Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-09-15, n. 202005445
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Pubblicato il 15/09/2020
N. 05445/2020REG.PROV.COLL.
N. 09942/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9942 del 2019, proposto dalle società Basi 15 S.r.l. e Cemitaly S.p.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'avvocato S G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Barberini, n. 12;
contro
il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Napoli, Ispra - Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Del Mese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, Piazzale Pisacane;
nei confronti
il Comune di Napoli in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Fabio Maria Ferrari ed Andrea Camarda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Leone in Roma, via Appennini, n. 46;
la Regione Campania, Regione Campania-Dgae, Città Metropolitana di Napoli, Agenzia Regionale per la Protezione Dell’Ambiente della Campania, Comm. Straordinario Gov. Bonifica Amb. Rig. Urb. Area Rilev. Int. Naz. Bagnoli-Coroglio, Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, Istituto Nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, Istituto Superiore di Sanità, Asl Napoli 1 Centro, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quinta) n. 3987/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Comune di Napoli e dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2020 il Cons. Alessandro Verrico e udito l’avvocato S G che ha chiesto il passaggio in decisione, con tutti gli effetti di legge;
Visto il d.l. n. 28 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’area oggetto di esame, inclusa nel perimetro del sito di interesse nazionale di “Bagnoli-Coroglio”, istituito con d.m. 31 agosto 2001, faceva parte del sito industriale siderurgico ex ILVA s.p.a. dal 1904 al 2 febbraio 1952, quando veniva venduta alla società Cementir-Cementerie del Tirreno s.p.a. (al tempo interamente di proprietà IRI), che vi realizzava un cementificio in grado di utilizzare i residui industriali dell’impianto siderurgico.
In seguito, in data 20 febbraio 1992, l’IRI vendeva la maggioranza delle azioni della s.p.a. Cementir- Cementerie del Tirreno (51,78% del capitale sociale) alla società Caltagirone s.p.a., che si occupava della chiusura del cementificio (già in fase di dismissione sotto la vecchia gestione), portandola a termine nel 1993.
In data 27 dicembre 2007 la società Cementir-Cementerie del Tirreno vendeva l’area del cementificio (ormai inattivo) alla società Cementir Italia s.p.a., dopo aver effettuato in suo favore il conferimento d’azienda infragruppo il 20 dicembre 2007.
Infine, in data 22 luglio 2015 la società Cementir Italia, mediante atto di scissione parziale proporzionale, trasferiva l’area alla società Basi 15 s.r.l., società che assieme alla prima faceva capo al gruppo Caltagirone s.p.a.
Recentemente la società Cementir Italia è stata ceduta alla Italcementi s.p.a. (a sua volta interamente controllata dal gruppo Heidelberg Cement France) ed ha mutato la propria denominazione in Cemitaly s.p.a.
1.1. La società Cementir - Cementerie del Tirreno s.p.a., dante causa della società Cementir, svolgeva, su propria iniziativa, le attività di caratterizzazione secondo un piano approvato dal Ministero dell’ambiente, del territorio e del mare (MATTM). Invero, erano state rilevate contaminazioni del suolo e delle acque di falda, stante il superamento dei limiti previsti dal d.m. n. 471/99 per diversi elementi, ed erano state quindi ritenute necessarie le procedure di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale.
In particolare, già nel marzo 2004, Cementir – Cementerie del Tirreno s.p.a. presentava al Ministero dell’ambiente del territorio e del mare e alle altre autorità competenti il piano di caratterizzazione redatto ai sensi del d.m. del 25 ottobre 1999, n. 471.
Le attività di caratterizzazione venivano avviate a settembre 2006 e le indagini di caratterizzazione venivano effettuate tra il 2009 e il 2011, con la precisazione che dal 27 dicembre 2007, dopo la vendita dello stabilimento, le indagini ambientali veniva continuate dalla società Cementir Italia.
1.2. In particolare, la società Cementir subentrava nella procedura, elaborando il documento di analisi del rischio sanitario ed ambientale e trasmettendolo il 15 luglio 2013 (prot. n. 879/2013).
1.3. In data 23 aprile 2014 la Conferenza di Servizi chiedeva alla società Cementir Italia di “ valutare il rischio per lo scenario di esposizione verde/ricreativo […] dal momento che l’area interessata dall’analisi di rischio è inserita nel Piano Urbanistico Attuativo e nel più recente PUE del Comune di Napoli, con destinazione a Parco Urbano ”.
La Conferenza di Servizi decisoria del 10 luglio 2014 concludeva pertanto per richiedere alla società Cementir di elaborare l’analisi di rischio sito-specifica per lo scenario di esposizione verde/ricreativo e riteneva approvabile con prescrizioni (di ISPRA ed ARPAC) il Progetto di bonifica delle acque di falda sotterranee.
