Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-05-25, n. 202204188
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Pubblicato il 25/05/2022
N. 04188/2022REG.PROV.COLL.
N. 04635/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4635 del 2016, proposto dalla Società Fintrading S.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, con il successivo subentro dell’incorporante Triveneta S.r.l., rappresentata e difesa dall’avvocato M R, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato P S in Roma, viale dei Parioli 27,
contro
il Comune di Faedis, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M E V, L Z e P Z, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato M E V in Roma, via Giovanni Amendola 46,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Friuli Venezia Giulia, n. 520 del 24 novembre 2015, resa tra le parti, concernente un’ordinanza di demolizione di opere abusive.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Faedis;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 2 maggio 2022 il consigliere G Sbbato e uditi, per l’appellante, gli avvocati Mauro Maiolini, in sostituzione dell’avvocato Maura Rossignoli, e L Z, per la parte appellata, in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams”;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Fintrading S.r.l., concessionaria privata del Ministero Poste e Telecomunicazioni per la radiodiffusione televisiva in ambito locale, agiva in giudizio per l’annullamento del provvedimento del 28 settembre 1999, prot. 7531, del Sindaco del Comune di Faedis, che disponeva, ai sensi della legge regionale del 19 novembre 1991 n. 52, la notifica del verbale di inottemperanza nei confronti della ditta ricorrente per la demolizione di un’antenna trasmittente, con l’avvertenza che, in carenza, si sarebbe proceduto ad avviare le procedure per la demolizione dell’opera.
L’antenna si trovava su un traliccio - di proprietà prima della Teleimpianti S.r.l. poi della Triveneta S.p.a. e, successivamente, della società ricorrente - ubicato sulla copertura di un fabbricato di proprietà del signor Maurilio Zuanigh. Questi, unitamente al signor Ermanno Chesen, legale rappresentante della società Teleimpianti S.r.l., erano stati assolti dal Pretore di Udine – sezione staccata di Cividale del Friuli, dal reato di cui all’art. 20, lett. B) della legge n. 47 del 1985, non essendo stata ravvisata la necessità di conseguire la previa concessione edilizia per l’installazione del suddetto impianto.
2. Avverso il provvedimento impugnato la ricorrente deduceva i seguenti motivi di ricorso:
i) Violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241 del 1990 , per mancato avviso di avvio del procedimento;
ii) Errore sui presupposti dell’azione , in quanto le antenne televisive, non avrebbero alcun impatto sull’ambiente;
iii) Violazione del diritto della ricorrente a esercitare l’impianto in quanto concessionaria del Ministero ;
iv) Violazione dell’articolo 4 della legge 223 del 1990 e dell’articolo 3 della legge 249 del 1997 , che consentono l’istallazione delle antenne;
v) Difetto di presupposto per carenza di motivazione sulle ragioni per cui il traliccio deve essere demolito;
vi) Violazione degli articoli 15 e 21 della Costituzione e infine per mancato rispetto del decreto di concessione del Ministro e per incompetenza assoluta .
3. Con sentenza n 190/2010 del T.a.r. Trieste il giudizio veniva sospeso ex art. 295 c.p.c. per ragioni di pregiudizialità, in quanto pendente presso il Consiglio di Stato il ricorso in appello avverso la sentenza n. 502 del 2009 (e non la sentenza n. 677/2009 come erroneamente riportato nella sentenza impugnata e nella sentenza n. 190/2010) del T.a.r.
4. Con successive memorie la ricorrente faceva presente che nel frattempo aveva modificato l’impianto sulla base delle più recenti tecnologie così illustrando i relativi mutamenti della situazione di fatto.
5. Si costituiva in giudizio il Comune eccependo l’inammissibilità del ricorso per il formarsi di giudicato sfavorevole alla ditta ricorrente sulla questione.
6. Con sentenza n. 520/2015 il T.a.r. Trieste premetteva che - avverso il provvedimento che ordinava la demolizione dell’antenna presupposto a quello impugnato, n. 23/98 dell’11 agosto 1998 - era già stato presentato il ricorso n. 677 del 1998, deciso con sentenza numero 502 del 2009 di rigetto del ricorso medesimo, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2411 del 2015. Pertanto dichiarava il ricorso inammissibile in base alla regola del ne bis in idem , avendo il provvedimento impugnato come immediato presupposto l’ordine di demolizione reputato legittimo con sentenza passata in giudicato ed essendo stato il primo provvedimento impugnato per soli vizi afferenti all’atto presupposto.
Sull’unica censura autonoma, riguardante il mancato preavviso di provvedimento, il T.a.r. reputava il ricorso infondato, in quanto l’atto risultava vincolato al mero accertamento dell’inottemperanza al precedente ordine. Ha quindi condannato la ditta ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio (€ 3.000,00).
