Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-12, n. 201801525

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-03-12, n. 201801525
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801525
Data del deposito : 12 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2018

N. 01525/2018REG.PROV.COLL.

N. 08694/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8694 del 2014, proposto dalla s.r.l. Sealed Air, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati D V, A L e G A, con domicilio eletto presso lo studio Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 20;

contro

Il Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dello Sviluppo Economico -Dip. svil. coes. ec.- Dir. gen. inc. att. impr., Ministero dello Sviluppo Economico - Dir. gen. per l'Incentivazione delle attività imprend. -Sede di Salerno, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Sez. III, n. 1086/2014, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° marzo 2018 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti l’avvocato G A e l’avvocato dello Stato De Nuntis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame, la società appellante impugnava la sentenza n. 1086 del 2014, con cui il Tar Puglia respingeva l’originario gravame, proposto dalla stessa società, in qualità di incorporante e successore universale della prima titolare di contribuiti pubblici per un importo pari a € 4.008.221,99 erogato dalla Cassa depositi e prestiti per l’avvio di un’attività industriale nel Comune di Manfredonia, al fine di ottenere l’annullamento dell’atto di revoca della concessione del finanziamento pubblico. In particolare, la revoca veniva motivata per relationem , sulla base del verbale del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Foggia e degli addebiti ivi evidenziati.

Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello con cui, nel lamentare l’erroneità della decisione, riproponeva i motivi di primo grado:

- violazione della l. n. 241/1990, dell’art. 97 Cost. e del d.m. 320/00, nonché diversi profili di potere per contraddizione sulla esistenza ed adeguatezza dei presupposti di avvio del procedimento di revoca;

- violazione degli articoli 3 e 10 l. 241 cit., nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e per errore nei presupposti, perché l’Amministrazione non avrebbe dato rilievo nel provvedimento agli argomenti addotti dalla ricorrente nelle memorie endoprocedimentali;

- violazione dell’art. 97 Cost. e del principio del legittimo affidamento, eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione e per errore sui presupposti, perché l’amministrazione non avrebbe condotto alcuna istruttoria sui fatti posti a base del provvedimento, essendosi invero limitata a fare riferimento al rapporto del Nucleo di polizia tributaria che si colloca nella fase delle indagini preliminari;

- violazione dell’art. 9 d.lg. n. 123/98 e dell’art. 12 d.m. n. 320 cit., eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore sui presupposti, per difetto di istruttoria e di motivazione, perché il provvedimento gravato si fonda solo sul rapporto della Guardia di finanza, che muove addebiti infondati o irrilevanti ai fini della revoca.

Il Ministero appellato si costituiva in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con l’ordinanza n. 5859\2014, veniva respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza appellata.

Alla pubblica udienza del 1° marzo 2018 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. La controversia decisa dalla sentenza appellata, riproposta nella presente sede, ha ad oggetto l’annullamento dell’atto di revoca della concessione del finanziamento pubblico di cui alla narrativa in fatto.

Come emerge dalla documentazione versata in atti, la revoca è stata motivata sulla base di una serie di contestazioni, in merito alla prova e alla sussistenza delle quali il Mise ha richiamato per relationem il dettagliato verbale del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Foggia, con cui sono stati addebitati ai soci ed agli amministratori della società i seguenti numerosi elementi:

1) di non aver adempiuto all’obbligo di versare i finanziamenti a loro carico con risorse proprie per € 322.949,26, che risultano invece effettuati con somme di denaro di provenienza anonima da conti esteri;

2) di aver realizzato il capannone industriale della Mipa s.r.l. in adiacenza ad altro capannone della Mipa s.r.l., in violazione della normativa urbanistica;

3) di aver sovrafatturato i costi relativi all’acquisto dell’impianto “Elecron beam” per € 705.324,95;

4) di aver esposto costi fittizi per l’impianto industriale Biaxial 350;

5) di aver sovrafatturato i costi relativi all’acquisto dell’impianto di miscelazione “TRM 400/C” per € 466.877,05;

6) di aver esposto costi per l’acquisto di una taglierina modello 1600 priva della documentazione necessaria per dimostrarne i requisiti (‘impianto nuovo di fabbrica’) per l’ammissione al finanziamento ex l. 662/96.

2. L’appello è infondato.

2.1 Preliminarmente, occorre evidenziare come parte appellante non abbia svolto specifiche contestazioni in merito a tutte le sei contestazioni.

