Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-11, n. 202308869

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-10-11, n. 202308869
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308869
Data del deposito : 11 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/10/2023

N. 08869/2023REG.PROV.COLL.

N. 02872/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2872 del 2020, proposto da
F C, rappresentato e difeso dagli avvocati A G, M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Montecatini Terme, non costituito in giudizio;

nei confronti

M N, rappresentato e difeso dall'avvocato D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01184/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. M N;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2023 il Cons. R R;

Dato atto che nessuno è presente per le parti costituite;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con concessione edilizia n. 2003/0388 il Comune di Montecatini autorizzava il sig. M N alla “realizzazione di lavori di ristrutturazione unità immobiliare, costruzione locale tecnico, costruzione autorimessa e costruzione piscina scoperta” nella porzione di immobile di sua proprietà posta al piano rialzato di un fabbricato sito in loc. Montecatini alto, in via Pietre Cavate. Più precisamente i lavori assentiti con la predetta concessione edilizia consistevano, oltre che nella costruzione di una autorimessa e di una piscina scoperta, anche nella modifica del prospetto con traslazione di una finestra e porta, nella ristrutturazione della copertura con messa in opera di un cordolo perimetrale, nella riparazione di diversi muri portanti esistenti, nella sostituzione di solai sottotetto con nuovi in latero cemento arato, nell’allargamento del comignolo sul tetto, nonché nella realizzazione di un volume tecnico

2. I sigg. F C e Immacolata P, proprietari della porzione posta al piano parzialmente interrato del medesimo fabbricato, impugnavano il predetto titolo edilizio avanti al TAR Toscana, deducendo la violazione della normativa in materia di comunione di edifici nonché la natura “non tecnica” del volume autorizzato come tale.

3. L’adìto Tribunale, con sentenza n. 172/2006, accoglieva il ricorso ritenendo fondate ambedue le censure, per l’effetto annullando la concessione edilizia impugnata, facendo peraltro salvi (già allora) gli ulteriori atti dell’amministrazione.

4. Con sentenza n. 1654/2007 il Consiglio di Stato – nel dispositivo - respingeva l’appello proposto da M N avverso la pronuncia del TAR Toscana e, per l’effetto, confermava la suddetta sentenza “nei sensi di cui in motivazione”. Per quanto di interesse nel presente giudizio, nella motivazione della decisione citata il Giudice d’appello, dopo aver dato conto del fatto che praticamente tutte le opere di ristrutturazione riguardavano parti comuni dell’edificio per le quali sarebbe stato necessario l’assenso di tutti comproprietari, ha poi affermato che “Né può sostenersi che le opere nel caso all’esame progettate sulle parti comuni siano riconducibili a quell’utilizzo della cosa comune ed a quelle modifiche della cosa stessa a detto utilizzo funzionali, che l’art. 1102 del codice civile consente comunque al partecipante alla comunione, si che il relativo titolo abilitativo edilizio non abbisognerebbe della prestazione di quel consenso, nel caso specifico mancata. Invero, se tanto può affermarsi in relazione alle opere concernenti la ristrutturazione del tetto comune e la modifica di aperture (tali modificazioni del bene comune non parendo comportare ostacoli al godimento dello stesso da parte dei compartecipi, né pregiudizi agli immobili di proprietà esclusiva, nella specie comunque non dedotti), lo stesso non può dirsi relativamente al locale tecnico addossato al muro comune, sulla base del rilievo dirimente che l’art. 1102 c.c. consente al condominio l’utilizzazione più intensa della cosa comune al servizio della sua proprietà esclusiva purché ne sia consentito il pari uso agli altri partecipi e non ne sia alterata la destinazione, entrambi invece nel caso di specie pregiudicati dalla imposizione dell’appoggio di una nuova costruzione sul muro in comunione, ai fini della legittimo del cui uso occorre avere riguardo all’uso anche solo potenziale della cosa comune da parte degli altri condomini……”.

