Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-30, n. 201703229

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-06-30, n. 201703229
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703229
Data del deposito : 30 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2017

N. 03229/2017REG.PROV.COLL.

N. 05824/2016 REG.RIC.

N. 08527/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5824 del 2016, proposto dalla regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A M, con domicilio eletto presso l’ ufficio di rappresentanza della regione Campania in Roma, via Poli, 29;

contro

comune di Benevento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L I, con domicilio eletto presso lo studio Marco Amore in Roma, via Sardegna,50;
società Samte (Sannio Ambiente e Territorio) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L D Pno, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;



sul ricorso numero di registro generale 8527 del 2016, proposto dalla provincia di Benevento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Felice Laudadio, con domicilio eletto presso lo studio Felice Laudadio in Roma, via G.G. Belli, 39;

contro

comune di Benevento, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L I, con domicilio eletto presso lo studio Marco Amore in Roma, via Sardegna,50;
regione Campania non costituitasi in giudizio;

nei confronti di

società Samte (Sannio Ambiente e Territorio) s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L D Pno, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Campania –Sede di Napoli - Sezione V, n. 1697/2016.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Benevento e della società Samte (Sannio Ambiente e Territorio) s.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Fabio Taormina e uditi per le parti gli avvocati R. Panariello su delega di A. Marzochella, L.D. Perifano, L. Imperlino e F. Laudadio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe impugnata - n. 1697 del 6 aprile 2016- il T.a.r. per la Campania – Sede di Napoli - ha accolto il ricorso, proposto dall’ amministrazione comunale di Benevento (odierna appellata) teso ad ottenere l’annullamento:

a) della delibera del presidente della Provincia di Benevento n. 123 del 23.06.2015 - successivamente trasmessa ai comuni interessati, pubblicata all'albo pretorio a far data dal 24.06.2015 – recante “Determinazione per l’anno 2014, nella misura di € 199,03 (a tonnellata) oltre I.v.a. del costo definitivo di conferimento dei rifiuti indifferenziati della Provincia di Benevento allo S.t.i.r. (stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti) di C e determinazione nel medesimo importo del costo provvisorio di conferimento dei rifiuti per l’anno 2015 presso il medesimo stabilimento”;

b) della deliberazione dell'assemblea ordinaria della società Samte s.r.l. del 4.06.2015 (allegata alla delibera sub a) della quale costituiva elemento di presupposizione e proposta);

c) del decreto dirigenziale della regione Campania - n. 26 del 7.11.2014 Dipartimento della salute e delle risorse naturali, Direzione Generale 5 per l'ambiente e l'ecosistema – (richiamata negli atti sub a) e b) recante "Determinazione del costo provvisorio di conferimento del rifiuti (FST) al termovalorizzatore di Acerra (NA)";

d) del successivo decreto dirigenziale regionale. n. 36 del 29.05.2015 avente il medesimo oggetto, recante l’individuazione del costo definitivo "di conferimento del rifiuti (FST) al termovalorizzatore di Acerra (NA)".

2. L’originaria ricorrente aveva prospettato plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Si erano costituite nel giudizio di primo grado, al fine di resistere alla proposta impugnativa:

a) la regione Campania, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, per carenza di legittimazione attiva della parte ricorrente rispetto alla impugnativa dei decreti dirigenziali regionali (avendo essi come destinatari esclusivamente le Amministrazioni provinciali e le società che per conto di queste ultime gestiscono il ciclo dei rifiuti) e per omessa notificazione del ricorso al comune di Acerra e alla società A2A, nonché l’irricevibilità del ricorso per tardività;
nel merito, aveva evidenziato l’infondatezza della impugnazione, chiedendone il rigetto;

b) la società Samte (Sannio Ambiente e Territorio) s.r.l., società a totale capitale pubblico costituita dalla provincia di Benevento per la gestione dei servizi connessi al ciclo integrato dei rifiuti, eccependo l’inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione attiva della parte originaria ricorrente, e chiedendone comunque la reiezione del ricorso in quanto infondato;

c) la provincia di Benevento, chiedendo, in via preliminare, la declaratoria di inammissibilità della proposta impugnativa, per difetto di legittimazione attiva della parte originaria ricorrente, e, nel merito, il rigetto del ricorso.

4. Il T.a.r. ha preliminarmente respinto tutte le eccezioni di rito.

4.1. Nel merito, ha illustrato sinteticamente quale fosse il contenuto delle censure proposte e, con la impugnata decisione, ha accolto il ricorso di primo grado, deducendo che:

a) ai sensi dell’art. 27, comma 8, della l. 28 dicembre 2001 n. 448 e dell’art. 1, comma 169, del d.lgs. 27 dicembre 2006 n. 296 emergeva che, per gli Enti locali, la deliberazione di approvazione delle aliquote dei tributi e delle tariffe dei servizi a domanda individuale doveva essere adottata entro il termine fissato per la deliberazione del bilancio preventivo (del quale costituiva un allegato obbligatorio, ai sensi dell’art. 172, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000);

b) senonché, con la deliberazione n. 123 del 23 giugno 2015, il presidente della provincia di Benevento aveva stabilito, per l’anno 2014, nella misura di € 199,03 (a tonnellata) oltre I.v.a. il costo definitivo di conferimento dei rifiuti indifferenziati della provincia di Benevento allo s.t.i.r. (stabilimento di tritovagliatura e imballaggio rifiuti) di C, determinando nel medesimo importo il costo provvisorio di conferimento dei rifiuti per l’anno 2015 presso il medesimo stabilimento;