Se per un verso il quarto motivo di appello, nel riprodurre l’analogo motivo dedotto in primo grado, svolge considerazioni critiche in merito alle contestazioni nn. 1 e 4, per un altro verso con il generico rinvio alle ulteriori censure di primo grado (punto 4.4. a pag 40 dell’atto di appello) la contestazione risulterebbe al più estesa alla contestazione sub n 3.

Peraltro, va richiamato il principio per cui nel processo d'appello amministrativo è inammissibile il rinvio effettuato ai motivi proposti in primo grado, perché in contrasto con il principio di specificità dei motivi d'appello sancito dall'art. 101, cod. proc. amm.. fermo restando che, in sede di gravame, non può violarsi il divieto dei nova , previsto dall'art. 104, cod.proc.amm..

Ai sensi dell'art. 101, comma 2, del cod. proc. amm., la riproposizione in appello di «tutte le domande e le eccezioni, in rito ed in merito, sollevate nel giudizio di primo grado», assorbiti o non esaminati dal Tar, è onere che va assolto mediante richiamo specifico dei motivi già articolati con il ricorso di primo grado (con le conseguenti critiche alle statuizioni impugnate del TAR), così da consentire alle controparti di esercitare con pienezza il proprio diritto di difesa e, al giudice dell'appello, di avere il quadro chiaro del thema decidendum devoluto nel giudizio di secondo grado, sul quale egli è tenuto a pronunciarsi.

Di conseguenza, un rinvio generico o indeterminato alle censure assorbite ed agli atti di primo grado che le contenevano, privo della precisazione del loro contenuto, è inidoneo ad introdurre nel giudizio d'appello i motivi in tal modo genericamente richiamati (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 26 ottobre 2016, n. 4471;
sez. IV, 6 dicembre 2016, n. 5123, e 10 febbraio 2017, n. 571).

2.2 In relazione all’incompletezza delle deduzioni relative alle plurime contestazioni svolte a carico dell’impresa e poste a base della revoca, va richiamato l’ulteriore consolidato principio per il quale in caso d'impugnazione giurisdizionale di determinazioni amministrative di segno negativo – quale all’evidenza è un provvedimento di revoca di un contributo pubblico - fondate su una pluralità di ragioni, ciascuna delle quali di per sé idonea a supportare l'adozione del provvedimento sfavorevole per il ricorrente, è sufficiente che una sola di esse resista al vaglio giurisdizionale perché il provvedimento nel suo complesso resti indenne dalle censure articolate ed il ricorso venga dichiarato infondato, o meglio inammissibile per carenza di interesse alla coltivazione dell'impugnativa avverso l'ulteriore ragione ostativa, il cui esito resta assorbito dalla pronuncia negativa in ordine alla prima ragione ostativa (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 11 novembre 2016, n. 4685).

3. Se è pur vero che nel caso in esame la revoca risulta essersi basata sulla complessiva gravità derivante dalle predette contestazioni, occorre procedere ad esaminare i motivi di appello oggetto di specificata riproposizione, i quali risultano infondati.

3.1 In relazione al primo motivo, concernente la lamentata contraddizione sulla esistenza ed adeguatezza dei presupposti di avvio del procedimento di revoca, prima sospeso e poi riavviato, l’analisi dell’atto e del relativo iter istruttorio evidenzia la piena logicità dell’ iter seguito dall’Amministrazione.

Dopo aver ricevuto (come da nota datata 8 aprile 2008) ed aver esaminato gli elementi accertati dai nuclei di polizia giudiziaria, nonché dopo aver sollecitato (con note del 30 aprile 2008 e 19 marzo 2010) ed aver ottenuto (con nota del 30 marzo 2010) il successivo assenso all’utilizzo dei dati di indagine, il Mise ha dapprima avviato (con nota 11 maggio 2010) la comunicazione di avvio del procedimento (coerente con l’autorizzazione all’utilizzo dei dati) e quindi, all’esito delle conseguenti valutazioni, ha emanato il decreto 16 luglio 2010, di sospensione dell’ iter procedimentale di revoca “in attesa di ulteriori ed aggiornati elementi informativi della competente Procura della Repubblica”: ciò ha fatto in termini ragionevoli, a fronte della gravità delle contestazioni, di rilievo anche penale, e della pendenza delle relative indagini.