2. Successivamente la società Cementir, con ricorso R.G. n. 5495/2014 proposto dinanzi al T.a.r. per la Campania sede di Napoli, impugnava gli atti della conferenza di servizi decisoria del 10 luglio 2014 relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Napoli Bagnoli-Coroglio, nella parte in cui si richiede alla Cementir Italia s.p.a. “ di adempiere agli obblighi di MISE e di bonifica dell’area di sua proprietà e, in particolare, di elaborare l’analisi di rischio sito-specifica per lo scenario di esposizione verde/ricreativo, dal momento che il Comune di Napoli ha dichiarato, durante la Conferenza di servizi istruttoria del 23 aprile 2014, che l’area di proprietà della ricorrente è inserita nel Piano Urbanistico Attuativo e nel più recente PUE del Comune medesimo, con destinazione a Parco Urbano ”.
Invero, l’analisi di rischio sito-specifica proposta dalla società era stata condotta considerando uno scenario di tipo commerciale/industriale e per i suoli non evidenziava la necessità di alcun intervento di bonifica. Tuttavia, a seguito della nuova destinazione dell’area a parco urbano da parte del Comune cambiavano le necessità di analisi.
2.1. Con motivi aggiunti, la ricorrente – dopo aver riferito che nelle more del giudizio, con d.m. 27 giugno 2016 n. 366 (impugnato con distinto ricorso R.G. n. 4410/2016), veniva approvato il progetto di bonifica per le acque di falda –impugnava il resoconto della riunione tecnica convocata il 28 novembre 2016 presso la sede del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con cui, quanto alla contaminazione del suolo, si rilevava la mancata trasmissione della documentazione chiesta dalla Conferenza decisoria del 10 luglio 2014, ribadendosi l’invito a rielaborare l’analisi di rischio sito-specifica nel termine di sessanta giorni in conformità alle disposizioni già impartite e di quanto dichiarato dal Comune di Napoli, circa la destinazione urbanistica a parco urbano, e precisandosi che: “ A tal fine, dovranno essere assunti quali contaminanti indicatori tutti i parametri che hanno mostrato almeno un superamento delle CSC relative a siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale (confronto con Col. A, Tab. 1, Parte IV, Titolo V, All. 5 del D. lgs. 152/06). Lo studio dovrà essere effettuato considerando le caratteristiche del sito e i parametri di esposizione rappresentativi dello scenario di utilizzo attuale del sito ”.
3. Il T.a.r., con la sentenza n. 3987/2019, pubblicata il 19 luglio 2019, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Secondo il Tribunale, in particolare:
a) la ricorrente, elaborando il documento di analisi del rischio sanitario ed ambientale, subentrava nella procedura di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale attivate ad iniziativa della dante causa (Cementir – Cementerie del Tirreno), la quale, pur dichiarandosi proprietaria incolpevole, di propria iniziativa presentava il piano di caratterizzazione al Ministero dell’ambiente, del territorio e del mare nel 2004, integrandolo nel 2006, e poi svolgeva le attività di caratterizzazione;
b) avendo la società proprietaria presentato di sua iniziativa il piano di caratterizzazione, legittimamente l’autorità competente, in disparte ogni accertamento sull’addebitabilità del segnalato inquinamento, ha immediatamente dato corso alle ulteriori fasi della procedura, essendosi limitata a richiedere, per quanto d’interesse nel presente giudizio, di rielaborare l’analisi di rischio sito-specifica secondo lo scenario di esposizione verde/ricreativo e non secondo quello commerciale/industriale;
c) al riguardo non determina alcun effetto interruttivo sul procedimento l’intervenuto trasferimento della proprietà dell’impianto in favore della società Basi 15 s.r.l.;
d) non vi è disparità di trattamento in quanto mentre l’area Cementir ricade interamente ed esclusivamente nel parco urbano di Bagnoli, le aree già di proprietà della società Bagnolifitura s.p.a., corrispondenti a quelle della ex Italsider, “ ricadono in aree che la Variante occidentale e il PUA di Coroglio-Bagnoli destinano sia a parco urbano e residenze, sia a destinazioni commerciali e produttive ”;
e) non vi è contraddittorietà o difetto di motivazione perché già nella conferenza di servizi istruttoria del 23 aprile 2014 si prendeva atto di quanto evidenziato dal Comune di Napoli in merito alla destinazione d’uso del PUE, laddove prevede che l’area Cementir sia adibita a parco urbano;
f) l’organismo amministrativo ha correttamente tenuto conto della destinazione d’uso impressa dalla disciplina urbanistica vigente al momento della valutazione rimessa alle sue cure e non di quella eventualmente pregressa;
g) nonostante la presenza del soggetto attuatore dell’intervento programmato di realizzazione del parco urbano, ossia la società di trasformazione urbana Bagnolifutura, fino al perfezionamento della procedura espropriativa resta in capo al titolare del bene la facoltà di attivare le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale;
h) risulta conseguentemente manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale dei “ Criteri generali per l’analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica ” previsti dall’Allegato 1 del Titolo V della Parte IV del d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost.;
i) il regime urbanistico e dominicale dei suoli è rimasto invariato a seguito sia della deliberazione n. 270 del 30 aprile 2014 che dell’art. 33 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133.