5. Con provvedimento n. 3558 del 31.01.2008, il Comune di Montecatini applicava al sig. N, ai sensi dell’art. 38 D.P.R. n. 380/2001, la sanzione pecuniaria di € 10.380,46, in relazione al solo volume tecnico.

6. I sigg. C e P impugnavano tale provvedimento innanzi al TAR Toscana, invocando la necessità di una sanzione ripristinatoria in luogo di quella pecuniaria.

7. Con sentenza n. 1479/2012 il TAR Toscana accoglieva il ricorso. La decisione veniva confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1909/2017.

8. In dichiarata esecuzione delle pronunce da ultimo citate, il Comune di Montecatini, con ordinanza n. 241 del 20.07.2018 ingiungeva a N Massimiliano la demolizione del solo volume tecnico, ossia del vano accessorio sulla parete nord del fabbricato.

9. L’ordinanza veniva comunicata agli odierni appellanti con nota del 20.07.2018, e con ulteriore missiva dell’8.10.2018, destinata ai signori C e P, il Comune rappresentava che “ relativamente all’annullamento totale della c.e. n^ 2003/0388, si precisa che il Consiglio di Stato nella sentenza n^ 1654/2007, ha accolto unicamente i motivi di ricorso relativi alla natura del vano tecnico seminterrato e della necessità del consenso dei comproprietari per tale vano, in quanto addossato al muro comune. Pertanto l’ufficio, stante la motivazione della sentenza e acquisito parere legale, ha ingiunto la demolizione limitatamente alla parte delle opere per cui erano stati accolti i motivi di ricorso ”.

10. I coniugi C-P impugnavano allora l’ordinanza di demolizione e la nota del 20.07.2018 innanzi al TAR Toscana, chiedendone l’annullamento nella parte in cui non ordinava anche la demolizione delle ulteriori opere edilizie a suo tempo realizzate dal sig. N sulla base della c.e. n. 2003/0388, che essi assumevano essere stata annullata in toto, rendendo prive di titolo di legittimazione tutte le opere in essa previste, e non solo il locale tecnico oggetto dell’ordine di demolizione.

11. Si costituivano in giudizio il Comune di Montecatini e N Massimiliano per resistere al ricorso.

12. Con sentenza n. 1184/2019 il TAR Toscana respingeva il ricorso, rilevando che il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1654/2007, aveva sostanzialmente dichiarato l’illegittimità della concessione edilizia limitatamente al locale tecnico, ragione per cui doveva ritenersi corretto l’ordine di demolizione limitato solo a tale opera.

13. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il sig. C ha proposto appello avverso la pronuncia del TAR Toscana.

13.1. Con il primo motivo d’appello ha dedotto l’illegittima integrazione, da parte del TAR, della motivazione del provvedimento impugnato.

Il TAR ha ritenuto che la decisione del Comune, di limitare l’ordine di demolizione al volume tecnico, fosse corretta alla luce del contenuto della sentenza del Consiglio di Stato n. 1654/2007, sul presupposto che tale pronunciamento abbia annullato la concessione edilizia n. 2003/0388 limitatamente al suddetto intervento.

Secondo l’appellante, il TAR, con tale statuizione, avrebbe illegittimamente integrato la motivazione del provvedimento impugnato, il quale si riferirebbe esclusivamente alla sentenza del TAR Toscana 172/2006, che a sua volta aveva annullato la concessione edilizia in relazione a tutte le opere con essa autorizzate, in quanto tutte implicanti interventi sulle parti comuni dell’edificio, per realizzare le quali avrebbe dovuto essere preventivamente acquisito il consenso del comproprietario;
il richiamo a tale pronunciamento, effettuato nell’atto impugnato, avrebbe quindi determinato la necessità di disporre la demolizione di tutte le opere realizzate sulla base del titolo annullato.