In seguito, il riavvio dell’ iter risulta essere stato disposto in termini coerenti, sia nei presupposti che nella forma: sul primo versante, ciò infatti è avvenuto sulla base della nuova comunicazione del nucleo di polizia tributaria della medesima Procura (cfr. nota 29 febbraio 2012);
sul secondo versante, si è consentita la partecipazione, attraverso l’invio della comunicazione di riavvio del procedimento di revoca, ai sensi degli art. 7 s. l. 241 cit. (cfr. nota 19 aprile 2012).

In definitiva, la scansione degli atti ed il relativo contenuto evidenziano la correttezza e la logicità dell’ iter procedimentale avviato e seguito dal Ministero, il quale, lungi dal portare ad immediate conseguenze i gravi elementi acquisiti, ha inteso rapportarsi con i delicati accertamenti penali in corso, pur consentendo alla parte destinataria delle contestazioni la costante partecipazione.

3.2 In relazione al secondo motivo, con cui si contesta il difetto di motivazione e di valutazione delle controdeduzioni formulate dal soggettivo passivo del provvedimento, assume rilievo dirimente il principio secondo cui la revoca-decadenza del contributo pubblico erroneamente erogato costituisce un atto dovuto per l'Amministrazione concedente, che è tenuta a porre rimedio alle conseguenze sfavorevoli derivanti al proprio bilancio per effetto di un'indebita erogazione di contributi pubblici, sia quando è emerso che il beneficio era stato accordato in assenza dei presupposti di legge, sia quando è stato accertato un successivo inadempimento da parte del beneficiario.

In ambo i casi è anche da escludere la sussistenza per l'Amministrazione di uno specifico ulteriore obbligo di motivazione, essendo l'interesse pubblico all'adozione dell'atto in re ipsa , quando sussista un indebito esborso di danaro pubblico con vantaggio ingiustificato per il privato (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 13 maggio 2015, n. 2381, e sez. V, 22 giugno 2012, n. 3688).

Nel caso di specie, peraltro, l’Amministrazione ha svolto una adeguata esplicazione delle ragioni poste a base del provvedimento dovuto, sia in relazione alle norme di riferimento (artt. 9 d.lgs. 123\1998 e 12 d.m. 320 del 2000), sia in merito alle contestazioni rilevate a carico della parte beneficiaria del contributo oggetto di revoca-decadenza.

A quest’ultimo riguardo il rinvio per relationem agli atti istruttori ricevuti dai competenti nuclei investigativi, se per un verso risulta formalmente corretto in quanto accompagnato dagli specifici riferimenti agli atti stessi in guisa tale da garantirne l’immediata percezione ed individuazione in capo al soggetto passivo, per un altro e concorrente verso assume rilievo sostanziale di estrema gravità, come risulta dall’attenta analisi dei rapporti stessi.

Sul versante formale, costituisce principio consolidato quello per cui nel provvedimento amministrativo la motivazione per relationem deve intendersi ammessa dall'art. 3, comma 3, della legge 241 cit. nelle ipotesi in cui, come nella specie, il provvedimento sia preceduto e giustificato da atti istruttori in esso espressamente richiamati (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 22 marzo 2017, n. 1299, e sez. VI, 7 febbraio 2017, n. 542).

Sul versante sostanziale, oltre a non svolgere considerazioni critiche in merito a tutte le gravi contestazioni, la difesa della parte appellante non formula elementi diversi tali da porre in dubbio le argomentazioni svolte dalla sentenza appellata.

3.3 Per ciò che concerne la dedotta mancata considerazione delle controdeduzioni fornite in sede procedimentale, oltre alla smentita desumibile dall’espresso riferimento contenuto nella motivazione del provvedimento impugnato (cfr. il penultimo capoverso), assume rilievo dirimente il carattere dovuto dell’atto e la consistenza delle deduzioni, le quali non risultano in grado di contestare la sussistenza degli elementi accertati, di per sé ampiamente sufficienti a sostenere la revoca-decadenza, in base alle norme di riferimento sui contributi in oggetto.

A titolo esemplificativo nessuna giustificazione né elemento rilevante viene data in relazione già alla prima contestazione in ordine alla anonima provenienza delle somme.

3.4 Le considerazioni appena svolte assumono rilievo dirimente anche in merito all’infondatezza del terzo e del quarto ordine di motivi.

L’analisi degli atti evidenzia come il Mise abbia condiviso le puntuali e riscontrate contestazioni poste a base dei rapporti dei nuclei di polizia giudiziaria, rinviando ai relativi atti istruttori nei termini ammessi dall’ordinamento, reputando - in piena autonomia – integrati i presupposti di revoca-decadenza previsti dalla normativa vigente, puntualmente richiamata ed applicata.

