Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-06-19, n. 202305991
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Pubblicato il 19/06/2023
N. 05991/2023REG.PROV.COLL.
N. 02929/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2929 del 2022, proposto dalla società R.P. di R P &C. s.a.s., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato G A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Regione Toscana e l’A.r.p.a.t. - Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentate e difese dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S F in Roma, Piazzale delle Belle Arti 8;
il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, già Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (sezione seconda) n. 1275 del 7 ottobre 2021, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Toscana, A.r.p.a.t. e Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il consigliere S M;
Udito l’avvocato Marco Trevisan (su delega dell’avvocato F C);
Dato atto delle istanze di passaggio in decisione depositate dall'avvocato G A e dall’avvocato dello Stato Tito Varrone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’impresa “R.P. di R P &C. S.a.s.”, odierna appellante, esercita l’attività per il recupero di rifiuti speciali non pericolosi nello stabilimento ubicato nel Comune di Carmignano, originariamente autorizzato con determinazione dirigenziale della Provincia di Prato n. 2575 del 19 luglio 2010, successivamente modificata dalle determinazioni n. 3400 del 14 ottobre 2011 e n. 221 del 24 gennaio 2014.
1.1. Con istanza del 20 luglio 2017, l’impresa chiedeva alla Regione Toscana, subentrata alla Provincia nell’esercizio delle attribuzioni in materia, l’avvio del procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale del progetto di modifica sostanziale dell’impianto.
1.2. La Regione, con decreto 5 ottobre 2017 n. 14373, decideva di escludere l’impianto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, dalla procedura subordinatamente al rispetto di alcune prescrizioni specificamente indicate. In particolare, la prescrizione n. 1 dispone che “ il proponente dovrà effettuare sul rifiuto in ingresso, per ciascun produttore e per singolo ciclo produttivo di provenienza, un’analisi merceologica dalla quale emerga che il cascame di lana inviato al riutilizzo come ammendante/fertilizzante sia effettivamente costituito esclusivamente da lana o da altre fibre di origine animale ”.
1.3. Il 30 novembre 2018 l’impresa presentava alla Regione Toscana un’istanza di modifica della prescrizione affinché fosse possibile, per la produzione del concime denominato “Cascami di lana”, utilizzare i residui della lavorazione della lana contenenti anche fibre sintetiche, ritenendo illegittima la richiesta che i rifiuti in oggetto siano composti dal 100% di fibra pura.
1.4. L’istanza veniva respinta con decreto dirigenziale 10 aprile 2019, n. 5452, oggetto dell’impugnativa articolata in primo grado innanzi al T.a.r. per la Toscana (n.r.g.762/2019).
Nel medesimo provvedimento l’Amministrazione specificava (punto 2 del dispositivo) che il rifiuto in ingresso “ può contenere sostanze estranee quali terriccio, sabbia e/o residui vegetali, nonché tracce non quantificabili di altre fibre, a condizione che il rapporto di prova dell'analisi merceologica a cui è stato sottoposto il rifiuto riporti con chiarezza la natura delle sostanze estranee presenti e non contenga generiche descrizioni quali “residuo non fibroso ”.
1.5. Il ricorso veniva affidato ad un unico complesso motivo (esteso da pagina 10 a pagina 18 del ricorso), di seguito rubricato: “ Violazione e/o falsa applicazione artt. 177, 179, 183, 184 – ter, 214, 216 d.lgs. n. 152/2006, D.M. Ambiente 5.2.1998, d.lgs. n. 75/2010, Regolamento UE n. 1007/2011;illogicità della motivazione;eccesso di potere per irragionevolezza e travisamento;carenza di proporzionalità;carenza istruttoria ”.
2. Nella resistenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, della Regione Toscana e dell’A.r.p.a.t. (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana), il T.a.r.:
- ha accantonato l’esame delle plurime eccezioni di inammissibilità sollevate dalle parti intimate;
- ha respinto con dovizia di argomenti il ricorso;
- ha compensato tra le parti le spese di lite.
3. La ditta rimasta soccombente ha interposto appello – corredato da domanda cautelare - sviluppando un unico complesso mezzo di gravame (da pagina 17 a pagina 28 del ricorso), con il quale sono state riproposte criticamente le censure articolate in prime cure.