4. Le società Basi 15 e Cemitaly hanno proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, le appellanti hanno sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 64, co. 2, c.p.a. (extrapetizione). Violazione e falsa applicazione dell’art. 34 c.p.a. (errore sul fatto) ”: la sentenza viene censurata per vizio di ultrapetizione ed errore sul fatto, assumendo che il T.a.r. avrebbe commesso un error in procedendo nel ritenere la parte appellante tenuta ad ottemperare alle prescrizioni imposte dal Commissario straordinario, poiché si sarebbe accollata spontaneamente l’obbligo di bonifica. In particolare, tale ultimo assunto non sarebbe suffragato da alcun documento presente in atti e sarebbe basato su un errore di fatto, dal momento che non era stata mai presentata la dichiarazione prevista dall’art. 9 del d.m. n. 471/1999;
ii) “ Violazione e falsa applicazione del combinato disposto dagli artt. 17, co. 13-bis del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e 9 del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471. Violazione e falsa applicazione degli art. 239 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, con particolare riferimento agli artt. 242, 244, 252 e 253. Violazione e falsa applicazione del principio chi inquina paga espresso dall’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dalla Direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004 ”: le appellanti censurano l’ error in procedendo della sentenza impugnata, laddove non si sarebbe tenuto conto che le Amministrazioni resistenti non avrebbero colposamente individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento, su cui gravano gli interventi ed i costi della bonifica, con ciò conseguentemente onerandosi la società di obblighi che non perterrebbero, in un’ottica di prevedibilità, ragionevolezza e proporzionalità, in capo al proprietario incolpevole;
iii) “ Violazione e falsa applicazione degli art. 239 e ss. del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, con particolare riferimento agli artt. 242, 244, 252 e 253. Violazione e falsa applicazione del principio chi inquina paga espresso dall’art. 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea e dalla Direttiva 2004/35/CE del 21 aprile 2004. Riproposizione, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., del primo motivo di ricorso dedotto nel ricorso introduttivo e nel ricorso con motivi aggiunti, in alcun modo esaminati e/o oggetto di specifica statuizione nel giudizio di primo grado ”: le società appellanti deducono l’erroneo assorbimento nella impugnata pronuncia del motivo del ricorso di primo grado, laddove si sosteneva che illegittimamente l’Amministrazione emanante avrebbe loro addossato gli obblighi ex art. 239 e segg. del d.lgs. n.152/2006, nonostante non fosse stato accertato un loro concorso nell’inquinamento del suolo e delle acque di falda. Diversamente, il motivo risulterebbe fondato in ragione delle statuizioni della consolidata giurisprudenza, nazionale ed europea, che ha declinato il principio del chi inquina paga;
iv) “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241. Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento”: la parte appellante insiste nel dedurre la sussistenza di una disparità di trattamento, quanto alla richiesta di rielaborazione dell’analisi di rischio, rispetto al Fallimento Bagnoli Futura s.p.a., per il quale, infatti, la Conferenza aveva chiesto di “elaborare l’analisi di rischio sia per lo scenario verde/residenziale che commerciale/industriale, anche al fine di evidenziare le diverse necessità di intervento ”;
v) “ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per contraddittorietà dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di motivazione ”: ad avviso delle appellanti, il primo giudice non avrebbe tenuto conto che la richiesta di elaborazione di una diversa analisi di rischio sito/specifica si poneva in contraddizione con gli atti adottati (anche di quelli sopravvenuti all’adozione del Piano Urbanistico Esecutivo del Comune di Napoli) sino allo svolgimento della Conferenza di servizi istruttoria. Peraltro, la contraddittorietà non avrebbe dovuto essere dedotta dal contenuto del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 23 aprile 2014, bensì dal contenuto di tutti i precedenti provvedimenti che erano stati emessi sino a quel momento nei confronti della Cementir-Cementerie del Tirreno s.p.a. e Cementir Italia s.p.a.;