Invero, una volta acquisite le contestazioni accertate dai rapporti, il Mise ha correttamente valutato la rilevanza ai sensi dell’art. 9 d.lgs. 123, per il quale “ In caso di assenza di uno o più requisiti, ovvero di Documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, il soggetto competente provvede alla revoca degli interventi e, in caso di revoca dal bonus fiscale, ne dà immediata comunicazione al Ministero delle finanze ” (e che ha denominato quale ‘revoca’ un atto avente sostanziale natura decadenziale), e in specie dei presupposti di cui all’art. 12 d.m. 320 del 2000, con particolare riferimento alle ipotesi del comma terzo.

3.5 Nel merito, anche le residue deduzioni risultano infondate.

Nel contestare le puntuali considerazioni svolte dalla sentenza appellata sul primo ordine di contestazioni, parte appellante richiama la relazione del 28 aprile 1999, che avrebbe dato atto della possibilità di reperire i mezzi propri necessari alla copertura. Ciò peraltro risulta ex se irrilevante, in quanto riferito ad una relazione risalente a molti anni addietro, mentre la contestazione si fonda su comportamenti successivi all’ottenimento del beneficio e rispetto ai quali nessuna concreta giustificazione risulta fornita, nei termini compiutamente espressi dalla decisione di prime cure.

3.6 Invero, assenti od inconferenti appaiono le deduzioni di parte appellante in merito alle restanti contestazioni

3.6.1 Preliminarmente, non è condivisibile l’impostazione della parte appellante, laddove ha reputato che le contestazioni non esaminate dal Tar sarebbe state implicitamente accolte (pag. 30 atto di appello);
semmai, al più potrebbe trattarsi di una omessa pronuncia, con il conseguente onere di riproposizione dinanzi al giudice di appello.

Peraltro sul punto, anche le deduzioni formulate in questa sede non risultano specifiche.

In proposito, in linea generale assume rilievo dirimente il principio per cui le determinazioni negative in ordine all'ammissione e alla revoca delle agevolazioni finanziarie, in quanto fondate su valutazioni tecnico-discrezionali, sono sono sindacabili dal giudice amministrativo per i profili della macroscopica illogicità, irragionevolezza o manifesta ingiustizia.

3.6.2 Occorre quindi passare all’esamina dei punti residui.

Se nessun rilievo specifico viene formulato in appello in merito alla contestazione sub 2), al riguardo, dalle stesse contestazioni di primo grado emerge la sussistenza di irregolarità nella realizzazione dei capannoni, come reso evidente dalla constatazione che si è dovuto procedere a presentare una domanda di sanatoria, la quale presuppone la sussistenza di un abuso

Circa la contestata sovrafatturazione dei costi relativi all’acquisto dell’impianto “elecron beam” per € 705.324,95, alla assenza della necessaria specifica deduzione in appello si accompagna l’assenza di contestazione.

Peraltro, pur a fronte dell’eventuale inammissibilità del costo (genericamente rilevata in primo grado), l’accertata sovrafatturazione costituisce un elemento negativo, attestante la mancanza della necessaria correttezza nel comportamento del soggetto beneficiario.

Analoghe considerazioni vanno svolte in merito alla sovrafatturazione dei costi relativi all’acquisto dell’impianto di miscelazione TRM 400/C” per € 466.877,05 ed alla esposizione di costi per l’acquisto di una taglierina modello 1600 priva della documentazione necessaria per dimostrarne i requisiti (‘impianto nuovo di fabbrica’) per l’ammissione al finanziamento ex l. 662/96.

Circa l’esposizione di costi fittizi per l’impianto industriale ‘biaxial 350’, emerge la formulazione dubitativa della deduzione, laddove si sostiene (in assenza di adeguati e definitivi elementi di conferma) che in realtà si tratterebbe di un altro macchinario;
peraltro, a fronte della puntuale consistenza delle contestazioni descritte dal rapporto richiamato per relationem dall’atto di revoca (invero più che adeguato rispetto ai limiti di sindacato del presente giudizio di legittimità, sopra richiamati), la stessa parte appellante evidenzia come l’impianto sia stato ammesso a contributo senza che poi lo stesso sia stato acquistato. In ogni caso non emerge alcun elemento in grado di integrare i peculiari ambiti di sindacato predetti.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite, a fronte della complessità delle ricostruzioni in fatto.

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