13.2. Con il secondo motivo d’appello il sig. C ha dedotto la violazione del giudicato e l’erronea interpretazione della pronuncia del Consiglio di Stato.

L’impugnata sentenza ha ritenuto che la pronuncia del Consiglio di Stato n. 1654/2007 dovesse essere interpretata alla luce della sua motivazione. In particolare il TAR ha valorizzato il passaggio motivazionale secondo cui: “… se tanto può affermarsi in relazione alle opere concernenti la ristrutturazione del tetto comune e la modifica delle aperture (tali modificazioni del bene comune non parendo comportare ostacoli al godimento dello stesso da parte dei compartecipi, né pregiudizi agli immobili di proprietà esclusiva, nella specie comunque non dedotti) lo stesso non può dirsi relativamente al locale tecnico addossato al muro comune, sulla base del rilievo dirimente che l'art. 1102 cod. civ consente al condominio l'utilizzazione più intensa della cosa comune al servizio della sua proprietà esclusiva, purché ne sia consentito il pari uso da parte degli altri partecipi e non sia alterata la destinazione, entrambi invece nel caso di specie pregiudicati dall'imposizione dell'appoggio di una nuova costruzione sul muro in comunione …”.

Ad avviso di parte appellante, la pronuncia andrebbe letta dando rilievo primario al dispositivo, che ha confermato in toto la sentenza del TAR Toscana, senza limitare l’annullamento al solo volume tecnico. In subordine egli sostiene che la sentenza in esame avrebbe escluso l’illegittimità della sola ristrutturazione della copertura e della modifica delle aperture, per il resto confermando l’annullamento disposto dal TAR.

13.3. Con il terzo motivo d’appello il sig. C ha impugnato la statuizione sulle spese

14. Si è costituito in giudizio il sig. N, insistendo per il rigetto del gravame.

15 La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza pubblica del 06.07.2023, a seguito della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

16. E’ opportuno, prima di procedere alla disamina dei motivi d’appello, richiamare la disciplina del procedimento che segue l’annullamento di un titolo edilizio, la quale rinviene dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 e va applicata tanto nel caso di annullamento in autotutela che nel caso di annullamento giurisdizionale. Tale norma, intitolata “ Interventi eseguiti in base a permesso annullato ”, stabilisce che

1. In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all'interessato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.

2. L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36.

2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 01, in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo ”.

16.1. La norma si fonda sul presupposto che a seguito del rilascio di un permesso di costruire riconosciuto illegittimo, e per tale motivo successivamente annullato, siano state nondimeno realizzate le opere con esso inizialmente assentite: le quali, per effetto dell’annullamento, risultano non più assistite da un titolo edilizio, divenendo come tali abusive e, in astratto, immediatamente sanzionabili. Tale situazione connota il procedimento amministrativo in esame da una particolarità, costituita dalla circostanza che l’atto annullato, conclusivo del procedimento avviato con la richiesta di permesso di costruire, ha già prodotto effetti materiali e tangibili, che possono ostacolare il ripristino della legalità violata.

16.2. Si rammenta che, in linea generale, il giudicato di annullamento di un atto amministrativo conclusivo di un procedimento amministrativo comporta l’obbligo, per l’amministrazione, di rinnovare l’azione amministrativa mediante l’adozione di un nuovo atto, emendato dai vizi che inficiano l’atto annullato ma idoneo ad esplicare effetti “ora per allora”: ciò in ossequio al principio secondo cui la durata del processo amministrativo non deve andare a danno della parte che impugna gli atti e che ha ragione. Tale principio comporta, in particolare, che l’atto legittimo, frutto della riedizione dell’azione amministrativa, deve intendersi idealmente “sostitutivo” di quello riconosciuto illegittimo, e come tale esplicante efficacia retroattiva.