c) il costo in questione risultava dunque, per gli anni 2014-2015, sensibilmente incrementato rispetto all’esercizio precedente (nel 2013, il medesimo costo era stato quantificato dalla provincia di Benevento nella misura di € 109,00, a tonnellata, oltre I.v.a.);

d) a prescindere dalle questioni relative alla legittimità del recupero tributario nei confronti degli utenti finali del servizio rispetto a tributi già accertati e riscossi, per violazione del principio di irretroattività degli atti di imposizione tributaria (il cui accertamento esulava dalla giurisdizione del T.a.r., ricadendo in quella del Giudice tributario), la provincia di Benevento avrebbe dovuto tempestivamente segnalare ai comuni della provincia il prevedibile incremento del costo del servizio di conferimento dei rifiuti nello s.t.i.r. di C, in modo da consentire a questi ultimi di adeguare le relative previsioni di bilancio ed evitare al contempo di esporre le amministrazioni comunali ad un defatigante contenzioso tributario e alla necessità di procedere, ad esercizio finanziario ormai concluso, al riconoscimento di debiti fuori bilancio;
e l’omissione della provincia di Benevento era tanto più grave in considerazione della circostanza che uno degli elementi che aveva fatto lievitare in maniera così significativa il costo del ciclo dei rifiuti era da tempo noto alla provincia di Benevento: infatti, già con nota del 14 novembre 2012 (prot. n. 836732) il coordinatore dell’ex AGC – Programmazione e gestione rifiuti- aveva comunicato alle province della Campania nonché alle società provinciali che il costo di conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra sarebbe stato di € 70,00 a tonnellata.

4.2. Dopo avere accolto il primo motivo di ricorso, il T.a.r. ha irrobustito la statuizione demolitoria accogliendo anche la seconda e la terza censura, evidenziando che:

a) la provincia di Benevento, per giustificare il significativo incremento del costo di conferimento dei rifiuti allo s.t.i.r. di C (da € 109,00 oltre I.v.a. ad € 199,03 oltre I.v.a.), aveva fatto riferimento a due elementi:

l’impossibilità di procedere a conferimenti del rifiuto residuo fuori regione (per effetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 5242 dell’8 aprile 2014), che avrebbe comportato che “ tale rifiuto è stato obbligatoriamente conferito presso impianti di recupero con una ulteriore lievitazione dei costi pari a circa il 50%”;

II) i costi di gestione dei siti e degli impianti dismessi, quantificati per l’anno 2014 in € 946.645,89 compresa I.v.a.;
a parziale copertura dei predetti costi, la provincia di Benevento aveva trasferito alla società Samte s.r.l. la somma di € 600.000,00, con la conseguenza che sarebbe spettata ai comuni della Provincia il versamento della differenza;

b) nel verbale dell’Assemblea ordinaria della società Samte s.r.l. del 4 giugno 2015 venivano invece individuate quali cause della lievitazione dei costi gestionali:

I) l’insufficiente assegnazione di risorse finanziarie da parte della provincia di Benevento per la gestione delle discariche dismesse e dei siti di stoccaggio appartenenti al ciclo integrato dei rifiuti urbani;

II) la determinazione in € 70,00 a tonnellata il costo di smaltimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra, stabilito dalla regione Campania con decreto dirigenziale n. 26/2014;

III) la mancanza di un impianto di discarica funzionante nel territorio provinciale e l’impossibilità di conferire i rifiuti residui fuori regione (per effetto della sentenza del Consiglio di Stato del 23 ottobre 2014 n. 5242): circostanze queste, che avrebbero determinato la necessità di conferire tali rifiuti negli impianti di recupero con conseguente lievitazione dei costi del 50%;

IV) la riduzione del 26% delle tonnellate dei rifiuti solidi urbani (rispetto al 2013) per effetto di una maggiore percentuale di raccolta differenziata attuata dai comuni della provincia di Benevento

(questa circostanza avrebbe inciso “in maniera fortemente negativa sull’economicità della gestione operativa della Samte, in quanto l’impianto s.t.i.r. di C aveva una potenzialità produttiva annua di lavorazione pari a 90.885,00 ton di rifiuto indifferenziato e ad oggi la capacità produttiva era sovradimensionata rispetto alle normali esigenze del territorio”);

c) le argomentazioni addotte dalla provincia di Benevento e dalla assemblea della società Samte s.r.l. per giustificare l’incremento del costo di gestione del ciclo dei rifiuti non erano meritevoli di condivisione in quanto:

I) il costo di € 70,00 a tonnellata di frazione secca tritovagliata conferita al termovalorizzatore di Acerra non rappresentava un elemento di novità (già con la nota del 14 novembre 2012 -prot. n. 836732- il coordinatore dell’ex AGC – Programmazione e gestione rifiuti, aveva comunicato alle province della Campania nonché alle società provinciali che il costo di conferimento della frazione secca tritovagliata al Termovalorizzatore di Acerra sarebbe stato di € 70,00 a tonnellata);

II) non era in alcun modo giustificato l’incremento del 50% del costo di conferimento dei rifiuti residui in relazione alla mancanza di una discarica funzionante nella provincia di Benevento e alla necessità di conferire i rifiuti negli impianti di recupero, atteso che nella deliberazione provinciale impugnata veniva dato atto che il costo di € 199,03 oltre I.v.a. per tonnellata di rifiuti conferiti allo s.t.i.r. di C “va applicato anche per lo smaltimento dei rifiuti presso la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte nell’attesa eventualità che la stessa venga dissequestrata dalla Procura di Benevento”;