3.1. Nello specifico, parte ricorrente sostiene che la prescrizione di effettuare sul rifiuto, prima dell’ingresso nel ciclo produttivo destinato alla sua trasformazione, un’analisi merceologica al fine di verificare che il cascame di lana inviato al riutilizzo come fertilizzante sia costituito “esclusivamente” da lana o da altre fibre di origine animale, sarebbe in contrasto con quanto dispone la normativa sui concimi oggi recata dal d.lgs. n. 75 del 2010, la quale, con riguardo ai “cascami di lana” al punto 14, sezione 5.1 dell’Allegato 1- “concimi organici azotati” - prevede che gli stessi debbano annoverare i “Residui della lavorazione della lana e dei suoi manufatti” come componenti “essenziali” ma non “esclusivi”.
La sentenza sarebbe erroneamente motivata, nonché avulsa dalle emergenze istruttorie, nella parte in cui, in adesione alle tesi dell’Amministrazione, avrebbe sovrapposto e confuso i concetti di “essenzialità” ed “esclusività” al fine di avallare la tesi della divergenza tra il processo delle operazioni di recupero, ed il metodo di produzione dei fertilizzanti ai sensi del d.lgs. n. 75/2010.
La ricorrente aveva evidenziato altresì come il limite o criterio di accettabilità andasse fissato partendo dalla qualifica di cascame di lana pura (monofibra), anche secondo la definizione del Regolamento UE n. 1007/2011 del Parlamento europeo e del consiglio del 27 settembre 2011 relativo alla denominazione delle fibre tessili.
4. Si sono costituiti, per resistere, la Regione Toscana e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
4.1. L’A.r.p.a. Toscana ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva.
5. Nel corso del giudizio:
a) con ordinanza n. 2048 del 6 maggio 2022 è stata respinta la domanda cautelare;
b) le parti hanno prodotto documenti (la Regione in data 1° maggio 2022) e memorie difensive (la Regione in data 1° maggio 2022, il Ministero in data 2 maggio 2022, l’appellante in data 20 marzo 2023).
6. Alla pubblica udienza del 20 aprile 2023 la causa è stata trattenuta per la decisione.
7. È possibile prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità dell’appello - sollevata dalla difesa regionale - come pure della questione relativa al difetto di legittimazione passiva dell’A.r.p.a. Toscana, in quanto l’appello è infondato nel merito e deve essere respinto.
8. In limine litis , si osserva che a seguito della proposizione dell’appello è nella sostanza riemerso interamente il thema decidendum del giudizio di primo grado – che perimetra necessariamente il processo di appello ex a rt. 104 c.p.a. – sicché, per ragioni di economia dei mezzi processuali e di semplicità espositiva, secondo la logica sottesa alla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 5 del 2015, il Collegio prende direttamente ed esclusivamente in esame gli originari motivi articolati in prime cure (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, sez. IV, n. 22 del 2022;n. 1137 del 2020).
9. Con l’unico articolato motivo di ricorso l’odierna appellante ha sostenuto che l’attività di recupero che svolge non debba essere vincolata all’assoluto rispetto delle caratteristiche descritte nel sub allegato 1 dell’allegato 1 al d.m. 5 febbraio 1998, poiché le caratteristiche ivi riportate riguardano i rifiuti che entrano nel processo di recupero e non i prodotti che dallo stesso escono i quali, nel settore di interesse, sono soggetti alla normativa tecnica contenuta nel d.lgs. 29 aprile 2010, n.75, allegato 1, sez. 5.1, punto 14.
Sarebbe illegittima la pretesa che i rifiuti “in entrata” nel processo di recupero siano composti esclusivamente da fibra pura poiché il legislatore, a tale proposito, ha previsto un quantitativo massimo di piombo e un quantitativo minimo di azoto e una volta rispettati questi parametri, il materiale sarà sempre conforme al d.lgs. n. 75/2010.
Una trascurabile presenza di impurezza dovuta a fibre estranee potrebbe al più causare un minor potere fertilizzante nel prodotto finale ma non arrecherebbe pregiudizio all’ambiente, non trattandosi di sostanze pericolose.
La prescrizione non avrebbe significato poiché quello che viene ritirato è un rifiuto destinato alla produzione di fertilizzante in conformità al punto 18.2 del decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998.
Non sarebbe quindi conforme a legge la richiesta che i rifiuti in oggetto siano composti al 100% di fibra pura, requisito che non è previsto nemmeno per il concime “cascami di lana”.