16.3. L’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 ha precisamente il compito di prevedere, conformandolo, il potere dell’amministrazione comunale di pronunciarsi “ora per allora” su una istanza finalizzata al rilascio di un permesso di costruire, e, per tale via, di legittimare a posteriori opere edilizie non (più) assistite da titolo edilizio, anche al di fuori di una procedura ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 e, quindi, anche a prescindere dal requisito della c.d. doppia conformità.

16.4. Il primo comando veicolato dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, dunque, è costituito esattamente da ciò: che l’amministrazione comunale, a seguito di annullamento di un permesso di costruire, deve rideterminarsi sulla originaria istanza di permesso di costruire, che può essere accolta, con rilascio di un titolo edilizio, se e nella misura in cui risulti possibile la rimozione dei “ vizi delle procedure amministrative ”. Come noto, tali vizi, secondo l’insegnamento della pronunzia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 17 del 2020, non possono essere quelli di natura “sostanziale”, per la ragione che “ La tutela dell’affidamento attraverso l’eccezionale potere di sanatoria contemplato dall’art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell’amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l’inammissibile elusione del principio di programmazione e l’irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito .”.

16.5. Nel rinviare ai paragrafi che seguono circa la natura del controllo che l’amministrazione comunale può, e deve, effettuare in sede di riesame dell’originaria domanda di permesso di costruire, qui interessa evidenziare, anzitutto, che in esito all’annullamento di un titolo edilizio l’amministrazione comunale non può adottare, direttamente, un ordine di ripristino, piuttosto che la sanzione pecuniaria sostitutiva, dovendo prima pronunciarsi sulla possibilità di esitare, con il rilascio di un permesso di costruire postumo, l’originaria istanza presentata dal privato: solo all’esito di tale valutazione, e se e nella misura in cui il rilascio del permesso di costruire postumo non sia ritenuto possibile, l’amministrazione comunale può sanzionare con l’ordine di ripristino, o con la sanzione pecuniaria sostitutiva, le opere edilizie nel frattempo realizzate sulla base del titolo annullato.

16.6. Merita, inoltre, precisare che, proprio per la ragione che il riesame effettuato ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, non avviene nell’ambito della cornice giuridica di cui all’art. 36, del medesimo D.P.R., l’amministrazione può all’occorrenza decidere di rilasciare il permesso di costruire postumo con riferimento ad una parte soltanto delle opere oggetto della originaria istanza: non opera infatti, in tal caso, il principio - che invece si applica alla sanatoria ex art. 36 – secondo cui la sanatoria di opere abusive non è 'frazionabile', dovendo gli abusi valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: l'opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all'immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente (cfr. Cons. Stato, Sez. II, n. 8752 del 13 ottobre 2022;
Cons. Stato, Sez. VI, n. 1350 del 15 febbraio 2021 e n. 2738 dell’8 maggio 2018).

16.7. Per quanto riguarda la natura delle valutazioni che l’amministrazione è chiamata ad effettuare in sede di riesame ex art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, trattandosi di procedere all’esame “ora per allora” dell’originaria istanza di titolo edilizio l’amministrazione deve valutare, a posteriori, se le opere originariamente richieste, e poi realizzate sulla base di un titolo annullato, avrebbero potuto essere autorizzate tenendo conto della normativa vigente al momento in cui l’amministrazione si è pronunciata la prima volta (quale normativa applicabile in ossequio al principio tempus regit actum ), astraendo dalle ragioni poste a fondamento del provvedimento annullato e riconosciute illegittime, e tenendo conto della possibilità di reiterare l’istruttoria e di acquisire, sia pure a posteriori, la documentazione necessaria (ad esempio pareri o consensi pretermessi nella precedente fase): in ossequio all’insegnamento di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 del 2020, ciò che rileva, ai fini del rilascio del titolo postumo ai sensi dell’art. 38, é la conformità sostanziale delle opere rispetto alla normativa vigente al momento in cui l’amministrazione si è pronunciata la prima volta, e quindi deve ritenersi consentito all’amministrazione, in tal sede, l’espletamento tardivo delle attività finalizzate ad accertare la sussistenza, al predetto momento, delle condizioni di fatto e di diritto richieste ai fini della conformità (edilizia, urbanistica, paesaggistica, ambientale, etc. etc.).