III) emergeva poi la contraddittorietà dell’analisi finanziaria effettuata dalla società Samte S.r.l., che, dopo aver imputato l’incremento dei costi di gestione all’impossibilità di trasportare i rifiuti residui fuori Regione e alla mancanza di una discarica funzionante nel territorio della provincia di Benevento, individuava, al tempo stesso, quali ulteriori motivi dell’aumento dei costi di gestione, la riduzione dei rifiuti da conferire (per effetto dell’incremento della raccolta differenziata) e, conseguentemente, la mancata utilizzazione a pieno regime dello s.t.i.r. di C;

IV) appariva paradossale che la società Samte s.r.l. individuasse quale causa di lievitazione dei costi e quindi degli oneri da porre a carico dell’utenza, l’incremento della raccolta differenziata (che in tale ottica anziché costituire un comportamento da promuovere ed incentivare, finiva per essere qualificato come costo ulteriore da addebitare agli utenti finali del servizio).

4.3. Quanto invece ai motivi di censura più specificamente diretti a contestare i decreti dirigenziali n. 26 del 7 novembre 2014 e n. 36 del 29 maggio 2015, con i quali la regione Campania aveva determinato il costo provvisorio e quello definitivo del conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra, il T.a.r.:

a) ha escluso la fondatezza della tesi ricorsuale secondo la quale i provvedimenti regionali impugnati si fondavano sull’erroneo presupposto del superamento del regime di favore previsto dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2011 (con la conseguenza che i costi relativi alla gestione del termovalorizzatore di Acerra continuassero a gravare sulla Amministrazione centrale) in quanto:

I) con la deliberazione del 23 marzo 2011, il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva disposto in via transitoria e in considerazione dei “maggiori sacrifici che incombono alle Province della Regione Campania” che il conferimento dei rifiuti da parte delle predette province presso il termovalorizzatore di Acerra non comportasse per queste ultime “oneri ulteriori se non quelli previsti dalla normativa vigente per i ristori ambientali” ;
le predette province della Campania, pertanto, erano state esonerate dagli oneri finanziari connessi al conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra esclusivamente in via transitoria ed a cagione della fase emergenziale;

II) tuttavia, il trasferimento della titolarità e della gestione del termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania (avvenuta con d.P.C.M. del 16 febbraio 2012) e la successiva consegna dell’impianto (avvenuta in data 1 luglio 2012), avevano comportato, conformemente ai principi di teoria generale del diritto, il trasferimento degli oneri di gestione dell’impianto dallo Stato alla regione, legittimando quest’ultima a ripartire il costo di gestione dell’impianto tra le varie province della Campania;

III) il fatto poi che la gestione del termovalorizzatore di Acerra consentisse alla regione il conseguimento di alcuni introiti per effetto della produzione di energia elettrica da parte dello stesso impianto non precludeva a quest’ultima di chiedere ai comuni campani che si avvalevano del termovalorizzatore di concorrere ai costi residui di gestione dell’impianto, atteso che era riconosciuto (anche dalla parte originaria ricorrente) che i predetti introiti non erano sufficienti ad assicurare la copertura di tutti i costi gestionali;

b) ha accolto le censure relative ai criteri utilizzati dalla regione per la determinazione del costo definitivo di conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra e il relativo riparto tra i comuni della Campania in quanto:

I) era ben vero che i costi di ammortamento costituivano una voce significativa di ogni progetto economico finanziario ed era quindi corretto che essi fossero stati contabilizzati nel piano economico finanziario del termovalorizzatore di Acerra;

II) tuttavia, poichè per l’acquisizione dell’impianto di Acerra erano state utilizzate dalla regione Campania le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale 2007 – 2013, doveva ritenersi illogico e non coerente con le ordinarie modalità di gestione dei fondi dell’Unione europea che la regione Campania volesse poi recuperare dette risorse ponendole a carico dei comuni campani, adducendo la considerazione secondo la quale le medesime risorse avrebbero potuto essere utilizzate per altre finalità;

III) nel momento in cui la regione, in piena crisi emergenziale, attraverso una ponderazione degli interessi coinvolti, aveva deciso di utilizzare le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale 2007 – 2013 per l’acquisto del termovalorizzatore di Acerra, sottraendo evidentemente dette risorse ad altra destinazione, non poteva poi risolversi di addebitare i costi di ammortamento dell’impianto ai comuni della Campania e, in definitiva, agli utenti finali del servizio.

