Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-04-12, n. 201701712

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-04-12, n. 201701712
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201701712
Data del deposito : 12 aprile 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2017

N. 01712/2017REG.PROV.COLL.

N. 02020/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2020 del 2016, proposto dal Codacons (Coordinamento delle associazioni a tutela dei diritti degli utenti e dei consumatori), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall'avvocato Carlo Rienzi C.F. RNZCRL46R08H703I, con domicilio eletto presso la sede dell’Ufficio Legale Nazionale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;

contro

Autorita' per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (AEEGSI), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
E s.p.a., in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Todarello C.F. TDRFBA70S23D976K, Franco Gaetano Scoca C.F. SCCFNC35A07H501S e Alessandro Gigli C.F. GGLLSN62R15H501Q, con domicilio eletto presso l’avv. Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello, 55;

nei confronti di

Enel Servizio Elettrico spa, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dall'avvocato Marcello Molè C.F. MLOMCL35S22H501P, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
Acquirente Unico spa, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Marcello Clarich C.F. CLRMCL57L21B885P e Giuliano Fonderico C.F. FNDGLN73R20H501D, con domicilio eletto presso l’avv. Marcello Clarich in Roma, viale Liegi, 32;
Unione Nazionale Consumatori, Lega Consumatori, Acea Spa, Acea Energia spa, Optima Italia spa, Gse spa, Unione Nazionale Consumatori, Lega Consumatori, non costituitisi in giudizio;

in punto:

opposizione di terzo contro la sentenza del Consiglio di Stato –VI Sezione, n. 967 del 2014, pronunciata tra l’AEEG, E Energia, Enel Servizio elettrico, Acquirente unico, Unione nazionale consumatori, Lega consumatori e altri, concernente rinuncia al ricorso di primo grado e annullamento senza rinvio della sentenza impugnata –“sistema indennitario per l’esercente la vendita uscente”;


Visto il ricorso ex art. 108 c.p.a. , con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AEEGSI e di: E spa, Enel Servizio Elettrico spa e di Acquirente Unico spa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 1° dicembre 2016 il Cons. Marco Buricelli e uditi per le parti gli avvocati Carlo Rienzi, Gino Giuliano, Fabio Tortora, P. Fuda su delega di Fabio Todarelli, Alessandro Gigli, Angelo Raffaele Cassano in dichiarata sostituzione di Giuliano Federico, Marcello Molè;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Per una migliore comprensione delle questioni devolute all’esame del collegio va rammentata, prendendo a prestito le parole della sentenza del Tar della Lombardia – Milano, n. 683 del 2013, la definizione di “sistema indennitario per l’esercente la vendita uscente”, quale risulta dalla delibera AEEG n. 219/2010 e dalle delibere sempre dell’Autorità n. 99 e n. 195 del 2015, recanti modifiche alla disciplina del sistema indennitario –mancato pagamento del “corrispettivo CMOR”.

Il “Sistema Indennitario”, nelle finalità enunciate dal Regolatore, è uno strumento volto a prevenire e combattere fenomeni di “turismo energetico”, con tale espressione intendendosi il comportamento opportunistico dei clienti finali che intenzionalmente omettano, in vista del passaggio ad altro fornitore (c.d. “switching”), il pagamento delle ultime bollette, confidando sul fatto che, una volta passati al nuovo esercente, il precedente operatore non disponga più di strumenti compulsori efficaci per tutelare il proprio credito. Nel dettaglio, gli istituti predisposti dal diritto civile sarebbero inadeguati per i seguenti motivi: - da un lato, il venditore uscente non potrebbe più sospendere la fornitura (non essendo più fornitore dell’inadempiente);
- dall’altro lato, questi non avrebbe neppure la convenienza economica a ricorrere ai rimedi giurisdizionali, attesa la infima parcellizzazione del credito. Si reputa, altresì, che i fenomeni distorsivi testé descritti debbano essere fronteggiati in quanto non rilevanti soltanto all’interno del singolo rapporto giuridico, bensì coinvolgendo anche il buon funzionamento del mercato (si cita, all’uopo, l’art. 3, par. 5, dir. 2009/72/CE).

III.