vi) “ Violazione e falsa applicazione dei Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica previsti dell’Allegato 1 al Titolo V della Parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione della normativa prevista dalla pianificazione urbanistica del sito di Bagnoli-Coroglio. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Riproposizione, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., del quarto motivo di ricorso dedotto nel ricorso introduttivo e nel ricorso con motivi aggiunti, in alcun modo esaminati e/o oggetto di specifica statuizione nel giudizio di primo grado ”: la parte appellante, in particolare, denuncia la violazione dei Criteri generali per l’analisi di rischio sanitario ambientale rischio-specifica , di cui all’Allegato 1, Titolo V, parte IV del d.lgs. n. 152/2006, assumendo che il giudice di primo grado avrebbe errato nel respingere la censura nella quale si deduceva che il destinatario della prescrizione imposta dalla determinazione finale della Conferenza di servizi decisoria del 10 luglio 2014 fosse da identificarsi nel soggetto incaricato della realizzazione del Parco Urbano, a seguito di imposizione di vincolo di esproprio, e non già nell’attuale proprietario del sito contaminato;
vii) “ Violazione e falsa applicazione dei Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica previsti dell’Allegato 1 al Titolo V della Parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per irragionevolezza. In via subordinata Illegittimità costituzionale dei Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica previsti dell’Allegato 1 al Titolo V della Parte IV del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione. Incostituzionalità della normativa richiamata – per irragionevolezza e ingiustizia manifesta – nella parte in cui può essere interpretata come in grado di imporre al soggetto proprietario di un’area su cui è apposto un vincolo preordinato all’esproprio di predisporre un’analisi di rischio sulla base della destinazione d’uso che avrà l’area quando non sarà più sua. Riproposizione, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., del quinto motivo di ricorso dedotto nel ricorso introduttivo e nel ricorso con motivi aggiunti, in alcun modo esaminati e/o oggetto di specifica statuizione nel giudizio di primo grado ”: l’appellante ripropone la censura con cui si contestava l’imposizione della predisposizione di un’analisi di rischio in capo all’attuale titolare del sito, sulla base di una destinazione d’uso futura, attuabile allorché l’area non sarebbe stata più di proprietà del destinatario dell’ordine;per lo stesso motivo, in subordine, si censura l’incostituzionalità della normativa richiamata in epigrafe nella parte in cui può essere interpretata come in grado di imporre al soggetto proprietario di un’area su cui è apposto un vincolo preordinato all’esproprio di predisporre un analisi di rischio sulla base della destinazione d’uso che avrà l’area quando non sarà più sua.
viii) “ Violazione e falsa applicazione della deliberazione 30 aprile 2014, n. 270 del Comune di Napoli. Violazione e falsa applicazione della normativa prevista dalla pianificazione urbanistica del sito di Bagnoli-Coroglio. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere per mancanza dei presupposti dell’agire amministrativo. Eccesso di potere per travisamento dei fatti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133. Illegittimità sopravvenuta della determinazione impugnata (per mancanza dei presupposti) a seguito dell’emanazione della norma richiamata ”: con tale censura si contesta che le previsioni urbanistiche che sorreggevano la rinnovata analisi di rischio richiesta alla società non fossero più attuali, essendo nelle more intervenuta la deliberazione della G.C. di Napoli n.270 del 30 aprile 2014, di indirizzo a che gli Uffici comunali revisionassero il P.U.A. del 2005, relativamente al S.I.N. Bagnoli-Coroglio. Ed inoltre, non si era tenuta nel debito conto la sopravvenienza normativa di cui all’art. 33 del d.lgs. n. 133/14, recante l’istituzione del sito di rilevante interesse nazionale Bagnoli-Coroglio, con conseguente previsione del Programma di riqualificazione ambientale e rigenerazione urbana, da approvarsi a cura del Commissario straordinario di Governo, su proposta del Soggetto Attuatore (Invitalia), che, rendendo l’intero perimetro del sito di Bagnoli –Coroglio privo di normazione urbanistica, ovvero zona bianca, comporterebbe che la prescrizione di formulazione di analisi di rischio sito-specifica sarebbe fondata su una strumentazione urbanistica non più applicabile;
ix) “ riproposizione di tutti i motivi dedotti per chiedere l’annullamento del resoconto della riunione tecnica convocata il 28 novembre 2016 presso la sede del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ”: le appellanti contestano l’affermazione del primo giudice secondo cui la riunione tecnica del 28 novembre 2016 non avrebbe avuto carattere novativo rispetto agli esiti della determinazione finale della Conferenza di Servizi del luglio 2014, quando, al contrario, emergerebbe che l’analisi di rischio richiesta da ultimo avrebbe avuto ad oggetto i parametri di esposizione rappresentativi dello scenario di utilizzo attuale del sito (ovvero un lavoratore in servizio di guardiania e vigilanza).