4.4. Il T.a.r. ha parimenti accolto la censura relativa alla contabilizzazione, nel piano economico finanziario del termovalorizzatore di Acerra, anche degli oneri sostenuti dalla regione Campania per le gestione dello s.t.i.r. di Caivano da parte della società A2A deducendo che:

a) non costituiva oggetto del giudizio la verifica della congruità dei corrispettivi pattuiti e versati dalla regione Campania alle società con cui intratteneva rapporti di natura contrattuale ( e conseguentemente, non v’era necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti economici che operavano per conto della regione Campania nel settore del ciclo dei rifiuti), ma il fulcro della controversia riposava nello scrutinio della legittimità delle modalità di contabilizzazione degli oneri connessi alla gestione dei rifiuti (e, segnatamente, del termovalorizzatore di Acerra) e dei criteri di riparto dei predetti oneri tra i comuni campani;
parimenti non v’era necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei comuni che si avvalgono dello s.t.i.r. di Caivano, non assumendo essi la qualifica di controinteressato e potendo risentire un danno dall’annullamento degli atti gravati solo in via indiretta e mediata;

b) la regione Campania, in qualità di soggetto proprietario del termovalorizzatore di Acerra, poteva ben decidere di destinare in tutto o in parte i proventi dell’energia elettrica prodotta dal termovalorizzatore ai soggetti con i quali intrattiene rapporti di natura commerciale: ma ciò non poteva ripercuotersi a danno dei comuni campani, addebitando indiscriminatamente a questi ultimi oneri finanziari ingiustificati;

c) conseguentemente che non poteva ritenersi legittimo addebitare (pro quota) alla amministrazione comunale originaria ricorrente anche gli oneri di gestione relativi allo s.t.i.r. di Caivano (NA), trattandosi di oneri che nulla avevano a che vedere con il ciclo dei rifiuti dei comuni della provincia di Benevento;

d) la regione Campania, dopo averli preventivamente quantificati, avrebbe dovuto scomputare dal piano economico finanziario del termovalorizzatore di Acerra gli oneri connessi allo gestione dello s.t.i.r. di Caivano, evitando che detti oneri potessero gravare indiscriminatamente su tutti i comuni campani (anche su quelli che non utilizzavano lo s.t.i.r. di Caivano) e, quindi, sul comune originario ricorrente;

e) non conduceva a diverse conclusioni la considerazione che, nel piano economico finanziario allegato al decreto regionale n. 26 del 7 novembre 2014, fossero stati contabilizzati tra i ricavi del termovalorizzatore anche i proventi derivanti dall’incasso del trattamento dei rifiuti allo s.t.i.r. di Caivano in quanto detti ricavi ammontavano ad € 9.336.350,00, mentre i proventi della vendita della energia prodotta dal termovalorizzatore erano stati quantificati in € 80.532.162,63 (e non era stato allegato né provato dalle amministrazioni originarie resistenti che i costi di gestione dello s.t.i.r. di Caivano fossero corrispondenti ai ricavi contabilizzati nel piano economico finanziario del termovalorizzatore di Acerra quali proventi del trattamento dei rifiuti presso lo s.t.i.r. di Caivano).

5. Ricorso in appello r.g.n. 5824/2016.

5.1. La regione Campania originaria resistente rimasta soccombente, ha impugnato la detta decisione e, dopo avere ripercorso –anche sotto il profilo cronologico- le principali scansioni infra procedimentali e quelle relative al giudizio di primo grado:

a) ha riproposto tutte le eccezioni in rito disattese dal T.a.r. tra cui quella incentrata sulla asserita carenza di legittimazione attiva del comune ricorrente di primo grado, richiamando a sostegno della propria tesi anche alcune pregresse decisioni rese del medesimo T.a.r. espressive di un orientamento dal quale la sentenza impugnata si era discostata;

b) nel merito, con la doglianza rubricata al n. 4 dell’atto di appello ha criticato il ragionamento esposto dal T.a.r., facendo presente che:

I) il decreto n. 26/2014 era già stato assorbito e superato dal successivo d.d.n. 36/2015, per cui al momento della sentenza non v’era alcun interesse ad ottenerne l’annullamento;

II) era errata l’affermazione per cui, avendo la Regione pagato l’acquisto del TMV allo Stato con fondi Fas non aveva titolo a farne ricadere il costo sui cittadini, con ciò obliando che:

-l’importo per il costo del TMV non si riferiva all’acquisto del TMV (effettivamente pagato con fondi Fas) ma al costo per l’ammortamento;

-all’interno della tariffa vi era una voce per il contributo ambientale la quale, tecnicamente, non era imputabile a titolo di costo/corrispettivo;

- gli atti impugnati si appalesavano sostanzialmente vincolati, in quanto rispondenti al principio della integrale copertura dei costi.

5.2. In data 5.8.2016 il comune di Benevento ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale ha chiesto la reiezione dell’appello, deducendo in particolare che:

a) il quarto motivo di appello della regione (con il quale si contestava il ragionamento del T.a.r. in punto di mancata considerazione della circostanza che l’impianto di Acerra era stato acquisito utilizzandosi da parte della regione Campania le risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale 2007 – 2013) si risolveva in un surrettizio tentativo di integrare la motivazione in via postuma;
in ogni caso tali motivazioni non “superavano” l’ordito motivazionale del T.a.r., e le tesi sostenute dalla regione sembravano anche in contrasto con le disposizioni di cui alla sopravvenuta legge regionale n. 14/2016 che vietava la realizzazione di nuovi impianti di TMV in Campania;

b) nella seconda parte della memoria ha riproposto i motivi di censura già prospettati in primo grado, ed accolti dal T.a.r., sebbene non oggetto di censure da parte dell’appellante Regione ed in particolare:

I) il primo motivo del ricorso di primo grado (violazione dell’art. 27 comma 8 della legge n. 448/2001, dell’art. 1 comma 169 del d.lgs. n. 296/2006);

II) il secondo (violazione dell’art.11 del dL n. 195/2009 e dell’art. 69 del d.lgs n. 507/93 e della legge regionale n. 5/2014 modificativa della legge regionale n. 4/2007) ed il terzo motivo del ricorso di primo grado (violazione degli artt. 178,180,182,182 bis, 205 e 238 del TU n. 152/2006, dell’art. 3 della legge regionale n. 4/2007 e dell’art. 11 della legge regionale n. 5/2014).

c) nella terza parte della memoria ha censurato la sentenza impugnata laddove essa ha respinto la doglianza di primo grado incentrata sull’asserito malgoverno della delibera della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 23.3.2011.