16.8. Peraltro, nel caso di annullamento giurisdizionale del titolo edilizio, il riesame dell’originaria istanza, ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, deve essere condotto tenendo conto anche dell’effetto conformativo discendente dal giudicato amministrativo, e quindi avendo cura di non reiterare le illegittimità identificate come tali e censurate dal giudice amministrativo, osservando inoltre le eventuali misure di esecuzione impartite con la sentenza di annullamento.

17. Applicando i sopra richiamati principi al caso di specie, il Comune di Montecatini Terme avrebbe dovuto, all’indomani della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1654/2007, riavviare il procedimento di esame dell’originaria istanza presentata dal sig. N, tenendo conto dell’effetto conformativo derivante dalle sentenze pronunciate nei due gradi di giudizio, effetto riassumibile nei termini che seguono: (i) il titolo edilizio è stato annullato in toto, e non – come si legge nell’ordinanza di demolizione impugnata, solo parzialmente, cioè limitatamente al cd. volume o locale tecnico;
(ii) le ragioni dell’annullamento riposano sicuramente sulla mancanza di consenso dei signori C alla realizzazione di opere riguardanti parti comuni dell’edificio;
(iii) meno definito è il punto riguardante il consenso dei signori C, se e quanto necessario, in relazione alle altre opere su parti comuni riconducibili a quelle indicate all’art. 1102 del codice civile: il Collegio sottolinea, a tale proposito, che la statuizione contenuta nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1654/2007, riportata al precedente par. 4, esprime un principio generale secondo cui le opere riguardanti parti comuni di un edificio, se e nella misura in cui siano riconducibili a quelle di cui all’art. 1102, comma 1, secondo periodo, del codice civile possono essere autorizzate dal comune su richiesta del solo comproprietario interessato, senza che sia necessario raccogliere il consenso del/degli altro/i comproprietario/ri, Tale statuizione non trova peraltro immediata ed evidente conferma nel dispositivo della medesima sentenza (in teoria sia il Comune che il N avrebbero potuto – e ancora potrebbero - far rilevare tale apparente distonia, tra il dispositivo e la motivazione, con gli strumenti che il codice del 2010 ora consente), né è stata più riproposta nel giudizio successivo sulla sanzione pecuniaria definito attraverso le sentenze del Tar Toscana n. 1479/2012 e Consiglio di Stato n. 1909/2017: tale giudizio ha riguardato il provvedimento del 2008 che, peraltro, aveva ad oggetto solo il vano accessorio cd. volume tecnico, la cui abusività in quel momento era stata sanzionata in forma pecuniaria, e non anche le restanti opere qui in discussione.

17.1. Di conseguenza, e tenuto conto di quanto osservato ai paragrafi che precedono circa il fatto che in sede di riesame ex art. 38 l’amministrazione può reiterare l’istruttoria, acquisendo ex post anche eventuali atti di consenso, o pareri, purché idonei a comprovare che al momento dell’adozione del provvedimento annullato sussistevano le condizioni di fatto e diritto perché il titolo edilizio potesse essere rilasciato, il Collegio ritiene che il Comune di Montecatini Terme, all’indomani della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1654/2007, avrebbe dovuto:

a) riaprire il procedimento di esame dell’istanza di permesso di costruire originariamente presentata dal sig. N, garantendo il contraddittorio tra le parti;

b) individuare le opere non riguardanti parti comuni dell’edificio, valutando se fossero autorizzabili con o senza il consenso dei signori C, e le opere riguardanti le parti comuni dell’edificio;

