Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-12, n. 202102952

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-12, n. 202102952
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102952
Data del deposito : 12 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2021

N. 02952/2021REG.PROV.COLL.

N. 01373/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1373 del 2013, proposto da
FIART – Cantieri Italiani S.p.A., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati G V e P V, elettivamente domiciliata in Roma, alla Via Ajaccio, n. 14, presso lo studio dell’avvocato R C

contro

Comune di Pozzuoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato A S ed elettivamente domiciliato in Roma, Viale Giuseppe Mazzini, n. 142, presso lo studio dell’avvocato C D C

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta), n. 4437 del 24 ottobre 2012, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamato dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176) il Cons. Roberto Politi;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espone l’appellante

FIART

Cantieri Italiani di aver acquisito dal fallimento della società SO.LEI. un complesso immobiliare (sito in Pozzuoli, località Corbara, su area sottoposta a vincolo paesaggistico), per il quale quest’ultima aveva chiesto il rilascio di concessione in sanatoria ex art. 31 della legge n. 47 del 1985.

Pur a seguito di parere favorevole da parte della competente Soprintendenza e della Commissione edilizia comunale, con atto del 26 giugno 1996 il Sindaco di Pozzuoli dichiarava la non congruità della somma versata a titolo di oblazione, determinando in lire 777.845.280 il differenziale dovuto da FIART ( medio tempore succeduta all’originaria richiedente).

2. Con ricorso N.R.G. 8088 del 1996, proposto innanzi al T.A.R. della Campania, FIART chiedeva l’annullamento del provvedimento anzidetto, nonché l’accertamento della non debenza di alcun ulteriore importo a titolo di oblazione (in subordine, sostenendo altresì la prescrizione della pretesa creditoria fatta valere dal Comune).

3. Costituitasi l’Amministrazione comunale di Pozzuoli, il Tribunale ha respinto il ricorso.

4. Avverso tale pronuncia,

FIART

Cantieri Italiani ha interposto appello, notificato l’8 febbraio 2013 e depositato il successivo 25 febbraio, lamentando quanto di seguito sintetizzato:

4.1) Quanto al primo motivo del ricorso di primo grado: violazione ed errata applicazione della legge n. 47 del 1985 e dell’art. 39, comma 6, della legge n. 724 del 1994. Motivazione errata e contraddittoria. Errata interpretazione dell’applicazione del decreto di trasferimento del Tribunale di Napoli del 30 gennaio 1995. Errata qualificazione dell’obbligazione di provvedere al pagamento dell’oblazione.

Ribadisce parte appellante quanto in prime cure dedotto, circa la propria estraneità al rapporto obbligatorio contratto dalla propria dante causa, concernente l’assolvimento degli oneri relativi all’oblazione (e, quindi, al conguaglio di essa).

Assume, in proposito, che l’acquisto del compendio immobiliare a seguito di procedura fallimentare sia avvenuto “libero da vincoli ed oneri”: e sostiene che, diversamente rispetto al pagamento degli oneri concessori (di cui all’art. 37 della legge n. 47 del 1985), l’obbligazione relativa al pagamento dell’oblazione non sarebbe trasmissibile all’avente causa.

Né l’art. 39 della legge n. 724 del 1994 avrebbe costituito, in capo a quest’ultimo, un obbligo di pagamento dell’oblazione (gravante, secondo la prospettazione di parte, su colui che abbia presentato la domanda di condono).

Per l’effetto, avrebbe errato il Tribunale di prime cure nel non pronunziare il difetto di legittimazione passiva dell’odierna appellante, quanto alla pretesa creditoria fatta valere dal Comune di Pozzuoli al titolo di cui sopra.

4.2) Quanto al secondo motivo del ricorso di primo grado: erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 35, comma 18, della legge n. 47 del 1985.

Nel rammentare di aver eccepito, già in primo grado, la prescrizione (per decorso del termine di 36 mesi, di cui all’art. art. 35, comma 18, della legge n. 47 del 1985) del credito fatto valere dall’Amministrazione comunale quanto al conguaglio dell’importo dovuto a titolo di oblazione, parte appellante sottolinea che avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che il termine de quo decorra dal momento di adozione del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, piuttosto che dalla data di presentazione della domanda di condono.

4.3) Asserita mancata impugnazione dell’avvertimento contenuto nel provvedimento impugnato: erroneità della statuizione, errata interpretazione ed applicazione dell’art. 35, comma 18, della legge n. 47 del 1985.