5.3. Alla camera di consiglio del 30 agosto 2016 fissata per la trattazione dell’incidente cautelare, su richiesta di tutte le parti – che si sono impegnate rispettivamente a non dare corso all'esecuzione della sentenza così come a non richiedere il pagamento delle tariffe determinate dagli atti impugnati- è stato disposto il differimento dell'esame delle domande cautelari all'udienza pubblica di merito.

5.4. In data 23.1.2017 si è costituita la società Samte s.r.l. depositando una articolata memoria a mezzo della quale ha chiesto l’accoglimento dell’appello in quanto fondato.

5.5. In data 19.5.2017 l’appellato comune di Benevento ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese e facendo presente che con il quarto motivo di appello l’appellante regione tentava inammissibilmente di integrare la motivazione dei propri atti.

6. Ricorso in appello r.g.n. 8527/2016.

6.1. Anche la provincia di Benevento originaria resistente rimasta soccombente, ha impugnato la medesima sentenza del T.a.r. oggetto del presente giudizio;
in particolare:

a) ha riproposto tutte le eccezioni in rito disattese dal T.a.r. tra cui quella incentrata sulla asserita carenza di legittimazione attiva del comune ricorrente di primo grado, richiamando a sostegno della propria tesi anche alcune pregresse decisioni rese del medesimo T.a.r. espressive di un orientamento dal quale la sentenza impugnata si era discostata;

b) nel merito, con la doglianza rubricata al n. 4 dell’atto di appello ha criticato il ragionamento esposto dal T.a.r., facendo presente che:

I) il decreto n. 26/2014 era già stato assorbito e superato dal successivo d.d.n. 36/2015, per cui al momento della sentenza non v’era alcun interesse ad ottenerne l’annullamento;

II) era errata l’affermazione per cui, avendo la Regione pagato l’acquisto del TMV allo Stato con fondi Fas non aveva titolo a farne ricadere il costo sui cittadini, con ciò obliando che:

-l’importo per il costo del TMV non si riferiva all’acquisto del TMV (effettivamente pagato con fondi Fas) ma al costo per l’ammortamento;

-all’interno della tariffa vi era una voce per il contributo ambientale la quale, tecnicamente, non era imputabile a titolo di costo/corrispettivo;

- gli atti impugnati si appalesavano sostanzialmente vincolati, in quanto rispondenti al principio della integrale copertura dei costi.

6.2. In data 23.11. 2016 il Comune di Benevento si è costituito depositando atto di stile.

6.3. In data 12.1.2017 il Comune di Benevento ha depositato una articolata memoria nell’ambito della quale, dopo avere sinteticamente riepilogato le principali tappe del contenzioso anche infra procedimentale intercorso, e dopo avere chiarito la fonte della propria legittimazione attiva (e richiamato in proposito l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 8686/2010) ha chiesto la reiezione dell’appello in quanto infondato atteso che il T.a.r. aveva esattamente colto la (illegittima) portata retroattiva degli avversati atti (ed ha richiamato in proposito l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 4362/2012);
per altro verso doveva essere dichiarato inammissibile ogni tentativo di integrazione postuma della motivazione in quanto le delibere avversate non avevano fornito le giustificazioni tecniche del raddoppio dei costi di conferimento.

6.4. In data 13.1.2017 si è costituita la società Samte s.r.l. depositando una articolata memoria nell’ambito della quale ha fatto presente che essa non introduceva ragioni di censura autonome rispetto a quelle introdotte dall’appello della provincia di Benevento, ed ha sostenuto che:

a) era evidente il difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione comunale ricorrente in primo grado;

b) il T.a.r. aveva errato nell’applicazione dell’art. 27 comma 8 della legge n. 448/2001, dell’art. 1 comma 169 del d.lgs. n. 296/2006 e dell’art. 172 comma 1 lett. c) del d.lgs. n. 267/2000;

c) il T.a.r. aveva errato nell’applicazione della legge n. 26/2010 e del d. P.C.M. 16 febbraio 2012.

6.5. In data 17.1.2017 la appellante provincia di Benevento ha depositato una richiesta di abbinamento al merito della domanda di sospensione della esecutività dell’impugnata decisione già fissata alla camera di consiglio del 19 gennaio 2017.

6.6. In data 19.5.2017 il comune di Benevento ha depositato una ulteriore memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese, facendo presente che anche l’appellante provincia tentava inammissibilmente di integrare la motivazione dei propri atti.

6.7. In data 22.5.2017 l’appellante provincia di Benevento ha depositato una memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese ed in data 1.6.2017 ha depositato una memoria di replica.

6.8. In data 31.5.2017 la appellata società Samte s.r.l. ha depositato una memoria di replica puntualizzando le proprie tesi ed in data 8.6.2017 ha depositato una ulteriore memoria.

7. Alla odierna pubblica udienza del 22 giugno 2017 entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

8. Entrambi gli appelli indicati in epigrafe, in quanto rivolti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti ex art. 96, co.1, c.p.a.

