Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-23, n. 202107840
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Pubblicato il 23/11/2021
N. 07840/2021REG.PROV.COLL.
N. 04399/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4399 del 2015, proposto da
V C s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato E M S, domiciliato presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
contro
Comune di Ancona, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati F C e G F, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Collazia, n. 2/F;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. 00122/2015, resa tra le parti, concernente la demolizione di manufatto.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ancona;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati E M S e F C;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 10/12/2004 la V C s.r.l. (d’ora in poi solo Vignoni) ha presentato al Comune di Ancona istanza di condono edilizio (prot. 5838), ai sensi dell’art. 32 del D.L. 30/9/2003, n. 269, per la sanatoria di alcuni abusi aventi a oggetto la ristrutturazione e l’ampliamento di un preesistente capannone industriale.
Sulla base delle risultanze di un sopralluogo della Polizia municipale, da cui emergeva che nel dicembre 2004 i lavori erano ancora in corso, il Comune ha emanato l’ordinanza 1/8/2005, n. 104962/69218 con la quale ha ingiunto alla Vignoni la demolizione delle opere realizzate.
Ritenendo il provvedimento sanzionatorio illegittimo la società lo ha
impugnato con ricorso al T.A.R. Marche n. 904/2005.
Successivamente il comune, ha inviato alla società la comunicazione di cui all’art. 10 bis della L. 7/8/1990, n. 241 con cui ha segnalato l’inaccoglibilità della domanda di condono per avere questa a oggetto opere realizzate dopo il 31/3/2003.
I motivi ostativi all’accoglimento della sanatoria sono stati poi integrati con nota 13/6/2006, n. 15817 con cui l’amministrazione comunale ha rilevato che:
a) la volumetria realizzata (889,19 mc) era superiore a quella ammissibile (750 mc);
b) l’opera non era completata al rustico poiché la tamponatura era parzialmente presente solo su un lato;
c) la superficie utile abusiva (160, 72 mq) superava quella massima consentita dalla L.R. 29/10/2004, n. 23 (150 mq).
Alla luce delle rappresentate ragioni ostative al rilascio della sanatoria la Vignoni ha inviato al Comune la nota 5/9/2006 con cui ha chiesto il rilascio di un condono parziale, impegnandosi a demolire una porzione dell’ampliamento - in modo da ricondurre l’opera nel suo complesso entro le soglie dimensionali massime previste dalla normativa di settore.
Sulla base di quanto già comunicato alla richiedente l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento 14/9/2006, n. 2/06 con cui ha negato il reclamato condono edilizio.
Comunicazioni di avvio del procedimento e diniego sono stati impugnati dalla Vignoni con ricorso, rubricato al n. 244/2006, e successivi motivi aggiunti.
L’adito Tribunale, con sentenza 2/2/2015, n. 122, ha riunito le impugnazioni di cui ai ricorsi nn. 904/2005 e 244/2006 e le ha respinte.
Avverso la sentenza la suddetta società ha proposto appello.
Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Ancona.
Alla pubblica udienza del 4/11/2021 la causa è passata in decisione.
Con un unico articolato motivo d’appello si deducono le seguenti censure.
1) Diversamente da quanto ritenuto dall’appellato comune l’opera sarebbe stata ultimata entro la data del 31/3/2003.
La sussistenza del presupposto temporale risulterebbe, infatti, dimostrata dalla copiosa documentazione all’uopo depositata dall’odierna appellante e dalle dichiarazioni resa da due testimoni escussi nel procedimento penale aperto a carico del legale rappresentante della società appellante per gli illeciti edilizi oggetto del contendere.
2) La gravata sentenza non sarebbe condivisibile nella parte in cui afferma che nella domanda di condono sarebbe stato indicato un fabbricato in parte completo e in parte da tamponare, mentre nel corso del sopralluogo sarebbe emerso che il manufatto era privo di copertura e tamponatura.
Infatti, sarebbe stato dichiarato e dimostrato come la copertura in pannelli prefabbricati, già presente, fosse stata smontata per lavori di riparazione e fosse in fase di rimontaggio. Nello specifico la veridicità di quanto dedotto emergerebbe, oltre che dalle dichiarazioni delle imprese che hanno eseguito i lavori e dalle testimonianze acquisite nell’ambito del citato processo penale, anche dalla documentazione tecnica e fotografica allegata alla domanda di condono edilizio, dalla quale si ricaverebbe che il fabbricato era presente già prima del sopralluogo.
