienza era stata contestata al ricorrente, “ essendo peraltro il giudizio di inidoneità espresso a maggioranza ”.

c ) “ Omessa pronuncia su punto decisivo della controversia. Omesso esame del terzo motivo di ricorso in relazione alla contestata disparità di trattamento, violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della Costituzione. Difetto e/o erroneità della motivazione ”;
sotto tale profilo l’appellante deplora la disparità di trattamento che sarebbe stata praticata dalla Commissione nell’ammettere alle prove orali altri candidati i cui elaborati avrebbero presentato “ le stesse caratteristiche ” di quelli del ricorrente;
in particolare, l’appellante evidenzia: per l’elaborato n. 512, “ il medesimo errore materiale nella redazione dell’ordine del giorno ‘azioni riservate in opzione al socio -OMISSIS-’ ”;
per gli elaborati n.n. -OMISSIS-, la completa omissione del riferimento all’approvazione di cui all’ art. 2376 c.c.;
per gli elaborati n.n. -OMISSIS-, una trattazione meno approfondita, rispetto al proprio elaborato, della questione della liquidazione delle azioni correlate a seguito di recesso e un’identica modalità di trattazione della clausola ipotecaria;
nell’elaborato n. -OMISSIS-, “ la scelta di non costituire -OMISSIS- non è per nessun verso motivata ” e, nell’elaborato n. -OMISSIS-, non sarebbe stata assistita da alcuna valida motivazione la scelta opposta;
dunque, l’operato della Commissione esaminatrice avrebbe sostanziato la violazione dei “ canoni di imparzialità e uguaglianza, posto che non solo il ricorrente si è visto contestare circostanze oggettivamente escluse dal testo dei propri elaborati, ma ha anche verificato che nei confronti di altri candidati, la effettiva ricorrenza delle medesime contestazioni non ha costituito motivo di inidoneità per la Commissione ”.

L’appellante, che oltre alla riforma della sentenza impugnata ha chiesto “ la ammissione, pur con riserva, alle prove orali e la eventuale correzione degli elaborati da parte della Commissione in diversa composizione ”, con memoria in data 5 giugno 2020, ha reso noto di essere stato nominato notaio nel 2012, avendo superato un successivo concorso. Egli ha rappresentato di avere interesse alla definizione del giudizio, ritenendo che, per effetto dell’atto impugnato, la sua posizione nel successivo concorso sarebbe stata pregiudicata sia nella scelta delle sedi disponibili, di numero minore rispetto a quelle del precedente concorso, sia nelle possibilità di trasferimento a causa della minore anzianità di servizio.

3. Il Ministero della giustizia, costituito con atto depositato in data 19 novembre 2010, ha preliminarmente eccepito il difetto interesse dell’appellante alla decisione avendo egli ottenuto, nelle more del giudizio, la nomina a notaio. L’Amministrazione ha eccepito inoltre l’inammissibilità del ricorso per difetto di impugnazione dei “ successivi provvedimenti di nomina e di assegnazione della sede, in tesi affetti da una presunta illegittimità derivata ”. Nel merito, il Ministero della giustizia ha chiesto il rigetto dell’appello.

4. Venendo all’esame dell’appello, in via preliminare, il Collegio rileva che non risulta impugnata la graduatoria finale del concorso in oggetto, circostanza che avrebbe potuto essere rilevata d’ufficio - nel rispetto dell’art. 73, comma 3, c.p.a. - e che sarebbe sufficiente per risolvere la controversia sul piano della persistenza dell’interesse alla decisione e della conseguente procedibilità dell’appello, posto che alla generica formula dell’epigrafe del ricorso che investe del gravame “ ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale ” non potrebbe a tal fine attribuirsi alcun effetto, “ in quanto, per costante giurisprudenza (ad. es. Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2013, n. 2960), i provvedimenti impugnati devono essere specificamente inseriti nell’oggetto della domanda e a essi devono essere direttamente collegate le censure dedotte ” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1 giugno 2018, n.3326).

Tuttavia, si può prescindere da tale circostanza, nonché dalle eccezioni dell’Amministrazione riportate sub 3, in quanto l’appello è infondato.