Secondo il giudice di primo grado, FIART non avrebbe impugnato l’avvertenza, contenuta nella determinazione da essa gravata, circa l’archiviazione della pratica, in difetto del pagamento dell’integrazione dell’oblazione entro il termine di giorni 60 dalla notificazione di tale atto.

Osserva parte appellante, in proposito, che l’impugnazione di tale indicazione sarebbe affatto implicita nella dedotta prescrizione della pretesa creditoria nei propri confronti fatta valere (e, a fortiori, nella pure eccepita carenza di legittimazione passiva).

Conclude la parte per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

5. In data 25 giugno 2013, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio con memoria di mero stile.

6. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 30 marzo 2021.

DIRITTO

1. Va, preliminarmente, disattesa la richiesta di differimento, a data da destinarsi, della trattazione della controversia, presentata dall’appellante FIART – Cantieri Italiani con memoria depositata il 22 gennaio 2021, in quanto il presente giudizio sarebbe connesso ad altro ricorso pendente innanzi alla Sede di Napoli del T.A.R. della Campania (N.R.G. 21/2017), per la cui discussione è stata fissata l’udienza pubblica del 23 marzo 2021.

Evidenzia, in proposito, FIART che, per i medesimi immobili, sono state presentate due domande di condono: una da parte di SO.LEI. (che ha realizzato il complesso immobiliare e che è successivamente fallita) e la seconda dalla stessa FIART, che ha acquistato il complesso immobiliare dalla procedura fallimentare.

A seguito della sentenza del T.A.R. Campania n. 4661/2016, con la quale è stato accertato l’obbligo del Comune di provvedere sull’istanza proposta da FIART il 25 marzo 2015, il Comune di Pozzuoli ha adottato la determinazione n. 70836 del 3 novembre 2016 (avverso la quale è stato proposto da FIART il suindicato ricorso NRG 21/2017), nella quale si afferma – circostanza, questa, contestata da FIART – che quest’ultima sarebbe subentrata nell’istanza di condono presentata dalla società costruttrice successivamente fallita.

L’esigenza di un rinvio dell’odierna udienza pubblica viene dall’appellante motivata in relazione al fatto che la controversia oggetto di presente trattazione ha ad oggetto la quantificazione da parte del Comune di Pozzuoli dell’importo dell’oblazione dovuto in relazione alla domanda di condono presentata dalla SO.LEI. e liquidata dal Comune.

Sussisterebbe quindi la necessità, prima della decisione del presente appello, che venga accertato dal T.A.R. se sono fondate, o meno, le domande proposte dalla FIART;
e, quindi, se la domanda di condono proposta dalla SO.LEI. sia improcedibile o meno.

Ad avviso del Collegio, la presente controversia – diversamente rispetto a quanto, come sopra, prospettato dalla parte appellante – è suscettibile di immediata delibazione, atteso che la richiesta sulla quale il T.A.R Campania è chiamato a decidere riguarda l’accertamento dell’avvenuta improcedibilità della domanda di condono presentata dalla SO.LEI..

Conseguentemente, il thema decidendum all’attenzione del Collegio proposto, si rivela – allo stato;
ed in relazione ai proposti motivi di censura – insensibile rispetto all’esito della controversia ancora in attesa di decisione di primo grado (a sua volta, suscettibile di appello);
con riveniente immediata conoscibilità della sottoposta res controversa.

2. Quanto sopra preliminarmente posto, giova, preliminarmente alla disamina dei dedotti motivi di appello, procedere ad una breve ricognizione degli essenziali tratti motivazionali di cui alla gravata sentenza del T.A.R. Campania.

Quanto al difetto di legittimazione passiva, relativamente al pagamento della richiesta integrazione della somma dovuta a titolo di oblazione, il giudice di prime cure ha ritenuto che, “ in presenza di immobile pervenuto a seguito di assegnazione con procedura di esecuzione giudiziaria, … non può essere esclusa la contestata legittimazione in capo al soggetto che il bene ha acquisito”, in quanto “ … la normativa sul condono, nel disciplinare le obbligazioni ad esso connesse, include gli aventi causa tra i soggetti in ogni caso legittimati dal punto di vista passivo configurando una sorta di obbligazioni propter rem connesse alla proprietà del bene, sia con riferimento alle somme versate a titolo di oblazione sia per gli altri oneri concessori. In tal senso depone, a titolo esemplificativo, la lettura dell’art. 37 comma 1 l. n. 47/85 secondo cui l’obbligazione inerente il pagamento del contributo concessorio, se non soddisfatto dal richiedente la sanatoria, grava comunque sugli altri soggetti indicati dall’art. 31 comma 1 e 3, tra i quali è incluso anche l’avente causa dal richiedente la sanatoria”.