3) Ugualmente erronea risulterebbe l’affermazione secondo cui la presentazione della proposta di adeguamento del manufatto, con conseguente richiesta di condono parziale, dimostrerebbe l’inaccoglibilità dell’originaria domanda di sanatoria. Al contrario la possibilità di ammettere una sanatoria parziale sarebbe riconosciuta dalla giurisprudenza
e conforme al principio di imparzialità della pubblica amministrazione.
Non consentendo il condono parziale si creerebbero i presupposti per un evidente disparità di trattamento tra coloro che possono ottenere la sanatoria e coloro che non possono conseguirla a seconda che l’abuso realizzato rientri o meno nei limiti dimensionali fissati a posteriori dal legislatore.
4) Irragionevoli e illogiche sarebbero le argomentazioni addotte dal Tribunale per respingere la censura con cui era stato dedotto il difetto di motivazione del diniego della sanatoria parziale. Peraltro nella specie l’opera risulterebbe costituita da due abusi agevolmente scindibili per cui ben sarebbe stato possibile accogliere la richiesta di sanatoria parziale
5) L’ordine di demolizione si porrebbe in contrasto con l’art. 38 della L. 28/2/1985, n. 47, in quanto emanato in pendenza di un’istanza di condono edilizio.
Le doglianze così sinteticamente riassunte, che si prestano a una trattazione congiunta, non meritano condivisione.
In via preliminare occorre rilevare che le doglianze sub nn. 1) e 5) sono inammissibili per violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a., in quanto rivolte nei confronti dei provvedimenti impugnati in primo grado, anziché contro capi della sentenza (Cons. Stato, Sez. VI, 28/6/2021, n. 4882).
La censura di cui al n. 5 risulta, peraltro, infondata anche nel merito, atteso che, come ben evidenziato dal Tribunale, senza che sul punto l’appellante abbia mosso adeguate censure, << il manufatto effettivamente realizzato è diverso da quello oggetto della domanda di condono (nella quale, in effetti, la superficie lorda del manufatto in ampliamento è indicata in mq 144 circa, mentre la volumetria è indicata in mc 849) >>.
Sempre in via preliminare va osservato che il dedotto difetto di motivazione della sentenza resta assorbito, per pacifica giurisprudenza, dall’effetto devolutivo dell’appello, in virtù del quale il giudice di secondo grado può correggere e integrare eventuali deficit motivazionali della pronuncia gravata (da ultimo Cons. Stato, Sez. VI, 3/11/2021, n. 7345).
Ciò premesso, nell’economia del presente giudizio ha carattere assorbente l’esame del mezzo di gravame con cui si denuncia l’errore commesso dal giudice di prime cure nel non ritenere ammissibile la domanda di sanatoria parziale.
La doglianza è infondata.
E invero, la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate. Pertanto, non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa. Del resto, una volta che risulti l'inaccoglibilità di un’istanza per come è stata proposta, l'Amministrazione legittimamente la respinge, senza porsi la questione se una diversa istanza - in ipotesi - avrebbe potuto avere un esito diverso (Cons. Stato, Sez. VI, 2/7/2018, n. 4033).
A prescindere da quanto sopra, la richiesta di condono parziale risulta inaccoglibile anche sotto altro profilo.
Al riguardo ha rilievo dirimente il fatto che la relativa istanza è stata inoltrata dall’odierna appellante in data 5/9/2006 e quindi irrimediabilmente oltre il termine fissato dall’art. 32, comma 32, del D.L. 269/2004 per la sua presentazione (10/12/2004).
D’altra parte, giova puntualizzare che nei procedimenti a istanza di parte, come quello preordinato al rilascio del condono edilizio, il contenuto del provvedimento finale è strettamente delimitato dall’oggetto della richiesta avanzata dall’interessato. Pertanto, ove anche si ritenesse astrattamente ammissibile il rilascio di una sanatoria parziale, l’amministrazione non avrebbe potuto, nel caso che occupa, accordare alla Vignoni un condono edilizio diverso, perché parziale, rispetto a quello tempestivamente richiesto, riguardante la totalità degli abusi.
Poiché è incontestato che il manufatto realizzato dall’appellante superasse i limiti dimensionali previsti per l’ammissibilità della sanatoria dagli artt. 32, comma 25, del D.L. 269/2003 (750 mc) e 3, comma 1, della L.R. 29/10/2004, n. 23 (150 mq per gli immobili, come quello di specie, a destinazione non residenziale), correttamente l’amministrazione comunale ha negato il reclamato condono edilizio.
L’appello va, in definitiva, respinto.
Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.