c) distinguere, tra le opere riguardanti le parti comuni, quelle riconducibili all’art. 1102, comma 1, secondo periodo, del codice civile, e valutare se per tali opere il sig. N era legittimato ad effettuarle senza il consenso del comproprietario;

d) in relazione alle opere riguardanti parti comuni dell’edificio per le quali era necessario il consenso del comproprietario, verificare la possibilità di acquisire il consenso postumo da parte del sig. C: il Collegio ritiene, infatti, che tale consenso possa essere acquisito anche ex post , trattandosi di elemento che incide solo sulla legittimazione a presentare l’istanza di permesso di costruire, e non anche sulla conformità delle opere rispetto alla normativa (edilizia, urbanistica, paesaggistica, ambientale, etc. etc.), vigente al momento in cui il Comune si è determinato con l’atto annullato;

e) rilasciare, ricorrendone le condizioni di legge, il permesso di costruire postumo con riferimento alle opere non riguardanti parti comuni dell’edificio o parti comuni riconducibili all’art. 1102, comma 1, secondo periodo, del codice civile, nonché, eventualmente, le opere riguardanti parti comuni assistite dal consenso del sig. C;

f) sanzionare, nel rispetto delle ulteriori indicazioni emergenti dall’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001 (che non sono di interesse ai fini del presente giudizio), le opere riguardanti parti comuni dell’edificio per le quali non sia acquisito il consenso del sig. C, laddove questo sia necessario.

18. Il procedimento sfociato nell’ordinanza di demolizione impugnata nel presente giudizio non risulta aver rispettato le coordinate sopra descritte: non consta, infatti, che il Comune di Montecatini Terme abbia, all’indomani della pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 1654/2007, proceduto al formale riesame “ora per allora” della originaria istanza di permesso di costruire presentata dal sig. N: il Comune, invece, partendo dall’erroneo presupposto che il titolo edilizio fosse stato annullato limitatamente al locale tecnico, ha proceduto disponendo direttamente l’ordine di demolizione con riferimento solo al predetto manufatto.

18.1. Ebbene, non avendo il Comune di Montecatini Terme proceduto al riesame “ora per allora” dell’originaria istanza del sig. N, in relazione a tutte le diverse opere a suo tempo realizzate, l’ordine di demolizione impugnato risulta illegittimo per intrinseca contraddittorietà, nella misura in cui non sanziona in alcun modo opere che - per effetto dell’annullamento in toto dell’originario permesso di costruire - continuano a non essere assistite da titolo edilizio, non essendo neppure state legittimate con un titolo postumo: tanto giustifica la declaratoria di illegittimità e l’annullamento dell’ordinanza di demolizione impugnata, che risulta inficiata da un vizio assorbente, riconducibile al secondo motivo d’appello (quanto al terzo motivo v. Infra ).

19. In conclusione l’appello va accolto;
per l’effetto, in riforma della sentenza del TAR per la Toscana n. 1184 del 2019, va annullata l’ordinanza di demolizione n. 241 del 20 luglio 2018 del Comune di Montecatini Terme, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti.

20. In esecuzione della presente decisione il Comune di Montecatini Terme si rideterminerà come indicato ai paragrafi 17 e 17.1. della motivazione;
peraltro, tenuto conto del fatto che nel giudizio n. 2878/2020 R.G. è stata disposta, con ordinanza collegiale n. 7934 del 24 agosto 2023, istruttoria finalizzata ad accertare se la demolizione del locale tecnico possa avvenire senza pregiudizio delle parti legittimamente realizzate nonché il costo di costruzione del medesimo, il Comune di Montecatini Terme terrà conto, nel riesame della originaria istanza di permesso di costruire, dell’esito dell’indicata istruttoria.

21. La particolarità della vicenda giustifica, peraltro, la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio, in questi limiti accogliendosi anche il terzo motivo di appello proposto nei confronti del capo della sentenza di primo grado recante la condanna alle spese del ricorrente.

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