Il provvedimento violerebbe anche il principio di proporzionalità poiché applicherebbe all’attività di recupero di cui si tratta una prescrizione esorbitante rispetto alle norme tecniche di riferimento.
Lo stesso sarebbe poi viziato per difetto di istruttoria poiché l’ iter procedurale si è basato sull’assunto, indimostrato, che la ricorrente intenda effettuare operazioni di recupero sempre partendo da rifiuti contenenti tracce di fibra non naturale.
All’opposto, in uno dei campioni allegati erano pacificamente assenti componenti di tal genere;a fondamento dei provvedimenti impugnati sarebbe stata quindi posta una presunzione di pericolosità dei rifiuti e/o dei prodotti priva di supporto tecnico – scientifico.
10. Ciò posto, risulta anzitutto corretto il ragionamento del T.a.r., il quale ha messo in luce che il d.lgs. n. 75 del 2010 non disciplina il materiale utilizzato per la produzione del fertilizzante ma il prodotto finale, di cui indica le caratteristiche per poter essere commercializzato.
Le tipologie di rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti a procedure semplificate di recupero, e le relative norme tecniche, sono invece contenute nel d.m. 5 febbraio 1998 (recante “ Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ”).
Secondo il par. 18.2. dell’Allegato 1, sub allegato 1, del suddetto d.m., in tema di rifiuti destinati alla produzione di fertilizzanti, la tipologia del rifiuto in ingresso è costituita da “ scarti, peluria e pelucchi di lana e altre fibre di origine animale, rifilature e scarti di pelo ” .
Essi debbono provenire (punto 18.2.1) dalla “ lavorazione della lana e suoi manufatti, ritagli dell'industria conciaria prima del trattamento conciante ”.
I rifiuti di origine animale non debbono contenere “ sostanze pericolose ” (punto 18.2.2.).
10.1. La prescrizione regionale contestata si è quindi limitata a dare attuazione alla disciplina specificamente dettata per le operazioni svolte dall’odierna appellante, rispetto alla quale non può predicarsi la prevalenza del d.lgs. n. 75 del 2010 il quale disciplina il prodotto finale, fissandone le caratteristiche per poter essere immesso nel mercato interno e dell’Unione europea.
10.2. Per quanto riguarda poi, il pure invocato regolamento UE n. 1007/2011, esso disciplina l’uso delle denominazioni delle fibre tessili, l’etichettatura e il contrassegno della composizione fibrosa dei prodotti tessili, allo scopo di migliorare il funzionamento del mercato interno e di fornire informazioni accurate ai consumatori (articolo 1).
Anche in questo caso, pertanto, si tratta di disposizioni non aventi specifiche finalità di protezione ambientale.
10.3. Né sussiste la pretesa violazione dell’art. 3 del d.m. del 5 febbraio 1998, secondo cui “ Le attività, i procedimenti e i metodi di riciclaggio e di recupero di materia individuati nell’allegato 1 devono garantire l’ottenimento di prodotti o di materie prime o di materie prime secondarie con caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore o, comunque, nelle forme usualmente commercializzate. In particolare, i prodotti le materie prime e le materie prime secondarie dal riciclaggio e dal recupero dei rifiuti individuati dal presente decreto non devono presentare caratteristiche di pericolo superiori a quelle dei prodotti e delle materie ottenuti dalla lavorazione di materie prime vergini ”.
Tale disposizione reca, infatti, una norma generale di “chiusura” ma non esclude l’applicazione della specifica disciplina, contenuta nel medesimo compendio normativo e richiamata nell’avversata prescrizione, relativa al recupero dei rifiuti destinati alla produzione di fertilizzanti.
10.4. Più in generale, come più volte osservato dalla sezione, in sede di rilascio delle autorizzazioni ambientali debbono ritenersi legittime anche prescrizioni più restrittive rispetto a quelle individuate dalla disciplina tecnica di settore.
Inoltre, le ragioni tecniche per le quali vengono dettate le prescrizioni non sono sindacabili in sede giurisdizionale amministrativa, allorquando non trasmodino nella abnormità e nella palese illogicità ( ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, n. 1761 del 14 marzo 2022;id., n. 8754 del 31 dicembre 2021;n. 1714 del 1 marzo 2021).
Il giudice amministrativo, infatti, non può sostituirsi alle valutazioni, anche di tipo tecnico, riservate alle Amministrazioni pubbliche di settore (da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 2245 del 3 marzo 2023;n. 2344 del 30 marzo 2022).