2. In ragione di ciò, il Regolatore ha dato vita ad un sistema volto a riconoscere un indennizzo in favore dei venditori “uscenti” danneggiati, a ristoro del pregiudizio derivante dall’impossibilità o dalla scarsa convenienza economica di recuperare dal cliente le somme non pagate. Il meccanismo (
come risulta dagli aggiustamenti apportati con le delibere nn. 99 e 195 del 2012, impugnate con i motivi aggiunti) , si atteggia nei seguenti termini: - il venditore entrante ha sei mesi di tempo per riscuotere un corrispettivo pecuniario, denominato “CMOR”, dal cliente finale moroso (nei confronti del venditore “uscente”), non dovendo anticipare alcun importo al distributore;
- nel caso in cui il cliente finale nei sei mesi non adempia, il venditore entrante, per evitare di dover anticipare egli stesso il pagamento del CMOR al distributore, è onerato di richiedere la sospensione della fornitura, la quale determina per lui la sospensione dell’obbligo di versamento (se poi il punto di prelievo sospeso viene definitivamente disattivato viene del tutto annullato l’obbligo di versamento del CMOR da parte del venditore entrante);
- nel caso in cui il cliente moroso effettui un ulteriore passaggio ad altro operatore per sottrarsi al pagamento non solo delle bollette non pagate ma anche del CMOR, il venditore entrante può richiedere, in qualità di venditore divenuto a suo volta “uscente”, di beneficiare dell’indennizzo…” (
così il Tar Lombardia, sent. n. 638 del 2013 cit.) .

Ciò premesso, nel 2011 E Energia ha impugnato, dinanzi al Tar di Milano, la delibera AEEG n. 219/2010, recante la “disciplina del sistema indennitario per l’esercente la vendita uscente”, e le citate delibere nn. 99/2012 e 195/2012, di modifica alla disciplina anzidetta, adottate al fine dichiarato di minimizzare le potenziali criticità del sistema indennitario nei confronti dell’esercente la vendita entrante.

Con la sentenza n. 683 del 2013 il Tar ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato i provvedimenti impugnati giudicando fondata la censura di “difetto di attribuzione dell’autorità emanante” (v. p. V. sent. , da fine pag. 8). Per il giudice di primo grado, l’ambito dei poteri di regolazione, vigilanza, ispezione e sanzione dell'AEEG non si estendono sino a consentirle di sostituirsi alla volontà delle parti a contrarre.

Non sussiste alcuna previsione normativa che permetta al Regolatore di incidere sull’oggetto e sugli effetti del contratto di fornitura nei termini per cui è causa (v. p. V.4., pag. 16 sent.).

L’Autorità ha appellato la sentenza chiedendo la sospensione dell’esecutività della stessa.

Questa sezione ha accordato la chiesta sospensione con l’ordinanza n. 2595 del 2013.

Nel giudizio di appello sono intervenute “ad adiuvandum” l’Unione nazionale consumatori e la Lega consumatori, domandando l’annullamento della sentenza di primo grado ed evidenziando in particolare che il mancato pagamento delle ultime bollette in vista del passaggio a un diverso fornitore, confidando sul fatto che il fornitore uscente non disponga più di strumenti efficaci per tutelare il proprio credito, comporta costi aggiuntivi per gli operatori, costi che finiscono per essere “rovesciati” su tutti i clienti finali, anche su quelli virtuosi (con la precisazione che il “sistema indennitario” non consente la richiesta del CMOR ai clienti che abbiano proposto reclamo in merito agli importi fatturati e che siano ancora in attesa di risposta).

L’Autorità ha avviato una serie di procedimenti rivolti all’adozione di “correttivi” al fine di completare il sistema indennitario e di eliminare le criticità del sistema stesso nei confronti dell’esercente la vendita entrante.

Sulla base dei nuovi interventi e correttivi apportati al sistema indennitario originario, E Energia ha ritenuto che fossero venute meno le criticità più significative evidenziate nel ricorso di primo grado e nei motivi aggiunti e che, di conseguenza, fosse sopraggiunto il venire meno dell’interesse a vedere annullate le delibere impugnate.