Prosegue la pronuncia in rassegna rilevando che, “ se da un lato la legge presuppone nei richiedenti la sanatoria la qualità di soggetti obbligati in via principale al pagamento degli oneri derivanti dalla sanatoria, d’altra parte fa emergere come l’interesse azionato con la domanda di condono di immobile abusivo è comunque quello insito nella titolarità dell’immobile abusivo, dato che, chiamato a rispondere del pagamento del contributo concessorio e/o dell’oblazione, può ben essere anche l’avente causa dal destinatario della sanatoria. La stretta connessione evidentemente sussistente tra titolarità dell’immobile ed obblighi derivanti dalla concessione rende questi ultimi assimilabili alle obbligazioni propter rem, appunto caratterizzate dal fatto che l’obbligato è individuabile in base alla titolarità di un diritto reale su un determinato bene ed implica il trasferimento di essi in concomitanza con il trasferimento del diritto reale cui accedono”.

Né è stata dal giudice di primo grado apprezzata la tesi, sostenuta da parte ricorrente, “ di aver acquistato il bene in questione libero da vincoli ed oneri”, in quanto nel decreto del Tribunale di Napoli del 30 gennaio 1995 di trasferimento dell’immobile “ già di proprietà della SO.L.E.I. all’aggiudicataria Fiart Cantieri Italiani s.p.a .” non solo “si dà atto della pendenza dell’istanza di sanatoria, ma, in una all’indicazione delle somme già versate per conseguirla, è testualmente affermato, ancorché indicato come totale dovuto l’importo di Lire 106.746.000, “di restare in attesa di conoscere il saldo da versare”.

In punto di prescrizione della pretesa vantata dal Comune di Pozzuoli, il Tribunale ha evidenziato che le domande di condono abbisognano “per la loro definizione della previa acquisizione del parere di compatibilità paesaggistica ex art. 32 l. 47 del 1985”: per cui “i termini di legge di cui al successivo art. 35, comma 18, per la formazione del silenzio assenso e per la connessa applicabilità della prescrizione breve di trentasei mesi per le richieste di conguaglio o di rimborso delle somme (dovute o versate) decorrono dalla data di emanazione del parere (se) favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo stesso … e non già dalla data di presentazione della domanda di condono, come sostenuto dalla parte ricorrente”.

Ed ha, ulteriormente, soggiunto che “ il decorso dei termini fissati dal diciottesimo comma dell'articolo 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ventiquattro mesi per la formazione del silenzio - accoglimento sulla istanza di condono edilizio e trentasei mesi per la prescrizione dell'eventuale diritto al conguaglio delle somme dovute) presuppone in ogni caso la completezza della domanda di sanatoria accompagnata in particolare dall'integrale pagamento di quanto dovuto a titolo di oblazione per quanto attiene la formazione del silenzio accoglimento”: e, dal momento che “l’integrale pagamento delle somme a titolo di oblazione … non vi è stato, in conseguenza il silenzio-assenso non si è potuto formare, sicché non scatta il termine prescrizionale breve come sostenuto da Fiart”.

Da ultimo, il T.A.R. ha osservato che:

- in presenza dell’espresso avvertimento, contenuto nell’atto comunale impugnato, secondo cui, “non provvedendosi al saldo dell’oblazione nel termine di 60 giorni decorrenti dalla notifica dell’atto, si sarebbe proceduto all’archiviazione della pratica, adottando i provvedimento previsti dall’art. 40 della legge 47/1985, nel mentre la pratica rimarrà sospesa a tutti gli effetti”;

- “detta statuizione non è stata fatta oggetto di impugnativa”, con conseguente, affermata efficacia delle statuizioni sopra riportate ed esclusa maturazione della “prescrizione … rispetto al diritto del Comune di ottenere il pagamento delle somme dovute a conguaglio, costituente presupposto (uno dei presupposti) ai fini del rilascio del titolo a sanatoria, ovvero per potersi validamente sostenere la sua avvenuta formazione tramite silenzio-assenso”.

3. La sentenza appellata merita, ancorché in esito a percorso motivazionale parzialmente non coincidente, conferma.

3.1 Va, in primo luogo, escluso che la pretesa creditoria (pagamento del conguaglio relativo alle somme dovute a titolo di oblazione da parte di SO.LEI., richiedente rilascio di concessione in sanatoria ed alla quale è subentrata, a seguito di procedura fallimentare, l’odierna appellante) sia stata dal Comune azionata nei confronti di soggetto (FIART – Cantieri Italiani S.p.A.) privo di legittimazione passiva.