4.1. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale e il Comune di Napoli.
4.2. Il Ministero appellato ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, a causa del fatto che, dal settembre del 2015, in seguito alla nomina del Commissario straordinario, sarebbe venuto meno il proprio potere di adottare provvedimenti in relazione alla bonifica delle aree in esame, divenute di competenza commissariale. Il Ministero appellato, dando atto dello stato degli interventi attualmente in corso nelle aree di interesse, ha infine dedotto l’infondatezza dell’appello, opponendosi a ciascuna delle censure sollevate.
4.3. Il Comune di Napoli, previa preliminare richiesta di riunione del presente appello con gli altri appelli inerenti alla medesima vicenda fissati per la stessa udienza di discussione, ha eccepito:
a) l’improcedibilità dell’originario ricorso, ritenendo che il provvedimento inizialmente impugnato sia stato superato dal verbale della riunione tecnica della Conferenza di servizi decisoria del 28 novembre 2016, e, di poi, dalla successiva richiesta di cui alla nota del MATTM del 16 gennaio 2017;
b) l’improcedibilità dei motivi aggiunti, in quanto successivamente alla proposizione dell’attuale ricorso è stata notificata alla società Base 15 s.r.l. in data 30 aprile 2018 la nota del Commissario di Governo per la bonifica e la rigenerazione urbana con cui è stata chiesta la rivisitazione dell’analisi di rischio, in termini sostanzialmente omologhi a quelli oggetto dei precedenti provvedimenti ministeriali;
c) l’inammissibilità dell’originario ricorso, a causa della mancata impugnazione del verbale della conferenza di servizi decisoria del 4 agosto 2008, quale atto presupposto dei provvedimenti successivamente impugnati.
Nel merito, il Comune si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto, rilevando in particolare che ad oggi, non sarebbe stato imposto alla parte appellante un intervento di messa in sicurezza o di bonifica, ma unicamente la rielaborazione dell’analisi di rischio che spontaneamente essa ha inteso redigere.
4.4. Con memoria depositata in data 11 maggio 2020 le appellanti hanno replicato alle avverse deduzioni sia di rito che di merito, insistendo nelle censure dedotte.
5. All’udienza dell’11 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
6. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.
7. Il Collegio ritiene di non riunire il presente appello con gli altri appelli inerenti alla medesima vicenda fissati per la stessa udienza di discussione, alla luce dei rilevanti elementi di differenziazione sussistenti tra essi, stante l’ampia discrezionalità della facoltà di riunione rimessa al Giudice ai sensi dell'art. 70 c.p.a. ( ex multis , Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 2018, n. 6094;sez. V, 27 dicembre 2017, n. 6081).
8. In ragione dell’infondatezza dell’appello nel merito, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari di improcedibilità ed inammissibilità sollevate dalle parti appellate.
9. Nel merito, il Collegio, relativamente alle prime tre censure che – in quanto strettamente connesse – sono suscettibili di trattazione congiunta, osserva che le società Basi 15 e Cemitaly sostanzialmente deducono di non essersi mai fatte “ spontaneamente carico del risanamento ambientale della propria area ”, ma di aver solo dato esecuzione alle richieste delle competenti Amministrazioni, e comunque che l’attivazione di alcune fasi del procedimento di bonifica da parte di un soggetto estraneo alla causazione della contaminazione non impedisce a quest’ultimo di arrestarsi quando lo ritenga non più sostenibile.
9.1. Al riguardo, occorre in primo luogo rilevare in punto di fatto che, a seguito del riscontro delle contaminazioni del suolo e delle acque di falda con valori al di sopra dei limiti ex d.m. n. 471/99, la società Cementir – Cementerie del Tirreno, pur dichiarandosi proprietaria incolpevole, attivava su propria iniziativa le procedure di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale e quindi presentava in data 26 febbraio 2004 (con integrazione nel 2006) il piano di caratterizzazione, svolgendo in seguito le relative attività. Successivamente alla vendita dello stabilimento in data 27 dicembre 2007, la società acquirente Cementir Italia proseguiva le indagini ambientali e in data 15 luglio 2013 trasmetteva il documento di analisi del rischio sanitario ed ambientale (prot. n. 879/2013) sulla base di uno scenario di tipo commerciale/industriale.