Per tale ragione E Energia, con atto sottoscritto dai legali e notificato a tutte le parti in causa, nonché sottoscritto dalle stesse per accettazione e ai fini della compensazione delle spese del grado del giudizio, ha rinunciato al ricorso proposto dinanzi al Tar Milano e agli effetti favorevoli derivanti dalla sentenza di accoglimento di tale ricorso.

Preso atto di quanto sopra questa sezione, con la sentenza n. 967 del 4.2. -3.3.2014, ha dato atto della rinuncia al ricorso di primo grado e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata.

2.Con ricorso notificato nel marzo del 2016, vale a dire più di due anni dopo la pubblicazione della sentenza di appello, e tempestivamente depositato in segreteria, il Codacons ha proposto, nei confronti dell’AEEGSI, di E Energia, di Enel Servizio Elettrico, dell’Acquirente unico e delle intervenienti “ad adiuvandum” in appello Unione nazionale consumatori e Lega consumatori, e altri, opposizione di terzo ai sensi dell’art. 108 del c.p.a. rilevando in via preliminare la non integrità del contraddittorio e contestando le motivazioni e le modalità della rinuncia al ricorso di primo grado effettuata a suo tempo da E Energia.

Più in dettaglio, l’associazione opponente ha premesso che il signor M D G, ex cliente di Optima Italia, passato ad Acea Energia, aveva ricevuto dall’operatore Acea, nell’ottobre del 2015, una fattura per un importo di circa 1.943 €, comprensivo di una somma di circa 908 € per “oneri diversi dalla fornitura”, quale indennizzo del precedente fornitore, Optima, nei confronti del quale risultavano debiti insoluti. Il D G ha impugnato dinanzi al Tar di Milano la richiesta di Acea di pagare i 908 € in applicazione, tra le altre, delle delibere dell’AEEG nn. 219/2010, 99/2012 e 195/2012, anch’essere contestate avanti al Tar Lombardia. Nel giudizio il Codacons è intervenuto “ad adiuvandum”.

Merita aggiungere sin d’ora che dagli atti risulta che in vista dell’udienza camerale del 17.3.2016 l’Autorità ha depositato una nota con la quale l’Acquirente Unico ha comunicato che la richiesta di CMOR relativa all’importo in contestazione era stata annullata per “errori nella richiesta di indennizzo” e che quindi l’importo non doveva essere pagato dal cliente o, se pagato, doveva essere restituito.

Il Tar, con la sentenza n. 1221 del 2016, ha dichiarato manifestamente inammissibile l’atto di intervento “ad adiuvandum” del Codacons, nella parte in cui è allegata la nullità della sentenza del Consiglio di Stato n. 967 del 2014 e si sostiene la reviviscenza della sentenza di primo grado del Tar di Milano n. 683 del 2013;
ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla domanda di annullamento della nota di Acea Energia del 10 novembre 2015 di diniego di non applicazione dell’indennizzo, e con riguardo alle domande di condanna di Acea e di Optima “al pagamento di una somma di denaro in favore del ricorrente derivante dalla illegittimità degli atti impugnati”;
e ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse le domande di annullamento dei provvedimenti dell’Autorità.

La parte qui opponente ha quindi affermato di essere munita di legittimazione e di interesse ad agire nel presente giudizio e, in particolare, di essere legittimata a ricorrere ex art. 108 del c.p.a. quale litisconsorte necessaria pretermessa – controinteressata – alla quale non è stato notificato il ricorso di primo grado, non bastando il mero intervento, nel secondo grado di giudizio, di due associazioni a tutela di consumatori, per garantire l’integrità del contraddittorio, e ciò anche per la diversità delle posizioni assunte dal controinteressato e dall’interveniente;
ha segnalato poi l’illegittimità del “sistema indennitario CMOR” per difetto di attribuzione dell’AEEGSI a causa della esorbitanza dei poteri conferiti all’Autorità stessa dalla legge;
ha dedotto la nullità della rinuncia posta a base della sentenza del Consiglio di Stato n. 967 del 2014 rilevando inoltre che la sentenza stessa è stata pronunciata in presenza di una incompatibilità del difensore delle associazioni intervenute in grado di appello, che avrebbero dovuto e dovrebbero difendere i diritti dei consumatori anche contro l’Autorità, poiché il difensore delle associazioni medesime è stato successivamente nominato, dall’Autorità, presidente della Cassa conguagli.