In linea generale, va infatti ribadito che l’obbligazione pecuniaria relativa al pagamento dell’oblazione conseguente al provvedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria è accessoria e conseguenziale rispetto all’atto autoritativo con il quale è stata valutata la conformità dell’intervento edilizio, nel contesto delle condizioni normativamente contemplate per l’emissione dell’atto che ne dispone la sanatoria (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 24 febbraio 2011, n. 1235).

Costituisce, infatti, jus receptum il principio in base al quale la normativa sul condono, nel disciplinare le obbligazioni ad esso connesse, include gli aventi causa tra i soggetti in ogni caso legittimati dal punto di vista passivo, configurando esse una sorta di obbligazioni propter rem legate alla proprietà del bene, sia con riferimento alle somme dovute a titolo di oblazione, sia per gli altri oneri concessori.

In tal senso, depone a titolo esemplificativo l’art. 37, comma 1, della legge n. 47 del 1985, in base al quale l’obbligazione per il pagamento dei contributi concessori, se non soddisfatto dal richiedente la sanatoria, grava comunque sugli altri soggetti indicati dall’art. 31, commi 1 e 3, tra i quali è da ricomprendere l'avente causa dal richiedente la sanatoria (quale l’odierna appellante, pur se acquirente a seguito di procedura concorsuale attivata per effetto del fallimento di SO.LEI.).

A quest’ultimo specifico riguardo, la giurisprudenza civile, da cui non vi sono ragioni per discostarsi, è ferma nel ritenere che l’acquisto di un bene da parte dell’aggiudicatario in sede di esecuzione forzata, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario in quanto da ricollegarsi ad un provvedimento del giudice dell’esecuzione, abbia natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, traducendosi nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 13 marzo 2017, n. 6386;
Sez. II, 25 ottobre 2010, n. 21830).

A sua volta, l’art. 39, comma 6, della legge n. 724 del 1994 contiene analoga previsione a carico dei soggetti aventi causa per il caso di mancato integrale versamento dell'oblazione.

Pertanto, se da un lato, la legge presuppone nei richiedenti la sanatoria la qualità di soggetti obbligati in via principale al pagamento degli oneri derivanti dalla medesima, dall’altro fa emergere come l’interesse azionato con la domanda di condono di un abuso edilizio sia comunque strettamente collegato alla titolarità dell’immobile abusivo.

In definitiva, la normativa sul condono (in coerenza con il principio per il quale i poteri repressivi e sanzionatori prescindono dalle vicende civilistiche del bene), nel disciplinare le obbligazioni ad esso connesse, include gli aventi causa tra i soggetti in ogni caso legittimati dal punto di vista passivo, configurando una sorta di obbligazioni propter rem connesse alla proprietà del bene, sia con riferimento alle somme versate a titolo di oblazione sia per gli altri oneri concessori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2018, n. 753).

La stretta connessione evidentemente sussistente tra la titolarità dell’immobile e gli obblighi derivanti dalla concessione rende questi ultimi assimilabili alle obbligazioni propter rem , appunto caratterizzate dal fatto che l’obbligato è individuabile in base alla titolarità di un diritto reale su un determinato bene ed implica il trasferimento di essi in concomitanza con il trasferimento del diritto reale cui accedono.

D’altronde, altrimenti opinando, se per un verso verrebbe a configurarsi il rischio di elusione degli obblighi connessi al peculiare assenso per condono, tramite la cessione del bene condonato, per altro verso, proprio per il caso di insolvibilità dell’originario proprietario, è pienamente ragionevole una normativa secondo cui il beneficio della permanenza di un bene in base all’eccezionale meccanismo del condono venga sopportato (anche) dall’effettivo titolare e beneficiario del bene.

3.2 Se, per effetto di quanto precedentemente osservato, la censura con la quale viene argomentata la carenza di legittimazione passiva di FIART non è suscettibile di condivisione, parimenti inaccoglibile è la doglianza con la quale la stessa parte appellante ha argomentato la prescrizione del credito in proposito fatto valere dal Comune di Pozzuoli.

L’art. 32, comma 1, della legge n. 47 del 1985 stabilisce che “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”; mentre il successivo art. 33 statuisce che non sono suscettibili di sanatoria, tra l’altro, le opere realizzate in contrasto con i “vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali” e con “ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree” , precisando che deve trattarsi di vincoli “imposti prima della esecuzione delle opere stesse”.