9. Essi sono fondati e vanno accolti, ed in parziale riforma della sentenza impugnata deve essere integralmente respinto il ricorso di primo grado.

10. Armonicamente con la consolidata giurisprudenza (cfr. da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., 27 aprile 2015 n. 5 Cass., sez. un., 12 dicembre 2014 nn. 26242 e 26243) che privilegia il criterio della ragione "più liquida" purché non si pregiudichi il diritto di difesa delle parti in giudizio, ritiene il Collegio di potere prescindere dall’esame di tutte le eccezioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso di primo grado – riproposte nei riuniti appelli in trattazione – atteso che l’originario ricorso di primo grado si appalesa infondato nel merito.

11. Il perimetro dell’oggetto della controversia è delimitato dai motivi del ricorso di primo grado: per ragioni di comodità espositiva il Collegio prenderà direttamente in esame le censure ivi articolate, secondo un modulo operativo a più riprese ritenuto persuasivo e corretto (si veda, in proposito, tra le tante Consiglio di Stato, Sezione V, 30 dicembre 2015, n. 5868, e soprattutto Consiglio di Stato, sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347);
peraltro sono state tempestivamente riproposte con la memoria depositata il 5 agosto 2016 dal comune appellato le doglianze attingenti gli atti emessi dall’appellante provincia ed asseritamente non scrutinate dal T.a.r. e di esse il Collegio dovrà pertanto tenere conto;
di converso, si osserva che, proprio con la memoria depositata il 5 agosto 2016 (e quindi tempestivamente tenuto conto che il ricorso in appello venne passato per notifica il 27 giugno 2016 e depositato il 14 luglio 2016) la parte appellata ha criticato (pagg. 52-62 della memoria) il capo 10 della impugnata sentenza che aveva respinto la censura proposta in primo grado incentrata sulla tesi secondo cui il provvedimento regionale impugnato si fondava sull’erroneo presupposto del superamento del regime di favore “emergenziale” di cui alla la deliberazione del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2011);
tale memoria della parte appellata avrebbe avuto tutti i requisiti per spiegare gli effetti di un appello incidentale (come è noto, ai sensi dell’art. 101 del c.p.a. è possibile riproporre con semplice memoria non notificata i motivi assorbiti, ma la parte deve proporre appello incidentale se intende espressamente criticare capi di sentenza che l’hanno vista soccombente: tra le tante si veda Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 2013, n. 5342), ma la medesima non è stata notificata e pertanto tale argomento critico non è ammissibile (artt. 38,41, 96, 101 del c.p.a.).

12. Ciò premesso, possono adesso essere esaminate le censure di merito, a partire da quelle che più direttamente attingono le determinazioni adottate dall’amministrazione provinciale.

13. La critica incentrata sulla violazione del canone di irretroattività è infondata in quanto:

a) non si ravvisa la violazione dell’art. 27, comma 8, della l. n. 448/2001 e dell’art. 1, comma 669, della l. n. 296/2006 né può affermarsi che la provincia di Benevento avrebbe dovuto tempestivamente segnalare ai comuni della provincia il prevedibile incremento del costo del servizio di conferimento dei rifiuti nello s.t.i.r. di C, (in modo da consentire a questi ultimi di adeguare le relative previsioni di bilancio ed evitare al contempo di esporre le amministrazioni comunali ad un defatigante contenzioso tributario e alla necessità di procedere, ad esercizio finanziario ormai concluso, al riconoscimento di debiti fuori bilancio);

b) invero, la delibera della provincia di Benevento n. 94 cit. dava già conto della circostanza che la determinazione ivi contenuta del costo “provvisorio” di conferimento per l’anno 2013 (pari ad Euro 120 per tonnellata di rifiuti conferita presso lo Stir di C e presso la discarica di Sant’Arcangelo Trimonte) era consistente in una “conferma” dello stesso costo di conferimento già adottato per gli anni 2011 e 2012;

c) detta delibera chiariva anche che la “provvisorietà” dell’importo era dovuta alla circostanza che si attendevano le determinazioni regionali circa il costo di smaltimento della FST (Frazione Secca Tritovagliata) presso l’inceneritore di Acerra;

d) soltanto in data 7 novembre 2014 con il decreto dirigenziale n. 26 venne stabilito dalla regione Campania il provvisorio costo di conferimento dei rifiuti al termovalorizzatore di Acerra (determinato in € 70,00 ) mentre con il successivo decreto n. 36 del 29 maggio 2015, la regione Campania ha determinato in € 68,80 (a tonnellata di frazione secca tritovagliata) il costo definitivo del conferimento dei rifiuti al termovalorizzatore di Acerra (comprensivo del tributo per il ristoro ambientale di cui al regolamento n. 8/2012);

e) è assodato che la originaria ricorrente non ha tempestivamente impugnato la delibera n. 94 cit. che addiveniva ad una determinazione (meramente) provvisoria;

f) la provincia non avrebbe dovuto rendere alcun tipo di avvertimento ai comuni, laddove si consideri che la delibera provinciale n. 94 cit. aveva dato atto della provvisorietà della determinazione ivi contenuta e costituendo fatto notorio che si era in attesa che la regione determinasse il costo di smaltimento della FST presso l’inceneritore di Acerra;