A differenza di quanto sostenuto dalla parte appellante, si rileva, pertanto, che, in un primo momento, la società Cementir-Cementerie del Tirreno s.p.a. e, in un secondo momento, la società Cementir Italia s.p.a., non presentano una dichiarazione formale ma mediante la predisposizione e l’esecuzione di un piano di caratterizzazione concretante un comportamento concludente, si facevano carico spontaneamente del risanamento ambientale della propria area ai sensi del combinato disposto dagli artt. 17, co. 13-bis del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e 9 del d.m. 25 ottobre 1999, n. 471. L’attivazione della procedura in esame, che ha condotto all’adozione degli impugnati provvedimenti, non è stata pertanto di iniziativa pubblica, con la conseguenza che nel caso di specie l’individuazione di obblighi nei confronti del proprietario dell’area non è stata determinata dalla preventiva identificazione del responsabile della contaminazione rilevata.
9.2. Al riguardo, sul piano normativo, il Collegio osserva che:
a) ai sensi dell’art. 17, comma 13-bis, del d.lgs. 22/1997 – abrogato a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152: “ Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente articolo possono essere comunque utilizzate ad iniziativa degli interessati ”;
b) ai sensi dell’art. 9, comma 1, del regolamento attuativo approvato con d.m. 25 ottobre 1999, n. 471: “ Il proprietario di un sito o altro soggetto che, al di fuori dei casi di cui agli articoli 7 e 8, intenda attivare di propria iniziativa le procedure per gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza, di bonifica e di ripristino ambientale, ai sensi dell'articolo 17, comma 13 bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e del presente regolamento, è tenuto a comunicare alla Regione, alla Provincia ed al Comune la situazione di inquinamento rilevata nonché gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza necessari per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente adottati e in fase di esecuzione. La comunicazione deve essere accompagnata da idonea documentazione tecnica dalla quale devono risultare le caratteristiche dei suddetti interventi ”;
c) ai sensi dell’art. 244 del d.lgs. n. 152/06: “ Le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti. La provincia, ricevuta la comunicazione di cui al comma 1, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere ai sensi del presente titolo. … Se il responsabile non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione competente in conformità a quanto disposto dall'articolo 250 ”;
d) ai sensi dell’art. 245 del d.lgs. n. 152/06: “ Le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale disciplinate dal presente titolo possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili” ed “è comunque riconosciuta al proprietario o ad altro soggetto interessato la facoltà di intervenire in qualunque momento volontariamente per la realizzazione degli interventi di bonifica necessari nell'ambito del sito in proprietà o disponibilità ”;
e) ai sensi dell’art. 253 del d.lgs. n. 152/06: “ Gli interventi di cui al presente titolo costituiscono onere reale sui siti contaminati qualora effettuati d'ufficio dall'autorità competente ai sensi dell'articolo 250. L'onere reale viene iscritto a seguito della approvazione del progetto di bonifica e deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ” (comma 1);“ Le spese sostenute per gli interventi di cui al comma 1 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2748, secondo comma, del codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull'immobile ” (comma 2);“ Il privilegio e la ripetizione delle spese possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole dell'inquinamento o del pericolo di inquinamento, solo a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi, tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità ” (comma 3);“ In ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito ” (comma 4);
f) ai sensi dell’art. 250 del d.lgs. n. 152/06: “ Qualora i soggetti responsabili della contaminazione non provvedano direttamente agli adempimenti disposti dal presente titolo ovvero non siano individuabili e non provvedano né il proprietario del sito né altri soggetti interessati, le procedure e gli interventi di cui all'articolo 242 sono realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione, secondo l'ordine di priorità fissato dal piano regionale per la bonifica delle aree inquinate, avvalendosi anche di altri soggetti pubblici o privati, individuati ad esito di apposite procedure ad evidenza pubblica […]”.
9.2.1. Alla luce del richiamato compendio normativo, emerge quindi: che, secondo il d.lgs. n. 152 del 2006, l'obbligo di bonifica è in capo al responsabile dell'inquinamento che le autorità amministrative hanno l'onere di individuare e ricercare (artt. 242 e 244);che il proprietario dell'area non responsabile dell'inquinamento o altri soggetti interessati hanno solo la facoltà di effettuare interventi di bonifica (art. 245);che nel caso di mancata individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere di bonifica sono realizzate dalle amministrazioni competenti (art. 250) che, a fronte delle spese sostenute, si vedono riconosciuto un privilegio speciale immobiliare sul fondo (art. 253) (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 56).