Da ciò – prosegue il Codacons – deriverebbe la nullità della pronuncia emessa dal Consiglio di Stato.

L’opponente ha dedotto anche la violazione dell’art. 99 del c.p.a., dato che a suo avviso la controversia andava definita enunciando il principio di diritto anche in presenza della rinuncia al ricorso, e ha formulato un’istanza istruttoria;
quindi ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso in opposizione e, per l’effetto, esaminarsi nel merito l’appello n. r. g. 3597/2013, dichiarato rinunciato con la sentenza impugnata, e per l’effetto, in riforma della sentenza Cons. Stato n. 967/2014, di respingerlo e di confermare la pronuncia che era stata resa in esito al giudizio di primo grado (nonostante, lo si ripete, che in appello fosse stato rinunziato il relativo ricorso introduttivo).

Si sono costituite per resistere l’Autorità e le società Enel Servizio Elettrico, E Energia e Acquirente Unico, eccependo l’irricevibilità per tardività e la inammissibilità, sotto svariati profili, del ricorso in opposizione, e rilevando la infondatezza nel merito del ricorso medesimo.

Le parti si sono scambiate memorie e repliche e all’udienza del 1° dicembre 2016 il ricorso è stato discusso e quindi trattenuto in decisione.

3.1. Il collegio ritine di prescindere dal prendere posizione sull’eccezione erariale di irricevibilità del ricorso per tardività – essenzialmente perché l’esito del relativo scrutinio sarebbe in funzione della valutazione di ammissibilità del ricorso in opposizione di terzo, giacché esso, ove ammissibile, non sarebbe soggetto a termini;
sicché, in questo caso, la disamina della relativa ammissibilità risulta preliminare, ed assorbente, anche rispetto alla predetta questione di tempestività – attesa l’inammissibilità dell’opposizione di terzo proposta dal Codacons, per difetto di legittimazione a ricorrere dell’associazione e in generale per carenza dei presupposti di cui all’art. 108 del c.p.a..

In via preliminare e in termini generali pare il caso di rammentare che l’opposizione di terzo ordinaria è disciplinata dall’art. 108, comma 1, del c.p.a. , in base al quale “ un terzo può fare opposizione contro una sentenza del … [Tar] o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorché passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi ”.

Questo Consiglio di Stato ha in più occasioni (v. , “ex multis”, sez. IV, n. 5451 del 2013) rilevato che la legittimazione a proporre l'opposizione di terzo, nei confronti della decisione amministrativa resa tra altri soggetti, va riconosciuta ai controinteressati pretermessi;
ai controinteressati sopravvenuti e beneficiari di un atto conseguenziale, quando una sentenza abbia annullato un provvedimento presupposto all'esito di un giudizio cui siano rimasti estranei;
ai controinteressati non facilmente identificabili;
in generale ai terzi titolari di una situazione giuridica autonoma ed incompatibile, rispetto a quella riferibile alla parte risultata vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di opposizione. Non sono invece legittimati i titolari di una situazione giuridica derivata ovvero i soggetti interessati solo di riflesso, ad esempio soggetti legati da rapporti contrattuali con i legittimati all'impugnazione
.

Invero, l’opposizione di terzo alle sentenze del giudice amministrativo risponde all’essenziale finalità di tutelare il controinteressato, vale a dire il litisconsorte necessario pretermesso (ovvero colui che, se fosse stato agevolmente identificabile, sarebbe stato tale), mentre appare evidente che tale impugnazione non può essere proposta dal cointeressato il quale, come tale, avrebbe potuto (eventualmente) impugnare l’atto lesivo direttamente.

Il cointeressato all’annullamento del provvedimento amministrativo non è cioè legittimato alla opposizione di terzo in quanto litisconsorte pretermesso, qualità che non riveste;
né è legittimato, in quanto titolare di una posizione autonoma e incompatibile con la situazione accertata dalla sentenza.