g) il contenuto della delibera n. 123 del 23 giugno 2015 non avrebbe potuto essere diverso (quanto alla necessità di tenere atto della determinazione della regione e, in conseguenza di quest’ultima, di innalzare il costo di conferimento per l’anno 2013 e 2014) salvo non violare la prescrizione di legge di cui all’art.11 comma 5 bis della legge n. 26 del 26 febbraio 2010 secondo cui “ Per gli anni 2010, 2011 e 2012, nella regione Campania, in fase di prima attuazione ed in via provvisoria e sperimentale, la TARSU e la TIA sono calcolate dai comuni sulla base di due distinti costi: uno elaborato dalle province, anche per il tramite delle societa' provinciali, che forniscono ai singoli comuni ricadenti nel proprio ambito territoriale le indicazioni degli oneri relativi alle attivita' di propria competenza afferenti al trattamento, allo smaltimento ovvero al recupero dei rifiuti, ed uno elaborato dai comuni, indicante gli oneri relativi alle attivita' di propria competenza di cui al comma 2-ter. I comuni determinano, sulla base degli oneri sopra distinti, gli importi dovuti dai contribuenti a copertura integrale dei costi derivanti dal complessivo ciclo di gestione dei rifiuti. Per la corretta esecuzione delle previsioni recate dal presente comma, le amministrazioni comunali provvedono ad emettere, nel termine perentorio del 30 settembre 2012, apposito elenco, comprensivo di entrambe le causali degli importi dovuti alle amministrazioni comunali e provinciali per gli anni 2010, 2011 e 2012” );

h) il principio della integrale copertura dei costi, governa quindi la fattispecie ai sensi della suindicata prescrizione della legge nazionale, e si inserisce in un modulo determinativo della quantificazione tariffaria che è frutto della compresenza di due “voci”, autonome seppur connesse;
è espressivo di una tendenza generale in materia di finanza pubblica;
e giova ribadire che il medesimo risulta essere stato assai di recente riaffermato e ribadito, sul territorio nazionale, dall’articolo 1 del decreto del Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare del 20 aprile 2017 (in G.U. serie gen. n. 117 del 22.5.2017);

i) in realtà, pare al Collegio che, sul punto, la critica già prospettata in primo grado contenga una endemica contraddizione in quanto:

I) muove dall’evidente presupposto di una intempestiva determinazione da parte della regione Campania del costo di conferimento al termovalorizzatore di Acerra della frazione secca tritovagliata e da parte della provincia di Benevento del costo di conferimento dei rifiuti indifferenziati allo s.t.i.r. di C che, in tesi esporrebbe” l’ Ente comune alla necessità di riconoscere, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000, come debiti fuori bilancio le somme maggiori (rispetto a quelle previste in bilancio) richieste dalla provincia di Benevento nel 2015 per la gestione del ciclo dei rifiuti relativamente agli esercizi finanziari 2014 – 2015 e quindi di dover reperire nell’immediato (ossia, nelle more del recupero tributario nei confronti degli utenti finali del servizio e a prescindere dall’esito dell’eventuale contenzioso) la relativa provvista finanziaria”;

II) non considera che dette determinazioni della regione non sono state impugnate per detto “vizio proprio” di intempestività, (neppure nella sentenza impugnata risulta chiarito perché le dette determinazioni sarebbero regionali sarebbero “intempestive”, né rispetto a quale dato od evento, né quale sarebbe stato il momento a partire dal quale si sarebbe potuti addivenire alle suddette determinazioni);

III) a questo punto, si “trasla” sull’avversata determinazione provinciale tale vizio di “intempestività”, ma non quale vizio proprio e semmai, ipotizzando un omesso dovere di informazione ai comuni;

IV) per far ciò, si è costretti a “recuperare” in tale chiave la nota del 14 novembre 2012 (prot. n. 836732) con cui il coordinatore dell’ex AGC – Programmazione e gestione rifiuti- aveva comunicato alle province della Campania nonché alle società provinciali che il costo di conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra sarebbe stato di € 70,00 a tonnellata;

V) ma in disparte che tale nota non è né l’atto conclusivo del procedimento né integra determinazione finale della regione Campania, essa sebbene diretta alle province, costituiva fatto noto: e comunque non si vede sulla scorta di detta nota quale “informazione” ed in che termini la provincia avrebbe potuto fornire ai comuni;

l) alcun danno discende alle finanze comunali dalla tardività della determinazione impugnata;
a tale conclusione si perviene alla stregua delle seguenti considerazioni:

I) l’art. 10, comma 12-quinquiesdecies, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192, convertito nella legge 27 febbraio 2015, n. 11, stabilisce che: “In deroga all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2014 sono valide le deliberazioni regolamentari e tariffarie in materia di tassa sui rifiuti (TARI) adottate dai comuni entro il 30 novembre 2014. I comuni che non hanno deliberato i regolamenti e le tariffe della TARI entro il 30 novembre 2014 procedono alla riscossione degli importi dovuti a titolo di TARI sulla base delle tariffe applicate per l'anno 2013. Le eventuali differenze tra il gettito acquisito secondo le previgenti tariffe e il costo del servizio sono recuperate nell’anno successivo” ;

II) il decreto del Ministero dell’Interno 13 maggio 2015 reso ai sensi dell’art. 1, comma 169, della legge n. 296/2006 ha stabilito che il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2015, da adottarsi ai sensi dell’art. 151 del TUEL, fosse differito al 30 luglio 2015;

III) conseguentemente le amministrazioni comunali destinatarie delle avversate determinazioni avrebbero potuto recuperare la differenza tra la tariffa provvisoria e quella definitiva dell’anno 2014, all’atto dell’approvazione del bilancio di esercizio 2015 approvando la relativa variazione, entro la data ultima del 30 luglio 2015;

IV) occorre sul punto, infine, tenere conto dell’orientamento della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2014, n. 3808) secondo cui, ferma la perentorietà del termine previsto dalla legislazione nazionale (art. 1, comma 169, l. n. 296 del 2006) il Prefetto potrebbe concedere ai comuni ulteriori termini per l’approvazione del bilancio, di guisa che il danno ipotizzato in capo alle amministrazioni comunali risulta essere del tutto incerto ed ipotetico.