9.3. D’altro canto, con specifico riferimento alla posizione rivestita dal proprietario del sito contaminato, in conformità alla più recente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 12 marzo 2020, n. 1759), si ravvisa che:
a) alla stregua del principio "chi inquina paga", che si ricava sia dalla normativa nazionale che eurounitaria, " L'Amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia anche l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, di cui all'art. 240, comma 1, lett. m) e p), D.Lgs. n. 152 del 2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall'art. 253, stesso D.Lgs. n. 152 del 2006, in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare. Le disposizioni contenute nel Titolo V della Parte IV, del D.Lgs. n. 152 del 2006 (artt. da 239 a 253) operano, infatti, una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell'inquinamento e quella del proprietario del sito, che non abbia causato o concorso a causare la contaminazione " (Cons. Stato, Ad. Plen., 13 novembre 2013, n. 25);
b) resta fermo che il proprietario del terreno sul quale sono depositate sostanze inquinanti, che non sia responsabile dell'inquinamento (c.d. proprietario incolpevole), è tenuto solo ad adottare le misure di prevenzione, mentre gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano sul responsabile della contaminazione, ossia su colui al quale sia imputabile l'inquinamento;la P.A. competente, qualora il responsabile non sia individuabile o non provveda agli adempimenti dovuti, può adottare d'ufficio gli accorgimenti necessari e, se del caso, recuperare le spese sostenute attraverso un'azione di rivalsa verso il proprietario, il quale risponde nei soli limiti del valore di mercato del sito dopo l'esecuzione degli interventi medesimi (cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 25 gennaio 2018, n. 502 e id., Sez. V, 10 ottobre 2018, n. 5604);
c) tuttavia, si è pure affermato che, ai sensi dell'art. 245, comma 2, del D.Lgs. n. 152 del 2006, la messa in sicurezza di un sito inquinato non ha di per sé natura sanzionatoria, ma costituisce una misura di prevenzione dei danni e rientra, pertanto, nel genus delle precauzioni, in una col principio di precauzione vero e proprio e col principio dell'azione preventiva, che gravano sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente, e, non avendo finalità ripristinatoria, non presuppone l'accertamento del dolo o della colpa in capo al proprietario (cfr. così Cons. Stato, Sez. V, 14 aprile 2016 n. 1509;id., Sez. VI, 5 ottobre 2016 n. 4119;id., Sez. V, 8 marzo 2017 n. 1089, da ultimo richiamate da Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2019 n. 81).
In conclusione, condividendo i richiamati arresti giurisprudenziali, va affermato che il proprietario non responsabile dell'inquinamento è tenuto, ai sensi dell'art. 245, comma 2, ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, comma 1, lett. i) (ovvero " le iniziative per contrastare un evento, un atto o un'omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l'ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia ") e le misure di messa in sicurezza d'emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva, né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale.
9.4. A tale regime fa tuttavia eccezione, come visto, l’ipotesi in cui il proprietario, ancorché non responsabile, abbia attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale.
In questo caso, il proprietario, seppur non obbligato, assume spontaneamente l’impegno di eseguire un complessivo intervento di bonifica, presumibilmente motivato dalla necessità di evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull'area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare ovvero, più in generale, di tutelarsi contro una situazione di incertezza giuridica, prevenendo eventuali responsabilità penali o risarcitorie.
Ad ogni modo, nel caso di bonifica spontanea di sito inquinato, il proprietario avrà diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute, “ a condizione che sia stata rispettata la procedura amministrativa prevista dalla legge ed indipendentemente dall'identificazione del responsabile dell'inquinamento da parte della competente autorità amministrativa, senza che, in presenza di altri responsabili, trovi applicazione il principio della solidarietà ” (Cass. civ., Sez. III, ord., 22 gennaio 2019, n. 1573).
9.5. Alla luce di tali considerazioni, risulta pertanto che la richiesta dell’amministrazione, finalizzata a precostituire le condizioni, a fronte della persistente inerzia della parte appellante, dell’espletamento eventuale e in via sostitutiva dell’analisi di rischio sito-specifica, con ogni conseguenza in termini di oneri reali, nonché rimborso, ripetizione e/o rivalsa, nelle forme di legge, delle spese a sostenersi, è del tutto giustificata dalla intervenuta volontaria assunzione dell’impegno di bonifica.
9.6. Peraltro, l’impugnata richiesta di elaborare l’analisi di rischio sito-specifica per lo scenario di esposizione verde/ricreativo risulta pienamente giustificata, in ragione dell’intervenuto cambio di destinazione d’uso dell’area interessata, poiché inserita nel Piano Urbanistico Attuativo e nel PUE del Comune di Napoli, con destinazione a parco urbano.
Del resto, la modifica richiesta si pone in linea con i canoni della prevedibilità e della proporzionalità, non avendo in concreto determinato un aggravamento dell’impegno assunto dal proprietario con prescrizione di ulteriori attività onerose a suo carico e, per converso, traducendosi nell’obbligo di eseguire esclusivamente attività conseguenziali alla originaria manifestazione di volontà.