In contrario sta il fatto che l’opposizione di terzo non può valere a rimettere in termini il soggetto il quale sia decaduto dall’azione giurisdizionale amministrativa di annullamento.

Ciò posto, guardando adesso più da vicino il caso in esame, e ribadito (v. supra ) che il Codacons si è opposto alla sentenza in epigrafe, ex art. 108 del c.p.a., quale controinteressato pretermesso, colgono nel segno le parti opposte – e, in particolare, E Energia, ricorrente in primo grado e rinunciante nel corso del giudizio di appello – laddove rilevano anzitutto che, in base a quanto affermato dalla stessa ricorrente nel proprio atto di opposizione, emerge con evidenza che il Codacons – nonché il signor M D G: il quale, peraltro, non risulterebbe avere rilasciato alcuna delega all’associazione – non potevano essere qualificati come controinteressati, o litisconsorti necessari, o terzi titolari di una posizione autonoma e incompatibile con quella accertata in sentenza, risultando in atto come gli stessi, dovendosi avere evidentemente riguardo al ricorso di primo grado, dovevano essere qualificati come cointeressati nel ricorso originario proposto da E Energia contro le delibere dell’Autorità.

Occorre poi convenire con E Energia anche laddove si rimarca che oggetto dell’opposizione di terzo non può essere una sentenza di reiezione posto che, in questa ipotesi, il pregiudizio per il terzo non scaturirebbe dalla sentenza ma, semmai, dal provvedimento amministrativo originario.

Rispetto al quale, come si è già detto, il preteso opponente, o, se legittimato, avrebbe avuto l’onere di proporre tempestivamente ricorso;
oppure, se non legittimato a tale ricorso, neppure è munito di legittimazione ad opporre di terzo una sentenza che per lui è, e rimane, res inter alios acta .

Se la lesione degli interessi del terzo deriva, dunque, dal provvedimento amministrativo originario, ne discende ineluttabilmente che l’opposizione di terzo non può essere ammessa, poiché si risolverebbe semplicemente in un espediente per eludere i termini di decadenza prescritti per impugnare l’atto amministrativo: il che è proprio quanto accade nella fattispecie, dato che il Codacons lamenta una (asserita) lesione degli interessi (del D G anzitutto e) dei consumatori dovuta non alla sentenza del Consiglio di Stato n. 967/2014, di annullamento della sentenza di primo grado, ma derivante in via diretta dal provvedimento dell’Autorità n. 219/2010 (e dalle delibere di modifica successive) a suo tempo impugnato da E Energia dinanzi al Tar Milano.

A ben vedere, infatti, l’unica lesività che si può ascrivere alla sentenza di appello sta nel fatto di aver fatto (definitivamente) consolidare (o rivivere, dopo l’annullamento pronunziatone in prime cure) il provvedimento amministrativo di cui in quel giudizio si discuteva: ma ognun vede che contro tale evenienza l’unico rimedio che l’ordinamento ammette (e, come si è già detto, solo in favore di coloro che siano titolari di una situazione giuridica soggettiva legittimante) è la tempestiva proposizione del ricorso in sede giurisdizionale o straordinaria: e non anche, per chi tale ricorso non abbia proposto (o non abbia potuto proporlo, per difetto di adeguata situazione giuridica soggettiva), la surrettizia proposizione di un’opposizione di terzo avverso l’esito di un giudizio svoltosi inter alios .

Posto che dunque la ricorrente, nella sostanza, in questa sede vorrebbe perseguire non già la conservazione di un provvedimento amministrativo – ossia la delibera dell’AEEG n. 219/2010 – annullato in sede giurisdizionale all’esito di un giudizio al quale l’associazione non ha preso parte, bensì la caducazione di quel provvedimento per mezzo di una sentenza (quella del Tar) che intenderebbe far rivivere dopo il suo annullamento in appello avvalendosi (impropriamente, ossia inammissibilmente) dello strumento di impugnazione di cui all’art. 108 del c.p.a. rispetto alla sentenza di secondo grado, risulta chiara la ragione per cui tale fattispecie certamente non sia passibile di riconduzione alla previsione della opposizione di terzo ex art. 108 c.p.a. cit..