14. Le considerazioni sinora rassegnate comportano altresì la reiezione del primo e del secondo riproposto motivo di censura (incentrati sulla tesi della avvenuta violazione del canone della irretroattività) all’evidenza proposti cautelativamente in seno alla memoria di costituzione depositata nell’ambito del ricorso in appello proposto dalla regione, e prima che la provincia impugnasse anch’essa la sentenza di primo grado, censurando in parte qua la statuizione del T.a.r.: come si ritiene di avere esaustivamente chiarito, infatti, non è stato arrecato alcun danno alle finanze dell’appellato comune, né alla provincia può essere imputata alcuna violazione del canone di irretroattività.

15. Anche l’ulteriore censura di difetto di istruttoria non appare condivisibile, in quanto:

a) viene a sproposito nuovamente “valorizzata” la nota del 14 novembre 2012 prot. n. 836732, che non spiega però alcuna utilità con riferimento all’incremento dei costi, in quanto in tale nota il costo di conferimento della frazione secca tritovagliata al termovalorizzatore di Acerra viene determinato nella misura pari ad € 70,00 a tonnellata, il che corrisponde alla determinazione definitiva del 2015;

b) la disponibilità della discarica di Sant’Arcangelo Trimonte costituiva un evento meramente ipotetico ed incerto (la stessa era sotto sequestro giusta provvedimento della locale Procura della Repubblica);

c) lo s.t.i.r. ha costi fissi discendenti dalla necessità di funzionare almeno 8 ore al giorno, il che implica che –al ridursi della quantità di rifiuti da conferire- nella invarianza dei costi relativi all’energia elettrica necessaria per farlo funzionare, una minor quantità di rifiuti “costi” in maniera eguale ad una maggiore quantità di rifiuti: il che equivale a dire che detta minore quantità ha un costo isolatamente maggiore per tonnellata smaltita;

d) tutti i dati sottesi all’analisi economica suddetta erano presenti al momento dell’assunzione della contestata determinazione;
il richiamo per relationem al verbale dell’assemblea della società Samte non comporta alcuna illegittimità (cfr. tra le tante Cons. Stato, sez. VI, 7 febbraio 2017, n. 542) e pertanto, anche tale critica va disattesa;

e) esulano infine, dal perimetro cognitivo del giudizio di legittimità, tutti gli argomenti critici incentrati su dati meramente ipotetici, ovvero tesi a segnalare possibili errori in fase di programmazione e gestione degli impianti (ci si riferisce, tra gli altri, agli argomenti con i quali la parte originaria ricorrente ha segnalato che sarebbe stata manifestazione di una oculata politica di impresa ridurre i costi attraverso la messa in mobilità della manodopera eccedente il fabbisogno della raccolta, il che avrebbe successivamente scongiurato la necessità di innalzare la tariffa): tali circostanze (che ove rispondenti al vero potrebbero integrare elementi di responsabilità a carico degli amministratori) si pongono certamente al di fuori del sindacato esercitabile dal G.A.;
a fronte di un dato rimasto incontestato e riposante nella lievitazione dei costi non possono inferirsi vizi di legittimità discendenti dalla omessa adozione di politiche di imprese alternative.

15. Le considerazioni sinora rassegnate comportano altresì la reiezione del riproposto originario terzo motivo del ricorso: ivi infatti, vengono menzionate una serie di prescrizioni della legislazione nazionale (trattasi di sei articoli del T.U ambiente di cui al d.lgs. n. 152/2006) e si ipotizza genericamente la violazione di tali disposizioni e dell’ormai abrogato articolo 3 della legge regionale della Campania 28 marzo 2007, n.4 applicabile ratione temporis nonché dell’articolo 11 della legge regionale della Campania 24 gennaio 2014, n.5 recante la disciplina del regime transitorio;
senonchè, viene genericamente imputato alla provincia di essersi discostata dalle direttive della legislazione regionale e nazionale in materia di rifiuti, ma tale analisi non tiene conto della circostanza che a fronte dell’ incremento dei costi, e della necessità di perseguire il precetto della integrale copertura dei medesimi, le “scelte” dell’amministrazione provinciale si appalesavano, nella sostanza, quale atto dovuto.

16. Può scendersi alla disamina dei vizi direttamente attingenti i decreti della regione n. 26/2014 e n. 36/2015 che si configurano quali atti presupposti e prodromici rispetto alle determinazioni della provincia.

16.1. Nessuna delle doglianze in esame persuade il Collegio.

16.2. E’ anzitutto rimarchevole sottolineare che la critica mossa ai decreti regionali trascura di dare rilievo ad una importante circostanza: secondo il diritto dell’Unione Europea (art. 15 della direttiva 2006/12/CE, siccome interpretata da

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