7. Avverso la sentenza n. 520/2015 del T.a.r. Trieste la ricorrente di primo grado ha proposto appello, notificato il 27 maggio 2016 e depositato il 9 giugno 2016, deducendo, nell’ambito di un unico motivo (pagina 10), la violazione degli articoli 7 e 8 della legge 241 del 1990, atteso che, contrariamente a quanto opinato dal giudice di prime cure, il Comune di Faedis avrebbe dovuto inoltrare preventivamente all’appellante la comunicazione di avvio del procedimento al fine di permettergli di presentare osservazioni o deduzioni tali da escludere l’inottemperanza. L’appellante ha concluso chiedendo l’annullamento e/o la riforma dell’impugnata sentenza con conseguente annullamento dell’atto impugnato in prime cure con vittoria di spese.
8. In data 21 luglio 2016, il Comune di Faedis si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto dell’appello.
9. In data 8 luglio 2021, la società Triveneta S.r.l., quale società incorporante la Fintrading S.r.l. ha depositato istanza di fissazione udienza dichiarando di avere ancora interesse alla decisione.
10. In vista dell’udienza di trattazione del ricorso, entrambe le parti hanno depositato memorie, l’appellato anche in replica, insistendo per le rispettive conclusioni ed osservando l’appellato che il provvedimento impugnato in prime cure costituisce un mero accertamento tecnico fondato su un presupposto di fatto rientrante, peraltro, nella sfera di controllo del soggetto interessato e che, in ogni caso, troverebbe applicazione l’art. 21 octies della l.n. 241/90;l’appellante ha a sua volta insistito nel denunciare l’obliterazione del momento partecipativo sebbene necessario.
11. All’udienza del 2 maggio 2022, svoltasi con modalità telematica, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
12. L’appello, come eccepito da parte appellata, sarebbe preliminarmente da dichiarare inammissibile dovendosi rilevare che, con la sentenza appellata, il T.a.r. dichiarava il ricorso di primo grado inammissibile cosicché l’invocata indagine di merito circa la pretesa fondatezza del primo dei motivi sollevati con il ricorso di prime cure non può avere accesso a questo giudizio se non con la previa rimozione della predetta statuizione in rito che tuttavia non è stata contestata da parte appellante.
13. Il Collegio ritiene tuttavia di accedere comunque alla disamina del merito dell’appello dovendosene rilevare l’infondatezza.
13.1 Come esposto in narrativa il gravame in esame presenta un unico rilievo, con il quale si deduce la violazione del principio di partecipazione procedimentale che, a parere dell’appellante, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto attuare attraverso la comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento che si è concluso con l’adozione dell’atto con il quale, resosi atto della mancata demolizione dell’antenna realizzata abusivamente, si preannunciava l’avvio delle operazioni di demolizione d’ufficio.
13.2 A fronte di tali deduzioni parte appellata formula una serie di considerazioni che si collocano su un duplice piano argomentativo e che risultano convincenti sotto entrambi i profili evidenziati.
13.2.1 Per quanto riguarda il primo aspetto è condivisibile quanto osservato a proposito della natura vincolata dell’atto in questione, fondandosi questo sulla semplice presa d’atto della mancata demolizione dell’opera abusiva quale mera circostanza fattuale per la quale non si pone l’esercizio di alcun diaframma discrezionale. Vale quindi il principio generale secondo cui il principio di partecipazione procedimentale non è indefinito ma è sottoposto a un ambito applicativo i cui confini coincidono con la latitudine del potere discrezionale della pubblica amministrazione che, per le ragioni anzidette, non emerge sotto alcun profilo.
13.2.2 Ma anche il secondo ordine di considerazioni opposto da parte appellata è pienamente convincente, in quanto parte appellante nemmeno in questa sede ha prospettato all’attenzione di questo Consiglio elementi o circostanze che poteva evidenziare all’amministrazione se gli fosse stato consentito di partecipare al procedimento, limitandosi a formulare considerazioni ipotetiche con le quali prospetta la mera astratta possibilità dell’intervento di un provvedimento giurisdizionale annullatorio della precedente ordinanza di demolizione. Vale quindi, al riguardo, il principio di dequotazione dei vizi formali, sancito dall’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990. Secondo consolidato orientamento di questo Consiglio, infatti, “ l’omissione della fase partecipativa attraverso la comunicazione di avvio del procedimento non cagiona l'automatica illegittimità del provvedimento finale, qualora possa trova applicazione l'art. 21 octies l. n. 241 del 1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento per vizi formali non incidenti sulla sua legittimità sostanziale e il cui contenuto non avrebbe potuto essere differente da quello in concreto adottato;poiché detto art. 21octies,attraverso la dequotazione dei vizi formali dell'atto, mira a garantire una maggiore efficienza all'azione amministrativa, risparmiando antieconomiche ed inutili duplicazioni di attività, laddove il riesercizio del potere non potrebbe comunque portare all'attribuzione del bene della vita richiesto dall'interessato, l'atto amministrativo non può essere annullato ” (cfr. Cons Stato, sez. II, 14 ottobre 2020, n. 6220).
14. L’appello è conclusivamente da respingere perché infondato.
15. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.