In tal senso l’art. 214 del c.d. codice dell’ambiente (d.lgs. n. 152 del 2006), applicabile nella fattispecie, è chiaro nello stabilire che “ Le procedure semplificate di cui al presente capo devono garantire in ogni caso un elevato livello di protezione ambientale e controlli efficaci ai sensi e nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 177, comma 4 ” (comma 1).
La stessa disposizione stabilisce che “ Con decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, della salute e, per i rifiuti agricoli e le attività che generano i fertilizzanti, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sono adottate per ciascun tipo di attività le norme, che fissano i tipi e le quantità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’Allegato C alla parte quarta del presente decreto sono sottoposte alle procedure semplificate di cui agli articoli 215 e 216. Con la medesima procedura si provvede all’aggiornamento delle predette norme tecniche e condizioni ” (comma 2).
In base al comma 4, “ Sino all’adozione dei decreti di cui al comma 2 relativamente alle attività di recupero continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998 e 12 giugno 2002, n. 161 ”.
Pertanto, come fatto osservare dalla Regione, in seno alle procedure autorizzatorie l’Amministrazione procedente, da un lato, deve applicare le norme tecniche di cui all’art. 214, comma 2 (ovvero, allo stato, il d.m. del 5 febbraio 1998), dall’altro garantire un “ elevato livello di protezione ambientale ”, nonché, ai sensi del comma 3 della medesima disposizione, “ che i tipi o le quantità di rifiuti ed i procedimenti e metodi di smaltimento o di recupero siano tali da non costituire un pericolo per la salute dell’uomo e da non recare pregiudizio all’ambiente ”.
In tale ottica è pertanto irrilevante che, al momento della formulazione del d.m. 5 febbraio 1998, non esistessero codici CER prevedenti una composizione esclusiva di origine animale per i rifiuti tessili.
È infatti il d.m. stesso, al punto 18. 2, a stabilire la tipologia, provenienza e caratteristiche del rifiuto da avviare a recupero.
10.5. Si osserva, ancora, che non ha trovato smentita il rilievo dell’A.r.p.a. Toscana, contenuto nella nota del 6 febbraio 2019 (doc. n. 4 depositato dalla Regione in primo grado), secondo cui una percentuale di 1,6% di poliammide nel prodotto da recuperare — molecola polimerica citata nelle analisi presentate dalla proponente — “ implica la cessione al suolo di 16 gr di polimero sintetico per ogni kg di materiale ivi depositato, con accumulo nel tempo. In generale i polimeri di sintesi quali la poliammide hanno nelle condizioni normali quali quelle ambientali elevata resistenza chimica, termica e all’usura e costituiscono un materiale completamente estraneo al suolo. Permangono per lungo tempo quindi nell’ambiente dove però in funzione delle loro caratteristiche tendono ad esempio, quando già non sono in tale forma, a frantumarsi in micro e nano frammenti;forme fisiche che possono condizionare il successivo destino ambientale ”.
10.6. Va soggiunto che anche l’utilizzo dell’aggettivo “essenziale” - che figura nell’Allegato 1 al d.lgs. n. 75/2010, paragrafo 5.1 - “Concimi Organici Azotati”, punto 14, laddove si legge che il “ Modo di preparazione e componenti essenziali ” riguardano i “ residui della lavorazione della lana e dei suoi manufatti ” – non depone nel senso voluto dall’appellante.
Ribadito quanto in precedenza rappresentato circa il fatto che tali disposizioni disciplinano le caratteristiche del prodotto finale e non del rifiuto da avviare a recupero, l’espressione utilizzata si limita ad esaltare la funzione della materia prima rispetto alle ulteriori sostanze necessarie per la realizzazione in concreto del fertilizzante.
Tuttavia, la composizione della materia prima deve, a sua volta, essere esclusivamente quella prevista dalla normativa (nel caso di specie, il cascame di lana inviato al riutilizzo come ammendante/fertilizzante costituito esclusivamente da lana o da altre fibre di origine animale).
11. In definitiva, per quanto sopra argomentato, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di lite sono regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza nei rapporti tra appellante, Regione Toscana e Ministero, e vengono liquidate in dispositivo tenuto conto dei criteri di cui all’art. 26 comma 1 c.p.a. e dei parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.
Sussistono invece i presupposti di legge per la compensazione rispetto all’A.r.p.a. Toscana, tenuto conto della assenza di sostanziale attività difensiva di quest’ultima.