Quanto si è sin qui osservato dà adeguatamente conto della declaratoria di cui in dispositivo.

Ad abundantiam si osserva peraltro che, sotto diversa angolazione e in ogni caso, il Codacons dovrebbe considerarsi comunque privo di legittimazione a ricorrere poiché viene in rilievo una materia – quella del “sistema indennitario” (“corrispettivo CMOR”)– che oggettivamente non può non caratterizzarsi per un conflitto di interessi tra gli iscritti alla associazione medesima, mancando a questo riguardo un interesse omogeneo e comune a tutti gli iscritti al Codacons.

A questo proposito, non pare superfluo rilevare, preliminarmente e in termini generali, che per giurisprudenza costante ancorché riferita, per lo più, ad associazioni sindacali (ma i principi giurisprudenziali elaborati sono applicabili anche ad associazioni come l’opponente odierna, che ha quale scopo statutario fondamentale la tutela degli utenti e dei consumatori), la legittimazione ad agire di un’associazione di categoria o di settore è subordinata a regole stringenti e presuppone in particolare la lesione dell’interesse collettivo di tutti gli appartenenti alla categoria, unitariamente considerata, mentre un’associazione è priva di legittimazione ad agire quando si controverta su questioni capaci di dividere la categoria in posizioni contrastanti o disomogenee e comunque se l’interesse dedotto in giudizio riguarda una parte soltanto degli associati o degli iscritti, in conflitto o in potenziale contrasto con gli interessi di altra parte dei consociati.

Se infatti si riconoscesse all’associazione di categoria la legittimazione ad agire anche in questi ultimi casi, si avrebbe una vera e propria sostituzione processuale in violazione dell’art. 81 cod. proc. civ., secondo cui nessuno può far valere in giudizio in nome proprio un diritto altrui, fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (v., “ex plurimis”, Cons. Stato, Ad. plen. , n. 9 del 2015;
sez. III, nn. 2150 del 2015, 3164, 2682, 1787 e 97 del 2014;
sez. V, n. 3033 del 2013 e sez. IV, n. 2150 del 2011).

Tornando ad esaminare più da vicino il caso in esame, in modo condivisibile l’Acquirente Unico –nonché la s.p.a. Enel Servizio Elettrico – hanno evidenziato che il “sistema indennitario” in discussione è rivolto a prevenire le morosità e a contenerne gli effetti che, altrimenti, inciderebbero sul sistema elettrico nel suo complesso e potrebbero ripercuotersi sui costi sopportati dalla generalità dell’utenza: anche, quindi, di quella che paga con regolarità le bollette.

Non potrebbe considerarsi di pregiudizio per (tutti) i consumatori un sistema regolatorio il quale garantisca un indennizzo al venditore uscente a fronte di un inadempimento del cliente moroso, favorendo così il pagamento del debito pregresso da parte di quest’ultimo ed evitando che i corrispettivi non pagati finiscano per gravare sull’intero sistema a danno di chi paga regolarmente.

Ma, se così è, il Codacons, nella specie, vorrebbe far le veci di un cliente finale moroso e comunque di un gruppo di consumatori, i cui interessi sono oggettivamente opposti a quelli dei restanti consumatori che pagano puntualmente e che, è doveroso ritenere, compongono anch’essi la base associativa del Codacons.

Da ciò discende una ragione autonoma di inammissibilità del ricorso in opposizione, per la carenza, secondo ogni verosimiglianza, di un interesse omogeneo e comune a tutti gli iscritti al Codacons. L’interesse ad agire che muove il D G – di natura riflessa e derivata, di suo, rispetto all’interesse dell’associazione, e in ogni caso non idoneo a essere posto a base della opposizione di terzo – è opposto e incompatibile rispetto a quello dei rimanenti consumatori che fanno parte anch’essi della base associativa del Codacons e che pagano puntualmente le bollette, risultando tutelati dal sistema indennitario.

3.2. Il carattere decisivo delle considerazioni testé esposte esclude in radice che possa scendersi all’esame di ulteriori questioni, afferenti al merito del preteso gravame.

In conclusione, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.

3.3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

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