9.7. Ciò nonostante, come recentemente affermato da questo Consiglio (Cons. Stato, Sez. IV, 1° aprile 2020, n. 2195), “ l’assunzione volontaria dell’obbligo di bonifica da parte del proprietario interessato non esclude né il potere/dovere dell’Amministrazione di individuare il responsabile dell’inquinamento, né, a fortiori, elide il dovere di quest’ultimo di porre rimedio all’inquinamento stesso (cfr., sul punto, i vigenti articoli 245 e 253 del codice dell’ambiente) ”.
Risulta invero necessario un rigoroso accertamento al fine di individuare il responsabile dell'inquinamento, nonché del nesso di causalità che lega il comportamento del responsabile all'effetto consistente nella contaminazione e tale accertamento presuppone un'adeguata istruttoria non essendo configurabile una sorta di responsabilità oggettiva facente capo al proprietario o al possessore dell'immobile in ragione di tale sola qualità ( ex multis , Cons. Stato, Sez. V, 30 luglio 2015, n. 3756).
9.8. Sulla base di quanto affermato, le prime tre censure dell’appello risultano infondate.
10. Parimenti infondate sono la quarta e la quinta censura, atteso che, conformemente a quanto affermato dal primo giudice:
a) non sussiste il presupposto dell’identità di situazioni necessario per configurare il vizio di disparità di trattamento, poiché dagli atti del giudizio risulta che l’area di proprietà della società Cementir ricade interamente nel parco urbano di Bagnoli, mentre le aree di proprietà della società Bagnolifutura, ricadono in aree che la Variante occidentale e il PUA di Coroglio-Bagnoli destinano sia a parco urbano e residenze, sia a destinazioni commerciali e produttive;
b) non si ravvisa la dedotta contraddittorietà della condotta amministrativa, per converso riscontrando che, a fronte del documento di analisi del rischio trasmesso in data 15 luglio 2013 formulato sulla base di uno scenario di tipo commerciale/industriale, l’Amministrazione tempestivamente recepiva quanto evidenziato dal Comune di Napoli nella conferenza di servizi istruttoria del 23 aprile 2014 in merito alla variazione nella destinazione d’uso, esternandolo nella Conferenza di Servizi decisoria del 7 luglio 2014.
11. In merito alle censure sesta, settima ed ottava, che in quanto tra loro connesse possono essere esaminate unitariamente, il Collegio, oltre a richiamare le considerazioni svolte con riferimento ai primi tre motivi di ricorso fondate sulla sussistenza della spontanea assunzione dell’impegno di risanamento ambientale dell’area, osserva altresì che:
a) il destinatario della impugnata disposizione della conferenza di servizi debba continuare ad essere considerato l’attuale proprietario del sito contaminato e, per converso, non può essere identificato nel soggetto incaricato della realizzazione del parco urbano, a seguito di imposizione di vincolo di esproprio, non essendo giunta al perfezionamento detta procedura espropriativa con cui si produce l’effetto traslativo della proprietà delle aree;
b) non può essere affermato che l’attuale proprietario debba elaborare l’analisi di rischio secondo lo scenario commerciale/industriale, atteso che nel rispetto del principio generale tempus regit actum , l’organismo amministrativo deve a tal fine fare riferimento alla destinazione d’uso impressa dagli strumenti urbanistici vigente al momento della sua valutazione e non di quella pregressa;
c) è priva di fondamento normativo la tesi di parte appellante secondo cui le conseguenze in tema di bonifica connesse al mutamento di destinazione d'uso debbano ricadere in capo al soggetto interessato al mutamento medesimo;
d) resta inalterato il regime urbanistico e dominicale dell’area in esame, come dimostrato anche dalla circostanza che, con d.P.R. del 6 agosto 2019, pubblicato sulla GURI n. 26 del 1° febbraio 2020, a seguito di conferenza di servizi ex art. 33, del d.l. n. 133/2014, è stato approvato lo stralcio urbanistico del PRARU, che ha confermato la destinazione a parco urbano, già prevista dal PUA del Comune di Napoli, del sito di interesse.
11.1. In conclusione, anche tali censure risultano infondate e, come conseguenza, risulta manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale.
12. Infine, con riferimento all’ultima censura, anch’essa infondata, il Collegio rileva che la riunione tecnica del 28 novembre 2016 non presenta carattere novativo rispetto agli esiti della determinazione finale della Conferenza di Servizi del luglio 2014, come confermato dalla menzione, nella stessa valutazione del Ministero resa a seguito della citata riunione tecnica, della necessità di un’analisi di rischio fondata “ su tutti i parametri che hanno mostrato almeno un superamento della CSC relative a siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale ”.
13. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.
14. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.