4.1. Il contestato giudizio della commissione esaminatrice è espresso come segue nel verbale n. 209 in data 10 giugno 2009: “ NON IDONEO, rilevando che nel complesso gli elaborati non superano la soglia della sufficienza per i seguenti motivi e precisamente: a) nel secondo elaborato, allorchè il candidato indica l’ordine del giorno dell'assemblea, lo stesso con riferimento all’emissione di nuove azioni dice che le stesse sono da offrire in opzione al socio -OMISSIS- anche se in parte teorica lo stesso richiama correttamente il disposto dell'art. 2441 co. 4 cod. civ., a tenore del quale l'opzione è esclusa allorché il conferimento è in natura. In parte teorica il candidato afferma, in contrasto con il verbale societario (dove niente viene previsto sul punto), che è stata acquisita la preventiva autorizzazione dell'assemblea dei soci correlati, in contrasto con la disposizione dell'art. 2376 c.c. che prescrive che ‘le deliberazioni dell’assemblea che pregiudicano i diritti di uno di essi devono essere approvate anche nell’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata’. Non è particolarmente affrontata in parte teorica la questione della liquidazione delle azione correlate a seguito di recesso;
b) nel terzo elaborato, oltre alla non sempre corretta redazione dell'atto notarile (vedi clausola relativa alle cambiali ipotecarie), il candidato non costituisce -OMISSIS- ed omette ogni valutazione teorica e motivazionale sulla scelta fatta in relazione alla partecipazione della stessa per la concessione di ipoteca a garanzia dei titoli cambiari, che costituisce uno dei temi di maggiore spessore connessi alla soluzione pratica del caso assegnato
”.

4.2. Occorre rilevare, sul piano del metodo con cui tale giudizio è stato avversato fin dal ricorso di primo grado, che le censure formulate dall’interessato - sviluppate anche con diffusi rinvii ad un parere pro veritate richiesto dall’appellante, che reca ampie argomentazioni giuridiche con estesi richiami dottrinari, anche a fini interpretativi degli istituti trattati nelle prove di esame - tendono ad ottenere dall’organo giudicante una nuova e diversa valutazione di merito dei propri elaborati, rispetto a quella espressa dalla Commissione di concorso.

In disparte il fatto che non è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle determinazioni della commissione di concorso “ il parere reso da un soggetto terzo, quale che sia la sua qualifica professionale e il livello di conoscenze e di esperienze acquisite nella materia in discussione (per tutte Cons. Stato, sez. IV, 17 febbraio 2009, n. 859;
sez. IV, 17 aprile 2009, n. 1853;
sez. IV, 23 maggio 2016, n. 2110;
sez. IV, 8 febbraio 2017, n. 558)
” (Cons. Stato, sez. IV, n.3326/2018, cit.), una tale valutazione, che implicherebbe una sostituzione delle argomentazioni logico-giuridiche articolate dalla Commissione di concorso (sia pur nella sintesi che è propria di un giudizio di idoneità/inidoneità) con quelle richieste all’organo giudicante, sostanzierebbe un’operazione che inammissibilmente trasmoderebbe in “ un pratico rifacimento, ad opera dell’adito organo di giustizia, del giudizio tecnico-discrezionale già espresso dalla commissione ” (Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2012 n. 2484).

Un tale esito, che postulerebbe un sindacato di merito dell’operato della Commissione di concorso, è precluso al giudice amministrativo, secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio - pure richiamato dal primo giudice -, per cui “ lo scrutinio giurisdizionale delle valutazioni operate dalle commissioni di concorso è limitato alla verifica di macroscopiche illogicità evincibili ictu oculi, ossia apprezzabili senza bisogno di attingere a cognizioni, pur basiche, della scienza specialistica di riferimento. In altre parole, il Giudice amministrativo non può né deve entrare nel merito del giudizio della commissione, ma solo riscontrare, ove presenti, abnormi fallacie logiche, tali da pregiudicare ab imis l’attendibilità stessa della valutazione, erosa ab interno da eclatanti irragionevolezze, palesi inconsistenze logiche, evidenti travisamenti del fatto ” (Cons. Stato, sez. V, 25 marzo 2020, n.2079;
cfr., e plurimis , Cons. Stato, sez. IV, 29 novembre 2016 n. 5016).

4.3. In merito a quanto esposto sub 2 lett. a ), il Collegio ritiene che le censure riguardanti la lett. a) del giudizio della Commissione sostanzino un’inammissibile pretesa di ottenerne un sindacato di merito che porti ad una diversa valutazione delle prove ivi indicate;
ciò, in particolare: ai fini della considerazione della postilla n. 7 del verbale societario per una rivalutazione del contrasto ravvisato dalla Commissione esaminatrice con la parte teorica e della verifica del livello di approfondimento della questione della liquidazione delle azione correlate a seguito di recesso, mettendo in discussione un’analisi che appartiene alla discrezionalità tecnica della Commissione con un’operazione che non potrebbe prescindere da una valutazione complessiva delle prove stesse;
nonché ai fini di una rivalutazione della questione dell’indicazione dell’ordine del giorno dell’assemblea e dell’offerta di nuove azioni in opzione, in relazione alla quale lo stesso appellante ammette una carenza (come, del resto, lo stesso parere pro veritate, che la definisce “ imperfezione terminologica ”), pretendendone una dequotazione a mero errore materiale, come se una tale dequotazione non implicasse una valutazione di merito e costituisse un mero automatismo.