Ciò premesso, va rammentato come l’art. 35 della stessa legge prevede che “decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio” (e, dopo la novella di cui al decreto legge n. 2 del 1988, anche alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento);
specificando anche che, nelle ipotesi previste nell’art. 32, il termine in questione “decorre dall’emissione del parere previsto dal primo comma dello stesso art. 32”.

Per consolidato e condivisibile orientamento di questo Consiglio, dal combinato disposto degli artt. 32, 33 e 35 della legge n. 47 del 1985 si desume il principio che non sono suscettibili di sanatoria tacita immobili siti in aree sottoposte a vincolo paesaggistico-ambientale ( ex multis, Sez. VI, 10 aprile 2020, 2372, 2 luglio 2019, n. 4514 e 8 agosto 2014 n. 4226), in difetto del parere positivo espresso dell’autorità competente alla gestione del vincolo (Sez. IV, 19 dicembre 2016, n. 5366 e Sez. VI, 24 maggio 2016, n. 2179).

Nel caso in esame, poiché il vincolo era preesistente all’esecuzione dell’opera da sanare, l’esame della domanda di condono non poteva prescindere dalla previa valutazione di compatibilità paesaggistica dell’opera stessa.

Se il termine di prescrizione può decorrere soltanto dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.), deve escludersi che il dies a quo di decorrenza della prescrizione possa essere individuato in data anteriore, rispetto a quella in cui è stato reso parere favorevole da parte del Soprintendente per i beni ambientali (16 gennaio 1988).

Ciò posto, rammenta il Collegio come il termine breve di prescrizione di 36 mesi, fissato dall’art. 35 della legge n. 47 del 1985, decorra dalla data di presentazione dell’istanza, solo ove la stessa sia corredata di tutta la documentazione necessaria alla sua definizione: dovendosi altrimenti collocare il predetto dies a quo nel momento in cui quest’ultima sia completa, anche a seguito delle richieste istruttorie formulate dall’ente.

Costante giurisprudenza di questo Consiglio e della Sezione (cfr. sentenza 27 aprile 2020, n. 2701) ha, infatti, affermato che il termine di che trattasi “può decorrere soltanto dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.) e, quindi, soltanto dal momento in cui l’amministrazione disponga di tutti gli elementi necessari per quantificare la misura del conguaglio eventualmente dovuto (ex ceteris, C.d.S., sez. V, 30 aprile 2014, n. 2264)”.

Tale regola presuppone, quindi, che l’Amministrazione sia stata posta in condizione di controllare la correttezza delle somme versate, in quanto accessive ad una domanda di condono completa degli elementi necessari a renderla valutabile ( recte , ammissibile).

La completezza della domanda, quindi, sia nel senso del corredo documentale obbligatorio, che avuto riguardo alle somme dovute, incide sia sulla decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso, sia ai fini della riconosciuta possibilità all’Amministrazione di verificare la congruità dei versamenti effettuati, chiedendone, appunto, l’eventuale integrazione (“conguaglio”) laddove non satisfattivi (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 21 maggio 2019, n. 3241, 6 febbraio 2018, n. 753, 18 gennaio 2017, n. 187 e 28 gennaio 2016, n. 314;
Sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 1210).

Il computo dell’oblazione e degli oneri di urbanizzazione, infatti, richiede necessariamente la valutazione della documentazione prescritta dall’art. 35, comma 3, della legge n. 47 del 1985, in assenza della quale non è neppure ipotizzabile un riscontro della correttezza di quanto autonomamente liquidato.

E tale è la ragione per cui la prescrizione del credito ad eventuali conguagli presuppone che la pratica di sanatoria edilizia sia definita in tutti i suoi aspetti, senza omissioni documentali suscettibili di alterare la valutazione degli uffici, così da rendere precisamente determinabili, alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge, l’ an ed il quantum dell’obbligazione gravante sul privato alla stregua dell’art. 2935 c.c. (Cons. Stato, Sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 207).

Se il decorso dei termini fissati dall’art. 35, comma 18, presuppone in ogni caso la completezza della domanda di sanatoria, accompagnata dall’integrale pagamento di quanto dovuto a titolo di oblazione (in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2018, n. 753), deve allora escludersi che, quanto alla vicenda in esame, il termine prescrizionale della pretesa fatta valere dal Comune di Pozzuoli sia inutilmente spirato, atteso che, in difetto dell’integrale pagamento, ad opera della richiedente il condono (così come della avente causa di quest’ultima), delle somme a titolo di oblazione, il silenzio-assenso non si è potuto formare.

4. La constatata infondatezza delle argomentazioni articolate con il presente appello ne impone la reiezione, con riveniente conferma della sentenza di primo grado.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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