4.3.1. In merito alle censure riferite al difetto di motivazione del giudizio della Commissione nella parte riguardante “ la non sempre corretta redazione dell’atto notarile ”, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, il metodo di redazione delle prove scritte del concorso notarile, “ in relazione alla peculiarità della funzione professionale che il candidato aspira a svolgere, è connotato da una particolare esigenza di formalità, pure descrittiva, per cui nel redigere l’elaborato deve essere data dimostrazione dell’intera preparazione richiesta, desumibile sia dall’assetto ‘pratico’ dato all’atto sia dall’esposizione nella parte teorica ” (Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 2020 n. 4226). Perciò, secondo il Collegio, tale censura trasmoda nell’inammissibile richiesta all’organo giudicante di una nuova valutazione della dimostrazione in concreto della preparazione del candidato in base alla forma dell’atto.

4.3.2. Il Collegio ritiene che impinga inammissibilmente nel merito del giudizio della Commissione di concorso, nella parte di cui alla lett. b), la censura di difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti, riferita al terzo elaborato in ordine all’indicazione delle ragioni della scelta del candidato di non costituire il coniuge in comunione legale dei beni, in quanto tale censura postula un giudizio circa la consistenza della “ valutazione teorica e motivazionale sulla scelta fatta in relazione alla partecipazione della stessa per la concessione di ipoteca a garanzia dei titoli cambiari ” richiesta ai candidati.

4.3.3. Va respinto il motivo d’appello sub 2, lett. a ) concernente la pretesa disparità di trattamento rispetto al candidato di cui sarebbe stata disposta una nuova correzione degli elaborati, sulla base dell’orientamento di questo Consiglio per cui “ la configurabilità della disparità di trattamento tra diversi candidati del concorso notarile può ipotizzarsi solo raffrontando complessivamente tutti gli elaborati ”, dato che “ la Commissione non tiene conto soltanto della soluzione giuridica prescelta, ma anche della capacità espositiva ed argomentativa di tutte le prove ” (Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2014, n. 5048). Nella fattispecie tale censura è formulata in modo del tutto generico e senza essere supportata dal raffronto complessivo dei suddetti elaborati o da elementi che possano comunque corroborare un’analogia di situazioni.

4.4. Per quanto esposto sub 4.3 va considerata priva di rilievo la censura indicata sub 2. lett. b ), in quanto, anche a prescindere dal preteso convincimento del primo giudice circa il ricorso di nullità o gravi insufficienze, il giudizio di non idoneità della commissione esaminatrice resta indenne, come visto, dai vizi prospettati dall’appellante con i motivi sub 2. lett. a ).

4.5. In ordine alle censure riportate sub 2 lett. c ), occorre rilevare che la pretesa disparità di trattamento non può basarsi sul limitato confronto fra l’elaborato dell’interessato e quelli di altri candidati, confronto articolato sulle specifiche questioni richiamate dall’appellante che vengono fatte oggetto di valutazioni personali. Infatti, tali censure non consentono raggiungere la dimostrazione di una diversità di trattamento di situazioni uguali o analoghe, considerato che, come già rilevato “ la Commissione non tiene conto soltanto della soluzione giuridica prescelta, ma anche della capacità espositiva ed argomentativa di tutte le prove ” (Cons. Stato, sez. IV, n. 5048/2014 cit.) e che “ ogni elaborato va prioritariamente valutato nella sua organica unitarietà e, nel caso delle prove del concorso notarile, nella sua piena ed integrale idoneità a garantire gli effetti divisati nella traccia ” (Cons. Stato, sez. IV, n. 2079/2020 cit.) .

5. In definitiva, ad avviso del Collegio, il giudizio della Commissione di concorso resta indenne dalle censure dell’appellante, non mostrando sviamenti logici, errori di fatto o contraddittorietà ictu oculi rilevabili. Il che rende ragione del fatto che il primo giudice, lungi dall’omettere di pronunciarsi sui motivi di ricorso - come preteso dall’appellante - ha invece condivisibilmente evidenziato i limiti della cognizione del giudice amministrativo nella fattispecie in esame: sottolineando, da un lato, l’opinabilità e la relatività di ogni valutazione scientifica e, dall’altro, la non censurabilità del giudizio della commissione “ attraverso la critica ai convincimenti dal medesimo organismo espressi in relazione alla correttezza delle soluzioni prospettate dal candidato, quand’anche un diverso convincimento venga a dimostrarsi corroborato dall’espressione di un parere pro veritate ”;
con ciò pervenendo all’inevitabile conclusione dell’impossibilità per il giudice di sostituirsi all’Amministrazione. Si consideri inoltre che il giudizio di inidoneità espresso dalla commissione di concorso resta insindacabile pur “ in presenza di un’inidoneità opinabile (come, del resto, fisiologico in una branca del sapere non scientificamente esatta, come è il diritto), ma non palesemente abnorme ” (Cons. Stato, sez. IV, 25 marzo 2020 n. 2079).

Per quanto sopra esposto, l’appello deve essere respinto e la sentenza impugnata deve essere confermata.

Il regolamento delle spese del grado di giudizio, liquidate in dispositivo, segue la soccombenza.

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